Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 29251 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 29251 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11944/2020 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che la rappresenta e difende
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE DEL RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende
-controricorrente – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO RAGIONE_SOCIALE n. 7032/2019 depositata il 18/11/2019,
Oggetto:
Appalto pubblico –
R.G.N. 11944/2020
Ud. 28/10/2025 CC
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 28/10/2025 dal AVV_NOTAIO,
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 7032/2019, pubblicata in data 18 novembre 2019, la Corte d’appello di Roma, decidendo, nel regolare contraddittorio dell’appellata RAGIONE_SOCIALE, sull’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE, avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 15172/2014, ha accolto il gravame limitatamente al profilo della statuizione sulle spese del giudizio di prime cure, compensando integralmente le spese del grado di appello.
RAGIONE_SOCIALE aveva agito in via monitoria, deducendo di aver ricevuto da RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE l’incarico di procedere a lavori di manutenzione su alcuni immobili dell’Ente e di avere regolarmente portato a compimento i medesimi, maturand o un credito di € 97.705,81, oltre IVA.
Emesso il decreto ingiuntivo, proposta opposizione da parte di RAGIONE_SOCIALE, istruita la causa mediante espletamento di CTU, il Tribunale di Roma aveva revocato il decreto ingiuntivo, condannando RAGIONE_SOCIALE alla corresponsione della minor somma di € 64.354,86.
La Corte d’appello di Roma, nel disattendere la quasi totalità dei motivi di gravame formulati dall’odierna ricorrente, ha argomentato, per quanto ancora rileva nella presente sede:
-quanto alla deduzione concernente l’ illegittimità della revoca dell’atto di approvazione del certificato di regolare approvazione dei lavori, che la stessa era priva di rilievo in assenza dell’approvazione delle opere medesime, nella specie non avvenuta, con conseguente impossibilità di riconoscere al certificato valore di ricognizione di debito;
-quanto all’invocata applicazione dell’art. 141, comma 3, D. Lgs. n. 163/2006, che la stessa era inammissibile, integrando una tardiva emendatio libelli ;
-quanto al merito della controversia, che l’appellante non aveva fornito adeguata prova della propria maggior pretesa, né tale prova poteva essere conseguita mediante l’espletamento di una consulenza esplorativa;
-quanto alla doglianza circa il mancato riconoscimento degli interessi anatocistici ex art. 26, L. n. 109/1994, che la stessa concerneva una domanda nuova formulata solo in sede di costituzione a seguito dell’opposizione a decreto ingiuntivo.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Roma ricorre RAGIONE_SOCIALE
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
La ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a sette motivi.
1.1. Con il primo motivo si deduce:
-in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., ‘violazione e falsa applicazione di legge: art. 141 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 28 L. 109 del 1994 -artt. 208 e 209 D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, art. 109 e 117 R.D. 25.5.1895 n. 350 – artt. 1388 e 1665 c.c.’ ;
-in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., ‘nullità della sentenza -art. 132 c.p.c., C. II n. 4; art. 118 disp. att. c.p.c. ‘ ;
-in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., ‘ omessa motivazione su un punto centrale della controversia’ .
La ricorrente censura la decisione impugnata, in quanto, a suo dire, avrebbe:
-erroneamente escluso la incontrovertibilità del credito a seguito dell’approvazione del certificato di regolare esecuzione dei lavori;
-adottato una motivazione insanabilmente contraddittoria;
-erroneamente escluso la sussistenza dell’approvazione del certificato di regolare esecuzione dei lavori, laddove tale approvazione era invece avvenuta;
-altrettanto erroneamente escluso l’applicabilità alla fattispecie degli artt. 1388 e 1665 c.c.
1.2. Con il secondo motivo si deduce:
-in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., ‘omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto dl discussione tra le parti’ ;
-‘violazione e falsa applicazione di legge -nullità della sentenza: art. 111 c. VI Cost. – art. 132, c. II comma, n. 4, c.p.c. -art. 115 c.p.c. – in relazione all’ art. 360 c. 1 n. 3 e 4 c.p.c. ‘ .
La ricorrente censura la decisione impugnata, in quanto, a suo dire, avrebbe:
-adottato una motivazione apparente ed insanabilmente contraddittoria, nel momento in cui ha negato rilevanza al tema dell’approvazione del certificato di regolare esecuzione dei lavori;
-omesso di constatare che l’intervenuta approvazione del certificato di regolare esecuzione dei lavori era stata evidenziata anche dalla consulenza tecnica svolta nel corso del giudizio di primo grado;
-violato l’art. 115 c.p.c., nel momento in cui non ha tenuto conto del fatto che la circostanza non era mai stata contestata da RAGIONE_SOCIALE.
1.3. Con il terzo motivo, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., si deduce testualmente, ‘difetto di prova della revoca dell’approvazione -violazione di legge: art. 2697 c.c. -art. 115 c.p.c.’ .
Argomenta, in particolare, il ricorso che la controricorrente non avrebbe mai fornito prova dell’effettiva revoca dell’approvazione del certificato di regolare esecuzione dei lavori , circostanza, quest’ultima, che sarebbe stata contestata dalla ricorrente.
1.4. Con il quarto motivo si deduce:
-in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., ‘omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto dl discussione tra le parti’ ;
-in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., ‘violazione e falsa applicazione di legge: art. 111 c. VI Cost. – art. 132, c. II comma, n. 4, c.p.c.’ .
La ricorrente ribadisce l’assenza di adeguata prova della revoca dell’approvazione del certificato di regolare esecuzione dei lavori, richiamando numerosi passaggi dei propri atti e di quelli della controricorrente dai quali emergerebbe tale assenza e di cui la decisione impugnata non avrebbe tenuto conto.
1.5. Con il quinto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1427 e 1671 c.c.; 134, D. Lgs. n. 163/2006.
Argomenta, in particolare, il ricorso che, al di là dell’effettiva allegazione e prova della revoca dell’approvazione del certificato di regolare esecuzione dei lavori, tale revoca sarebbe comunque illegittima, dal momento che la controricorrente avrebbe dovuto
proporre domanda di annullamento per errore, mai proposta e che, al più, la stessa controricorrente avrebbe dovuto esercitare la facoltà di recesso ex art. 134, D. Lgs. n. 163/2006, trovando in ogni caso applicazione l’art. 1671 c.c.
1.6. Con il sesto motivo si deduce:
-in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c.; 183 e 61 c.p.c.;
-in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., ‘omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto dl discussione tra le parti’ ;
-in relazione all’art. 360, nn. 3 e 4, c.p.c., la violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4 c.p.c.
Argomenta, in particolare, il ricorso che la decisione impugnata:
-avrebbe erroneamente affermato che il giudizio verteva su una maggior pretesa dell’appaltatore, e non sull’intero corrispettivo dell’appalto non pagato;
-avrebbe omesso di verificare che la ricorrente aveva dato piena prova del proprio credito;
-non avrebbe esaminato i rilievi mossi alla consulenza tecnica d’ufficio svolta in primo grado, respingendo illegittimamente la richiesta di rinnovazione della consulenza medesima e recependo acriticamente gli esiti della consulenza medesima;
-avrebbe motivato in modo inadeguato e contraddittorio le proprie affermazioni.
1.7. Con il settimo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 113 c.p.c.
Si censura la decisione impugnata nella parte in cui la stessa ha dichiarato inammissibili le deduzioni in ordine all’ applicabilità dell’art.
141, comma 3, D. Lgs. n. 163/2006, trattandosi di tardiva emendatio libelli .
Deduce il ricorso che tali deduzioni erano riferite ad un’eccezione di cui si denuncia la tardività -sollevata dall’odierna controricorrente solo in conclusionale e che, in ogni caso, la tardività non poteva essere rilevata d’ufficio, laddove veniva in rilievo il potere-dovere del giudice di procedere alla qualificazione giuridica dei fatti.
In via preliminare -allo scopo di evitare ripetizioni -va rilevata l’inammissibilità di tutte le deduzioni veicolate dai singoli motivi di ricorso e riferibili all’ipotesi di cui all’art. 348 -ter c.p.c.
Infatti, essendo stato instaurato il giudizio di appello nel 2015, trova applicazione il disposto di cui all’art. 348 -ter c.p.c., dal momento che la decisione della Corte d’Appello non risulta in alcun modo essersi distaccata dal ragionamento del giudice di primo grado, né parte ricorrente ha indicato le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. Sez. L – Sentenza n. 20994 del 06/08/2019; Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 26774 del 22/12/2016; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5528 del 10/03/2014).
I motivi di ricorso sono, nel loro complesso, inammissibili.
3.1. Quanto al primo motivo, infatti, si osserva che non censura adeguatamente la ratio decidendi della sentenza impugnata, ratio sostanziantesi ne ll’affermazione dell’ irrilevanza della doglianza concernente l’illegittimità della revoca dell’ approvazione del certificato di regolare esecuzione dei lavori e dunque ne ll’assenza in esito alla revoca – del certificato di regolare approvazione dei lavori.
In tal senso, infatti, deve essere intesa l’affermazione della irrilevanza del profilo della il legittimità della dedotta revoca dell’atto di approvazione, siccome, appunto, la revoca valeva in ogni caso a
privare il certificato di regolare esecuzione dei lavori del crisma di definitività.
Va rimarcato , ad ulteriore riscontro dell’inammissibilità del mezzo in disamina, il mancato ossequio al canone di specificità di cui all’art. 366 c.p.c. in dipendenza della sommarietà con la quale il tema della illegittimità della revoca del certificato è stato delineato nel ricorso.
3.2. In pari tempo, correttamente la Corte territoriale ha escluso che il semplice certificato di esecuzione dei lavori potesse assumere valenza di riconoscimento di debito in assenza della sua approvazione, in ciò conformandosi all’insegnamento di questa Corte ( Cass. Sez. 1 -, Ordinanza n. 2075 del 25/01/2022; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1832 del 26/01/2011; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 12884 del 26/05/2010), secondo il quale è con l’approvazione del collaudo da parte dell’Amministrazione che si perfeziona la fattispecie procedimentale del collaudo di opere pubbliche generativa del diritto dell’appaltatore al compenso.
Ed altrettanto correttamente la Corte territoriale ha disatteso la tesi -che lo stesso ricorso definisce come ‘il principale ed assorbente motivo posto a fondamento dell’impugnazione’ (pag. 10) -della possibilità di attribuire al certificato di regolare esecuzione dei lavori valenza contrattuale, potendosi qui rammentare che, costituendo il certificato di regolare esecuzione delle opere atto unilaterale della P.A. (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 8091 del 14/06/2000), lo stesso non può integrare in alcun modo un accordo tra appaltatore e stazione appaltante.
3.3. Ferma l’inammissibilità del riferimento all’ipotesi di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c. di cui si è dato conto in premessa, la residua inammissibilità del secondo motivo discende anche in questo caso dal fatto che lo stesso non risulta censurare adeguatamente la ratio
decidendi della intervenuta revoca dell’approvazione del certificato di regolare esecuzione dei lavori.
3.4. Il terzo ed il quarto motivo vanno, a loro volta, dichiarati congiuntamente inammissibili, in quanto tesi alla censura di una inesistente violazione della regola di distribuzione degli oneri probatori.
Si rammenta, invero, che le regole di distribuzione degli oneri probatori -a cominciare da quella generale di cui all’art. 2697 c.c. costituiscono disposizioni di giudizio residuali rispetto al principio di acquisizione probatoria – secondo il quale le risultanze istruttorie, comunque ottenute, concorrono alla formazione del libero convincimento del giudice (non condizionato dalla loro provenienza) e trovano, dunque, applicazione solo in presenza di un fatto rilevante rimasto ignoto sulla base delle emergenze probatorie (Cass. Sez. 3 Sentenza n. 9863 del 13/04/2023).
Da ciò consegue che, qualora il giudice di merito venga ad affermare -direttamente o indirettamente – la sussistenza di adeguata prova di un fatto, tale valutazione non può essere censurata in sede di legittimità per violazione delle regole sulla distribuzione degli oneri probatori, bensì, nei limiti in cui ciò risulti ammissibile in sede di legittimità, per violazione delle regole concernenti la valutazione delle prove.
Tale è l’ipotesi del cas o di specie, nel quale la Corte -ben lungi dall’addossare all’odierna ricorrente un onere probatorio che su di essa non ricadeva ha ritenuto dimostrata la revoca dell’approvazione .
In questi termini, risulta ben evidente che le doglianze sollevate con i due motivi di ricorso si traducono nella inammissibile sollecitazione a che questa Corte proceda ad un rinnovato vaglio del materiale probatorio.
3.5. L’inammissibilità del quinto motivo discende dalla già evidenziata genericità con la quale il ricorso prefigura e prospetta il profilo della revoca dell’approvazione del certificato di regolare esecuzione dei lavori, genericità che non consente di stabilire le ragioni della revoca, sicché impedisce di valutare il merito del ricorso.
E ciò tanto più che il motivo appare riferito non già alla decisione della Corte d’appello bensì alla sentenza di prime cure alla stregua dell’attribuzione della dedotta violazione di legge al Tribunale (pag. 19 ricorso).
3.5.1. In ogni caso, si deve rilevare che il profilo dedotto nel motivo di ricorso non risulta essere stato in alcun modo affrontato nella decisione impugnata, né parte ricorrente ha addotto di averlo sollevato nei precedenti gradi di giudizio, individuando, in ossequio all’art. 366 c.p.c., l’atto o gli atti nei quali sarebbe avvenuta tale deduzione.
Deve, conseguentemente, trovare applicazione il principio, reiteratamente enunciato da questa Corte, per cui qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtù del principio di autosufficienza, anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito né rilevabili di ufficio (Cass. Sez. L – Ordinanza n. 18018 del 01/07/2024; Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 20694 del 09/08/2018; ed anche Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 2193 del 30/01/2020; Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 14477 del 06/06/2018; Cass.
Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 15430 del 13/06/2018; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 23675 del 18/10/2013).
3.6. Quanto al sesto motivo, la sua inammissibilità deriva dalla sua pressoché integrale riferibilità a profili di merito della decisione, sostanziandosi l’intero coacervo delle deduzioni del mezzo in un sindacato riferito alla valutazione delle prove operata dal giudice di merito ed a quest’ultimo riservata (Cass. Sez. 5 – Ordinanza n. 32505 del 22/11/2023; Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 13918 del 03/05/2022; Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 6774 del 01/03/2022; Cass. Sez. 2 Ordinanza n. 20553 del 19/07/2021; Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 21187 del 08/08/2019; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1554 del 28/01/2004).
Va ribadito, del resto, il principio per cui il giudice non è tenuto a dare conto in motivazione del fatto di aver valutato analiticamente tutte le risultanze processuali, né a confutare ogni singola argomentazione prospettata dalle parti, essendo invece sufficiente che egli, dopo averle vagliate nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il suo convincimento e l’iter seguito nella valutazione degli stessi per giungere alle proprie conclusioni, implicitamente disattendendo quelli logicamente incompatibili con la decisione adottata (Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 21187 del 08/08/2019; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 14972 del 28/06/2006; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 16034 del 14/11/2002).
Avendo, poi, la ricorrente dedotto cumulativamente le ipotesi di cui all’art. 360, nn. 3), 4), 5), c.p.c. si deve rilevare ulteriormente il carattere ‘misto’ del motivo, il quale viene a dedurre in modo cumulativo ed indistinto profili eterogenei (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 26874 del 23/10/2018; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 7009 del 17/03/2017; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 21611 del 20/09/2013; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 19443 del 23/09/2011).
3.7. Il settimo ed ultimo motivo deve invece essere dichiarato inammissibile per difetto di interesse.
È, invero, lo stesso motivo di ricorso ad affermare che la questione relativa all’applicabilità dell’art. 141, comma 3, D. Lgs. n. 163/2006 o dell’art. 28, Legge n. 109/1994 non ‘riveste alcun rilievo’ , evidenziando che il profilo era stato sollevato solo in replica ad una tardiva eccezione dell’odierna controricorrente
È innegabile quindi che, nel momento in cui la stessa ricorrente nega rilevanza alla deduzione, emerge appieno l’assenza di qualsivoglia suo interesse a sollevare nuovamente la questione nella presente sede.
Il ricorso deve dunque essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 5.700,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il giorno 28 ottobre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME