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Appalto di servizi: sì agli interessi di mora

Una società di trasporto pubblico ha richiesto gli interessi di mora a un Ente Regionale per pagamenti ritardati. L’Ente sosteneva che il contratto fosse una concessione di servizi, esente dalle norme sui ritardi di pagamento. La Corte di Cassazione ha stabilito che si trattava di un appalto di servizi, poiché il rischio operativo gravava sull’Ente, che copriva la maggior parte dei costi. Di conseguenza, gli interessi erano dovuti.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Appalto di Servizi: Quando Scattano gli Interessi di Mora per Ritardato Pagamento

La corretta qualificazione di un contratto tra un ente pubblico e un’impresa privata è cruciale, specialmente quando si parla di pagamenti. Definire se si tratti di un appalto di servizi o di una concessione può determinare l’applicabilità delle norme sugli interessi di mora per ritardato pagamento. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fatto luce su questo punto, sottolineando l’importanza del ‘rischio operativo’ come criterio distintivo fondamentale.

Il Caso: Contratto di Trasporto Pubblico e la Richiesta di Interessi

Una società di trasporti, incaricata da un Ente Regionale di gestire il servizio di trasporto pubblico locale, si è trovata a fronteggiare ritardi nei pagamenti della compensazione economica pattuita. Di conseguenza, l’azienda ha agito in giudizio per ottenere il pagamento degli interessi moratori, calcolati ai sensi del D.Lgs. 231/2002, che disciplina i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali.

Appalto di Servizi vs. Concessione: La Difesa dell’Ente Pubblico

L’Ente Regionale si è opposto alla richiesta, sostenendo che il rapporto contrattuale non fosse un appalto di servizi, bensì una concessione di servizi pubblici. Secondo la difesa dell’ente, questa qualificazione avrebbe escluso l’applicazione della normativa sugli interessi di mora, in quanto le concessioni non rientrerebbero nell’ambito delle ‘transazioni commerciali’ previste dal decreto.
Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello hanno respinto questa tesi, qualificando il contratto come appalto e condannando l’ente al pagamento. La questione è quindi giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

L’Analisi della Corte: Il Rischio Operativo come Criterio Decisivo per l’Appalto di Servizi

La Corte di Cassazione ha confermato le decisioni dei giudici di merito, rigettando il ricorso dell’Ente Regionale. I giudici hanno ribadito il criterio distintivo fondamentale tra le due figure contrattuali: il trasferimento del rischio operativo.

* Nella concessione di servizi, l’ente pubblico trasferisce al privato (il concessionario) non solo la gestione del servizio ma anche il rischio economico legato ad essa. Il concessionario si remunera in modo significativo tramite i ricavi ottenuti dagli utenti (es. vendita di biglietti) e si assume il rischio che tali ricavi non coprano i costi.
* Nell’appalto di servizi, invece, l’impresa (l’appaltatore) svolge un servizio per conto dell’ente pubblico in cambio di un corrispettivo economico. Il rischio operativo rimane in capo all’ente pubblico, che è tenuto a remunerare l’appaltatore indipendentemente dai ricavi generati dal servizio.

Le Motivazioni della Decisione

Nel caso specifico, la Corte ha rilevato che il rischio operativo non era stato trasferito alla società di trasporti. Diversi elementi fattuali, correttamente valutati dalla Corte d’Appello, lo dimostravano:
1. Copertura dei Costi: Il contratto prevedeva che l’Ente Regionale si impegnasse a coprire i costi di esercizio anche qualora avessero superato la compensazione economica prevista. Questo elimina il rischio d’impresa per la società.
2. Incidenza dei Ricavi: I ricavi derivanti dalla vendita dei biglietti coprivano solo una parte minoritaria (circa il 20%) del fabbisogno finanziario, mentre la quasi totalità era garantita dalla compensazione pubblica.
3. Controllo Pubblico: L’Amministrazione manteneva un potere di indirizzo e vigilanza sulla gestione del servizio.

Poiché la remunerazione proveniva quasi interamente dall’ente pubblico e il rischio gestionale non era accollato all’impresa, il rapporto andava necessariamente qualificato come appalto di servizi.

Le Conclusioni: Applicabilità degli Interessi di Mora

La qualificazione del contratto come appalto di servizi lo fa rientrare a pieno titolo tra le ‘transazioni commerciali’ disciplinate dal D.Lgs. 231/2002. Di conseguenza, la Corte di Cassazione ha concluso che la società di trasporti aveva pieno diritto a ricevere gli interessi moratori per il ritardato pagamento del corrispettivo da parte dell’Ente Regionale. Questa pronuncia riafferma un principio fondamentale: per la qualificazione di un contratto pubblico, non conta il nome formale dato dalle parti (‘nomen iuris’), ma la sostanza del rapporto e, in particolare, la concreta allocazione del rischio operativo.

Qual è la differenza fondamentale tra appalto di servizi e concessione di servizi?
La differenza chiave risiede nell’allocazione del rischio operativo. Nell’appalto di servizi, il rischio rimane a carico della pubblica amministrazione, che paga un corrispettivo per il servizio. Nella concessione, il rischio viene trasferito al privato, che si remunera principalmente tramite i ricavi provenienti dagli utenti del servizio.

Quando si applica il D.Lgs. 231/2002 sui ritardi di pagamento nei contratti con la Pubblica Amministrazione?
Si applica quando il contratto è qualificabile come una ‘transazione commerciale’, come nel caso di un appalto di servizi. Secondo l’interpretazione della Corte, la sua applicazione è invece esclusa per i contratti che non hanno questa natura, come la concessione di servizi.

Perché in questo caso il contratto di trasporto pubblico è stato considerato un appalto di servizi?
È stato considerato un appalto perché il rischio operativo sostanziale non era a carico della società di trasporti, ma dell’Ente Regionale. L’Ente garantiva la copertura dei costi anche in caso di superamento della compensazione pattuita e forniva la stragrande maggioranza dei fondi, rendendo i ricavi da bigliettazione una parte minoritaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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