SENTENZA CORTE DI APPELLO DI BOLOGNA N. 245 2025 – N. R.G. 00000129 2024 DEPOSITO MINUTA 14 07 2025 PUBBLICAZIONE 15 07 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE D’APPELLO DI BOLOGNA
Sezione Lavoro
composta dai Signori Magistrati:
Dott.ssa NOME COGNOME Presidente
Dott. NOME COGNOME Consigliere
Dott. NOME COGNOME Consigliere rel.
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
nella causa di appello iscritta al n. 129/2024 R.g.l., avverso la sentenza del Tribunale di Reggio Emilia n. 45 del 7.2.2024, notificata l’8.2.2024;
avente ad oggetto: opposizione a ordinanza – ingiunzione, promossa da:
, rappresentata e difesa
dagli avv. NOME NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Parma -appellante nei confronti di:
, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bologna e domiciliato presso i relativi Uffici in
Bologna -appellato posta in decisione all’udienza collegiale dell’8.5.2025, udita la relazione della causa, sentite le parti e viste le conclusioni come in atti trascritte, esaminati gli atti e i documenti di causa,
Rilevato in fatto e ritenuto in diritto
1. agiva in giudizio dinanzi al Tribunale di Reggio Emilia, in funzione di Giudice del lavoro, al fine di sentir accertare e dichiarare l’illegittimità e/o nullità dell’ordinanza ingiunzione n.26/2022 e, se del caso, del presupposto verbale unico di accertamento e notificazione Prot. n. 6423 del 26/02/2019 con conseguente annullamento e revoca e/o disapplicazione della medesima e di tutti gli atti presupposti e successivi in quanto illegittimi, nulli, con accertamento dell’insussistenza di alcun credito in capo all’ .
Domandava, in subordine, che venisse annullata, revocata, e/o disapplicata l’ordinanza ingiunzione impugnata in quanto illegittima, nulla o come meglio ritenuto, anche con riferimento a tutti gli atti presupposti, connessi, antecedenti o conseguenti ad essa e meglio indicati in premessa con conseguente rideterminazione degli importi pretesi con l’ordinanza, secondo criteri di equità e giustizia.
Il Tribunale, istruita la causa documentalmente e con assunzione di prova testimoniale, rigettava il ricorso.
Precisamente, il Giudice, con riferimento agli aspetti della genuinità dell’appalto intercorso tra l’ appellante e la -eseguito, presso il sito della , appaltante della medesima tramite la RAGIONE_SOCIALE e la consorziate di e della sussistenza di una somministrazione illecita di manodopera in relazione ai lavoratori (deceduto) e , ciascuno per nove giornate dal 1 al 9.10.2018, con conseguente applicazione della sanzione di cui all’art. 18 del d.lgs. n. 276/2003 e ss.mm. -accertava, sulla base soprattutto della deposizione dei testi e -‘ che il potere direttivo organizzativo e di controllo sugli stessi e sul collega nel periodo per cui è causa era esercitato da . CP Parte
Emergeva quindi chiaramente che ‘ i lavoratori di cui all’ordinanza ingiunzione erano diretti dall’appaltatrice che organizzava il loro lavoro sul cantiere e non dalla società di cui erano dipendenti né dal consorzio ricorrente.
Sul cantiere non vi era, infatti, alcun referente della società datrice di lavoro o del , ma vi era dipendente della che dava loro direttive e di che a sua volta indicava a o ai lavoratori direttamente indicazioni sul lavoro da svolgere.
Inoltre i lavoratori per concordare l’orario di lavoro si rapportavano non con il loro formale datore di lavoro o con il consorzio, ma con il referente della
L’attrezzatura, parimenti, veniva fornita dalla società ed anche questo è un elemento che porta ad escludere la genuinità dell’appalto.
Del resto è sintomatico che i lavoratori si fossero presentati nel cantiere ‘come impresa RAGIONE_SOCIALE e che nello stesso verbale di sopralluogo dello SPSAL, intervenuto sul cantiere a seguito dell’infortunio mortale occorso a , si legga ‘Ispezione a seguito di infortunio sul lavoro sig. dipendente ditta RAGIONE_SOCIALE.
