Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 11040 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 11040 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/04/2025
Oggetto: Contratti bancari – Azione di ripetizione di indebito – Apertura credito
R.G.N. 8690/2021 + 9084/2021 Ud. 03/04/2025 CC
ORDINANZA
sui ricorsi riuniti iscritti ai nn. 8690/2021 + 9084/2021 R.G. proposti entrambi
da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in GIARRE INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore e domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la
CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
-controricorrente – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO CATANIA n. 1544/2020 depositata il 18/09/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 03/04/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 1544/2020, pubblicata in data 18 settembre 2020 , la Corte d’appello di Catania, decidendo sugli appelli principale ed incidentale -proposti, rispettivamente, da RAGIONE_SOCIALE e da RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del Tribunale di Catania n. 2924/2016, pubblicata il giorno 23 maggio 2016 , ha respinto l’appello principale e dichiarato assorbito siccome implicitamente condizionato -l’appello incidentale.
RAGIONE_SOCIALE aveva agito, premettendo in fatto di aver intrattenuto un rapporto di conto corrente n. 35893730128, aperto in data 6 maggio 1983 e chiuso in data 17 settembre 2008 e deducendo che nel corso del rapporto erano stati applicati: interessi debitori ultralegali non pattuiti per iscritto e determinati esclusivamente mediante il rinvio alle condizioni usualmente praticate su piazza; commissione di massimo scoperto mai pattuita per iscritto; capitalizzazione trimestrale degli interessi in violazione dell’art. 1283 c.c.
Aveva quindi chiesto la rideterminazione del saldo del conto, con condanna della banca convenuta alla restituzione delle somme indebitamente percepite.
Il Tribunale di Catania, previo espletamento di consulenza tecnica d’ufficio, aveva respinto la domanda, ritenendo il conto non assistito da apertura di credito, accogliendo l’eccezione di prescrizione sollevata dalla Banca convenuta e rilevando che, anche eliminando dal conto le poste riconducibili ad anatocismo e tasso di interesse non concordato, il saldo del conto corrente restava comunque negativo.
La Corte d’appello ha ritenuto infondati i quattro motivi di gravame dedotti dalla RAGIONE_SOCIALE, rilevando, in sintesi che:
-non vi era adeguata prova dell’esistenza di un’apertura di credito, non essendo a tal fine sufficienti gli elementi -costante negatività del saldo del conto, applicazione della commissione di massimo scoperto, assenza di richieste di rientro -addotti dalla società;
-le due missive indicate dall’appellante come idonea interruzione della prescrizione, in virtù del loro contenuto, non avevano determinato l’effetto interruttivo;
-l’applicazione di interessi convenzionali a far tempo dal 1° gennaio 1999 era giustificata dalla sottoscrizione, ad opera della società, del foglio condizioni ad essa sottoposto da parte della Banca e recante indicazione adeguatamente chiara del tasso di interessi;
-le contestazioni al metodo di calcolo seguito dal CTU erano generiche.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Catania ricorre RAGIONE_SOCIALE
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
Le parti hanno depositato memorie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a cinque motivi, con subordinazione dei motivi da 2 a 4 al mancato accoglimento del motivo n. 1.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell’art. 132, n. 4), c.p.c. ‘per aver la Corte di Appello pronunciato sentenza con motivazione apparente, incomprensibile e senza prendere in alcuna considerazione i motivi di appello’ .
Argomenta, in particolare, il ricorso che la Corte d’appello
-avrebbe escluso l’avvenuta conclusione, per facta concludentia senza esplicitare le ragioni della insufficienza dei profili dedotti dalla ricorrente;
-avrebbe omesso di motivare le ragioni per cui ha ritenuto che il foglio informativo sottoscritto dalla ricorrente fosse riferibile al contratto di conto corrente e fosse idoneo a modificare i tassi e le condizioni del contratto già in essere.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la ‘violazione e/o falsa applicazione dei principi generali in materia di conclusione dei contratti di apertura di credito, dell’art. 117 T.U.B. e dell’art. 3 comma 3 l. 154/92’ .
Si censura la decisione impugnata ‘per aver la Corte d’Appello escluso per carenza di forma scritta l’avvenuta conclusione di un contratto di apertura di credito così violando il principio secondo cui prima dell’entrata in vigore della L. 154/92 – i contratti bancari potevano essere conclusi verbalmente e/o per facta concludentia e il principio secondo cui anche dopo l’introduzione dell’obbligo della forma scritta ad substantiam – i contratti di apertura di credito non
necessitano della sottoscrizione di apposito accordo purché gli stessi trovino regolamentazione in altro contratto stipulato per iscritto ‘ .
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1362 c.c., ‘ per aver la Corte di Appello interpretato il foglio informativo prodotto nel corso del giudizio di primo grado da parte convenuta nel termine di cui all’art. 183 comma 6 n. 2 in violazione dei canoni ermeneutici del tenore letterale delle parole e della comune volontà delle parti. ‘ .
