Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 26840 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 26840 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1148/2021 R.G. proposto da:
DEL REGNO PASQUALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso la SENTENZA del GIUDICE DI PACE di MONTECORVINO ROVELLA n. 567/2020 depositata il 20/07/2020;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/09/2024 dal Presidente relatore NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
COGNOME NOME propone ricorso per cassazione articolato in quattro motivi, nei confronti del Comune di Pontecagnano Faiano, per la cassazione della sentenza n. 5672020 del Giudice di pace di Montecorvino Rovella, pubblicata il 20.7.2020.
2.- Resiste con controricorso il Comune.
-Entrambe le parti hanno depositato memoria.
4.- Questa la vicenda, per quanto ancora di rilievo: COGNOME NOME conveniva in giudizio il Comune indicato per sentirlo condannare al risarcimento per i danni patiti dalla sua autovettura, sprofondata in una profonda buca presente sulla carreggiata e non visibile in quanto ricolma d’acqua, non percepibile e non segnalata.
5.- Il Giudice di pace di Montecorvino Rovella rigettava la domanda. Avverso la sentenza del giudice di pace il Del COGNOME proponeva direttamente ricorso per cassazione.
6.- La causa è stata avviata alla trattazione nella adunanza camerale del 9 settembre 2024, all’esito della quale il Collegio ha riservato il deposito della decisione nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorrente articola quattro motivi di ricorso, denunciando con il primo la nullità della sentenza per violazione dell’articolo 132 c.p.c. e 111 della Costituzione per presenza di una motivazione meramente apparente e del tutto disancorata dalle risultanze processuali.
Con il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 2697 c.c. e 115 c.p.c. anche in riferimento all’articolo 1227 c.c., avendo il giudice di primo grado invertito la distribuzione dell’onere probatorio ed anche posto alla base della sua decisione prove non dedotte dalle parti ma frutto di mere supposizioni, arbitrarie, prive di riscontro processuale e fattuale.
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2051 c.c., non avendo il giudice di primo grado chiarito se il rigetto della domanda sia stato determinato dalla disciplina relativa ai danni da cose in custodia, avendo in questo caso
stravolto il principio dettato dalla norma, con contestuale violazione e falsa applicazione anche dell’articolo 1227 c.c. quanto alla condotta del danneggiato.
Infine, con il quarto motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2043 c.c. non avendo il giudice di primo grado chiarito in sentenza se la fattispecie sia stata inquadrata nella disciplina della generale responsabilità aquiliana, e in questo caso avendo stravolto il principio dettato dalla norma anche con riferimento alla distribuzione degli oneri probatori, tutti assolti da parte attrice con particolare riferimento alle caratteristiche della insidia.
Si può prescindere dall’esame nel merito dei singoli motivi di ricorso perché il ricorso stesso è da considerarsi radicalmente inammissibile. L’azione risarcitoria proposta dal ricorrente aveva il valore di euro 998,00: come tale rientrava nella giurisdizione del giudice di pace secondo equità, che non è sottratta alla possibilità dell’impugnazione, rimanendo la stessa però circoscritta all’appello c.d. a motivi limitati (ovvero, come previsto dall’art. 339, terzo comma, c.p.c., la sentenza del giudice di pace in questi casi può essere impugnata solo in appello e soltanto per violazione delle norme sul procedimento, per violazione di norme costituzionali o comunitarie ovvero dei principi regolatori della materia).
Come più volte affermato da questa Corte (da ultimo, il principio è stato ribadito da Cass. n.9870 del 2024), l’appello a motivi limitati, previsto dall’art. 339, comma 3, c.p.c., costituisce l’unico rimedio impugnatorio ammesso (oltre alla revocazione per motivi ordinari) avverso le sentenze pronunciate dal giudice di pace nell’ambito della sua giurisdizione equitativa necessaria, non essendo configurabile altra impugnazione ordinaria per i motivi esclusi e, segnatamente, non essendo proponibile contro la sentenza emessa dal giudice di pace direttamente il ricorso per cassazione per il motivo ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., poiché dette sentenze sfuggono alla
applicazione dell’art. 111, comma 7, Cost., che riguarda i provvedimenti aventi natura decisoria in senso c.d. sostanziale per i quali non è previsto alcun mezzo di impugnazione, e non i casi in cui un mezzo di impugnazione è previsto, seppure limitato a taluni motivi, e la conseguente decisione resa in sede di impugnazione può poi essere assoggettata a ricorso per cassazione.
Avverso la sentenza del giudice di pace, quindi, il ricorrente non avrebbe potuto in ogni caso proporre direttamente il ricorso per cassazione ma, se del caso, avrebbe dovuto e potuto proporre appello, per poi proporre eventualmente ricorso per cassazione soltanto contro gli esiti del giudizio di appello, se questi fossero stati negativi.
Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo. Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 e la parte ricorrente risulta soccombente: pertanto, è gravata dall’obbligo di versare al competente ufficio di merito un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1 bis dell’ art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002.
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Pone a carico della parte ricorrente le spese di giudizio sostenute dalla parte controricorrente, che liquida in complessivi euro 600,00 oltre 200,00 per esborsi, oltre contributo spese generali ed accessori.
Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente al competente ufficio di merito di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso. Così deciso nella camera di consiglio della Corte di cassazione il 18