Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8967 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 8967 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 298/2020 R.G. proposto da: COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrenti –
contro
NOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di FIRENZE n. 2804/2018 depositata il 30/11/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
07/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Firenze rigettava la domanda avanzata da NOME COGNOME nei confronti di NOME COGNOME per l’ acquisto della servitù per destinazione del padre di famiglia o per usucapione ventennale a favore del proprio fondo descritto alla particella 26 con richiesta di condanna alla rimozione delle opere che ne impedivano il godimento e di accertamento della esatta linea di confine tra i fondi.
Gli eredi dell’attore proponevano appello avverso la suddetta sentenza.
NOME COGNOME resisteva al gravame.
La C orte d’ A ppello di Firenze rigettava l’appello. In particolare, la Corte evidenziava l’infondatezza della tesi sostenuta dagli appellanti secondo cui il giudice di primo grado aveva interpretato male la domanda attorea che non aveva ad oggetto la rampa ma l’intero viottolo.
Il T ribunale sul punto aveva statuito che l’attore non aveva dimostrato che la strada poderale fosse stata posta per consentire il passaggio ed il collegamento tra le parti dell’originario unico fondo secondo il tragitto indicato dall’attore stesso con utilizzo alla fine del percorso in corrispondenza della fine della particella 26 di una sorta di rampa per l’accesso alla particella medesima.
Secondo la Corte d’Appello la censura mossa in relazione a tale motivazione non era comprensibile perché la servitù era stata
esclusa tanto sul viottolo che sulla rampa per assenza del comune presupposto dell’esistenza di opere visibile permanenti. Sul punto le deposizioni dei testi COGNOME e NOME COGNOME del COGNOME non potevano fare ingresso, essendo divenuti parte in causa mentre la deposizione del teste COGNOME non aggiungeva nulla. Quanto all’argomento della non contestazione da parte della COGNOME della utilizzazione della strada per i primi 85 metri tale argomento non provava il fatto costitutivo della costituzione della servitù in quanto era assente la prova visibile dell’asservimento del fondo allo specifico fine indicato.
4.1 La C orte d’ Appello rigettava anche il motivo di appello avente ad oggetto il regolamento di confini non essendovi sconfinamento né occupazione illegittima.
NOME COGNOME del COGNOME, NOME COGNOME del COGNOME, NOME COGNOME del COGNOME, NOME COGNOME del COGNOME, NOME COGNOME COGNOME COGNOME e NOME COGNOME COGNOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
Il Consigliere delegato ha formulato proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti.
A seguito di tale comunicazione, solo NOME COGNOME COGNOME, a mezzo del difensore munito di nuova procura speciale, ha chiesto la decisione del ricorso mentre gli altri ricorrenti hanno prestato acquiescenza, non avendo formulato nessuna istanza.
9 . Fissata l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ., parte ricorrente ha depositato memoria, insistendo nella richiesta di accoglimento del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Premesso che va dichiarata ex art. 380 bis e 391 cpc l’estinzione del giudizio di legittimità per i ricorrenti che non hanno formulato l’istanza di decisione, rileva la Corte – nel decidere la causa come richiesto da NOME COGNOME COGNOME – che il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e alternativamente violazione dell’articolo 132, n . 4, c.p.c. e alternativamente omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti: la non contestazione dell’esistenza della rampa.
La censura si fonda sulla violazione del principio di non contestazione in relazione al l’esistenza da tempo immemore della rampa, sin da subito affermata dall’attore e mai contestat a dalla convenuta se non nella memoria conclusionale. Secondo il ricorrente l’esistenza della rampa non sarebbe stata tempestivamente specificamente contestata e sussistevano i presupposti per ritenerla esistente in virtù del principio di non contestazione
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione dell’articolo 246 c.p.c. o , sotto ulteriore profilo, dell’articolo 115 e 116 c.p.c.
La C orte d’ Appello ha escluso la validità delle testimonianze rese in primo grado da NOME e NOME COGNOME COGNOME COGNOME. I testi erano stati sentiti in primo grado il 4 novembre 2010 quando era ancora vivo NOME COGNOME COGNOME NOME, mentre dopo il suo
decesso, avvenuto il 22 dicembre 2011, gli stessi si erano costituiti in giudizio in qualità di eredi. Al momento della testimonianza non avevano nessun interesse del processo e, in base alla giurisprudenza di legittimità secondo cui il giudizio sulla capacità deve essere effettuato con riferimento al momento in cui la deposizione viene resa, gli stessi avevano la capacità di testimoniare. D’altra parte , il risultato della suddetta prova avrebbe consentito di affermare l’esistenza della rampa e dunque l’app arenza della servitù. Inoltre, nessuna incapacità a testimoniare era stata sollevata dalla COGNOME e, dunque, non poteva essere sollevata d’ufficio dalla C orte d’ Appello.
Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione dell’articolo 345 c.p.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c.
La censura si appunta sull’erroneità della sentenza nella parte in cui avrebbe preso in esame una parte di terreno diversa da quella sulla quale era posta la recinzione che invece ricadeva sulla parte di terreno della COGNOME. In altri termini residuava una porzione della stradella che aveva sconfinato. Infatti, dalla CTU svolta in primo grado e dal suo supplemento risultava la piccola porzione occupata dalla M assi di proprietà dell’originario attore dove non c’era la recinzione ma la stradella invadeva il terreno di proprietà della parte ricorrente. Solo su questa parte si era ridotta la domanda dei ricorrenti.
La proposta di definizione del giudizio formulata ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. è del seguente tenore:
inammissibilità e/o manifesta infondatezza del ricorso avverso pronuncia di rigetto domanda di acquisto servitù per destinazione di famiglia (doppia conforme), per le seguenti ragioni:
1° motivo: inammissibile, il contenuto del motivo è riferito a tre vizi diversi ed eterogenei (Sez. 1, n. 39169/21; Sez. 2 n. 26790/18).
2° motivo: inammissibile, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, il motivo mira, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Sez. U., n. 34476 del 27 dicembre 2019; Sez. 1, n. 5987/21).
3° motivo: inammissibile, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c. (Sez. U. n. 20867 del 30 settembre 2020).
Il ricorrente NOME COGNOME COGNOME con la memoria depositata in prossimità dell’udienza, insiste nella richiesta di accoglimento del ricorso e in sostanziale replica alle conclusioni della proposta osserva che:
il primo motivo è ammissibile anche se contiene censure proposte sotto diversi profili, infatti, ciò che si è inteso censurare e la non applicazione del c.d. ‘principio di non contestazione’ ex art. 115 c.p.c. all’esistenza, dedotta sin dal primo grado, di una rampa
di accesso, opera visibile e permanente, dalla stradella o viottola dell’odierna controricorrente al fondo dei ricorrenti, che di per sè sola avrebbe giustificato il richiesto accertamento di servitù di passaggio per destinazione del padre di famiglia e/o, in subordine, per usucapione ultraventennale sulla rampa stessa e sulla stradella posta sul confine;
quanto al secondo motivo il ricorrente ribadisce che la censura attiene alla violazione dell’art. 246 c.p.c. e/o 115 e 116 c.p.c. in quanto sono state escluse d’ufficio delle prove testimoniali (peraltro regolarmente ed incontestatamente assunte) sull’erroneo presupposto che detti testimoni, dopo oltre un anno dall’assunzione della prova sono divenuti, quali eredi dell’originario attore, parti in causa;
infine, con il terzo motivo si chiede la cassazione della sentenza impugnata, per aver ritenuto abbandonata e non riproposta in appello la domanda di accertamento del confine fra gli attori, odierni ricorrenti, mentre dal semplice raffronto delle conclusioni precisate nel giudizio di primo grado e quelle precisate nel giudizio di appello, puntualmente ritrascritte nel terzo motivo di ricorso, emergerebbe con assoluta certezza che nessuna domanda nuova è stata proposta in appello; il motivo potrebbe anche sussumersi nel vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio non essendo un caso di c.d. ‘doppia conforme’ per l a diversa motivazione del primo e del secondo grado.