Né è dirimente in senso contrario la deposizione del teste amministratore unico di sia per la sua dubbia attendibilità, stante il ruolo rivestito, sia per la genericità della sua deposizione non avendo neppure indicato i nomi degli asseriti responsabili delle lavorazioni di Parte
Anche il tenore del contratto d’appalto tra e la ricorrente non depone a favore di un appalto genuino stante la sua genericità e non comprendendosi quale fase di lavoro distinta rispetto al lavoro ordinariamente svolto da fosse affidata alla ricorrente. Nel contratto di appalto, infatti, si legge: ‘Il Committente esercita attività di assemblaggio, montaggio, manutenzione e saldatura in carpenteria metallica. Le suddette attività saranno svolte dalla ditta ‘
In assenza di elementi per disporre una riduzione della sanzione, già quantificata nel minimo edittale, il ricorso era respinto.
2. ha proposto appello avverso la sentenza, chiedendone la riforma, con accoglimento delle originarie conclusioni, con richiesta di accertamento dell’erroneità del capo della sentenza relativo alla condanna al pagamento delle spese di lite, poste a carico dell’appellante.
Si è costituito in giudizio l’ , resistendo alla domanda.
3. Con il primo motivo , l’appellante censura la decisione per aver ritenuto il Giudice di poter trarre conferma dell’esito dell’accertamento ispettivo dalle risultanze della prova testimoniale assunta, trascurando ‘ le dichiarazioni di testimoni che contrastano con la valutazione conclusiva ‘.
L’appellante ritiene in primo luogo errato l’esito della verifica ispettiva poiché, ‘ in forza della documentazione contrattuale e dell’effettivo svolgimento del rapporto in essere tra le parti, avrebbe dovuto essere esclusa in nuce la violazione dell’art. 29 del D.Lgs n. 276/2003 ‘.
Afferma, in secondo luogo, che le testimonianze utilizzate dal Giudice non sarebbero che ‘ riferimenti a dichiarazioni e conferme di affermazioni confluite nei
verbali ispettivi relativi al giorno del sinistro mortale (dichiarazioni, quindi, che ci si permette di dire, rilasciate non senza un grado elevato di coinvolgimento emotivo e di incertezza sull’effettiva conduzione del cantiere , confermate, oltretutto, a distanza di parecchi anni dagli eventi) ‘, spettando all’ l’onere di provare i fatti costitutivi del proprio credito. Con
La società e la società RAGIONE_SOCIALE i cui dipendenti erano presenti sul luogo di lavoro, prosegue la parte, ‘ erano consorziate con il consorzio RAGIONE_SOCIALE per cui legittimamente sono state indicate dal medesimo al fine
di eseguire una commessa acquisita (contratto con nel contesto del proprio specifico oggetto sociale.
aveva, a sua volta, sottoscritto prima un contratto con e poi un contratto di appalto con il consorzio RAGIONE_SOCIALE (le circostanze sono pacifiche).
Si tratta di contratti perfettamente legittimi sotto ogni profilo: le parti avevano, infatti, concordato che le prestazioni oggetto di appalto sarebbero state eseguite presso lo stabilimento della committente oppure ove la committente avesse richiesto.
I dipendenti ricevevano ordini e direttive dai propri responsabili aziendali, con ciò dovendosi escludere la soggezione dei dipendenti alle direttive dalla società committente Sul punto il teste , legale rappresentante della in risposta al capitolo 3) del ricorso che recitava ‘Vero che nel corso dell’esecuzione delle lavorazioni oggetto di appalto, presso lo stabilimento della società era presente un responsabile per coordinare l’attività dei dipendenti’ ha dichiarato ‘Si è vero che in merito ai contratti di appalto con resso i nostri cantieri erano presenti responsabili delle lavorazioni di di cui ora però non ricordo i nomi essendo passati tanti anni. Preciso che le lavorazioni non venivano fatte nel nostro stabilimento ma presso vari cantieri’ (cfr. verbale d’udienza del 07.11.2023). Parte Parte
Sempre il teste in risposta al capitolo 4) del ricorso che recitava ‘Vero che le società e RAGIONE_SOCIALE nella loro qualità di consorziate al hanno eseguito le prestazioni oggetto dell’appalto in autonomia e con proprio personale specializzato e proprie attrezzature’ ha dichiarato ‘Si è vero che le società e RAGIONE_SOCIALE per effettuare le loro lavorazioni avevano le loro attrezzature, ad esempio saldatrici, molette, trapani e così via, nonché il loro personale e avevano eseguito le lavorazioni in autonomia in base a quello che noi gli avevamo detto di fare. Nel caso specifico era stato il nostro capocantiere e i responsabili di , e da quel
che ricordo a dirgli il tipo di lavorazione che andava effettuata’ (cfr sempre verbale d’udienza del 07.11.2023).
In sostanza dall’istruttoria e dall’escussione testimoniale è emerso che il potere direttivo, organizzativo e di controllo sui dipendenti di non fosse esercitato dalla committente ma, anzi, che la loro attività era distinta da quella dei dipendenti della committente e, soprattutto, che ‘i contatti avvenivano solo per motivi tecnici’ (cfr. su tale ultimo aspetto la recentissima sentenza del Tribunale di Reggio Emilia Sezione Lavoro – G.I. Dott.ssa COGNOME – n. 164/2022, in un caso identico sul punto alla fattispecie de qua).
Il teste dipendente della società RAGIONE_SOCIALE cade in evidente contraddizione nel momento in cui ha precisato che ‘…sarà poi l’impresa tramite il Sig. che ci fornisce le relative istruzioni e direttive, anche se a volte veniamo seguiti da altri responsabili’ per poi affermare, invece, che ‘Sul posto non ho mai visto alcun referente/responsabile della RAGIONE_SOCIALE o della (cfr. verbale d’udienza del 26.09.2023) …
In conclusione non è stato provato nemmeno il potere direttivo, organizzativo e di controllo della committente in capo ai dipendenti delle società e ditte appaltatrici. Anzi, è emerso il contrario. Dall’istruttoria, infatti, è risultato pacifico che: · per i singoli appalti vi erano i referenti anche delle appaltatrici, anche se alcuni di questi non erano presenti continuativamente; · le ditte appaltatrici avevano propri strumenti e attrezzi per le opere da eseguire; · dalla committente non venivano date indicazioni ai dipendenti delle società appaltatrici sulle modalità di svolgimento del lavoro, ma vi erano solo contatti di tipo tecnico.
Tutte circostanze, queste, che escludono l’interposizione illecita di manodopera, così come affermato dall’orientamento maggioritario della Suprema Corte, e ribadito anche dalla sentenza n. 164/2022 pronunciata dal suintestato Tribunale di Reggio Emilia (Dott.ssa COGNOME.
Non si comprende, poi, perché il Giudicante abbia ritenuto inattendibile il teste ‘stante il ruolo rivestito, sia per la genericità della sua deposizione non avendo neppure indicato i nomi degli asseriti responsabili delle lavorazioni di (cfr. pag. 7 della sentenza). Le dichiarazioni del teste, come riportato ex infra, non sono assolutamente generiche e sarà sufficiente rileggerle. La mancata indicazione dei nomi degli effettivi responsabili di cantiere, essendo trascorsi 4 anni dai fatti, non può assurgere a motivazione rilevante e decisiva. Tra l’altro il medesimo delegava il Sig. per seguire il cantiere e, quindi, non era presente in loco ‘. Parte
Evidenzia l’appellante, infine, che ‘ non è provato che la società abbia, con contratto del 07.07.2017, affidato in sub-appalto le lavorazioni al
come riportato nel Verbale. La società ha stipulato con la un contratto di appalto, avente ad oggetto prestazioni continuative di cooperazione, sottoscritto in data anteriore all’aggiudicazione a favore di dell’appalto presso il cantiere di INDIRIZZO . Tale contratto rientra tra quelli di cui all’art. 105, comma 3°, lettera c -bis) del Codice dei Contratti, il quale prevede espressamente che dette prestazioni non si configurano come attività affidate in subappalto e non necessitano di autorizzazione da parte del committente. Le conclusioni degli Accertatori appaiono, dunque, inconferenti e non sostenute da un quadro probatorio (a dire il vero neppure indiziario) adeguato ‘.
Con il secondo motivo , l’appellante censura la sentenza nella parte in cui il Giudice ha affermato che ‘ il tenore del contratto d’appalto tra e la ricorrente non depone a favore di un appalto genuino stante la sua genericità e non comprendendosi quale fase di lavoro distinta rispetto al lavoro ordinariamente volto da fosse affidata alla ricorrente ‘, risultando evidente dalla lettura del documento che: ‘ a) la committente esercita attività di assemblaggio, montaggio, manutenzione e saldatura in carpenteria metallica per conto terzi, sia presso il proprio stabilimento, sito presso la sede sociale, che presso cantieri esterni, sia pubblici che privati; b) per lo svolgimento di dette attività, la Committente ha la necessità di avvalersi, oltre che di proprie maestranze, anche di ditte esterne, al fine di eseguirle adeguatamente nel rispetto delle esigenze e dei tempi dei propri clienti; c) l’appaltatrice è una società consortile che, tra le proprie consorziate, annovera imprese specializzate che sono in grado si supportare la committente nello svolgimento di dette prestazioni; d) in particolare, tra le consorziate dell’Appaltatrice, figurano le società e RAGIONE_SOCIALE le quali svolgono proprio dette attività in modo specialistico … Non si comprende perché l’appalto debba essere considerato generico (le attività e i servizi da svolgere a carico dell’appaltatrice sono elencati nello specifico). Per quanto riguarda la specifica fase di lavoro non distinta rispetto al lavoro ordinariamente svolto da che induce il Giudicante a propendere per la somministrazione illecita, si deve ribadire che anche se la ha nel suo oggetto sociale tali lavorazioni, ciò non toglie che il grado di difficoltà e di competenze tecniche necessarie per il loro svolgimento necessitasse l’intervento di altre aziende più qualificate per eseguirle (non riscontrandosi, dunque, alcuna sovrapposizione o duplicazione delle rispettive mansioni da parte dei dipendenti incaricati, avendo, evidentemente, questi compiti separati e un grado di preparazione diverso). Peraltro, non si rinviene in nessuna parte del contratto (a meno che non sia sfuggito alla scrivente
difesa) la frase riportata dal Tribunale di Reggio Emilia ‘Il committente esercita attività di assemblaggio, montaggio, manutenzione e saldatura in carpenteria metallica. Le suddette attività saranno svolte dalla ditta ‘.
All’art. 3.3 del medesimo contratto si legge poi che ‘ L’appaltatrice e, per essa, le sue consorziate e RAGIONE_SOCIALE provvederanno all’esecuzione dei lavori appaltati in totale autonomia, con propria esclusiva organizzazione di mezzi e persone necessarie alla lavorazione del servizio appaltato, e con totale ed esclusiva assunzione del rischio d’impresa, ai sensi dell’art. 1655 e ss c.c. A tal fine l’Appaltatrice e, per essa, le sue consorziate e RAGIONE_SOCIALE, assumendosi ogni responsabilità derivante dalla direzione del servizio appaltato, si obbligano ad eseguire il servizio in modo efficace, efficiente e continuativo fino alla scadenza del presente contratto ‘.
4. I motivi, da trattare congiuntamente in quanto tematicamente connessi, sono infondati.
La valutazione da compiere va contestualizzata nell’ambito delle indicazioni che la giurisprudenza di legittimità ha nel tempo elaborato con riferimento alle fattispecie dell’appalto genuino e della somministrazione irregolare di manodopera e di cui il Tribunale di Reggio Emilia ha tenuto conto nelle considerazioni poste in premessa alle proprie argomentazioni. Si tratta dei principi ribaditi ancor più di recente da Cass., 30.1.2023, n. 2748 e da Cass., 27.4.2022, n. 13182, secondo la quale ‘ affinché possa configurarsi un genuino appalto di opere o servizi ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 1, è necessario verificare, specie nell’ipotesi di appalti ad alta intensità di manodopera (cd. “labour intensive”), che all’appaltatore sia stata affidata la realizzazione di un risultato in sé autonomo, da conseguire attraverso una effettiva e autonoma organizzazione del lavoro, con reale assoggettamento al potere direttivo e di controllo sui propri dipendenti, impiego di propri mezzi e assunzione da parte sua del rischio d’impresa, dovendosi invece ravvisare un’interposizione illecita di manodopera nel caso in cui il potere direttivo e organizzativo sia interamente affidato al formale committente, restando irrilevante che manchi, in capo a quest’ultimo, l”intuitus personae’ nella scelta del personale, atteso che, nelle ipotesi di somministrazione illegale, è frequente che l’elemento fiduciario caratterizzi l’intermediario, il quale seleziona i lavoratori per poi metterli a disposizione del reale datore di lavoro (Cass. n. 12551 del 2020) ‘. Come ha poi osservato la Corte di Appello -Sez. Lavoro di Torino nella sentenza del 6.2.2023, n. 54, ‘ 3.1. … ‘La distinzione tra appalto genuino di cui all’art. 1655 c.c. e somministrazione vietata di manodopera si individua dalla presenza dei seguenti requisiti (per la sussistenza dell’appalto genuino): organizzazione dei
mezzi necessari da parte dell’appaltatore, con la precisazione, però, che l’organizzazione dell’appaltatore può anche essere minima ; l’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati, da parte dell’appaltatore; l’assunzione da parte dell’appaltatore del rischio di impresa. (…) Ciò che caratterizza l’appalto ‘non genuino’ non è tanto la mancanza di una organizzazione (…), ma soprattutto l’eterodirezione, ancora prima della assenza di rischio di impresa (…). L’eterodirezione si ha quando l’appaltante interponente, non solo organizza, ma anche ‘dirige’ i dipendenti dell’appaltatore, utilizzandoli in prima persona. Si ha eterodirezione quanto restano in capo all’appaltatore solo i compiti di gestione amministrativa, quali la retribuzione, la pianificazione delle ferie, senza una reale organizzazione della prestazione, volta ad un risultato produttivo autonomo” (Cass., ord., n. 13413/21, in motivazione; conf. Cass., ord., n. 12807/20; sottolineature dell’estensore). 3.2. Tralasciando per il momento l’assunzione del rischio d’impresa … , si osserva come l’accento decisivo sia posto su due essenziali requisiti individuativi: a) sull’eterodirezione del personale, nel senso che all’appaltatore deve risultare sottratto (giacché esercitato dal committente) il potere organizzativo e direttivo sui propri lavoratori, residuandogliene soltanto la mera gestione amministrativa; b) sull’organizzazione (anche minimale) da parte dell’appaltatore dei mezzi necessari per l’espletamento dell’opera o del servizio commissionati. Tra l’altro, i due requisiti non sono paritetici tra di loro ma sono collocati, l’uno rispetto all’altro, in un rapporto valoriale (e, quindi, accertativo) asimmetrico e decrescente, nel senso del ‘primato’ dell’eterodeterminazione del personale su tutti gli altri elementi, in continuità con un più risalente orientamento di legittimità (ma non per questo meno attuale e convincente) in base al quale, nell’ambito degli appalti endoaziendali e al fine della valutazione della loro liceità, “una volta accertata l’estraneità dell’appaltatore all’organizzazione e direzione del prestatore di lavoro nell’esecuzione dell’appalto, rimane priva di rilievo ogni questione inerente il rischio economico e l’autonoma organizzazione del medesimo” (Cass. n. 11720/09). A proposito del requisito sub a) dell’eterodeterminazione del personale ‘appaltato’, è assai interessante (e offre un importante chiarimento complementare) l’insegnamento per cui l’illiceità dell’appalto emerge quando “l’appaltante, al di là del mero coordinamento necessario per la confezione del prodotto, eserciti diretti interventi dispositivi e di controllo sui dipendenti dell’appaltatore” (Cass., ord., n. 15557/19); si precisa, ossia, che non integra eterodeterminazione il fatto che l’impresa committente eserciti sui dipendenti dell’appaltatore soltanto il “coordinamento necessario” (e questo solo) per la corretta realizzazione del servizio esattamente come accade nella comune fenomenologia dell’appalto, ove le direttive dell’appaltante sulle modalità
esecutive dei lavori convivono con l’autonomia ex art. 1655 c.c. dell’appaltatore. 3.3. Importante e determinante, inoltre, l’ulteriore presa di posizione della Corte di Cassazione, intervenuta, cassando la sentenza di merito, là dove erano state affermate la bontà, la liceità e la genuinità di un servizio affidato da un istituto di credito a un’impresa di facchinaggio (qualcosa, in fondo, di non così lontano dalla fattispecie qui in rassegna) nonostante “che l’appaltatore non avesse, presso la sede della committente, alcun referente organizzativo” (Cass., ord., n. 12551/20); come dire che il requisito organizzativo sussiste in capo all’appaltatore quando si accompagna, tra l’altro, alla fattiva presenza di un suo referente presso la committenza ‘.
4.1. I principi richiamati, del tutto pertinenti in quanto espressi con riferimento a contesti, come quello in cui si sono svolte le prestazioni dei lavoratori in questione, caratterizzati dalla contestuale presenza di dipendenti dell’appaltatore (in questo caso, delle relative consorziate) e di personale dell’appaltante ( , consentono di aderire alle conclusioni cui è giunto il Tribunale di Reggio Emilia, sopra riportate.
I lavoratori e hanno confermato dinanzi al Giudice, in udienza, le inequivoche indicazioni già fornite in sede ispettiva.
Come evidenziato dal Giudice:
-aveva riferito che ‘ Il lavoro che stavamo eseguendo presso il sito , ci era stato appaltato dall’impresa la quale aveva avuto a sua volta il lavoro dalla committente . Nel cantiere ci siamo presentati come impresa anche se sono alle dipendenze di . Il giorno dell’infortunio oltre a me era presente il collega e anch’essi della ttrezzatura che avevamo in uso, un furgone Ducato e attrezzatura varia, tra cui saldatrice, flessibile, bombola per saldatore, ecc., sono di proprietà della ditta Come di consueto ogni sera provvediamo a riconsegnare, sia il mezzo che l’attrezzatura, all’impresa lasciando tutto nel cortile dell’azienda, per ripassare poi al mattino a riprenderlo prima di recarci sui vari cantieri. Il nostro orario di lavoro va dal lunedì al venerdì dalle 07.30/12.00 e dalle 13.00/17.00, nel caso in cui ci fosse necessità di prolungare l’orario di lavoro lo stesso va concordato con il referente della Non decido in autonomia eventuali pause e/o riposi, ma sono già impostati dall’impresa Sono a conoscenza che la fa parte del consorzio RAGIONE_SOCIALE All’interno del sito di non ho mai visto né sentito alcun referente responsabile o preposto della per ricevere ordini e/o direttive sul lavoro da svolgere, ma era invece un incaricato di che ci istruiva sul lavoro da svolgere nella persona del sig.
il quale si è relazionato anche con il sig. responsabile del sito ‘;
-aveva riferito che ‘ Il mio lavoro viene gestito dall’impresa di . In sintesi, la mattina ci rechiamo presso il cortile dell’impresa da dove preleviamo un furgone tra i 6 — 7 disponibili e la relativa attrezzatura e ci rechiamo sui suoi vari cantieri, dove già sappiamo cosa fare o comunque sarà poi l’impresa tramite il signor che ci fornisce le relative istruzioni e direttive, anche se a volte veniamo seguiti anche da altri responsabili. Sempre il signor nell’occasione dei lavori che stavamo svolgendo presso il sito di , dove è deceduto il , ci ha dato istruzione su cosa fare. Da quando sono stato assunto, circa un anno e mezzo fa, ho sempre svolto il lavoro con le medesime condizioni, nel senso, sempre per conto e nome dell’impresa e comunque sotto il suo coordinamento e mai direttamente per l’impresa RAGIONE_SOCIALE Nel caso in cui mi capiti di fare delle pause, degli straordinari e/o di chiedere dei permessi, mi rivolgo come d’accordi e prassi all’impresa nella persona di , in modo che possano rendicontare le mie presenze per le relative competenze economiche. Avevamo iniziato il lavoro presso il sito il giorno 1 ottobre 2018, eravamo io il e il le operazioni che stavamo svolgendo venivano organizzate e dirette dall’impresa e il resp. del sito . Sul posto non ho mai visto alcun referente / responsabile della RAGIONE_SOCIALE o della Presso il sito , sig. dava istruzioni su cosa fare o direttamente a noi oppure al sig. per conto dell’impresa affidataria ‘.
