Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 22541 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 22541 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/08/2025
SENTENZA
sul ricorso 21554-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALEgià RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME, COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE;
– intimata –
avverso la sentenza n. 254/2022 della CORTE D’APPELLO DI
Oggetto
Appalto di servizi di trasporto
R.G.N. 21554/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 11/06/2025
PU
LECCE SEZIONE DISTACCATA di TARANTO, depositata il 26/04/2022 R.G.N. 176/2017; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/06/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale uditi gli avvocati COGNOME NOME COGNOME per
Dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; delega verbale avvocato COGNOME
Fatti di causa
1. La Corte d’appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, ha respinto gli appelli proposti, con separati ricorsi poi riuniti, da RAGIONE_SOCIALE e da RAGIONE_SOCIALE confermando la sentenza di primo grado che aveva condannato entrambe le società a corrispondere a NOME COGNOME le differenze retributive dovute dalla datrice di lavoro RAGIONE_SOCIALE, in solido con questa, ai sensi dell’art. 29, d.lgs. n. 276 del 2003, con il beneficio della preventiva escussione.
La Corte territoriale ha qualificato il rapporto tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, poi divenuta RAGIONE_SOCIALE, e quello tra quest’ultima e la RAGIONE_SOCIALE, formalmente regolati da contratti di trasporto e di sub trasporto, come relativi ad appalti di servizi di trasporto e di altri servizi.
Ha motivato tale conclusione sulla base dei seguenti indici: i contratti affidano una serie indeterminata di trasporti, quanto al numero, agli oggetti da trasportare e ai luoghi di consegna, instaurando una collaborazione destinata a durare nel tempo, con modalità pianificate in linea di massima e per un corrispettivo predeterminato; sono pattuite anche altre attività e servizi: tra questi, alcuni sono accessori al trasporto e comprendono il carico e lo scarico delle merci, la loro numerazione ed etichettatura, il controllo dei colli, il ritiro dei
pagamenti con contrassegno; altri servizi hanno carattere autonomo, come quello concernente la pubblicità in favore della BRT sul territorio e la conservazione dei documenti di trasporto anche in modalità informatica. Ha aggiunto che entrambi i contratti assegnano al vettore il compito di provvedere alla raccolta, al trasporto e alla distribuzione delle merci in autonomia, con i mezzi e il personale di cui dispone, avvalendosi della propria struttura organizzativa e imprenditoriale e con rischio a proprio carico.
La riconosciuta esistenza di appalti di servizi di trasporto ha reso applicabile il regime di solidarietà previsto dall’art. 29 del d.lgs. 276 del 2003 per i crediti retributivi vantati dal lavoratore nei confronti della datrice di lavoro e il cui termine di prescrizione non è decorso in costanza di rapporto.
Avverso tale sentenza ricorre per cassazione la RAGIONE_SOCIALE in proprio e quale incorporante la RAGIONE_SOCIALE, con cinque motivi. NOME COGNOME resiste con controricorso. La RAGIONE_SOCIALE in liquidazione non ha svolto difese.
È stata depositata memoria di costituzione di nuovi difensori per la parte ricorrente ed anche memoria, ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione o falsa applicazione di norme in materia di trasporto (artt. 16781702 c.c.; art. 6, comma 2, d.lgs. n. 286/2005, art. 11 del c.c.n.l. trasporto e logistica e art. 83-bis d.l. n. 112/2008, convertito in l. n. 133/2008, come modificato dall’art. 1, comma 248, l. n. 190/2014), in materia di appalto (art. 1655 c.c.; 1677-bis c.c.; art. 29 d.lgs. n. 276 del 2003 anche in relazione all’art. 14 disp. att. cod. civ.) e di qualificazione e
interpretazione dei contratti ex artt. 1362, 1363, 1364 e 1371 c.c. (art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c.).
La società censura l’avvenuta riqualificazione dei contratti di trasporto sottoscritti da RAGIONE_SOCIALE con RAGIONE_SOCIALE e da questa con la Cooperativa RAGIONE_SOCIALE in termini di appalto di servizi di trasporto, con conseguente falsa applicazione della garanzia della solidarietà ex art. 29, d.lgs. n. 276/2003, destinata ad operare tassativamente solo per l’appalto di opere o di servizi.
Assume che, diversamente da quanto statuito nella sentenza impugnata, dal dato contrattuale è possibile ricavare solo ed esclusivamente elementi qualificanti il contratto di trasporto disciplinato dall’art. 1678 e ss. c.c. A parte il rilievo da assegnare al nomen iuris prescelto dalle parti, sottolinea come la giurisprudenza di legittimità abbia ricondotto nell’ambito del trasporto tutte le attività accessorie (Cass. 27 marzo 2009, n. 7533); che le attività di carico e scarico sono riconducibili al concetto di messa a disposizione della merce di cui all’art. 1678 c.c. (v. Cass. 28 novembre 2011, n. 2511743 e art. 11 c.c.n.l. Logistica e trasporto); che l’art. 1692 c.c. prevede espressamente che il vettore possa riscuotere il prezzo della merce consegnata per conto del mittente, confermando l’accessorietà dell’adempimento all’attività primaria oggetto del contratto di cui si discute.
Secondo la tesi di parte ricorrente, la Corte territoriale avrebbe posto a base della decisione circostanze ed elementi non dedotti dal lavoratore, né tantomeno provati, e comunque irrilevanti e inconferenti (in quanto inerenti ad attività strumentali all’esecuzione del trasporto) e, in ogni caso, non dotati del carattere della ‘prevalenza’ rispetto all’obbligazione principale (trasporto merci), secondo la teoria
dell’assorbimento; avrebbe, inoltre, reso una statuizione in contrasto con le norme del codice civile che definiscono e disciplinano il contratto di trasporto, disattendendo anche il d.lgs. n. 286/2005 e le relative disposizioni attuative, senza tenere in considerazione quanto disposto dalla legge n. 190 del 2014 (art. 1, comma 248), di modifica dell’art. 83 -bis del decreto-legge n. 112 del 2008 in tema di responsabilità solidale del committente, nonché dall’art. 37 -bis della legge n. 79/2022, di conversione del decreto-legge 36/2022, che ha modificato l’art. 1677 -bis c.c., con valenza di interpretazione autentica.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione o falsa applicazione dell’art. 29, d.lgs. n. 276/2003 in rapporto all’art. 14 disp. att. c.c. e all’art. 1, comma 248, l. 190/2014 (art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c.).
La Società ricorrente argomenta dalla natura giuridica quali contratti di trasporto dei rapporti intercorsi tra RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE l’inapplicabilità, al caso di specie, dell’art. 29, comma 2, d.lgs. 276/2003; ribadisce che tale disposizione può essere applicata solo ai contratti di appalto disciplinati dall’art. 1655 e ss. c.c., cui si riferisce esplicitamente il comma 1 dell’art. 29 medesimo, ma non ai contratti di trasporto ovvero ai contratti a causa cd. mista (di appalto e di trasporto, recte : di logistica); che l’introduzione, ad opera dell’art. 1, comma 248, della legge 190 del 2014, di modifica dell’art. 83 bis del decreto -legge n. 112 del 2008, di una responsabilità solidale del mittente nel contratto di trasporto a durata continuativa impone una interpretazione restrittiva del citato art. 29, che ne esclude l’estensione ai contratti di trasporto, anche di natura mista, come, peraltro, confermato dal novellato art. 1677-bis c.c.
Con il terzo motivo di ricorso la società denuncia la violazione degli artt. 2699 e 2700 c.c., dell’art. 10, comma 5, d.lgs. n. 124/2004; degli artt. 2727 e 2729 c.c., 115 e 116 c.p.c.; dell’art. 1309 c.c. (art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4, c.p.c.).
La ricorrente censura la decisione impugnata nella parte in cui ha ritenuto ininfluente, ai fini della prova del pagamento dei crediti retributivi azionati, il verbale d’accertamento, originato dalla denuncia presentata dallo stesso Russo al servizio ispettivo della D.T.L. di Taranto, con cui l’Inps ha attribuito alla BRT l’evasione, da parte della datrice RAGIONE_SOCIALE, dei contributi dovuti in relazione all’orario di lavoro eccedente le 20 ore settimanali risultanti dal contratto di assunzione. Critica la decisione d’appello per non aver adeguatamente considerato l’efficacia probatoria privilegiata del verbale ispettivo in questione e per non aver tratto dallo stesso, unitamente agli ulteriori elementi in atti, i presupposti del necessario ragionamento presuntivo che, ove correttamente sviluppato, avrebbe consentito di ritenere raggiunta la prova del pagamento delle retribuzioni per le ore di lavoro contrattualizzate.
Con il quarto motivo deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 99, 100, 112, 132, n. 4, c.p.c., 2697 c.c. e 24 e 111 Cost. (art. art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.). La società addebita alla sentenza d’appello di non aver pronunciato su parte delle domande articolate dalle difese delle società convenute e riportate nelle conclusioni delle memorie difensive di entrambi i gradi, come pure nelle note autorizzate finali di primo grado, con cui si chiedeva, in subordine, di contenere la condanna nei limiti di quanto effettivamente dovuto, detraendo quanto corrisposto dalla
datrice di lavoro RAGIONE_SOCIALE, e si contestavano i fatti costitutivi delle pretese in punto di inquadramento e orario di lavoro.
Con il quinto motivo è dedotta la violazione o falsa applicazione degli artt. 99, 100, 112, 132, n. 4, c.p.c. (art. art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.), per avere la Corte di merito pronunciato extrapetita su una eccezione di prescrizione non sollevata dalle società costituite, posto che i crediti del Russo, relativi al rapporto di lavoro intercorso con RAGIONE_SOCIALE fra il 1° ottobre 2011 e il 15 settembre 2014, erano stati tempestivamente azionati con ricorso depositato il 5 novembre 2015 e notificato il successivo 13 novembre.
6. Il primo motivo di ricorso non è fondato.
Questa Corte di legittimità (v. Cass. n. 14670 del 2015; Cass. n. 18751 del 2018; Cass. n. 20413 del 2019; Cass. n. 6449 del 2020; Cass. n. 24984 del 2022; cfr. anche Cass. n. 9126 del 2023; Cass. n. 21386 del 2023; Cass. n. 25551 del 2023 in motivazione) ha avuto modo di affermare che costituisce principio consolidato quello secondo il quale è configurabile un contratto di appalto di servizio di trasporto e non un semplice contratto di trasporto, allorché ci si trovi in presenza di un’apposita organizzazione di mezzi apprestata dal trasportatore per l’esecuzione del contratto, in relazione all’importanza e alla durata dei trasporti da effettuare. Connotati rivelatori di detta organizzazione sono, normalmente, da individuarsi nella molteplicità e sistematicità dei trasporti, nella pattuizione di un corrispettivo unitario per le diverse prestazioni, nell’assunzione dell’organizzazione dei rischi da parte del trasportatore (Cass. n. 18751 del 2018 e i precedenti ivi richiamati). La presunzione di esistenza di un unitario contratto di appalto nel servizio di trasporto, anziché di una molteplicità di contratti di trasporto o sub trasporto,
può essere utilmente invocata qualora le modalità di esecuzione dei trasporti medesimi, e, in generale, il comportamento delle parti, siano tali da evidenziare, a prescindere dai contenuto formale dei negozi predisposti dalle parti, un rapporto contrattuale unico ed onnicomprensivo, caratterizzato da continuità e predeterminazione delle rispettive prestazioni (v. Cass. n. 18751 del 2018 cit.). Si ricava che al fine della configurabilità di un unitario contratto di appalto nel servizio di trasporto, occorre attribuire rilievo ad una serie di elementi presuntivi rivelatori del carattere unitario delle prestazioni consistenti in una serie di trasporti collegati al raggiungimento di un risultato complessivo, non limitato all’esecuzione di singole e sporadiche prestazioni di trasporto, ma volto all’esecuzione di un servizio di trasferimento di carattere continuativo.
In riferimento al caso in esame, le censure mosse dalla società ricorrente non appaiono idonee a scalfire sul punto l’impianto argomentativo che sorregge la decisione d’appello, risultando per quanto evidenziato corretta la valutazione di ritenuta coerenza del rapporto negoziale con lo schema contrattuale dell’appalto di servizi di trasporto, in presenza del riscontrato affidamento al vettore del compito di organizzare in modo autonomo l’esecuzione non di singoli e individuati trasporti, bensì dell’attività di trasporto complessivamente intesa, per la durata di un anno, rinnovabile di anno in anno, con tutti i servizi accessori connessi; attività continuativa da eseguirsi dall’appaltatore con propri mezzi e proprio personale, a fronte di un corrispettivo predeterminato, avvalendosi quindi della propria struttura organizzativa e imprenditoriale e con rischio a proprio carico.
Il riferimento all’art. 83 -bis , d.l. n. 112 del 2008, non sposta
la correttezza della soluzione raggiunta.
L’art. 83 -bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, nella formulazione da ultimo modificata dall’art. 1, comma 248, lettera b, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, che ha introdotto una responsabilità solidale del committente per i crediti vantati dai dipendenti del vettore, non è ratione temporis applicabile alla fattispecie oggetto di causa, in cui le differenze retributive sono richieste per il periodo ottobre 2011-settembre 2014.
In ogni caso, l’art. 83 -bis novellato non rende vana la distinzione tra contratto di trasporto e appalto di servizi di trasporto. Come già rilevato da questa Corte, il legislatore ha disciplinato in via autonoma la responsabilità solidale del committente per i crediti retributivi e contributivi dei dipendenti del vettore o del sub vettore nel corso del contratto di trasporto, modulandola in termini che si discostano dalle regole applicabili ai dipendenti dell’appaltatore. La responsabilità solidale del committente, contrassegnata dal più breve termine di decadenza di un anno, si raccorda all’omessa verifica della regolarità assicurativa e contributiva del vettore. Tale contegno non riveste, invece, alcun rilievo nel caso della responsabilità prevista dall’art. 29 del d.lgs. n. 276 del 2003 e disancorata dai coefficienti psicologici del dolo e della colpa (cfr. Cass. n. 25551 del 2023; Cass. n. 24981 del 2022).
Neppure appare pertinente il riferimento all’art. 1677 -bis c.c., come novellato, da ultimo, dall’art. 37 bis del decreto -legge n. 36 del 2022, introdotto con la legge di conversione n. 79 del 2022, anch’esso non applicabile ratione temporis (risultando apoditticamente affermata la valenza di norma di interpretazione autentica del citato art. 37-bis) e, comunque,
volto a disciplinare la ‘prestazione di due o più servizi di logistica’ ed a ribadire l’applicazione alle attività di trasferimento di cose delle norme sul contratto di trasporto di cose; senza che da tale previsione espressa possa desumersi alcuna esclusione in ordine alla configurabilità del contratto di appalto e all’operare della responsabilità solidale del committente, di cui all’art. 29, d.lgs. n. 276 del 2003.
La denuncia di violazione delle residue disposizioni di legge e dell’art. 11 del contratto collettivo applicato appare priva di pregio, non avendo il ricorrente neppure specificato quali affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata si pongano in contrasto con le citate norme, essenzialmente richiamate con funzione di sostegno delle argomentazioni esposte. Con orientamento unanime si è chiarito che, con riferimento alla violazione e falsa applicazione di legge ai sensi dell’art. 360, comma 1, n . 3, c.p.c., il vizio va dedotto, a pena di inammissibilità, non solo con l’indicazione delle norme di diritto asseritamente violate ma anche mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, così da prospettare criticamente una valutazione comparativa fra opposte soluzioni, non risultando altrimenti consentito alla SRAGIONE_SOCIALE. di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione, e ciò rende privo di specificità il vizio denunciato (Cass. n. 287 del 2016; Cass. n. 635 del 2015; Cass. n. 25419 del 2014; Cass. n. 16038 del 2013; Cass. n. 3010 del 2012).
L’infondatezza del primo motivo determina l’assorbimento
del secondo motivo. La corretta qualificazione del rapporto come appalto dei servizi di trasporto comporta l’applicabilità dell’art. 29 d.lgs. 276/2003 (sulla cui portata estensiva, nella specie al contratto di subfornitura, cfr. Corte cost., sentenza n. 254/2017).
Neppure il terzo motivo di ricorso può trovare accoglimento.
La corte d’appello ha individuato l’oggetto dell’accertamento svolto dall’Inps, su richiesta di intervento del lavoratore, come relativo al lavoro prestato oltre le 20 ore contrattuali e ha ritenuto che da tale accertamento non potesse desumersi, in modo automatico, l’avvenuto pagamento delle retribuzioni (e contribuzioni) relativo alle 20 ore oggetto del contratto part time sottoscritto tra le parti. Il ragionamento seguito dai giudici di appello (che hanno rilevato come nel verbale ispettivo «si contesta il mancato pagamento dei contributi per le ore non dichiarate in busta paga, ma accertate dagli ispettori, il che non fa ritenere in automatico che siano stati pagati i contributi relativi alle ore dichiarate e ancor meno che siano state versate le retribuzioni in favore dei dipendenti», sentenza, p. 3, ultimo cpv.) non è illogico né contrario alle regole della prova presuntiva e, da questo punto di vista, appare inammissibile la dedotta violazione o falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c.. La censura si concreta nella prospettazione di una diversa ricostruzione delle circostanze fattuali e di un’inferenza probabilistica alternativa a quella seguita dai giudici di merito (v. Cass. n. 9054 del 2022), costruita sul presupposto del carattere dirimente di alcune frasi estrapolate dal verbale di accertamento Inps e riportate in ricorso (p. 28), con l’obiettivo, non compatibile con il giudizio di legittimità, di conseguire una rivalutazione dei fatti
storici già esaminati dal giudice di merito (Cass., S.U., n. 34476 del 2019) e di scardinare l’apprezzamento degli elementi probatori come dai medesimi svolto.
La decisione d’appello in nessun modo contraddice i principi enunciati da questa Corte sull’efficacia probatoria dei verbali ispettivi, che fanno fede fino a querela di falso per quanto riguarda la provenienza dal pubblico ufficiale che li ha redatti ed i fatti che quest’ultimo attesta essere avvenuti in sua presenza, o essere stati da lui compiuti, mentre per le altre circostanze di fatto costituisce fonte di prova liberamente valutabile dal giudice (v. Cass. n. 23252 del 2024; Cass. n. 5851 del 2024; Cass. n. 14965 del 2012; Cass. n. 9251 del 2010).
L’onere di prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione incombe sulla società committente che, in ragione del vincolo di solidarietà passiva, si colloca nella stessa posizione dell’obbligata principale, nella specie la datrice di lavoro rimasta contumace nei giudizi di merito, potendo opporre al creditore le eccezioni opponibili dal debitore principale (eccetto quelle personali, ai sensi dell’art. 1297 c.c., cfr. Cass. n. 14861 del 2001) quindi i fatti estintivi o impeditivi del credito azionato, e sopportando il relativo onere probatorio.
Sulla dedotta violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., deve ribadirsi, in consonanza con l’orientamento di questa Corte (v. Cass., S.U. n. 20867 del 2020; Cass. n. 11892 del 2016; Cass. n. 25029 del 2015; Cass. n. 25216 del 2014), che la violazione dell’art. 115 c.p.c. può essere dedotta come vizio di legittimità qualora il giudice, esercitando il suo potere discrezionale nella scelta e valutazione degli elementi probatori, ometta di valutare le risultanze di cui la parte abbia esplicitamente dedotto la decisività, salvo escluderne in concreto, motivando
sul punto, la rilevanza; ovvero quando egli ponga alla base della decisione fatti che erroneamente ritenga notori o la sua scienza personale. In modo parallelo, la violazione dell’art. 116 c.p.c. presuppone che il giudice abbia valutato una prova legale secondo prudente apprezzamento o un elemento di prova liberamente valutabile come prova legale. Nessuna di queste situazioni è rappresentata nei motivi di ricorso in esame, ove è unicamente dedotto che il giudice ha male esercitato il suo prudente apprezzamento della prova, censura consentita solo ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. nel caso di specie precluso in ragione della disciplina cd. della doppia conforme di merito, di cui all’art. 348 bis c.p.c. applicabile ratione temporis .
9. Parimenti infondato è il quarto motivo di ricorso.
Questa Corte ha chiarito che ad integrare il vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (cfr. Cass. n. 24155 del 2017; n. 17956 del 2015; n. 20311 del 2011).
La Corte territoriale non ha omesso la pronuncia sui motivi di appello concernenti il quantum dovuto al lavoratore, in base all’inquadramento al medesimo spettante e all’orario di lavoro effettivamente osservato, ma ha fatto proprie le valutazioni e conclusioni adottate al riguardo dal primo giudice, così
implicitamente respingendo i rilievi svolti dalla società appellante. Ha motivato sulla debenza delle somme risultanti dai prospetti paga e non versate al dipendente, escludendo che la prova dell’avvenuto pagamento, non fornita dalla datrice di lavoro rimasta contumace, potesse ricavarsi dal verbale ispettivo dell’Inps. Il riferimento al verbale dell’Inps in cui ‘si contesta il mancato pagamento dei contributi per le ore non dichiarate in busta paga, ma accertate dagli ispettori’ rende la motivazione d’appe llo logicamente incompatibile con l’accoglimento delle censure che la società assume non esaminate.
Non può dirsi integrato il vizio di motivazione apparente che, secondo quanto statuito da questa Corte, è configurabile ove non siano percepibili le ragioni della decisione, cioè l’iter logico seguito dal giudicante per la formazione del convincimento, con conseguente preclusione di ogni possibile controllo sullo stesso (Cass., Sez. U., n. 22232 del 2016; Cass., n. 13977 del 2019; Cass. n. 6758 del 2022; Cass. n. 1986 del 2025).
Anomalie di tal genere non sono rinvenibili nella decisione impugnata; questa, sia pure sinteticamente, ha motivato in maniera esplicita sulla debenza delle somme risultanti dai prospetti paga in atti, in assenza di prova dell’avvenuto pagamento da parte della società datoriale; quanto alle differenze retributive riconosciute sul presupposto di un superiore orario di lavoro e di un differente inquadramento, il procedimento logico che sorregge la decisione emerge in modo adeguato dalla integrazione della parte motiva della sentenza di appello e di quella di primo grado, espressamente richiamata.
10. Il quinto motivo è inammissibile per difetto di interesse.
Secondo il condiviso orientamento di questa Corte (tra le
altre Cass. n. 11844 del 2006; n. 15623 del 2005; n. 13091 del 2003), l’interesse alla impugnazione, il quale costituisce manifestazione del generale principio dell’interesse ad agire sancito, quanto alla proposizione della domanda ed alla contraddizione alla stessa, dall’art. 100 c.p.c., – va apprezzato in relazione all’utilità concreta derivabile alla parte dall’eventuale accoglimento del gravame e non può consistere in un mero interesse astratto ad una più corretta soluzione di una questione giuridica, non avente riflessi sulla decisione adottata; sicché è inammissibile, per difetto d’interesse, un’impugnazione con la quale si deduca la violazione di norme giuridiche, sostanziali o processuali, che non spieghi alcuna influenza in relazione alle domande o eccezioni proposte, e che sia diretta, quindi, all’emanazione di una pronuncia priva di rilievo pratico.
Nel caso in esame, la Corte d’appello ha escluso che fosse maturata la prescrizione per i crediti retributivi azionati dal lavoratore; l’accoglimento del motivo di ricorso, volto a far accertare il vizio di ultrapetizione per difetto di una eccezione di prescrizione sollevata dalla società, non arrecherebbe alla stessa alcuna concreta utilità, dal che discende l’inammissibilità della censura per difetto di interesse ad impugnare.
11. Per le ragioni esposte, il ricorso deve essere respinto.
La regolazione delle spese del giudizio di legittimità nei confronti del lavoratore segue il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo e distrazione. Non vi è luogo a provvedere sulle spese nei confronti di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione rimasta intimata.
Il rigetto del ricorso costituisce presupposto processuale per il raddoppio del contributo unificato, ai sensi dell’art. 13,
comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 (cfr. Cass. S.U. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità nei confronti di NOME COGNOME che liquida in euro 8.000,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge, da distrarsi in favore dell’avv. NOME COGNOME, antistatario.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della pubblica udienza