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Apertura di credito: onere della prova e prescrizione

Un’azienda ha citato in giudizio un istituto di credito per l’applicazione di interessi illegittimi su un conto corrente, sostenendo l’esistenza di un’apertura di credito non formalizzata. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che l’onere della prova sull’esistenza dell’affidamento grava sul correntista. Poiché tale prova non è stata fornita, la richiesta di far decorrere la prescrizione per la restituzione delle somme dalla chiusura del conto è stata respinta.

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Pubblicato il 9 dicembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Apertura di Credito: La Prova è Tua, non della Banca

L’esistenza di un’apertura di credito su un conto corrente è un elemento cruciale, specialmente quando si discute di prescrizione per la restituzione di somme indebitamente pagate alla banca. Ma chi ha il compito di dimostrare l’esistenza di questo accordo, soprattutto se non è stato messo per iscritto? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questo punto, riaffermando un principio fondamentale: l’onere della prova grava sul correntista.

Il Caso: Interessi, Anatocismo e un Conto in Rosso

Una società commerciale citava in giudizio il proprio istituto di credito, lamentando l’applicazione di interessi ultralegali e anatocistici su un rapporto di conto corrente. La richiesta era duplice: accertare l’illegittimità delle clausole contrattuali e ottenere la restituzione delle somme riscosse senza titolo dalla banca.
Il fulcro della difesa della società si basava sulla tesi dell’esistenza di un’apertura di credito di fatto. Secondo la ricorrente, il fatto che la banca avesse tollerato per oltre dieci anni ingenti scoperti di conto, senza mai contestarli, equivaleva alla concessione di un fido. Questa tesi era fondamentale per sostenere che tutti i versamenti effettuati sul conto non fossero pagamenti di un debito (solutori), ma semplici rimesse per ripristinare la disponibilità del fido (ripristinatorie). La distinzione è decisiva ai fini della prescrizione, che nel secondo caso decorrerebbedalla chiusura del conto e non da ogni singolo versamento.

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte di Appello, però, respingevano le domande della società, ritenendo non provata l’esistenza di un contratto di affidamento.

L’Onere della Prova sull’Apertura di Credito

La società decideva di ricorrere in Cassazione, contestando la decisione della Corte di Appello. Il motivo principale del ricorso era incentrato sull’erronea valutazione delle prove. Secondo la ricorrente, la Corte di merito avrebbe sbagliato a non riconoscere l’esistenza di un’apertura di credito, nonostante i dati emersi dalla consulenza tecnica d’ufficio dimostrassero un utilizzo costante di somme messe a disposizione dalla banca.

Il secondo motivo di ricorso era una diretta conseguenza del primo: se esisteva un fido, allora la prescrizione per l’azione di ripetizione dell’indebito doveva decorrere dalla chiusura del conto, avvenuta in un’epoca più recente, e non dalla data di ogni singola rimessa.

Ricorso in Cassazione: Perché è stato Respinto?

La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i motivi inammissibili, confermando la decisione dei giudici di merito. La Suprema Corte ha chiarito un punto processuale di fondamentale importanza: la Corte di Appello non aveva omesso di esaminare il “fatto storico” dell’apertura di credito; al contrario, lo aveva esaminato e aveva concluso che la prova della sua esistenza non era stata fornita.

Lamentare che tale conclusione sia errata sulla base delle risultanze di una consulenza tecnica non costituisce un “omesso esame di fatto decisivo”, ma un tentativo di ottenere dalla Cassazione una nuova e diversa valutazione del merito della causa, attività che è preclusa in sede di legittimità. Il ricorso, inoltre, è stato giudicato carente di autosufficienza, poiché la società non aveva riportato nel testo del ricorso gli stralci della consulenza tecnica che, a suo dire, avrebbero dimostrato la sua tesi. Di conseguenza, caduto il primo motivo, anche il secondo relativo alla prescrizione è stato respinto, in quanto strettamente dipendente dal primo.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha ribadito che, ai sensi dell’art. 2697 del Codice Civile, chi vuole far valere un diritto in giudizio ha l’onere di provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Nel caso di specie, era la società correntista a dover dimostrare l’esistenza di un contratto di affidamento con la banca. La semplice tolleranza degli scoperti non è, di per sé, prova sufficiente a configurare un’obbligazione contrattuale da parte della banca a mantenere tale disponibilità. La valutazione del giudice di merito, che ha ritenuto insussistente la prova, è insindacabile in sede di Cassazione se non nei limiti ristretti del vizio di omesso esame di un fatto storico decisivo, cosa che in questo caso non è avvenuta. Il fatto storico (l’esistenza del contratto di fido) è stato preso in considerazione e ritenuto non provato. Il ricorso è stato quindi giudicato un tentativo di rimettere in discussione il giudizio di fatto, mascherandolo da vizio di legittimità.

Conclusioni

Questa ordinanza offre importanti lezioni pratiche per imprese e privati. In primo luogo, sottolinea l’importanza di formalizzare per iscritto ogni accordo con gli istituti di credito, inclusa l’apertura di credito. Affidarsi a una prassi di tolleranza degli scoperti è rischioso, poiché non garantisce l’esistenza di un diritto tutelabile in giudizio. In secondo luogo, ribadisce che il cliente ha sempre l’onere di provare l’esistenza e i termini di un contratto di affidamento. Infine, evidenzia i limiti del ricorso per Cassazione: non è una terza istanza di giudizio dove si possono rivalutare le prove, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge e sulla coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata.

Chi deve provare l’esistenza di un’apertura di credito non scritta?
Secondo la Corte, spetta al cliente (il correntista) fornire la prova dell’esistenza di un contratto di apertura di credito. La semplice e prolungata tolleranza di uno scoperto di conto da parte della banca non è di per sé sufficiente a dimostrare la conclusione di un tale accordo.

Un ricorso in Cassazione può contestare la valutazione delle prove fatta da un giudice di merito?
No, il ricorso in Cassazione per “omesso esame di un fatto decisivo” non può essere utilizzato per ottenere una nuova valutazione delle prove. La Suprema Corte interviene solo se un fatto storico cruciale è stato completamente ignorato dal giudice, non se è stato valutato in un modo che la parte ritiene errato.

Da quando decorre la prescrizione per la richiesta di restituzione di somme indebitamente pagate alla banca?
La sentenza conferma che se i versamenti sono “ripristinatori” (effettuati in presenza di un’apertura di credito), la prescrizione decennale decorre dalla chiusura del conto. Se, al contrario, non è provata l’esistenza di un fido, ogni versamento che copre uno scoperto è considerato un pagamento e la prescrizione decorre dalla data di ogni singolo versamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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