Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 34265 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 34265 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5431/2023 R.G. proposto da :
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in CAPACCIO PAESTUM, (SA) INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE -controricorrente- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di SALERNO n. 1522/2022 depositata il 18/11/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Salerno, con sentenza n. 4579/2017, pubblicata il 10.10.2017, ha rigettato la domanda proposta dal Fallimento
RAGIONE_SOCIALE finalizzata ad ottenere la revocatoria, ex art. 67 nn. 1 e 2 L.F., del contratto stipulato in data 30.5.2012 (nei sei mesi prima della dichiarazione di fallimento, intervenuta il 19.7.2012) con il quale la società fallita aveva ceduto immobili di sua proprietà, siti in Fisciano, ad NOME COGNOME, compensando il prezzo dichiarato di € 126.633,92 con un controcredito dell’acquirente per prestazioni professionali. Avverso la predetta sentenza ha proposto appello principale il Fallimento RAGIONE_SOCIALE mentre NOME COGNOME, contumace in primo grado, si è costituito in secondo grado, chiedendo la conferma della sentenza di primo grado e proponendo appello incidentale condizionato all’accoglimento dell’appello principale, con cui ha chiesto dichiararsi la nullità del giudizio di primo grado per mancata notifica dell’atto introduttivo del giudizio.
La Corte d’Appello di Salerno, con sentenza n. 1522/2022, pubblicata in data 8.11.2022, previa declaratoria di inammissibilità dell’appello incidentale condizionato e dopo aver comunque accertato che l’atto introduttivo del giudizio di primo grado era stato regolarmente notificato, in riforma della sentenza di primo grado, ha accolto la domanda di revocatoria fallimentare.
Per quanto ancora rileva, il giudice d’appello ha, in primo luogo, dichiarato inammissibile l’appello incidentale condizionato, per essere la conclusione principale dell’Acquara, di conferma nel merito della sentenza di primo grado, incompatibile con l’impugnazione della sentenza per nullità, e ciò sul rilievo che non fosse logicamente possibile una pronuncia, al tempo stesso, di riforma nel merito della sentenza di primo grado e di dichiarazione di nullità della medesima sentenza riformata.
In ogni caso, il giudice di secondo grado ha escluso la nullità della notifica dell’atto introduttivo di primo grado sul rilievo che, essendo la consegna del piego raccomandato avvenuta a mani di un familiare convivente con il destinatario, ai sensi dell’art. 7 della
legge 20 novembre 1982 n. 890, doveva presumersi che l’atto fosse giunto a conoscenza dello stesso. Né la presunzione legale di convivenza può essere superata mediante la prova documentale attraverso la produzione del certificato di residenza -che il destinatario dell’atto risieda altrove, ma solo con la prova della mancanza di convivenza non occasionale, circostanza che l’appellante non aveva neppure allegato.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME affidandolo a due motivi.
La curatela del Fallimento RAGIONE_SOCIALE ha resistito in giudizio con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Va esaminata, preliminarmente, la prima deduzione della controricorrente secondo cui, non avendo il ricorrente impugnato il capo della sentenza relativo all’accoglimento dell’appello principale e quindi alla declaratoria di revocatoria del contratto di compravendita, ma solo i capi relativi all’inammissibilità dell’appello incidentale condizionato e alla mancata dichiarazione di nullità della notifica dell’atto di citazione di primo grado, si sarebbe, sul punto, formato il giudicato sostanziale, investendo i capi non impugnati questioni completamente autonome rispetto a quelle investite dai motivi di gravame, nonché il giudicato formale per acquiescenza, dovendosi presumere che il ricorrente abbia voluto rinunciare all’impugnazione sugli altri capi.
Il Collegio non condivide tale impostazione, essendo indubbio che l’eventuale annullamento della parte della sentenza impugnata che ha deciso sull’appello incidentale condizionato estenderebbe, a norma dell’art. 336 c.p.c., i suoi effetti sulle parti della sentenza dipendenti dalla parte riformata o cassata. Come sarà di seguito approfondito, la dedotta questione relativa alla nullità derivata della sentenza di primo grado per nullità della notifica del relativo atto di citazione è assolutamente preliminare rispetto ad ogni altra,
comportando il suo eventuale accoglimento la rimessione della causa al giudice di primo grado, con la conseguenza che gli altri capi della sentenza impugnata, relativi al merito dell’azione di revocatoria fallimentare, sono dipendenti rispetto a quelli relativi alla citata questione.
Quanto alla seconda deduzione, secondo cui il ricorso dell’COGNOME difetterebbe del requisito di autosufficienza, la stessa
è inammissibile per genericità, essendosi la curatela controricorrente limitata ad enunciare principi generali relativi al ricorso per cassazione, senza calarli nel caso concreto.
A questo punto, si possono illustrare i motivi del ricorso.
Con il primo motivo è stata dedotta la ‘ Nullità della sentenza per violazione dell’art. 343 c.p.c. con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., derivato dall’inammissibilità dell’appello incidentale condizionato’.
Contesta il ricorrente la declaratoria di inammissibilità dell’appello incidentale condizionato, osservando che l’interesse ad impugnare da parte dell’appellante incidentale sorge solo ove venga accolto l’appello principale; quindi, con riferimento al caso di specie, era solo al verificarsi di tale condizione che maturava, per l’appellante incidentale, l’interesse che la sentenza di primo grado venisse dichiarata nulla. Viceversa, in caso di mancato accoglimento dell’appello principale, l’appellante incidentale condizionato non avrebbe alcun interesse allo scrutinio del suo gravame.
Il motivo è inammissibile, anche se la motivazione deve essere corretta a norma dell’art. 384 ult. comma c.p.c.
Va preliminarmente osservato che le Sezioni Unite di questa Corte, nella sentenza n. 4874 del 03/05/1991 (ma con riflessi anche recentemente per Cass. n. 16402/2014), hanno enunciato il seguente principio di diritto: ” la parte rimasta contumace nel giudizio di primo grado, definito con sentenza ad essa favorevole nel merito, non ha l’onere, ove tale pronuncia sia appellata dalla
contro
parte, di proporre appello incidentale per sollevare la questione (non esaminata dal giudice di primo grado) della nullità della notifica dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, questione che deve essere dal giudice d’appello esaminata sempre d’ufficio ed in via preliminare”.
Nel caso sopra esaminato dal Supremo Collegio, il Tribunale, quale giudice di secondo grado – in una fattispecie (simile a quella qui in esame) in cui il convenuto rimasto contumace in primo grado, e risultato vittorioso, nel costituirsi in appello, aveva chiesto la conferma della sentenza di primo grado in via principale, eccependo solo in subordine la nullità della stessa sentenza -aveva ritenuto di non dover esaminare l’eccezione di nullità proprio perché sollevata solo in via subordinata. Orbene, le Sezioni Unite, nel ritenere comunque compatibili le conclusioni del convenuto contumace in primo grado, e vittorioso, di conferma, in via principale, della sentenza di primo grado e di declaratoria di nullità della stessa, in caso di accoglimento dell’appello, hanno affermato l’erroneità dell’omessa pronuncia del Tribunale sull’eccezione di nullità, trattandosi di questione avente carattere assolutamente preliminare rispetto ad ogni altra; né dunque valeva l’ordine dato alle questioni dalle parti ad esimere il tribunale dall’esaminare l’eccezione che ‘, al postutto, sarebbe stata rilevabile anche d’ufficio’. Le Sezioni Unite hanno concluso rilevando che il Tribunale ancor meno poteva ‘ esimersi dall’esaminare la questione stessa per la ragione che su di essa l’Ente appellato non aveva proposto formalmente un appello incidentale. Infatti, sarebbe bastato all’appellato -come fatto -proporre semplicemente l’eccezione (art. 346 c.p.c.), ancorché in via subordinata, non avendo la parte vittoriosa nel merito in primo grado l’onere (e neppure l’interesse) di proporre, con specifica impugnazione in appello, questioni non esaminate dal primo giudice (Cass. civ., 23.11.1985, n. 5838)’.
Nel caso di specie, la declaratoria di inammissibilità del ricorso incidentale condizionato pronunciata dalla Corte d’Appello è formalmente corretta in statuizione, ma non per la motivazione giuridica fornita, tenuto conto che il convenuto contumace in primo grado, in quanto totalmente vittorioso, non aveva alcun interesse giuridico alla proposizione dell’appello incidentale condizionato. Era sufficiente sollevare l’eccezione di nullità della sentenza per asserita mancata notificazione dell’atto introduttivo di primo grado, affinché il giudice di secondo grado, indipendentemente dall’ordine delle questioni dato dalle parti, fosse tenuto ad esaminare in via preliminare la questione di nullità della sentenza. D’altra parte, è proprio quello che il giudice di secondo grado ha fatto, avendo lo stesso esaminato prioritariamente la questione della dedotta eccezione di nullità della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, prima di decidere sull’appello principale proposto dalla curatela.