Il collegio condivide le conclusioni della proposta sia pure con alcune precisazioni.
6.1 Quanto al primo motivo deve ribadirsi in primo luogo che: «Il principio di non contestazione di cui all’art. 115 c.p.c., se solleva
la parte dall’onere di provare il fatto non specificamente contestato dal convenuto costituito, non esclude tuttavia che il giudice, ove dalle prove comunque acquisite emerga la smentita di quel fatto o una sua diversa ricostruzione, possa pervenire ad un diverso accertamento» (Sez. 3, Ord. n. 16028 del 2023, Rv. 667816 – 01). In secondo luogo il motivo non tiene conto del l’orientamento consolidato di questa Corte secondo cui: «l’accertamento della sussistenza di una contestazione ovvero d’una non contestazione, rientrando nel quadro dell’interpretazione del contenuto e dell’ampiezza dell’atto della parte, è funzione del giudice di merito, sindacabile in cassazione solo per vizio di motivazione nei ristretti limiti previsti dal nuovo art. 360, n. 5, c.p.c.. Ne consegue che, ove il giudice abbia ritenuto contestato uno specifico fatto e, in assenza di ogni tempestiva deduzione al riguardo, lo abbia ritenuto non provato, la successiva allegazione di parte, diretta a far valere l’altrui pregressa “non contestazione”, diventa inammissibile» (in senso analogo Sez. 2, Ord. n. 27490 del 2019)»
Infatti, nella specie la Corte ha esaminato il motivo di appello con il quale si eccepiva la non contestazione evidenziando l’infondatezza dell’argomento della non contestazione da parte della COGNOME della utilizzazione della strada per i primi 85 metri in quanto tale argomento non provava il fatto costitutivo della costituzione della servitù in quanto era assente la prova visibile dell’asservimento del fondo allo specifico fine indicato.
In proposito non può che ribadirsi che il principio di non contestazione riguarda solo i fatti costitutivi, modificativi od estintivi del diritto azionato, e non può applicarsi alla dedotta apparenza delle opere destinate al servizio del fondo dominante,
aspetto che attiene invece ad una qualificazione giuridica dei medesimi fatti emergenti dall’istruttoria il cui accertamento, richiedendo un riscontro fattuale, deve essere necessariamente ricondotto al thema probandum come disciplinato dall’art. 2697 c.c., mentre la qualificazione giuridica dei fatti rientra sempre nel potere-dovere del giudice (Sez. L., Sent. n.20998 del 2019).
Peraltro, la sentenza è conforme alla giurisprudenza di questa Corte che in materia di usucapione di servitù di passaggio per ritenere sussistente l’apparenza richiede l’evidenza dell’inequivoco collegamento funzionale tra l’opera in sé destinata al passaggio e il preteso fondo dominante.
Si è ripetutamente affermato, infatti che: «Il requisito dell’apparenza della servitù, necessario ai fini del relativo acquisto per usucapione o per destinazione del padre di famiglia, si configura come presenza di segni visibili di opere permanenti obiettivamente destinate al suo esercizio rivelanti, in modo non equivoco, l’esistenza del peso gravante sul fondo servente, così da rendere manifesto che non si tratta di attività compiuta in via precaria, bensì di un preciso onere a carattere stabile. Ne consegue che, per l’acquisto in base a dette modalità di una servitù di passaggio, non basta l’esistenza di una strada o di un percorso all’uopo idonei, essendo, viceversa, essenziale che essi mostrino di essere stati realizzati al preciso scopo di dare accesso al fondo preteso dominante attraverso quello preteso servente ed occorrendo, pertanto, un “quid pluris” che dimostri la loro specifica destinazione all’esercizio della servitù» ( ex plurimis Sez. 6-2, Ord. n. 11834 del 2021).
Infine, deve osservarsi che la valutazione circa la sussistenza o meno di tale quid pluris , prendendo le mosse dall’esame dei fatti e delle prove inerenti al processo – è rimessa all’esame del giudice del merito, le cui valutazioni, alle quali il ricorrente contrappone le proprie, non sono sindacabili in sede di legittimità, ciò comportando un nuovo esame del materiale delibato che non può avere ingresso nel giudizio di cassazione.
6.2 Il secondo motivo è infondato, ma occorre correggere la motivazione della sentenza ai sensi dell’art. 384 comma 4 cpc .
La Corte d’Appello ha erroneamente affermato in violazione dell’art. 246 c.p.c. l’inammissibilità delle deposizioni di NOME e NOME COGNOME in quanto i testi erano diventati parti del processo ex art. 110 c.p.c..
La sentenza non è conforme alla giurisprudenza di questa Corte secondo cui: «Il giudizio sulla capacità del teste deve essere effettuato con riferimento al momento in cui la deposizione viene resa, restando irrilevante che, successivamente, il teste medesimo sia divenuto parte per successione “mortis causa” alla parte originaria» (Sez. 2, Sent. n. 22030 del 2008). E, dunque, come si è anticipato poc’anzi, la motivazione della Corte d’Appello deve essere corretta, fermo restando il dispositivo di rigetto del l’appello data l’irrilevanz a delle deposizioni in esame rispetto alla sussistenza del requisito dell’apparenza. Infatti, la correzione ex art. 384, co. 4 c.p.c. della motivazione erronea in punto di diritto è ammissibile anche in caso di e rror in procedendo . Si è di recente affermato, sulla scia di un orientamento consolidato, (v. in particolare Cass. 15810/2005) che: Il principio di economia processuale (quale riflesso della garanzia costituzionale del giusto processo) giustifica
il potere della Corte di cassazione di correggere, ex art. 384, comma 4, c.p.c., la motivazione della sentenza impugnata anche con riferimento all'”error in procedendo”, in particolare all'”error in iudicando de modo procedendi” (cioè all’errore di applicazione della norma processuale che sfocia in un corrispondente vizio di attività), indipendentemente dalla circostanza che la falsa applicazione dipenda dall’erronea soluzione di una “quaestio iuris” o di una “quaestio facti”, trattandosi di fatto processuale rispetto al quale la Corte ha potere d’indagine autonoma sul fascicolo (Sez. 2 – , Ordinanza n. 1669 del 19/01/2023, Rv. 666793 – 01).
Come si è detto, le deposizioni dei testi sono all’evidenza irrilevanti ai fini dell’accertamento del quid pluris di cui si è detto con riferimento al primo motivo.
6.3. Il terzo motivo è inammissibile. Oltre alla giurisprudenza citata dal consigliere delegato nella proposta di definizione accelerata da richiamarsi quanto alla dedotta violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. deve aggiungersi che: L’interpretazione della domanda è attività propria del giudice del merito e la Corte ha motivatamente ritenuto che la domanda originaria riguardasse la richiesta di rimozione della recinzione e non ha ritenuto abbandonata alcuna domanda, quanto piuttosto accertata l’esatta linea di confine.
Il ricorso è rigettato.
La soccombenza del ricorrente COGNOME COGNOME NOME e l’applicazione dell’art. 391 cpc per gli altri ricorrenti comporta la condanna solidale di tutti alle spese che si liquidano come da dispositivo.
9. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater D.P.R. n. 115/02, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del solo NOME COGNOME di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
10, Poiché il ricorso non è deciso in aderenza alla proposta formulata ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ., in quanto con riferimento al secondo motivo si è proceduto ad una correzione della motivazione della sentenza impugnata ex art. 384, quarto comma, c.p.c. non può farsi applicazione di quanto previsto dal terzo e quarto comma dello stesso art. 380-bis cod. proc. civ. rispetto all’unico ricorrente che ha insistito nella richiesta di decisione del ricorso.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso proposto da COGNOME COGNOME NOME e dichiara l’estinzione del giudizio di legittimità per gli altri ricorrenti; condanna i predetti in solido tra loro al pagamento delle spese del giudizio di legittimità nei confronti della parte controricorrente che liquida in euro 4.500,00 più 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario al 15% IVA e CPA come per legge;
ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente COGNOME COGNOME NOME di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto;
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione