Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16885 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 16885 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso 14259-2022 proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIO COGNOME, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, che la rappresentano e difendono;
– controricorrente –
nonché contro
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 24/04/2024
CC
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 816/2021 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 06/12/2021 R.G.N. 1200/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/04/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME
COGNOME.
RILEVATO CHE
1. con sentenza 6 dicembre 2021, la Corte d’appello di Roma ha rigettato le domande di NOME COGNOME (formalmente dipendente di RAGIONE_SOCIALE, che l’aveva distaccata dal 1° giugno 2010 al 31 luglio 2013 presso la propria capogruppo RAGIONE_SOCIALE e nel suo esclusivo interesse, come accertato dal Tribunale di Roma con sentenza emessa il 25 giugno 2014, in diverso precedente giudizio) di accertamento di un rapporto di lavoro, ai sensi dell’art. 29 d.lgs. 276/2003, alle dipendenze della committente RAGIONE_SOCIALE dal 1° agosto 2013 al 1° ottobre 2014, con mansioni di addetta alla gestione del Se rvizio RAGIONE_SOCIALE 892021, numero verde per l’acquisto o la prenotazione di biglietti, ovvero per l’acquisizione di informazioni, chiarimenti o rimborsi, da parte della clientela privata: così riformando la sentenza di primo grado, che ne aveva invece dichiarato inammissibile il ricorso per incompatibilità delle domande in esso contenute con quelle oggetto del ricorso introduttivo del precedente giudizio;
2. in esito ad argomentata disamina delle allegazioni delle parti e in particolare della lavoratrice, la Corte territoriale ha
accertato l’organizzazione da RAGIONE_SOCIALE del servizio di RAGIONE_SOCIALE center appaltato a RAGIONE_SOCIALE, per utilizzazione di locali, attrezzature e personale propri, oltre che per esercizio del potere direttivo ed organizzativo del personale e la piena assunzione del rischio economico delle scelte compiute;
con atto notificato il 3 giugno 2022, la lavoratrice ha proposto ricorso per cassazione con due motivi, cui RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE hanno resistito con distinti controricorsi e quest’ultima con memoria finale;
il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell’art. 380 bis 1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
CONSIDERATO CHE
la ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per non avere la Corte territoriale pronunciato su tutta la domanda della ricorrente e in particolare sulle istanze istruttorie dedotte in primo grado e reiterate in grado d’ap pello (in particolare alle pgg. 24 e 25 del gravame), essendosi il Tribunale limitato ad una pronuncia di inammissibilità della domanda per un precedente giudicato (primo motivo);
2. esso è infondato;
al di là del difetto di specificità, in violazione della prescrizione dell’art. 366, primo comma, n. 4 e n. 6 c.p.c., a pena di inammissibilità, in assenza di trascrizione dei mezzi istruttori non ammessi (Cass. 23 aprile 2010, n. 9748; Cass. 4 aprile 2018 , n. 8204), solo genericamente richiamati (all’ultimo capoverso di pg. 13 del ricorso: dagli ultimi tre alinea ivi al 22° di pg. 14 del ricorso), non si configura violazione del principio di non corrispondenza della pronuncia alla domanda, in particolare ricorrendo il vizio di omessa pronuncia su una domanda o eccezione di merito, quando vi sia omissione di qualsiasi
decisione su di un capo di domanda, intendendosi per tale ogni richiesta delle parti diretta ad ottenere l’attuazione in concreto di una volontà di legge che garantisca un bene all’attore o al convenuto e, in genere, ogni istanza che abbia un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa pronuncia di accoglimento o di rigetto (Cass. 16 maggio 2012, n. 7653; Cass. 27 novembre 2017, n. 28308; Cass. 16 luglio 2018, n. 18797). Ma ciò non si verifica nel caso di deduzione di istanze istruttorie, non costituenti capo di domanda, essendo piuttosto strumentali alla sua prova.
In ogni caso, esse sono state implicitamente rigettate (Cass. 21 ottobre 1972, n. 3190; Cass. 2 aprile 2020, n. 7662), in esito al compiuto ed argomentato accertamento in fatto (dal primo capoverso di pg. 6 al terz’ultimo di pg. 10 della sentenza) della Corte capitolina;
la ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e 29 d.lgs. 276/2003, per non avere la Corte territoriale, nonostante la prova da parte della ricorrente del ‘l’esistenza di una serie di indici sintomatici della non genuinità dell’appalto’ , ritenutone assolto l’onere probatorio ‘attraverso una lettura poco oggettiva degli stessi’ , in riferimento tanto alla sua organizzazione, tanto in merito al rischio d’impresa (secondo motivo);
5. esso è inammissibile;
ribadito l’onere probatorio della non genuinità dell’appalto a carico della lavoratrice, secondo l’indirizzo consolidato di questa Corte, che ha ancorato la verifica della genuinità dell’appalto di manodopera all’accertamento dell’esercizio o meno di po teri di direzione e organizzativi sui lavoratori da parte della società appaltatrice e posto il relativo onere a carico del lavoratore (Cass. 17 settembre 2020, n. 19412, in motivazione sub p.to
5.1), non si configurano gli errores in iudicando solo formalmente enunciati.
Le censure non implicano, infatti, alcun problema interpretativo, né di falsa applicazione della legge, consistente nella sussunzione della fattispecie concreta in una qualificazione giuridica che non le si addica, perché la fattispecie astratta da essa prevista non sia idonea a regolarla, oppure nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che ne contraddicono la pur corretta interpretazione (Cass. 30 aprile 2018, n. 10320; Cass. 25 settembre 2019, n. 23851).
Esse si risolvono piuttosto nell’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa esterna all’esatta interpretazione della norma e inerente alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione (Cass. 11 gennaio 2016, n. 195; Cass. 13 ottobre 2017, n. 24155; Cass. 29 ottobre 2020, n. 23927), oggi peraltro nei rigorosi limiti del novellato art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c.;
6.1. in particolare, non ricorre violazione dell’art. 2697 c.c., in quanto norma censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne sia onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece, come in questo caso, laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti: Cass. 17 giugno 2013, n. 15107; Cass. 29 maggio 2018, n. 13395; Cass. 3 dicembre 2018, n. 31158);
6.2. la censura consiste in una diversa interpretazione e valutazione delle risultanze processuali e ricostruzione della
fattispecie operata dalla Corte territoriale, insindacabili in sede di legittimità (Cass. 7 dicembre 2017, n. 29404; Cass. s.u. 27 dicembre 2019, n. 34476; Cass. 4 marzo 2021, n. 5987), spettando esclusivamente al giudice del merito, autore di un accertamento in fatto, argomentato in modo pertinente e adeguato a giustificare il ragionamento logico-giuridico alla base della decisione;
7. pertanto il ricorso deve essere rigettato e le spese del giudizio regolate secondo il regime di soccombenza, con il raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).
P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso e condanna la lavoratrice ricorrente alla rifusione, in favore delle parti controricorrenti, delle spese del giudizio, che liquida: per RAGIONE_SOCIALE, in € 200,00 per esborsi e € 3.500,00 per compensi professionali; per RAGIONE_SOCIALE, in € 200,00 per esborsi e € 4.000,00 per compensi professionali; tutto oltre rimborso per spese generali in misura del 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella Adunanza camerale del 24 aprile 2024
Il Presidente (dottAVV_NOTAIO NOME COGNOME)