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Apparecchi da gioco: la buona fede non basta

Il Tribunale di Torino ha respinto l’opposizione di un esercente contro una sanzione per l’uso di apparecchi da gioco non conformi. La sentenza stabilisce che la presunta “buona fede”, basata sulle rassicurazioni del fornitore, non è sufficiente a escludere la responsabilità, poiché l’operatore professionale ha un preciso dovere di diligenza nel verificare la legalità delle attrezzature. Il giudice ha confermato che tali apparecchi, anche se funzionanti a gettoni, sono assimilabili alle slot machine e soggetti alle sanzioni previste, inclusa la chiusura temporanea dell’attività.

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Apparecchi da Gioco: Quando la Buona Fede non Salva dalle Sanzioni

Una recente sentenza del Tribunale di Torino offre importanti chiarimenti sulla responsabilità degli esercenti commerciali che installano apparecchi da gioco nei propri locali. Il caso analizzato dimostra come la semplice “buona fede”, intesa come affidamento nelle dichiarazioni del fornitore, non sia sufficiente a proteggere dalle pesanti sanzioni amministrative previste dalla legge, riaffermando il principio della necessaria diligenza professionale. Approfondiamo la vicenda per comprendere le implicazioni pratiche per tutti gli operatori del settore.

I Fatti: Apparecchi da Gioco Controversi in un Esercizio Commerciale

La vicenda ha origine da un controllo della Guardia di Finanza presso un esercizio commerciale di Torino. Durante l’ispezione, venivano rinvenuti due apparecchi da intrattenimento che, sebbene non accettassero denaro contante ma funzionassero con gettoni forniti dall’esercente, presentavano tutte le caratteristiche tipiche delle slot machine (AWP), come il gioco a rulli virtuali.

Le macchine risultavano prive dei necessari titoli autorizzativi, non erano collegate alla rete telematica dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (ADM) e non rispettavano le prescrizioni tecniche per il gioco lecito. Di conseguenza, all’esercente veniva contestata la violazione dell’art. 110 del T.U.L.P.S. e notificata un’ordinanza ingiunzione con una sanzione pecuniaria di 22.000 euro e la chiusura del locale per 30 giorni.

L’esercente proponeva opposizione, sostenendo di aver agito in buona fede, fidandosi della documentazione fornita dalla società locatrice che presentava gli apparecchi come strumenti legali finalizzati a contrastare la ludopatia. Sosteneva, inoltre, che le macchine non potevano essere considerate d’azzardo poiché non erogavano vincite in denaro.

La Decisione del Tribunale: Opposizione Respinta

Il Tribunale di Torino ha rigettato integralmente l’opposizione, confermando la legittimità dell’ordinanza ingiunzione e delle sanzioni applicate. La decisione si fonda su un’analisi rigorosa della normativa e dei doveri che incombono sugli operatori professionali.

Le Motivazioni: Analisi della Non Conformità degli Apparecchi da Gioco

Il giudice ha smontato punto per punto le argomentazioni della parte ricorrente, fornendo una motivazione chiara e dettagliata.

La Natura degli Apparecchi e l’Assimilazione alle Slot Machine

Il punto cruciale della sentenza è la qualificazione giuridica degli apparecchi. Il Tribunale ha stabilito che la modalità di attivazione (gettoni anziché monete) è irrilevante quando il funzionamento intrinseco della macchina è del tutto assimilabile a quello di una slot machine regolamentata. La presenza di elementi come l’alea, la possibilità di influenzare la partita e un calcolo delle “vincite” (seppur in gettoni) rendono questi dispositivi soggetti alla disciplina del gioco d’azzardo e ai relativi controlli. La pretesa finalità sociale di contrasto alla ludopatia è stata giudicata pretestuosa e contraddittoria, soprattutto perché il loro uso era comunque vietato ai minori, proprio come per i giochi d’azzardo legali.

L’Insussistenza della Buona Fede

Altro elemento fondamentale è il rigetto della tesi della buona fede. La giurisprudenza è costante nell’affermare che, in materia di sanzioni amministrative, la colpa si presume. Spetta al trasgressore dimostrare di aver agito senza colpa, a causa di un errore inevitabile e scusabile. Nel caso di specie, il Tribunale ha sottolineato che un operatore commerciale professionale non può limitarsi a un affidamento passivo su quanto dichiarato dal fornitore. Su di lui grava un preciso obbligo di diligenza, che impone di svolgere ricerche autonome per verificare la liceità e la conformità degli apparecchi che installa nel proprio esercizio. La semplice ignoranza non è una scusante valida.

Competenza dell’Autorità e Sanzioni Accessorie

Il ricorrente aveva contestato anche la competenza dell’autorità a disporre la chiusura temporanea del locale. Il Tribunale ha respinto anche questa eccezione, chiarendo che la normativa (art. 110, comma 9, T.U.L.P.S.) prevede esplicitamente, accanto alla sanzione pecuniaria, anche una sanzione accessoria di natura interdittiva. L’autorità che ha il potere di irrogare la sanzione principale è, di conseguenza, competente anche per quella accessoria.

Irrilevanza della CTU e Validità del Procedimento Scritto

Infine, la richiesta di una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) per accertare le caratteristiche degli apparecchi è stata ritenuta superflua, in quanto le prove documentali (verbale di accertamento, perizie di parte) erano già sufficienti a dimostrare la non conformità. La sentenza ha anche confermato la piena legittimità dello svolgimento del processo tramite trattazione scritta, in linea con le recenti riforme procedurali.

Le Conclusioni: Implicazioni per gli Esercenti

Questa sentenza ribadisce un messaggio forte e chiaro per tutti gli esercenti commerciali: la gestione di apparecchi da gioco e intrattenimento richiede massima attenzione e un approccio proattivo. Non è possibile delegare la responsabilità al fornitore o invocare la buona fede in modo generico. È indispensabile verificare scrupolosamente che ogni macchina sia dotata di tutte le autorizzazioni necessarie, dei codici identificativi e sia collegata alla rete telematica di controllo. Affidarsi a fornitori certificati e richiedere sempre documentazione completa e verificabile è l’unico modo per operare legalmente ed evitare sanzioni che possono avere conseguenze economiche devastanti per l’attività.

Un apparecchio che non accetta monete ma funziona con gettoni può essere considerato un apparecchio da gioco illegale?
Sì. Il Tribunale ha stabilito che se il funzionamento, l’alea e le caratteristiche del gioco sono assimilabili a quelle di una slot machine regolamentata, la modalità di attivazione (gettoni, card, etc.) è irrilevante. L’apparecchio rientra comunque nella disciplina prevista dall’art. 110 del T.U.L.P.S. e deve rispettarne tutte le prescrizioni.

Un esercente può evitare una sanzione dimostrando di aver agito in buona fede, fidandosi di quanto dichiarato dal fornitore dell’apparecchio?
No. La sentenza chiarisce che la buona fede non è una scusante sufficiente per un operatore professionale. Quest’ultimo ha un dovere di diligenza qualificata che gli impone di verificare attivamente la conformità e la legalità degli apparecchi installati, senza potersi limitare a un affidamento passivo sulle dichiarazioni o sulla documentazione del fornitore.

L’autorità amministrativa che emette la sanzione pecuniaria è competente anche a disporre la chiusura temporanea dell’esercizio?
Sì. Il Tribunale ha confermato che la legge (in particolare l’art. 110, comma 9, T.U.L.P.S.) prevede espressamente, oltre alla multa, anche la sanzione accessoria della chiusura temporanea dell’esercizio. L’autorità competente a irrogare la sanzione principale lo è anche per quella accessoria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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