Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5055 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 5055 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6207/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
nonchè
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO FIRENZE n. 1656/2019 depositata il 09/07/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE aveva agito in giudizio nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, quale società venditrice/produttrice, e di Finagen s.p.aRAGIONE_SOCIALE, quale società di leasing, in relazione ad otto macchine per tagliato concesse in leasing alla società attrice, chiedendo la declaratoria di nullità del contratto di leasing, con restituzione del versato, o comunque la risoluzione del contratto per inadempimento della controparte, con risarcimento dei danni molteplici subiti. RAGIONE_SOCIALE lamentava che le macchine non erano conformi alla normativa europea quanto a dispositivi di sicurezza ed erano quindi incommerciabili, e che presentavano in ogni caso vizi e difetti tempestivamente denunciati e comunque riconosciuti da RAGIONE_SOCIALE Si era costituita questa sola società eccependo l’intervenuta decadenza dalla garanzia per vizi e la prescrizione della domanda risarcitoria, oltre che l’infondatezza nel merito delle pretese di controparte. Disposta una CTU e assunte prove orali, il Tribunale di Prato aveva respinto le domande.
Proposto appello da RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE, e reiterate da RAGIONE_SOCIALE le eccezioni e difese già svolte, la Corte d’Appello di Firenze aveva confermato la sentenza di primo grado sulle seguenti considerazioni: -la doglianza che vorrebbe contestare la genericità ritenuta dal Tribunale della dedotta violazione del DPR n.459/96 per dedurne l’incommerciabilità delle macchine non è stata svolta in modo adeguato ed è quindi inammissibile ex art.342 c.p.c. ‘ per difetto di specificità, da intendersi nel senso che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata devono essere contrapposte quelle
dell’appellante, volte a incrinare il fondamento logico -giuridico delle prime e che va correlata alla motivazione della sentenza impugnata ‘, in modo da incrinarne gli specifici passaggi argomentativi; -nel caso di specie ciò non è avvenuto, perché l’appellante si è limitata a richiamare i brani della CTU in cui erano state evidenziate carenze di pulsanti e di carter di protezione senza individuare le specifiche disposizioni di riferimento in tesi violate; -è da considerare inadeguata, per gli stessi motivi, anche la prospettata erroneità della valutazione dello scarso peso economico dei difetti sulla complessiva operazione negoziale posta in essere, operata dal primo Giudice, circostanza inidonea comunque a configurare un vizio genetico del contratto; -quanto alla valutazione negativa, fondata sull’esame dei plurimi elementi istruttori acquisiti, del Tribunale in punto riconoscimento dei vizi e tempestività della denuncia, plurimi elementi ne confermano la correttezza (alla data di inizio del contratto, nel 1999, RAGIONE_SOCIALE aveva affermato di gradire le macchine; la comunicazione in data 6.10.2000 inviata a RAGIONE_SOCIALE non integrava denuncia tempestiva dei vizi; l’esito delle prove orali non offriva utili e univoci elementi di valutazione a favore della tesi dell’appellante; i macchinari erano stati utilizzati continuativamente fino al 2005, in corso di giudizio; non implicava riconoscimento dei vizi la disponibilità di RAGIONE_SOCIALE ad intervenire sui macchinari, compatibile con una scelta di opportunità commerciale, non seguita da un intervento effettivo che avrebbe potuto rilevare se gratuito); la carenza di prova quanto al riscontro dell’esistenza e della tempestiva denuncia e/o riconoscimento da parte della società produttrice dei vizi e difetti lamentati non può essere superata nemmeno con l’ammissione delle altre prove richieste e non ammesse in primo grado, inammissibili per genericità, o superfluità o irrilevanza alla luce della documentazione allegata (i capi di prova orale riproposti venivano analizzati specificamente).
3. Ricorre per cassazione RAGIONE_SOCIALE articolando l’atto introduttivo in modo più simile ad una impugnazione di merito che ad un ricorso per cassazione e formulando in sostanza un unico motivo esaminato da più punti di vista e articolabile in quattro punti correlati alla violazione degli art.2697 c.c.,116 c.p.c., 1418 c.c., 1346 c.c., 2 DPR n.459/1996, 1495 c.c., 184 c.p.c. e
244 c.p.c., tutti da inquadrare nell’ambito di operatività dell’art.360 co 1 n.3 c.p.c.
RAGIONE_SOCIALE ha depositato controricorso, evidenziando prima di tutto l’intervenuto raggiungimento di un accordo transattivo tra le parti dopo la pronuncia della sentenza d’appello e prima della proposizione del presente ricorso per cassazione: la resistente afferma che la transazione, raggiunta tra i difensori muniti del necessario potere, ha avuto ad oggetto la regolazione delle spese legali all’esito del giudizio di appello, con rinuncia a qualsiasi ulteriore pretesa e impugnazione. La controricorrente rileva anche l’inammissibilità del ricorso per mancanza di specificità dei motivi e comunque la sua infondatezza.
RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
Le parti costituite non hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Sono prodotte in cartaceo le email intervenute, dopo la pubblicazione della sentenza di appello e prima della proposizione del ricorso per cassazione da parte di RAGIONE_SOCIALE, tra i professionisti che avevano curato la difesa dell’attuale ricorrente (avv. NOME COGNOME e di RAGIONE_SOCIALE (avv. NOME COGNOME nel giudizio di impugnazione di merito; a fronte di una condanna alle spese di appello pari a € 9.515,00 oltre accessori e rimborso spese forfetarie, l’accordo sarebbe stato raggiunto per il pagamento dell’importo onnicomprensivo di € 9.000,00, con acquiescenza alla sentenza della Corte di Appello di Firenze e rinuncia all’impugnazione. In particolare, l’avv. COGNOME per NOME COGNOME legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, aveva confermato che il suo cliente accettava ‘ di chiudere l’intera vicenda pagando a saldo, stralcio e transazione la somma onnicomprensiva di € 9.000,00 con rinuncia ad ulteriori impugnazioni …’ e con la precisazione che ‘ La ditta mia assistita provvederà a fare il bonifico direttamente a te, stante il mandato ad incassare che Tu hai ‘.
7.1. E’ effettivamente documentato l’intervenuto pagamento di € 9.000,00, eseguito da NOME COGNOME a favore dell’avv. NOME COGNOME con causale ‘saldo officina RAGIONE_SOCIALE‘, ma non vi è nel documento l’indicazione della qualità di legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE in capo al COGNOME né è dato sapere se
l’operazione di pagamento sia stata fatta sul conto bancario intestato alla società.
Gli elementi documentali offerti a sostegno della transazione ‘tombale’ che si afferma essere intervenuta tra le parti in relazione alla controversia definita nel merito con la sentenza della Corte d’Appello di Firenze n.1656/2019 non appaiono univoci al fine di fondare una pronuncia di cessazione della materia del contendere, se si considera che l’accordo sarebbe intervenuto dopo la sentenza d’appello, tra i professionisti -diversi dagli attuali- che avevano assistito le società ricorrente e controricorrente nelle precedenti fasi di merito, e che i termini in cui il pagamento effettuato è documentato non permettono di riferirlo univocamente alla società pure se nel documento si fa riferimento alla posizione di RAGIONE_SOCIALE senza ulteriori specificazioni che permettano di identificare gli esatti termini dell’accordo – e pure se NOME COGNOME era effettivamente il legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE.
Vengono quindi esaminate le ragioni del ricorso proposto, che si deve considerare complessivamente ammissibile, salva la verifica da effettuare partitamente per ogni motivo articolato.
Nonostante la modalità di articolazione del ricorso, impropria e di non facile lettura, è possibile infatti enucleare dall’atto in modo sufficientemente specifico quali sono i profili di critica, prospettati come fondanti ipotesi di violazione di legge rientranti nel contesto dell’art.360 co 1 n.3 c.p.c., che RAGIONE_SOCIALE intende muovere alla sentenza della Corte d’Appello di Firenze che le ha dato torto.
Il ricorso si impernia in sostanza su quattro motivi di doglianza, che si descrivono e si esaminano di seguito.
-1) violazione dell’art.1418 c.c., in relazione all’art.1346 c.c. ed all’art.2 DPR n.459/96, per la ritenuta infondatezza della domanda di nullità per illiceità dell’oggetto dei contratti di vendita e leasing relativi a n.8 macchine da taglio mod. TM 50/10:
-2) violazione dell’art.1418 c.c. in relazione all’art.116 c.p.c.
Questi due motivi si esaminano congiuntamente perché presentano analoghe criticità.
Secondo la ricorrente, la Corte di merito non avrebbe tenuto conto del fatto che i macchinari indicati sarebbero incommerciabili non per l’esito della CTU ma come conseguenza diretta della normativa di settore richiamata; il CTU avrebbe previsto l’aggiunta di pulsanti
di emergenza, ci sarebbero pomellini (forse in luogo di viti) e fori che non si sa chi abbia realizzato, ed altre mancanza, contrarie alla normativa unionale di riferimento attuata attraverso il DPR citato, e quindi sarebbe nullo per illiceità dell’oggetto il contratto di compravendita e sarebbe conseguentemente nullo il contratto di leasing, con diritto della ricorrente alla restituzione dell’intero importo versato (primo motivo). Non rileverebbe poi il fatto che le macchine avrebbero potuto essere regolarizzate con una spesa di € 4.000 l’una, perché l’importo complessivo a tal fine necessario sarebbe di indubbia rilevanza rispetto al prezzo complessivo pattuito, di € 130.000,000 circa (secondo motivo).
Per contrastare la motivazione della sentenza d’appello nella parte in cui ha ritenuto inammissibile ex art.342 c.p.c. il primo motivo della proposta impugnazione, con attrazione nella stessa declaratoria anche del secondo (complessivamente relativi a tutti i profili di merito sopra evidenziati), la ricorrente si limita ad affermare che ‘ del tutto errata risulta la sentenza di appello laddove ha dichiarato l’appello inammissibile ex art.342 c.p.c. per difetto di specificità ‘.
I due motivi di ricorso per cassazione -che ripetono sostanzialmente il contenuto del primo motivo di appello e del secondo che la Corte di merito ha ritenuto travolto dalle stesse argomentazioni poste a fondamento della declaratoria di inammissibilità del primosono pertanto inammissibili perché RAGIONE_SOCIALE non centra la ratio decidendi della pronuncia d’appello, di declaratoria di inammissibilità per carenza di specificità ex art.342 c.p.c. della reiterata domanda di declaratoria di nullità dei contratti e dell’eccezione di erronea valutazione del peso economico dei pretesi difetti sulla complessiva operazione commerciale, essendo del tutto apodittica e priva di un reale contenuto critico, sia pure minimo, l’affermazione di erroneità del rilievo di genericità operato dalla Corte di merito al fine di poterne rimettere in discussione, in questa sede, il relativo deciso. -3. Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente lamenta l’erronea valutazione del materiale probatorio, ex art.2697 c.c. e 116 c.p.c., in relazione al combinato disposto degli art.1667 e/o 1495 c.c.
Secondo RAGIONE_SOCIALE la Corte di merito avrebbe valutato in modo errato il materiale probatorio acquisito, sia in relazione alle prove testimoniali effettuate, sia per la valutazione
dei documenti probatori prodotti in ordine alla domanda subordinata di risarcimento danni. Quest’ultima non sarebbe stata accolta sull’erroneo presupposto dell’assenza di riscontro della tempestività della denuncia dei vizi e del maturare del termine di prescrizione. Sarebbe infatti emerso chiaramente dalle prove orali assunte che i vizi cominciarono a manifestarsi dopo la stipula del contratto di leasing, in data 17.2.2000, mentre inizialmente i macchinari ‘lavoravano’. I vizi si sarebbero palesati in più riprese e il termine per la loro denuncia avrebbe dovuto essere fatto decorrere da quando la ricorrente acquisì consapevolezza della loro entità e rilevanza con l’ausilio di un tecnico. A nulla rileverebbe l’utilizzo dei macchinari fino al 2005, effettuato per ridurre i danni, visto che i beni erano stati interamente pagati. Già in data 7.4.2000 RAGIONE_SOCIALE avrebbe iniziato a fornire alla ricorrente pezzi di ricambio per sostituire pezzi difettati e nel mese di luglio dello stesso anno il legale rappresentante della controricorrente si sarebbe recato presso l’RAGIONE_SOCIALE per constatare i difetti impegnandosi a provvedere a risolverli.
Il motivo deve essere disatteso perché volto all’evidenza a provocare una reinterpretazione e rivalutazione del materiale probatorio acquisito, attività precluse in sede di legittimità, e comunque perché formulato in modo generico e non autosufficiente: si sottolinea, sotto quest’ultimo profilo, che la ricorrente lamenta che il momento della conoscenza da parte sua dell’esistenza dei vizi avrebbe dovuto essere individuato nel momento in cui acquisì la certezza oggettiva della loro esistenza attraverso il provocato intervento di un tecnico qualificato e la redazione di una perizia giurata da parte di questo, ma nulla dice in ordine al momento in cui ciò sarebbe avvenuto -non è indicata alcuna data, né è identificata chiaramente la perizia giurata a cui si fa riferimento nel ricorso-.
-4. Sarebbe stato violato anche l’art.184 c.p.c. in relazione all’art.244 c.p.c., in quanto, ‘pur essendo già provata la domanda attrice non ha ammesso integralmente il capitolato richiesto, violando l’art.184 c.p.c. che impone di ammettere le prove ammissibili e rilevanti ai fini della decisione finale del giudizio. Quelle respinte rispettavano pienamente quanto richiesto dall’art.244 c.p.c.’.
Il motivo in esame è di formulazione contraddittoria -si afferma che le domande sono già provate sulla base delle prove acquisite e poi si lamenta la mancata ammissione degli altri capitoli di prova richiesti- e comunque privo di autosufficienza, non essendo stati riportati i capi di prova orale che la Corte di merito avrebbe dovuto ammettere e nulla si dice sulla loro teorica decisività.
10. In conclusione, il ricorso proposto deve essere integralmente respinto.
11. Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, sostenute da RAGIONE_SOCIALE si pongono a carico della ricorrente.
Nulla sulle spese quanto alla posizione di RAGIONE_SOCIALE che non ha partecipato al giudizio.
12. Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore di RAGIONE_SOCIALE, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 5.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00 ed agli accessori di legge, inclusi iva e cassa avvocati.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda