Appalto Illecito: Quando il Contratto di Servizi Nasconde un Rapporto di Lavoro
La distinzione tra un legittimo contratto d’appalto di servizi e una somministrazione illecita di personale è una delle questioni più complesse e dibattute nel diritto del lavoro. Un appalto illecito si verifica quando un’azienda, anziché limitarsi a richiedere un servizio specifico, utilizza i dipendenti dell’appaltatore come se fossero i propri, esercitando un potere direttivo diretto. Un’ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione ci offre lo spunto per analizzare questo tema, evidenziando le dinamiche processuali che emergono quando più casi simili giungono al vaglio della Suprema Corte.
I Fatti di Causa: Il Lavoratore tra Cooperativa e ASL
Il caso nasce dalla vicenda di un lavoratore, formalmente socio-lavoratore di una cooperativa sociale, che prestava la sua attività presso una Residenza Sanitaria Assistenziale (RSA) gestita da un’Azienda Sanitaria Locale (ASL). In primo grado, il Tribunale aveva accolto la domanda del lavoratore, riconoscendo l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato direttamente con l’ASL e condannando quest’ultima al pagamento delle differenze retributive.
La Corte d’Appello, tuttavia, ribaltava la decisione. Secondo i giudici di secondo grado, il contratto stipulato tra l’ASL e la cooperativa era un legittimo appalto di servizi, ai sensi dell’art. 1655 c.c. e del D.Lgs. 276/2003, escludendo quindi l’ipotesi di una somministrazione illecita di manodopera.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
Il lavoratore ha impugnato la sentenza d’appello dinanzi alla Corte di Cassazione, basando il suo ricorso su due motivi principali:
Vizio Procedurale
Il primo motivo riguardava la nullità del procedimento per violazione del principio del contraddittorio (art. 331 c.p.c.). Il ricorrente sosteneva che l’atto di appello avrebbe dovuto essere notificato anche alla cooperativa sociale, in quanto parte necessaria del giudizio sin dal primo grado e mai formalmente estromessa.
L’Appalto Illecito nel Merito
Il secondo motivo, fulcro della controversia, denunciava la violazione dell’art. 1655 c.c. Il lavoratore affermava che, nei fatti, il personale medico dell’ASL impartiva istruzioni dirette e controllava puntualmente l’esecuzione del servizio da parte del personale della cooperativa. Questo esercizio del potere direttivo e di controllo andava ben oltre la semplice supervisione del risultato, configurando una vera e propria somministrazione di personale mascherata da appalto.
La Decisione della Cassazione: Un Rinvio Strategico
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, non entra nel merito della questione. La sua non è una decisione sul se l’appalto fosse lecito o meno, ma una decisione di carattere procedurale. I giudici hanno rilevato che la stessa questione di fatto e di diritto era oggetto di altri ricorsi già pendenti presso la IV Sezione della Corte (la Sezione Lavoro).
Per evitare contrasti giurisprudenziali e garantire uniformità di giudizio, la Corte ha ritenuto opportuno rimettere la causa alla IV Sezione. L’obiettivo è promuovere una decisione congiunta di tutti i procedimenti connessi da parte dello stesso collegio giudicante.
Le Motivazioni
La motivazione della Corte è squisitamente processuale e si fonda su un principio di economia e coerenza del sistema giudiziario. L’esistenza di più cause pendenti, vertenti tutte sulle medesime questioni di fatto e di diritto (la qualificazione del rapporto tra la stessa ASL e la stessa cooperativa), ha reso opportuna la trattazione congiunta. Questa scelta procedurale, nota come rimessione per connessione, è finalizzata a prevenire il rischio di decisioni contrastanti su casi identici, un’eventualità che minerebbe la certezza del diritto. La Corte, quindi, ha agito per assicurare che la complessa questione dell’appalto illecito nel settore sanitario riceva una risposta univoca e coerente.
Conclusioni
Sebbene questa ordinanza non fornisca una risposta definitiva sulla distinzione tra appalto e somministrazione, offre due importanti lezioni. La prima è di natura sostanziale: la linea di demarcazione tra un appalto genuino e uno illecito rimane un terreno di forte contenzioso, specialmente nel settore pubblico e dei servizi alla persona, dove il controllo sulla qualità e sulle modalità della prestazione è intrinsecamente elevato. La seconda è di natura processuale: ci mostra come la Corte di Cassazione operi per garantire coerenza e uniformità nelle sue decisioni, soprattutto di fronte a contenziosi seriali. La futura sentenza della Sezione Lavoro sarà quindi di fondamentale importanza per definire con maggiore chiarezza i criteri per distinguere un legittimo appalto da una somministrazione di manodopera mascherata.
Cosa si intende per appalto illecito secondo le argomentazioni del ricorso?
Si ha un appalto illecito quando l’ente committente (in questo caso l’ASL) non si limita a richiedere un servizio finito, ma esercita un potere direttivo e di controllo diretto sul personale dell’azienda appaltatrice (la cooperativa), impartendo istruzioni e verificando l’esecuzione come se fossero propri dipendenti.
Perché la Corte di Cassazione non ha deciso subito il caso?
La Corte non ha deciso nel merito perché ha riscontrato l’esistenza di altri procedimenti simili, vertenti sulle stesse questioni di fatto e di diritto, già pendenti presso la IV Sezione (Sezione Lavoro). Ha quindi rimesso la causa a quella sezione per una trattazione congiunta, al fine di garantire una decisione uniforme ed evitare sentenze contrastanti.
Quale vizio procedurale è stato lamentato nel ricorso?
È stata lamentata la mancata notifica dell’atto di impugnazione in appello alla cooperativa sociale. Secondo il ricorrente, la cooperativa era una parte necessaria del giudizio fin dall’inizio e non era mai stata esclusa, pertanto l’omessa notifica avrebbe viziato il procedimento.
Testo del provvedimento
Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 6 Num. 34389 Anno 2019
Civile Ord. Sez. 6 Num. 34389 Anno 2019
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/12/2019
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 25458-2018 proposto da:
COGNOMENOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
AZIENDA SANITARIA LOCALE N.1 AVEZZANO-SULMONALRAGIONE_SOCIALEAQUILA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 130/2018 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 01/03/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 23/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. NOME COGNOME
CONSIDERATO CHE
la Corte d’appello di L’Aquila, con la sentenza in data 1.3.2018, in riforma della sentenza di primo grado, accoglieva l’appello proposto dall’Azienda Sanitaria Locale n. 1 di Avezzano, Sulmona e L’Aquila avverso la pronuncia con la quale era stato riconosciuto l’inquadramento di COGNOME NOME nel livello superiore del C.C.N.L. comparto sanità e disposta la condanna dell’ASL al pagamento delle differenze retributive e del TFR maturati nel corso del rapporto svolto dal COGNOME presso la RSA di Montereale (AQ) formalmente alle dipendenze della cooperativa RAGIONE_SOCIALE in qualità di socio lavoratore.
A fondamento della sentenza la Corte sosteneva la legittimità, ai sensi dell’art. 29 del decreto legislativo n. 276/2003 e dell’art. 1655 c.c., del contratto di appalto intervenuto tra la ,›ksl appaltante e la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non essendosi verificata alcuna illecita somministrazione di manodopera.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione la lavoratrice con due motivi ai quali ha resistito l’Asl con controricorso.
È stata comunicata alle parti la proposta del giudice relatore unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
RILEVATO CHE
col primo motivo viene dedotta la nullità della sentenza o del procedimento ex articolo 360 n. 4 c.p.c. Violazione dell’articolo 331
Ric. 2018 n. 25458 sez. ML – ud. 23-10-2019
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c.p.c. posto che, a seguito dell’integrazione del contraddittorio nei confronti della RAGIONE_SOCIALE. disposta iussu iudiciis con ordinanza del 13/2/2014 nel corso del giudizio di primo grado, si rendeva necessaria la notifica dell’atto di impugnazione non solo alla odierna ricorrente ma anche nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, mai estromessa dal giudizio.
Col secondo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione (articolo 360 numero 3 c.p.c.) dell’articolo 1655 c.p.c. atteso che nel caso di specie, come aveva accertato lo stesso giudice di merito, il personale medico dell’Asl impartiva precise istruzioni al personale della cooperative e controllava direttamente la regolare e corretta esecuzione del servizio, andando ben oltre la semplice direttiva effettuata nell’ottica del conseguimento del risultato.. Ricorreva pertanto un ipotesi di illiceità dell’appalto in quanto dissimulante una somministrazione di personale.
Con atto depositato in data 23.10.2019 l’ASL resistente ha chiesto la trattazione congiunta del presente procedimento, e degli altri chiamati alla odierna adunanza davanti a questa Sez. VI, con altri procedimenti indicati nella medesima istanza. Tali procedimenti risultano in effetti già pendenti davanti alla IV Sez. di questa Corte e devono ritenersi connessi a quelli chiamati all’odierna adunanza, in quanto vertenti tutti sulle medesime questioni di fatto e di diritto. Appare pertanto opportuno promuovere la decisione di tutti i procedimenti connessi nella stessa sede da parte dello stesso collegio, sicchè la presente causa va rimessa alla IV sezione.
PQM
rimette la causa alla IV sezione di questa Corte di cassazione.
Così deciso in Roma all’adunanza camerale del 23.10.2019
Il presidente
NOME COGNOME
Ric. 2018 n. 25458 sez. ML – ud. 23-10-2019 -3-