Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 15703 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 15703 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n.
3794/2023 r.g., proposto
da
RAGIONE_SOCIALE liquidazione (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappresentante pro tempore, e COGNOME NOME , elett. dom.ti in presso la Cancelleria di questa Corte, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO.
ricorrenti
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , elett. dom.to in INDIRIZZO , rappresentato e difeso dall’ Avvocatura generale dello Stato.
contro
ricorrente
avverso la sentenza della Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE n. 296/2022 pubblicata in data 28/11/2022, n.r.g. 174/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 27/03/2024 dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
1.Con ordinanza ingiunzione n. 625/2019 e n. 625/2019-01 l’RAGIONE_SOCIALE intimava a RAGIONE_SOCIALE e a COGNOME NOME il pagamento della complessiva somma di euro
OGGETTO:
appalto illecito – ordinanza
ingiunzione
–
sanzioni
amministrative
per
committente e appaltatore –
solidarietà – esclusione
15.191,45 a titolo di sanzioni amministrative, per aver impiegato alcuni lavoratori (inviati da RAGIONE_SOCIALE e da RAGIONE_SOCIALE) sulla base di contratti di appalto illeciti, nonché per aver occupato lavoratori senza la preventiva comunicazione obbligatoria per il lavoro accessorio.
2.Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE rigettava l’opposizione.
3.Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’Appello rigettava il gravame interposto dagli ingiunti.
Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava:
a seguito di verbale unico di accertamento e notificazione del 26/06/2017, l’RAGIONE_SOCIALETRAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE ha notificato ordinanza -ingiunzione sia agli odierni appellanti, sia alle due società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, e ai rispettivi legali rappresentanti, per violazione dell’art. 29 d.lgs. n. 276/2003;
la responsabilità principale è quella del legale rappresentante, mentre la società è obbligata in solido;
gli appellanti insistono nell’affermare che l’intervenuto pagamento della sanzione da parte della RAGIONE_SOCIALE avrebbe determinato l’estinzione dell’obbligazione su di loro gravante, con conseguente indebito vantaggio dell’I.T.L., che conseguirebbe in tal modo il pagamento della medesima sanzione due volte;
tale motivo è infondato, poiché l’art. 18, co. 1, d.lgs. n. 276/2003 (come modificato dal d.lgs. n. 8/2016), prevede la sanzione sia per l’impresa non autorizzata alla somministrazione di manodopera, sia per l’utilizzatore della manodopera;
dall’unico verbale di accertamento ispettivo sono scaturite tre sanzioni amministrative a carico di soggetti diversi e non una sola sanzione;
quindi il pagamento della sanzione da parte della RAGIONE_SOCIALE non vale ad estinguere l’obbligazione gravante sugli odierni appellanti, trattandosi di rapporti obbligatori diversi e separati;
fra le società non è configurabile alcun vincolo di solidarietà, sicché non può trovare applicazione l’art. 1292 c.c.;
l’unico vincolo di solidarietà previsto dalla legge è quello fra il legale rappresentante della società e la persona giuridica da lui rappresentata, come previsto dall’art. 6 L. n. 689/1981;
non rileva la solidarietà prevista dall’art. 29 d.lgs. n. 276/2003 fra somministratore (o appaltatore) e utilizzatore (o committente), perché quella solidarietà è prevista unicamente per il pagamento dei trattamenti retributivi e contributi dei dipendenti dell’appaltatore, mentre nel caso di specie si verte nella diversa ipotesi di responsabilità per sanzioni amministrative;
neppure è fondato il motivo di gravame relativo all’asserita genuinità degli appalti intercorsi con RAGIONE_SOCIALE e con RAGIONE_SOCIALE e all’omesso esame del fatto, dedotto in primo grado, che a causa di disservizi di rete l’appaltatrice RAGIONE_SOCIALE a dicembre 2016 si era trovata nell’impossibilità di svolgere le attività oggetto di appalto e quindi aveva chiesto alla RAGIONE_SOCIALE di poter trasferire temporaneamente l proprio personale presso la sede di quest’ultima;
il quadro probatorio complessivo depone nel senso dell’illiceità degli appalti, poiché i dipendenti delle appaltatrici erano inseriti nell’organizzazione della committente RAGIONE_SOCIALE, utilizzavano apparecchiature di quest’ultima fianco a fianco con dipendenti di RAGIONE_SOCIALE ed erano organizzati e diretti da personale di quest’ultima;
dalla documentazione acquisita è emerso che le due appaltatrici operavano in regime di monocommittenza, poiché nel periodo considerato hanno emesso fatture unicamente verso SDL;
i lavoratori venivano retribuiti sulla base di ore di lavoro registrate su fogli di presenza all’interno di SDL;
quindi emerge con chiarezza l’inconsistenza della struttura organizzativa delle appaltatrici e la mancata assunzione del rischio di impresa;
è infondato anche il motivo di gravame relativo all’asserita violazione del termine di 90 giorni previsto dall’art. 14 L. n. 689/1981;
come insegna la Corte di Cassazione, questo termine comincia a decorrere solo quando il quadro complessivo è apprezzabile in termini di illecito all’esito degli accertamenti e non dalla violazione, dalla quale
decorre solo il termine di prescrizione di cui all’art. 28 L. n. 689/1981 (Cass. n. 23608/2009; Cass. ord. n. 27702/2019);
nel caso di specie l’accertamento iniziato il 21/02/2017 si è concluso il 26/06/2017, dopo che gli ispettori hanno acquisito ed esaminato la documentazione trasmessa dalla società, alla quale era stato dato termine fino all’01/03/2017 per esibire la documentazione;
trattasi di un periodo del tutto ragionevole, sicché il verbale poi trasmesso il 30/06/2017, ricevuto in data 04/07/2017, è rispettoso del predetto termine di 90 giorni.
4.- Avverso tale sentenza RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e RAGIONE_SOCIALE NOME hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
5.RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
6.- I ricorrenti hanno depositato memoria.
7.- Il Collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4), c.p.c. i ricorrenti lamenta no la violazione dell’art. 132, co. 2, n. 3), a causa dell’omessa indicazione delle conclusioni nella sentenza.
Il motivo è infondato.
Come ricordano gli stessi ricorrenti, questa Corte ha affermato che la mancata, inesatta o incompleta trascrizione delle conclusioni nella sentenza di merito ne comporta la nullità solo quando le predette conclusioni non siano state esaminate (Cass. 09/05/2018, n. 11150).
Nel caso di specie, invece, le conclusioni -riportate dai ricorrenti a pag. 6 del loro ricorso per cassazione -sono state tutte esaminate dalla Corte territoriale. Inammissibile è il riferimento ad asserite ‘istanze istruttorie’, poiché di queste non vi è traccia nelle conclusioni, pure testualmente riportate.
La circostanza dell’avvenuto pagamento della sanzione da parte di una delle appaltatrici, infine, è circostanza che i giudici d’appello hanno ritenuto pacifica e proprio per questo l’hanno esaminata, ma l’hanno ritenuta inidonea a determinare l’estinzione dell’autonoma obbligazione gravante sugli odierni ricorrenti (allora appellanti).
2.Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, nn. 3) e 4), c.p.c. i ricorrenti lamenta no ‘violazione e falsa applicazione’ dell’art. 29, co. 2, d.lgs. n. 276/2003, 2697 e 1292 c.c., nonché 115 e 116 c.p.c. per avere la Corte territoriale ritenuto che dall’unico verbale di accertamento siano derivate tre sanzioni.
Il motivo è inammissibile, perché non si confronta con la specifica motivazione addotta dai giudici d’appello, secondo cui l’art. 18, co. 1, d.lgs. n. 276/2003 prevede distinte sanzioni a carico dell’impresa (o delle imprese, se più di una) di somministrazione non autorizzata e dell’impresa utilizzatrice. Peraltro, l’affermazione della Corte territoriale è conforme a diritto, poiché in tema di illecito amministrativo vige il principio di personalità della responsabilità (analogamente all’illecito penale), per cui ciascun soggetto giuridico risponde in proprio, anche se ha commesso l’illecito in concorso con altri (art. 5 L. n. 689/1981), ossia ciascuno dei trasgressori soggiace per intero alla sanzione stabilita per l’infrazione. Qualora il singolo soggetto giuridico sia una persona giuridica, la responsabilità amministrativa grava in via principale sul legale rappresentante e in via solidale sulla stessa persona giuridica (art. 6 L. n. 689/1981), ma solo entro questi limiti sussiste la solidarietà.
Ed infatti, a questo riguardo questa Corte ha affermato che ‘ In tema di sanzioni amministrative, l’art. 5 della l. n. 689 del 1981, che disciplina il concorso di persone nell’illecito, recepisce i principi fissati in materia dal codice penale e stabilisce il principio per cui ciascuno dei trasgressori soggiace per intero alla sanzione stabilita per l’infrazione, senza che possa venire in rilievo il successivo art. 6, che regola la diversa ipotesi della solidarietà con l’autore dell’illecito del soggetto che non abbia concorso nella violazione ‘ (Cass. ord. 30712/2021).
3.Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. i ricorrenti lamentano ‘violazione e falsa applicazione’ degli artt. 1455 c.c., 115 e 116 c.p.c. per avere la Corte territoriale ritenuto non genuini gli appalti.
Il motivo è in parte inammissibile, laddove sollecita a questa Corte un diverso apprezzamento delle risultanze istruttorie, attività invece riservata al giudice del merito e quindi interdetta in sede di legittimità.
Il motivo è in parte infondato, poiché il documento 3 prodotto dai ricorrenti -volto a dimostrare quella particolare circostanza verificatasi a dicembre 2016 -è stato esaminato dalla Corte territoriale, che tuttavia, nell’ambito del proprio libero convincimento, l’ha ritenuto insufficiente a superare tutti gli altri elementi probatori, valutati tali da indurre, in modo concordante ed univoco, a ritenere assente un appalto lecito.
4.Con il quarto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n n. 3) e 4), c.p.c. i ricorrenti lamenta no ‘violazione e falsa applicazione’ degli artt. 2 L. n. 241/1990, nonché 115 e 116 c.p.c. per avere la Corte territoriale omesso di considerare che l’ordinanza ingiunzione era stata notificata ‘ben oltre’ due anni dall’adozione del verbale di accertamento.
Il motivo è inammissibile, perché non si confronta in alcun modo con la ratio decidendi articolata dalla Corte territoriale, che, richiamando esattamente precedenti di questa Corte di legittimità, ha evidenziato che il termine dei 90 giorni comincia a decorrere non dalla violazione -dalla quale decorre solo il termine di prescrizione di cui all’art. 28 L. n. 689/1981 ma dal momento in cui il quadro complessivo sia apprezzabile in termini di illecito all’esito degli accertamenti compiuti. I giudici d’appello , inoltre, hanno esattamente precisato che si tratta di un termine che riguarda la notifica del verbale di accertamento ispettivo e non la successiva ordinanzaingiunzione, alla quale si applica solo il termine di prescrizione.
5.Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti a rimborsare, in solido, al controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.500,00, oltre spese prenotate a debito.
Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti in solido, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115/2002 pari a quello per il ricorso a norma dell’art. 13, co. 1 bis, d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in RAGIONE_SOCIALE, nella camera di consiglio della sezione lavoro, in