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Appalto a forfait: la Cassazione sui lavori extra

Una società ha citato in giudizio un’amministrazione regionale per ottenere il pagamento di servizi extra forniti nell’ambito di un appalto pubblico per la pulizia delle coste. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso della società, confermando le decisioni dei gradi precedenti. Il punto centrale della controversia era la natura del contratto, qualificato come **appalto a forfait** (a corpo), che non riconosce alla società il diritto a un compenso per i lavori aggiuntivi non esplicitamente autorizzati. La Corte ha inoltre confermato la legittimità della risoluzione anticipata del contratto da parte dell’ente.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Appalto a Forfait: La Cassazione Conferma, Niente Compenso per Lavori Extra Non Autorizzati

L’ordinanza n. 5241/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sulla gestione dei contratti pubblici, in particolare sulla distinzione tra appalto a misura e appalto a forfait. La Suprema Corte ha chiarito che, in un contratto a corpo, l’appaltatore si assume il rischio della quantità di lavoro necessaria e non può pretendere compensi aggiuntivi per prestazioni extra, a meno che non siano state formalmente autorizzate dalla stazione appaltante. Questa decisione sottolinea il valore vincolante del testo contrattuale e limita la possibilità di rinegoziare i termini in base a circostanze sopravvenute.

I Fatti di Causa: Un Contratto di Pulizia Costiera

Una società, appaltatrice di un servizio di pulizia e monitoraggio delle acque costiere per un’amministrazione regionale, aveva citato in giudizio l’ente per ottenere il pagamento di diverse somme. Queste includevano il saldo del corrispettivo contrattuale, il compenso per maggiori quantità di lavori eseguiti, un indennizzo per i costi aggiuntivi e il risarcimento per l’illegittimo recesso dal contratto dopo il primo anno.

Il contratto, stipulato a seguito di gara pubblica, prevedeva una durata triennale con facoltà di interruzione per l’ente in caso di mancato rifinanziamento. La società sosteneva di aver eseguito prestazioni per un valore superiore a quello pattuito a causa di errori di calcolo nel progetto iniziale e di aver quindi maturato un credito aggiuntivo.

La Decisione della Corte d’Appello e l’importanza dell’Appalto a Forfait

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano rigettato le domande della società. La Corte territoriale, in particolare, aveva qualificato il contratto come appalto a forfait (o ‘a corpo’). Tale qualificazione si basava sulla clausola ‘chiavi in mano’ che includeva nel corrispettivo pattuito ‘ogni attività comunque connessa’ alla realizzazione dei servizi, esonerando l’ente da ogni spesa eccedente il prezzo di aggiudicazione. Secondo i giudici di merito, la sottoscrizione del contratto implicava l’accettazione incondizionata di tali condizioni, rendendo irrilevanti eventuali errori di calcolo a monte o successive riduzioni del prezzo a base d’asta.

L’Analisi della Corte di Cassazione

La società ha quindi proposto ricorso in Cassazione, articolato in cinque motivi, incentrati principalmente sulla presunta errata qualificazione del contratto e sulla mancata remunerazione dei lavori aggiuntivi. L’amministrazione regionale ha resistito con controricorso, proponendo a sua volta un ricorso incidentale.

Il Rigetto del Ricorso Incidentale sulla Cessione del Credito

Prima di esaminare il merito, la Cassazione ha rigettato il ricorso incidentale dell’ente, che contestava la legittimazione della società ricorrente (subentrata come cessionaria del credito). La Corte ha chiarito che le norme più restrittive sulla cessione dei crediti verso la Pubblica Amministrazione (artt. 69 e 70 del R.D. 2440/1923) si applicano esclusivamente alle amministrazioni statali e non agli enti regionali, confermando la validità della cessione.

L’Inammissibilità del Ricorso Principale e la Natura dell’Appalto a Forfait

La Corte ha dichiarato inammissibili tutti i motivi del ricorso principale. I giudici di legittimità hanno osservato che le censure della ricorrente non denunciavano una violazione delle norme sull’interpretazione dei contratti (artt. 1362 e ss. c.c.), ma miravano a ottenere una nuova e diversa lettura del contratto, proponendo una valutazione di merito non consentita in sede di Cassazione.

Le Motivazioni

La motivazione centrale della Suprema Corte risiede nel principio secondo cui l’interpretazione del contratto è un’attività riservata al giudice di merito. La sentenza impugnata aveva compiutamente analizzato il testo contrattuale, fondando la qualificazione di appalto a forfait sul significato letterale delle clausole. La ricorrente, invece di contestare il metodo interpretativo, si è limitata a contrapporre la propria interpretazione, basata su elementi esterni al contratto (come il bando di gara o atti successivi), che la Corte d’Appello aveva già ritenuto irrilevanti di fronte alla chiara volontà espressa nel contratto sottoscritto.

La Corte ha ribadito che, in un appalto a forfait, il prezzo finale è fisso e l’appaltatore accetta il rischio che la quantità di lavoro necessaria sia superiore a quella preventivata. Pertanto, i lavori aggiuntivi, non essendo stati ordinati né ratificati dall’ente, non potevano essere remunerati. Allo stesso modo, è stato ritenuto inammissibile il motivo relativo al recesso, poiché il contratto, diversamente dal bando, limitava chiaramente la durata del servizio alla prima stagione estiva, escludendo un legittimo affidamento sulla prosecuzione del rapporto.

Le Conclusioni

L’ordinanza in commento consolida un principio fondamentale in materia di appalti pubblici: la chiara formulazione del contratto è sovrana. Le imprese che partecipano a gare pubbliche devono prestare la massima attenzione alla qualificazione del contratto. Se si tratta di un appalto a forfait, devono essere consapevoli che il corrispettivo è fisso e che eventuali errori di valutazione dei costi o delle quantità ricadono su di esse. Per ottenere il pagamento di lavori extra è indispensabile un’autorizzazione scritta e formale da parte della stazione appaltante prima della loro esecuzione. Affidarsi a riconoscimenti successivi o a interpretazioni estensive è una strategia rischiosa, che, come dimostra questo caso, difficilmente trova accoglimento in sede giudiziaria.

In un appalto a forfait, l’appaltatore ha diritto al pagamento per lavori aggiuntivi non espressamente autorizzati?
No. La Cassazione ha ribadito che la natura di un contratto come ‘appalto a forfait’ (o ‘a corpo’) implica un corrispettivo fisso e onnicomprensivo. Qualsiasi prestazione aggiuntiva non dà diritto a un compenso extra se non è stata preventivamente ordinata o successivamente ratificata per iscritto dalla stazione appaltante, in quanto il rischio relativo alla quantità di lavoro ricade sull’appaltatore.

L’interpretazione di un contratto da parte del giudice di merito può essere contestata in Cassazione?
Solo in casi limitati. La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso perché l’interpretazione del contratto è un giudizio di fatto riservato al giudice di merito. Può essere contestato in sede di legittimità solo per violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale (es. artt. 1362 e ss. c.c.) o per un vizio di motivazione logico-formale, ma non proponendo semplicemente una diversa e alternativa interpretazione dei fatti.

La cessione di un credito verso un ente pubblico regionale segue le stesse rigide regole previste per le amministrazioni statali?
No. La Corte ha chiarito che le norme più restrittive sulla cessione dei crediti (artt. 69 e 70 del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440), che richiedono l’atto pubblico e specifiche formalità, si applicano esclusivamente all’Amministrazione statale e non agli enti locali o regionali, a meno che non siano espressamente richiamate dalla normativa di settore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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