Si osserva che ‘La Corte di Appello ha interpretato il documento sopra trascritto in palese violazione del tenore letterale dello stesso e senza indagare e individuare in alcun modo la comune volontà delle parti ricavabile dal loro complessivo comportamento e comunque pervenendo ad un risultato contrario alla ratio del documento stesso.
Con riguardo al tenore letterale si evidenzia che si tratta di un documento intitolato ‘RAGIONE_SOCIALE‘ che: a) non contiene alcuna clausola contrattuale ma solo una generica elencazione di condizioni (individuate solo nel loro limite massimo o minimo) e spese applicabili al servizio bancario denominato ‘conto corrente libero’ b) a piè di pagina riporta la dicitura ‘Foglio Informativo Analitico redatto ai sensi delle vigenti disposizioni in materia di trasparenza delle operazioni e dei servizi banca ri’ c) non contiene alcun riferimento al conto corrente oggetto di causa.’ .
Conclude la ricorrente che ‘ Il senso letterale delle parole adoperate nel testo non presenta alcuna ambiguità ed è del tutto opposto rispetto a quanto affermato dalla Corte d’Appello: le parti non hanno inteso concludere alcun contratto né modificare un contratto già in essere ma hanno evidentemente avuto contatti al fine di concludere un altro contratto di conto corrente ‘ .
1.4. Con il quarto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1284 e 1346 c.c., ‘ per aver la Corte di Appello ritenuto valide le clausole di determinazione degli interessi e delle condizioni contenute nel foglio informativo del 01-01-99 pur se le stesse non determinavano in modo univoco i tassi e le condizioni applicabili al conto corrente. ‘
Si censura la decisione impugnata in quanto la stessa avrebbe ritenuto le clausole contenute nel foglio in questione sufficientemente determinate e idonee a fissare i tassi e le spese da applicare al conto corrente laddove dette clausole in questione ‘non contengono una specifica indicazione in cifra del tasso stabilito né il richiamo ad elementi esterni idonei a individuare con certezza il tasso da applicare ma piuttosto prevedono un tasso variabile secondo la volontà di una delle parti del contratto e sono, quindi, poste in palese violazione degli art. 1284 e 1346 c.c.’ .
1.5. Con il quinto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2943 c.c. ‘ per aver la Corte d’Appello affermato che le raccomandate del del 2411-2000 e del 30-10-2009 non sono atti idonei all’interruzione della prescrizione ‘ .
Argomenta la ricorrente che erroneamente la Corte territoriale avrebbe negato valenza interruttiva alle due raccomandate, deducendo che ai fini interruttivi della prescrizione è sufficiente la mera comunicazione del fatto costitutivo della pretesa e che l’atto di costituzione in mora non è soggetto all’adozione di formule sacramentali.
Preliminarmente questa Corte, rilevato che il ricorso risulta essere stato iscritto a ruolo due volte, assumendo i numeri di ruolo
8690/2021 e 9084/2021, deve disporre la riunione delle due impugnazioni ai sensi dell’art. 335 c.p.c.
Il primo motivo di ricorso è infondato.
Sul punto non può che richiamarsi l’orientamento da tempo assunto da questa Corte, secondo il quale la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54, D.L. n. 83/2012, (conv. con Legge n. 134/2012, n. 134), deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione, con la conseguenza che è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si sia tramutata in violazione di legge costituzionalmente rilevante, esaurendosi detta anomalia nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, e risultando invece esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 e, da ultimo, Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 7090 del 03/03/2022).
Tornando al caso ora in esame, è da dire che nessuna di tali carenze estreme risulta ravvisabile nella motivazione della decisione impugnata, la quale espone il proprio percorso argomentativo in modo sintetico ma comunque univoco, comprensibile ed immune da affermazioni reciprocamente inconciliabili.
Il secondo motivo di ricorso è, invece, inammissibile.
Questo perché il motivo non si confronta adeguatamente con la ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale, ben lungi dal negare che il rapporto di apertura di credito potesse concludersi anche per facta concludentia , ha invece proceduto -proprio sulla base
dell’opposto postulato a vagliare l’insieme di circostanze dedotte dalla ricorrente per sostenere l’esistenza di un rapporto di apertura di credito tacitamente concluso ma , nell’ambito dei poteri di valutazione delle prove alla Corte medesima riservati quale giudice del merito, ha ritenuto che gli elementi addotti dalla ricorrente non fossero sufficienti a corroborare la tesi dalla conclusione di un’apertura di credito , in tal modo conformandosi -si osserva incidenter -alla giurisprudenza di questa Corte (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 16445 del 13/06/2024; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 11016 del 24/04/2024).
