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Apertura di credito: prova scritta e prescrizione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 16194/2024, ha stabilito che per superare l’eccezione di prescrizione in un’azione di ripetizione di indebito contro una banca, il cliente deve provare non solo l’esistenza di un’apertura di credito, ma anche il suo esatto ammontare. In assenza di tale prova, i versamenti su un conto scoperto sono considerati solutori e la prescrizione decorre da ogni singola operazione, non dalla chiusura del conto. La mancanza dell’indicazione dell’importo del fido rende il contratto nullo per indeterminatezza.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Apertura di credito: la Cassazione ribadisce, senza importo del fido la prescrizione non si sposta

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale nei contenziosi tra clienti e banche: per poter posticipare il decorso della prescrizione alla chiusura del conto corrente, il cliente che agisce per la restituzione di somme indebitamente pagate deve fornire la prova rigorosa di un contratto di apertura di credito, specificandone l’esatto ammontare. Senza questa prova, ogni versamento su un conto in rosso è considerato un pagamento, e il tempo per agire inizia a scorrere da subito.

I Fatti di Causa

Una società in liquidazione aveva citato in giudizio un istituto di credito per ottenere la restituzione di somme addebitate illegittimamente sul proprio conto corrente. Le contestazioni riguardavano l’applicazione della capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi, tassi ultralegali e la commissione di massimo scoperto.

La banca si era difesa eccependo la prescrizione decennale del diritto alla restituzione. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano dato ragione alla banca, ritenendo che la società non avesse fornito la prova dell’esistenza di un contratto di fido antecedente al 31 dicembre 1988. Di conseguenza, i versamenti effettuati sul conto passivo erano stati qualificati come ‘solutori’, con il termine di prescrizione che decorreva da ogni singola operazione.

La Prova dell’Apertura di Credito e la Prescrizione

Il cuore della questione legale ruota attorno alla distinzione tra versamenti ‘solutori’ e ‘ripristinatori’. Un versamento è ‘solutorio’ quando il cliente ripiana un debito verso la banca su un conto scoperto non affidato. In questo caso, il termine di prescrizione di dieci anni per chiedere la restituzione di eventuali indebiti inizia a decorrere dalla data del versamento stesso.

Un versamento è invece ‘ripristinatorio’ quando avviene nell’ambito di una apertura di credito (o fido). In tal caso, il versamento non estingue un debito, ma semplicemente ripristina la disponibilità di denaro concessa dalla banca. Per queste operazioni, la giurisprudenza consolidata stabilisce che il termine di prescrizione inizia a decorrere solo dalla data di chiusura del rapporto di conto corrente.

Per il correntista, dimostrare la natura ripristinatoria dei versamenti è quindi essenziale per superare l’eccezione di prescrizione della banca. La Corte d’Appello aveva sostenuto che tale prova potesse essere fornita solo tramite il contratto scritto, escludendo prove indirette come estratti conto o report della centrale rischi.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso della società, ha rafforzato questo principio, aggiungendo un elemento ancora più stringente. I giudici hanno chiarito che, al di là della forma scritta, l’elemento cruciale e indispensabile di un contratto di apertura di credito è l’indicazione dell’ammontare della somma messa a disposizione del cliente.

Secondo la Corte, un contratto che non specifichi l’entità del fido è nullo per indeterminatezza dell’oggetto (ai sensi degli artt. 1418 e 1346 del codice civile). L’indicazione dell’importo è fondamentale proprio per qualificare una rimessa come ‘ripristinatoria’, poiché solo l’esistenza di un limite di credito definito permette di stabilire se un versamento stia ripristinando una provvista limitata o estinguendo un debito.

Nel caso specifico, la società ricorrente non solo non aveva prodotto un contratto, ma non aveva nemmeno allegato quale fosse la somma oggetto dell’affidamento. Di conseguenza, la sua censura è stata ritenuta non concludente e il ricorso è stato dichiarato inammissibile.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un orientamento rigoroso e di grande importanza pratica. Per i correntisti che intendono agire contro le banche per la ripetizione di indebiti, non è sufficiente affermare di aver beneficiato di un fido. È necessario dimostrare, con prove concrete e preferibilmente documentali, non solo l’esistenza di un contratto di apertura di credito, ma anche e soprattutto il suo esatto importo. In assenza di questa prova fondamentale, il rischio che l’azione legale si areni di fronte all’eccezione di prescrizione è estremamente elevato. Questa decisione sottolinea ancora una volta l’importanza della chiarezza e della completezza documentale nei rapporti bancari.

Per interrompere la prescrizione nelle azioni di ripetizione contro la banca, è sufficiente dimostrare l’esistenza di un fido?
No, non è sufficiente. Secondo la Corte di Cassazione, è indispensabile provare non solo l’esistenza di un’apertura di credito, ma anche e soprattutto l’esatto ammontare della somma messa a disposizione del cliente.

Un contratto di apertura di credito senza l’indicazione dell’importo è valido?
No. La Corte ha stabilito che l’indicazione dell’entità del fido è un elemento essenziale del contratto. La sua assenza rende il contratto nullo per indeterminatezza dell’oggetto, ai sensi degli artt. 1418 e 1346 del codice civile.

Posso usare prove indirette, come gli estratti conto, per dimostrare l’esistenza e l’entità di un’apertura di credito?
La sentenza conferma un orientamento molto rigoroso che tende a svalutare le prove indirette. L’onere di provare l’esistenza di un contratto di apertura di credito e del suo importo grava sul cliente, e la via maestra per fornire tale prova resta la produzione del contratto scritto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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