Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 19699 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Civile Ord. Sez. 3 Num. 19699 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/07/2025
composta dai signori magistrati:
dott. NOME COGNOME
Presidente
dott. NOME COGNOME
Consigliere
dott. NOME COGNOME
Consigliere
dott. NOME COGNOME
Consigliere
dott. NOME COGNOME
Consigliere relatore
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 16740 del ruolo generale dell’anno 2021, proposto da
RAGIONE_SOCIALE (P.I.: P_IVA), in persona del legale rappresentante pro tempore , NOME COGNOME o NOME COGNOME (C.F.:
rappresentata e difesa dall’avvocat LCR GNN CODICE_FISCALE
-ricorrente-
nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE (C.F.: P_IVA), in persona del legale rappresentante pro tempore o NOME COGNOME (C.F.:
rappresentata e difesa dall’avvocat RTN SMN 74E57 C352L)
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Corte d’a ppello di Catanzaro n. 1644/2020, pubblicata in data 5 dicembre 2020; udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del 22 maggio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa
Lo RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE. (oggi RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME RAGIONE_SOCIALE) ha agito in giudizio nei confronti di RAGIONE_SOCIALE.p.RAGIONE_SOCIALE (oggi
Oggetto:
ASSICURAZIONE DANNI (FURTO)
Ad. 22/05/2025 C.C.
R.G. n. 16740/2021
Rep.
RAGIONE_SOCIALE -in breve: RAGIONE_SOCIALE per ottenere il pagamento dell’indennizzo dovuto in base ad una polizza di assicurazione contro il furto relativa alle proprie attrezzature aziendali, allegando di aver subito il furto di beni per un valore complessivo di € 15.000,00 .
La domanda è stata accolta dal Tribunale di Crotone, che ha condannato la società convenuta al pagamento, in favore dell ‘attrice, della somma di € 14.880 ,00 oltre accessori.
La Corte d’a ppello di Catanzaro, in riforma della decisione di primo grado, l’ha invece rigettata, condannando l’attrice a restituire quanto ricevuto in adempimento della decisione impugnata.
Ricorre lo RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, sulla base di due motivi.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in appli- cazione degli artt. 375 e 380 bis .1 c.p.c..
Ragioni della decisione
Con il primo motivo del ricorso si denunzia « Violazione dell’art. 342 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c. ».
Il motivo è inammissibile.
La C orte d’appello, dopo aver richiamato i principi di diritto enunciati dalla giurisprudenza di questa Corte in materia di requisiti di specificità dell’atto di appello (in particolare, da Cass., Sez. U, Sentenza n. 27199 del 16/11/2017, secondo la quale « g li artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l ‘ impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte
argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della pe rmanente natura di ‘revisio prioris instantiae’ del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata »), ha affermato: « Nel caso di specie l’ appello deve ritenersi conforme ai requisiti previsti dalla norma, così interpretati, avendo consentito alla Corte di comprendere le parti della sentenza oggetto di gravame e le sostanziali modifiche richieste ».
Il ricorrente sostiene che « l’atto di appello avversario risulta carente dei requisiti di cui all’art. 342 cpc, in quanto manca qualsivoglia ‘indicazione del fatto processuale malamente valutato dal Giudice e della diversa scelta processuale che avrebbe dovuto compiere ‘ ».
Del predetto atto di appello richiama specificamente, però, solo alcune righe (relative al secondo motivo di gravame ed aventi ad oggetto l’ammissione dei mezzi di prova ), in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c..
Tale limitato richiamo del contenuto dell’atto processuale su cui si fonda la censura non consente a questa Corte di valutare se effettivamente l’impugnazione fosse inammissibile, contrariamente a quanto ritenuto dalla C orte d’appello.
La parte del contenuto dell’atto trascritta nel ricorso, relativa all’ammissione dei mezzi di prova, e riferibile al secondo motivo di appello (motivo avente ad oggetto, secondo la C orte d’appello « I llogicità dell’ordinanza impugnata sul preteso inadempimento contrattuale. Infondatezza della pretesa azionata dallo RAGIONE_SOCIALE »), non consente in effetti neanche di comprendere esattamente il senso effettivo e complessivo del motivo di gravame in questione e, tanto meno, consente di valutare se detto motivo e, ancor più, l’atto di appello nel suo
complesso, fosse sufficientemente specifico, come affermato dal giudice di secondo grado e contrariamente a quanto sostiene parte ricorrente.
D’altra parte, può ulteriormente osservarsi, anche per completezza di esposizione, che, per quanto emerge dalla decisione impugnata, la C orte d’appello ha accolto esclusivamente il primo motivo del gravame, ritenendo assorbiti gli altri: di conseguenza, la stessa eventuale (benché indimostrata, per quanto si è già detto) inammissibilità del secondo motivo di appello non dovrebbe potere assumere alcun concreto rilievo, in quanto si tratta di motivo rimasto assorbito.
Di conseguenza, il motivo di ricorso in esame deve ritenersi, anche sotto tale profilo, inammissibile, per difetto di interesse.
Con il secondo motivo si denunzia « Violazione degli artt. 115, 116, 177, 244, 702-bis, 702-ter, 702quater c.p.c. e dell’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c.; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia ».
La società ricorrente deduce che il giudice di appello avrebbe « ritenuto -indotto in errore dalla carente illustrazione dei fatti processuali fornita da controparte (per come già sopra dedotto) -rinunciate le istanze istruttorie in quanto non reiterate ‘nella memoria conclusionale’ ed ‘all’udienza del 5.07.2016 alla quale la causa era stata rinviata per la discussione e decisione ‘ ».
Anche questo motivo è inammissibile.
2.1 In primo luogo, è certamente inammissibile la censura di « omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia », perché tale censura non rientra tra quelle ammissibili nel giudizio di legittimità, ai sensi dell’art. 360 c.p.c. nella sua attuale formulazione, applicabile nella fattispecie ratione temporis .
2.2 Per quanto riguarda le altre censure, va premesso che la C orte d’appello ha rigettato la domanda della società attrice, in
quanto ha ritenuto insufficiente la prova del furto, affermando quanto segue: « l’attrice odierna appellata onerata della prova dell’effettivo avvenimento del furto, essendosi limitata a produrre copia di documenti comprovanti l’avvenuto acquisto dei beni che ha asserito essere stati trafugati, nonché, della precipua denuncia di furto , non ha fornito specifica prova dell’avvenuto fatto costitutivo del diritto alla richiesta indennità » … … « il fatto oggetto di denuncia, quando contestato, soggiace alle ordinarie verifiche giudiziali circa la verosimiglianza e fondatezza, alla luce delle altre emergenze probatorie disponibili in causa » … … « Nel caso di specie, la prova per testi richiesta dall’odie rna appellata non è stata ammessa per tardività (v. ordinanza del 13.6.2014), la sua richiesta di revoca rigettata con ordinanza del 26 gennaio 2015, deve ritenersi soggetta alle preclusioni istruttorie non essendo stata reiterata nella memoria conclusionale, né all ‘ udienza del 5.7.2016 alla quale la causa era stata rinviata per discussione e decisione. La richiesta avanzata nelle udienze successive, comunque, tardiva per la rivalutazione dell ‘ ammissibilità del mezzo istruttorio, determina la sua inammissibilità del presente grado » … … « Inoltre, l’espletamento della prova testimoniale non ha dato contezza né dell’evento di furto, né della situazione precedente allo stesso » (si fa riferimento alla prova per testi con il « teste escusso dott. COGNOME perito della compagnia resistente », cioè la sola prova per testi offerta dalla società convenuta).
2.2.1 Orbene, secondo quanto emerge dallo stesso ricorso, la prova per testi articolata dall’attrice effettivamente non era stata ammessa, nel giudizio di primo grado, benché il Tribunale avesse poi ugualmente accolto la domanda dell’assicurata.
Nel ricorso si afferma che l’istruttore aveva inizialmente ritenuto tardiva l’istanza istruttoria ; nella definitiva sentenza di primo grado, il Tribunale afferma, peraltro, che l’ordinanza di diniego di ammissione delle prove non poteva « … essere
condivisa nella parte in cui si riteneva tardive le richieste di prova per testi, con indicazione dei nominativi degli stessi formulati a verbale di udienza di prova del 7.05.2014, atteso che invece -considerata la previsione dell’art. 702 -ter, comma 5, che dispone che il Giudice procede nel modo più opportuno agli atti di istruzione rilevanti, che va interpretata come inesistenza di preclusioni istruttorie nel presente procedimento -tali richieste di prova per testi, piuttosto che tardive, avrebbero dovuto essere considerate inammissibili e irrilevanti, trattandosi per l’appunto di controversi a avente natura documentale ».
La ricorrente afferma che l’istanza di ammissione della prova per testi era stata, in realtà, reiterata all’udienza in cui la causa era stata assunta in decisione in primo grado ed era stata, altresì, specificamente reiterata nel giudizio di secondo grado. Assume che tanto sarebbe sufficiente ad escludere la preclusione ritenuta operante dalla C orte d’appello.
2.2.2 La censura è inammissibile, sotto vari profili.
La C orte d’appello ha ritenuto definitivamente preclusa l’ istanza istruttoria di cui si discute (richiesta di prova per testi sul furto), in quanto non « reiterata nella memoria conclusionale, né all ‘ udienza del 5.7.2016 alla quale la causa era stata rinviata per discussione e decisione », ulteriormente precisando che « la richiesta avanzata nelle udienze successive, comunque, tardiva per la rivalutazione dell ‘ ammissibilità del mezzo istruttorio, determina la sua inammissibilità nel presente grado ».
La ricorrente sostiene di avere dapprima tempestivamente contestato il provvedimento dell’istruttore, emesso in data 13 giugno 2014, con cui era stata disattesa la predetta istanza (alla prima udienza successiva, tenuta in data 20 gennaio 2015), chiedendone la revoca e, poi, dopo il rigetto di tale richiesta, di avere reiterat o l’istanza istruttoria stessa all’udienza del 30 maggio 2017, in cui la causa era stata, infine, riservata in decisione.
La C orte d’appello ha ritenuto, in realtà, operante la preclusione, in quanto l’ istanza istruttoria non era stata reiterata all’udienza del 5 luglio 2016, fissata dall’istruttore (dopo il rigetto della richiesta di revoca del provvedimento di rigetto di essa) per ‘ discussione e decisione ‘ , previo deposito entro tale data (secondo quanto indicato nello stesso ricorso) delle memorie conclusionali autorizzate: ha, dunque, considerato tardive le ulteriori richieste di rivalutazione della decisione sull’ammissibilità del mezzo istruttorio operate successivamente a tale data, inclusa quella formulata all’udienza in cui la decisione stessa è stata effettivamente riservata, dopo vari rinvii.
In questa situazione, a giudizio della Corte, deve ritenersi che le censure formulate con il motivo di ricorso in esame non soddisfino adeguatamente il requisito di specificità di cui all’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c..
In primo luogo, non vi è una censura sufficientemente specifica in ordine all’effettiva ratio decidendi posta a base della decisione impugnata, che è rappresentata dalla mancata reiterazione delle istanze istruttorie disattese, nell’udienza fissata per la discussione e decisione della causa e nella memoria conclusionale autorizzata in vista di tale udienza, da depositarsi entro la data della medesima (cioè, il 5 luglio 2016), con conseguente irrilevanza delle ulteriori richieste formulate successivamente (e, dunque, in particolare, di quella formulata all’udienza di discussione finale, in cui la causa è stata riservata per la decisione, tenuta in data 30 maggio 2017, dopo vari rinvii di cui non è adeguatamente specificata né la causa, né l’esatto oggetto e la natura).
Il ricorso, inoltre, non contiene un adeguato richiamo del contenuto di tutti gli atti processuali che sosterrebbero gli assunti della parte ricorrente e, cioè, quelli relativi alla tempestiva contestazione dei provvedimenti sulle istanze istruttorie adottati dal giudice di primo grado nel corso dell’istruzione e ,
soprattutto, quelli relativi alla tempestiva, adeguata e specifica reiterazione delle istanze istruttorie disattese, entro l’ultimo momento utile al fine della effettiva precisazione delle conclusioni, per l’individuazione del quale assume rilievo anche l’effettivo contenuto de ll’originario provvedimento di fissazione dell’udienza per la discussione e decisione della causa e quello dei successivi rinvii. Tali atti non sono, del resto, neanche adeguatamente localizzati nell’ambito del fascicolo processuale, ancora in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c. .
2.3 Stante quanto fin qui chiarito, non è, pertanto, possibile valutare nel merito la fondatezza degli assunti della società ricorrente, e ciò anche a prescindere dalla questione relativa alla necessità dell’appello incidentale al fine della contestazione della specifica espressa statuizione con la quale il giudice di primo grado aveva, comunque, disatteso le istanze istruttorie di cui si discute (appello incidentale che la parte ricorrente afferma nel ricorso non essere necessario, non avendolo essa tempestivamente avanzato) e, quindi, a prescindere dallo stesso effettivo concreto rilievo della statuizione della Corte d’appello sul punto.
In proposito, a soli fini di completezza di esposizione, è, peraltro, opportuno rilevare che, secondo i principi generali, la mera riproposizione delle domande ed eccezioni, ai sensi dell’art. 346 c.p.c., nel grado di impugnazione, è sufficiente solo per quelle rimaste assorbite, ma non per quelle espressamente rigettate (cfr. Cass., Sez. U, Sentenza n. 11799 del 12/05/2017 e successive conformi), mentre, con riguardo alle istanze istruttorie, va dato seguito all’indirizzo di recente confermato da questa stessa Corte (cfr. Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 16420 del 9/06/2023, in motivazione, ai paragrafi 5.1. e 5.2) secondo il quale « la più recente giurisprudenza di questa Corte, pur ribadendo che la presunzione di rinunzia prevista dall’art. 346 c.p.c. riguarda le domande e le eccezioni e non si estende anche alle
istanze istruttorie, ha tuttavia precisato che le istanze istruttorie non accolte dal giudice di primo grado non possono ritenersi implicitamente riproposte in appello con le domande e le eccezioni a sostegno delle quali erano state formulate, ma devono essere riproposte, laddove non sia necessario uno specifico mezzo di gravame, nelle forme e nei termini previsti per il giudizio di primo grado, in virtù del richiamo operato dall’art. 359 c.p.c. (Sez 3, sentenza n. 14135 del 26/10/2000; Cass., Sez. 3, sentenza n. 17904 del 25/11/2003) » onde deve concludersi che « in osservanza del principio di specificità dei motivi di gravame, la riproposizione delle istanze istruttorie in appello deve essere ‘specifica’, dovendo la parte, laddove non sia necessario uno specifico mezzo di gravame, riprodurre nel suo atto di costituzione in appello le istanze istruttorie non accolte dal giudice di primo grado, essendo inammissibile una riproposizione generica con rinvio agli atti del procedimento di primo grado (cfr. Cass., Sez. II, 23/3/2016, n. 5812) », indirizzo che pare comunque postulare la necessità dell’impugnazione, almeno in determinati casi, con riguardo alle statuizioni di rigetto delle istanze istruttorie.
Il ricorso è dichiarato inammissibile.
Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, co. 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
Per questi motivi
La Corte:
-dichiara inammissibile il ricorso;
-condanna la società ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore della società controricorrente,
liquidandole in complessivi € 2.000,00, oltre € 200,00 per esborsi, nonché spese generali ed accessori di legge;
-dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, comma 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, per il versamento al competente ufficio di merito, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Ci-