Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 13002 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 13002 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29937/2020 R.G. proposto da : COGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato NOME (CODICE_FISCALE, domicilio digitale legale
-ricorrente-
contro RAGIONE_SOCIALE poi RAGIONE_SOCIALE
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BOLOGNA n. 610/2020 depositata il 11/02/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che
NOME COGNOME ricorre, sulla base di sette motivi, per la cassazione della sentenza n. 610 del 2020 della Corte di appello di Bologna esponendo che:
-aveva proposto opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto nei suoi confronti da RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE, poi divenuta Intesa San Paolo s.p.a., per un credito da finanziamento, deducendo la carenza di legittimazione attiva dell’istante in uno alla mancata decadenza dal beneficio del termine per omessa comunicazione, e contestando la quantificazione della somma, in specie in ordine agli interessi;
-il Tribunale, dopo aver disposto un’integrazione della domanda ritenuta indeterminata, si pronunciava nel merito rigettando l’opposizione, in ragione della mancata contestazione dei fatti costitutivi quali individuati, della risultata comunicazione della decadenza dal beneficio del termine, effettuata presso la residenza anagrafica, stante la genericità temporale dell’emersa indicazione d’irreperibilità, e della documentata pattuizione del finanziamento, con specifica approvazione per iscritto in particolare della prevista clausola penale, nonché, infine, del mancato superamento del tasso soglia usuraio quanto agli interessi;
-la Corte di appello, superata l’eccezione concernente la notifica dell’atto di gravame per sanatoria conseguente alla costituzione di parte appellata, dichiarava inammissibile l’impugnazione per genericità, sottolineando che il giudice di prime cure si era pronunciato sulle eccezioni e questioni sollevate, e, a fronte di ciò, era mancata una puntuale censura e la proposizione, sia pure
senza formule sacramentali, di un percorso motivazionale alternativo a quello della prima decisione;
è rimasta intimata la RAGIONE_SOCIALE. Intesa San PaoloRAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE
Rilevato che
con primi cinque motivi si prospetta, in particolare, la carenza motivazionale e la violazione e falsa applicazione dell’art. 342, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello, contraddicendosi, dapprima aveva indicato eluso l’onere di censurare specificatamente la ragioni decisorie del primo giudice, e poi aveva affermato che l’inesistenza di quelle, dedotta con il gravame di merito, non era sussistente, infine obliterando, immotivatamente, le deduzioni concernenti non solo l’impossibilità di misurarsi con motivazioni mancanti, ma anche, in specie, con l’insanabilità, ex post , della nullità per indeterminatezza del ricorso monitorio, riscontrata inizialmente dallo stesso Tribunale;
con un sesto motivo si prospetta, in particolare, la violazione e falsa applicazione dell’art. 342, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato obliterando immotivatamente le reiterate deduzioni di merito concernenti, in specie, l’invalida approvazione scritta delle clausole del contratto di finanziamento con sottoscrizione non in calce e con riproduzione del testo non intellegibile, il superamento del tasso soglia usuraio quanto agli interessi, la mancata ricezione della comunicazione di decadenza dal beneficio del termine fatta a indirizzo presso cui il deducente non era reperibile, l’inidoneità probatoria del saldo contabile non integrante estratto conto dettagliato;
con un settimo motivo si prospetta l’omesso esame di fatti decisivi e discussi, in specie quali documentati e concernenti i tassi d’interesse.
Considerato che
i primi cinque motivi, enucleabili dall’affastellato tenore del gravame e da esaminare congiuntamente per connessione, sono infondati;
in primo luogo, non vi è alcuna contraddizione motivazionale della sentenza impugnata: la Corte distrettuale, a fronte del motivo di appello con cui si era dedotto che la decisione di prime cure era genericamente motivata, sicché per contestarla bastava, in tesi, riportarsi alle allegazioni di primo grado, ha escluso sussistesse l’ipotizzata carenza motivazionale, e lo ha fatto riassumendo le ragioni decisorie del Tribunale (a pag. 2);
in secondo luogo -a correzione, sul punto, della motivazione della decisione di appello -dev’essere rimarcato che la pretesa nullità per indeterminatezza della domanda formulata con il ricorso per ingiunzione è stata superata non solo dal provvedimento monitorio giudiziale, ma altresì dallo svolgimento delle difese nel merito -in tesi articolabili, a mezzo dell’incardinata opposizione, con riferimento all’inidonea indeterminatezza del credito sia in termini di fatti costitutivi che di quantum -senza che siano risultate specifiche lesioni dei diritti di difesa, invece esercitati con conseguente decisione parimenti meritale, sicché il Collegio di seconde cure, analogamente a quello di prime cure, non avrebbe potuto definire meramente in rito la controversia, ovvero con un inammissibile non liquet ;
pertanto, la deduzione al riguardo (di nullità ‘genetica’ dell’originario decreto e conseguente radicale ‘estinzione’ del giudizio oppositivo: v. appendice Beta, pagg. 5-6) non era comunque concludente;
il sesto motivo è fondato per quanto di ragione;
pare ricorrente ha dimostrato di aver dedotto con l’appello le questioni riassunte descrivendo come sopra la censura;
sul punto la Corte di appello, senza effettiva motivazione, ovvero limitandosi ad affermare che non vi era stata un’innovata
presa di posizione nei confronti della decisione del Tribunale, proponendo un percorso logico alternativo ad essa (pag. 5 della sentenza in questa sede impugnata), ha declinato l’esame del merito;
va ribadito che l’ art. 342, cod. proc. civ., nel testo formulato dal decreto-legge n. 83 del 2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 134 del 2012, va interpretato nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena d ‘ inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata (Cass., 16/11/2017, n. 27199, e succ. conf.);
la contrapposizione alle conclusive ragioni espresse dal Tribunale risulta esplicitata sia con riferimento alle modalità della specifica approvazione per iscritto delle clausole, sia con riferimento ai tassi soglia usurai, sia con riferimento alla mancata ricezione della comunicazione della decadenza dal beneficio del termine;
che tali deduzioni fossero corrispondenti alle allegazioni di prime cure non può logicamente significare che non fossero reiterabili, ma, al più, che andasse ribadita la loro infondatezza nel merito;
il settimo motivo è inammissibile;
la Corte territoriale ha negato l’ammissibilità dell’impugnazione per genericità, sicché non sono ammissibili censure afferenti al merito della decisione rimasto assorbito;
spese al giudice del rinvio.
P.Q.M.
La Corte accoglie per quanto di ragione il sesto motivo, rigettati gli altri, cassa in relazione la decisione impugnata e rinvia alla Corte di appello di Bologna perché, in diversa composizione, si pronunci anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 17/03/2025.