Con il secondo motivo è stata dedotta ‘ Nullità della sentenza per violazione dell’art. 139 e 149 c.p.c. con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., derivato dalla mancata dichiarazione di nullità della notifica dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, avvenuta in luogo diverso dalla residenza del destinatario’.
Espone il ricorrente che la dichiarazione di convivenza, effettuata dalla madre in occasione della notifica dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, è stata ampiamente superata dalla prova contraria fornita dallo stesso nel giudizio di appello, nel quale aveva documentato che risiedeva presso altro indirizzo rispetto a quello in cui era stata effettuata tale notifica.
Rileva, inoltre, il ricorrente che, ai fini della validità della notificazione, la parentela e la convivenza tra destinatario dell’atto e consegnatario non possono presumersi dall’attestazione dell’agente postale, che fa fede solo delle dichiarazioni a lui rese, non anche dell’intrinseca veridicità del relativo contenuto, sicché il
destinatario, che abbia prodotto a confutazione di tale veridicità un certificato storico di residenza, non è tenuto ad un’ulteriore, impossibile, prova del fatto negativo circa l’assenza di ogni relazione di parentela e convivenza con il consegnatario dell’atto.
6. Il motivo è infondato.
Va preliminarmente osservato che questa Corte (vedi Cass. n. 10107/2014; vedi anche Cass. n, 15200/2005) ha più volte affermato che ‘ al fine di dimostrare la sussistenza della nullità di una notificazione, in quanto eseguita in luogo diverso dalla residenza effettiva del destinatario, non costituisce prova idonea la produzione di risultanze anagrafiche che indichino una residenza difforme rispetto al luogo in cui è stata effettuata la notificazione. Nell’ipotesi in cui la notifica venga eseguita, nel luogo indicato nell’atto da notificare e nella richiesta di notifica, secondo le forme previste dall’art. 140 cod. proc. civ., è da presumere che in quel luogo si trovi la dimora del destinatario e, qualora quest’ultimo intenda contestare in giudizio tale circostanza al fine di far dichiarare la nullità della notificazione stessa, ha l’onere di fornirne la prova’.
Va, altresì, osservato che questa Corte ha precisato (vedi Cass. n. 11228/2021; Cass. n. 18716/2018) il principio di diritto -cui questo Collegio intende dare continuità -secondo cui ‘ la consegna dell’atto da notificare “a persona di famiglia”, secondo il disposto dell’art. 139, comma 2, c.p.c., non postula necessariamente né il solo rapporto di parentela – cui è da ritenersi equiparato quello di affinità -né l’ulteriore requisito della convivenza del familiare con il destinatario dell’atto, non espressamente menzionato dalla norma, risultando, a tal fine, sufficiente l’esistenza di un vincolo di parentela o di affinità il quale giustifichi la presunzione, “iuris tantum”, che la “persona di famiglia” consegnerà l’atto al destinatario stesso; resta, in ogni caso, a carico di colui che assume di non aver ricevuto l’atto l’onere di provare il carattere del
tutto occasionale della presenza del consegnatario in casa propria, senza che a tal fine rilevino le sole certificazioni anagrafiche del familiare medesimo’.
Nel caso di specie, l’odierno ricorrente ha inteso dimostrare che la sua residenza effettiva non corrispondesse a quella in cui è stata effettuata la notificazione, limitandosi alla produzione delle risultanze anagrafiche e, con riferimento al soggetto che ha materialmente ricevuto il plico, non ha contestato che la persona che ha ricevuto la notifica dell’atto introduttivo di primo grado fosse la madre, né, come evidenziato dalla sentenza impugnata, neppure ha allegato che la presenza della stessa nell’appartamento fosse solo del tutto occasionale e momentanea. Correttamente, pertanto, il giudice d’appello ha ritenuto valida la notifica dell’atto di citazione del giudizio di primo grado.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in € 6.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1° bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 16.10.2024