Emerge allora con tutta evidenza il ruolo assunto dal personale di nel fornire sostanziali indicazioni e direttive ai predetti lavoratori al fine di determinare il contenuto della relativa prestazione (eterodirezione). […
Lo stesso teste dopotutto, ha ricordato che le società e RAGIONE_SOCIALE eseguivano le lavorazioni ‘ in base a quello che noi gli avevamo detto di fare. Nel caso specifico era stato il nostro capocantiere e i responsabili di , e da quel che ricordo a dirgli il tipo di lavorazione che andava effettuata ‘, risultando così esclusa l’eterodirezione dei lavoratori da parte dei referenti dei propri formali datori di lavoro.
Non è poi irrilevante che il non sia stato in grado di ricordare i nomi dei responsabili delle lavorazioni di resenti ‘ presso i nostri cantieri ‘, trattandosi di lacuna che non ha consentito all’appellante di contrapporre una verosimile e verificabile prospettazione alternativa rispetto a quella -dettagliata -fornita dai lavoratori ascoltati. Parte
Non è dato cogliere inoltre alcuna contraddizione nelle affermazioni del teste secondo cui ‘ …sarà poi l’impresa tramite il Sig. che ci fornisce le relative istruzioni e direttive, anche se a volte veniamo seguiti da altri responsabili ‘ e ‘ Sul posto non ho mai visto alcun referente/responsabile della RAGIONE_SOCIALE o della (cfr. verbale d’udienza del 26.09.2023) ‘, non essendo detto in alcun modo che gli ‘ altri responsabili ‘ fossero referenti della Novatec o della
Le conclusioni cui è pervenuto il Giudice hanno poi dichiaratamente tenuto conto di quanto affermato da (‘ Quanto riferito da tali lavoratori trova riscontro anche nelle sommarie informazioni confermate nel presente giudizio da dipendente di ‘), aspetto su cui l’appellante non si è in alcun modo soffermato.
Le richiamate conclusioni tengono anche conto del dato del tutto significativo, parimenti non smentito dall’appellante, secondo cui i lavoratori si erano presentati nel cantiere ‘come impresa RAGIONE_SOCIALE e che nello stesso verbale di sopralluogo dello SPSAL, intervenuto sul cantiere a seguito dell’infortunio mortale occorso a , si può leggere ‘ Ispezione a seguito di infortunio sul lavoro sig. dipendente ditta RAGIONE_SOCIALE. CP
Il quadro così ricostruito segue all applicazione del principio di effettività e ‘ dà conto del sostanziale esercizio nei confronti dei predetti lavoratori dei poteri di cui all’art. 2094 c.c. da parte del personale di non essendo dunque rilevante qualificare formalmente gli accordi tra l’appellante e in termini di appalto o di subappalto o prendere atto del tenore letterale formale dei patti, elementi comunque superati dalla fisionomia assunta dai rapporti nel loro concreto svolgimento.
5. L’appello va pertanto disatteso, con conferma della sentenza di primo grado anche in relazione all’aspetto della statuizione relativa alle spese di lite, da addossare all’odierna appellante, correttamente, in base al principio di soccombenza (con rigetto del terzo motivo di appello).
6. La regolamentazione delle spese del grado segue parimenti la soccombenza, venendo liquidate le stesse come in dispositivo.
Occorre poi dare atto della sussistenza dei presupposti processuali previsti dal novellato art. 13, comma 1quater , D.P.R. n. 115/02, ai fini del versamento da parte dell’appellante di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione.
P.Q.M.
La Corte, ogni diversa e contraria domanda, eccezione e istanza disattesa, assorbita e respinta, definitivamente decidendo:
rigetta l’appello e conferma l’impugnata sentenza;
condanna l’appellante al pagamento delle spese di lite, che liquida in € 1.500,00, oltre accessori di legge;
dà atto del rigetto dell’appello ex art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115/2002 ai fini del versamento da parte dell’appellante di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.
Così deciso in Bologna l’8.5.2025
Il Consigliere est. Il Presidente dott. NOME COGNOME dott.ssa NOME COGNOME