Il motivo quindi -ed il suo sviluppo argomentativo lo evidenzia in modo sufficientemente univoco -viene a tradursi nell’inammissibile sollecitazione a questa Corte a procedere ad un sindacato sulla valutazione delle prove che è invece rimessa al giudice di merito (Cass. Sez. 5 – Ordinanza n. 32505 del 22/11/2023; Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 13918 del 03/05/2022; Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 6774 del 01/03/2022; Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 20553 del 19/07/2021; Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 21187 del 08/08/2019; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1554 del 28/01/2004).
5. Il terzo motivo di ricorso è infondato.
Sono ormai noti i principi dettati da questa Corte in tema di interpretazione del contratto: la stessa si traduce in una operazione di accertamento della volontà dei contraenti e si risolve in una indagine di fatto riservata al giudice di merito, censurabile in cassazione, oltre che per violazione delle regole ermeneutiche, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., anche nell’ipotesi di omesso esame di un fatto decisivo e oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c. (Cass. Sez. L – Sentenza n. 10745 del 04/04/2022; Cass. Sez. L, Sentenza n. 4851 del 27/02/2009).
Parimenti consolidato è l’orientamento di questa Corte per cui il ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti non potendo, invece, la censura risolversi nella mera contrapposizione dell’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 9461 del 09/04/2021; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 27136 del 15/11/2017), e ciò perché l’interpretazione accolta nella decisione impugnata non deve essere l’unica astrattamente possibile ma solo una delle plausi bili interpretazioni, sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 28319 del 28/11/2017).
Tornando, ora, al caso in esame, si deve rilevare che, nonostante le diffuse argomentazioni, il motivo di ricorso non riesce ad approdare a quel risultato che, unico , potrebbe condurre all’accoglimento del mezzo, e cioè dimostrare la totale implausibilità della ricostruzione interpretativa operata dalla decisione impugnata, ricostruzione che, invece appare del tutto plausibile.
La Corte territoriale , infatti, dopo aver riassunto il motivo d’appello che censurava la decisione di prime cure, ha coerentemente motivato le ragioni per cui ha ritenuto che il documento in questione fosse invece
riferibile al rapporto in causa, rilevando che il riferimento era invece desumibile dalla data presente sul medesimo documento; che lo stesso non aveva un contenuto meramente informativo, giustificandosi in tal modo la sua sottoscrizione quale accettazione delle condizioni ivi menzionate; che il tasso di interessi era da ritenersi determinato.
Il motivo di ricorso contrappone a tale interpretazione una diversa ricostruzione del contenuto del documento, senza che tuttavia le argomentazioni della ricorrente riescano ad evidenziare la contraddittorietà o implausibilità dell’approdo ermeneutico della decisione impugnata.
Le considerazioni appena svolte in relazione all’infondatezza del terzo motivo valgono ad evidenziare l’infondatezza anche del quarto mezzo.
Nonostante la diversa rubrica, infatti, il motivo di ricorso ancora una volta censura l’interpretazione del documento operata dalla Corte territoriale, ed in particolare il giudizio di adeguata specificità dell’indicazione delle condizioni nel documento medesimo contenute.
Non un inadeguato governo delle norme di cui agli artt. 1284 e 1346 c.c., quindi, viene dedotto -non essendo del resto ravvisabile nella decisione impugnata un’affermazione in diritto che con tali previsioni venga a confliggere -ma, più semplicemente, si censura, ancora una volta, l’interpretazione che del documento ha operato la Corte territoriale per pervenire ad un giudizio di sufficiente determinatezza delle condizioni nel medesimo contenute.
Inammissibile, infine, è l’ultimo motivo.
Questa Corte, infatti, ha già chiarito che in tema di atti interruttivi della prescrizione, se, da un lato, l’atto di costituzione in mora non è soggetto all’adozione di formule sacramentali e quindi non richiede la quantificazione del credito (che potrebbe essere non determinato, ma
solo determinabile), avendo l’esclusivo scopo di portare a conoscenza del debitore la volontà del creditore di ottenere il soddisfacimento delle proprie pretese , dall’altro lato, il relativo accertamento costituisce indagine di fatto, riservata all’apprezzamento del giudice del merito e non sindacabile in sede di legittimità ove immune da errori giuridici e/o vizi logici (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 5681 del 15/03/2006; Cass. Sez. L, Sentenza n. 9016 del 20/06/2002).
A questa Corte, quindi, viene inammissibilmente sollecitata una nuova valutazione della valenza delle due missive, sostituendosi al giudice del merito che tale valutazione, tuttavia, ha già operato e motivato, escludendo che le missive stesse, per il loro contenuto, valessero a costituire formalmente in mora l’istituto di credito con il conseguente effetto interruttivo di cui all’art. 2943 c.c.
Il ricorso deve quindi essere respinto, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte,
previa riunione ex art. 335 c.p.c. dei ricorsi recanti i nn. 8690/2021 e 9084/2021 R.G.,
rigetta il ricorso, condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 6.400,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima