Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 9365 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 9365 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11877/2022 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
AZIENDA RAGIONE_SOCIALE LOCALE INDIRIZZO, elettivamente domiciliato in ALBANO LAZIALE COGNOMEINDIRIZZO C/O USL, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
nonché contro
REGIONE LAZIO, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 7229/2021 depositata il 04/11/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa
1.- La RAGIONE_SOCIALE ha effettuato prestazioni di medicina generale e riabilitativa nei confronti della ASL Roma 6, in regime di accreditamento.
Ha chiesto il pagamento di tali prestazioni, e lo ha ottenuto in parte: la Regione Lazio, infatti, nel calcolare quanto dovuto alla casa di cura, ha applicato tariffe ridotte rispetto a quelle ministeriali, tariffe che tuttavia sono state annullate dal giudice amministrativo su ricorso di altre case di cura.
Poi il credito è stato ceduto ad RAGIONE_SOCIALE, incorporata da Intesa San Paolo.
2.- In buona sostanza, la questione è la seguente: leggi statali, emanate a partire dal 1992, hanno imposto alle regioni di stabilire tariffe di remunerazione delle prestazioni accreditate. La Regione Lazio lo ha fatto, ma ha previsto corrispettivi inferiori a quelli
ministeriali. Alcune case di cura hanno impugnato dunque le delibere regionali ottenendone, con efficacia di giudicato, l’annullamento.
E’ stato di conseguenza nominato un Commissario ad Acta, il quale ha tra l’altro stabilito che, a seguito dell’annullamento di quelle delibere, si dovesse fare applicazione delle tariffe ministeriali previgenti. Questa tesi, del commissario ad acta, ha trovato conferma da parte del Consiglio di Stato, il quale, in sede consultiva, ha tra l’altro ritenuto che l’annullamento di quelle delibere, se pure ottenuto da un solo destinatario, giovava anche a tutti gli altri interessati.
3.- Dunque, Intesa San Paolo, quale cessionaria, ha agito in giudizio ritenendo che la cedente avesse diritto alla retribuzione prevista dalle tariffe ministeriali, in quanto quelle regionali, che ne prevedevano una inferiore, erano state annullate, e l’annullamento aveva efficacia nei confronti di ogni soggetto interessato.
Questa tesi è stata accolta dal Tribunale di Roma, in primo grado, che ha condannato la ASL Roma 6, salvo a ritenere il difetto di legittimazione passiva della Regione Lazio, anche essa citata in giudizio da Intesa San Paolo.
La decisione è stata però riformata dalla Corte di Appello, sul presupposto, essenzialmente, che le delibere che fissano tetti di spesa sono plurime, ossia atti formalmente unici, ma con effetti distinti per ciascun destinatario, e dunque il loro annullamento giova solo a chi era parte del relativo giudizio.
5.- Questa decisione è impugnata qui da Intesa San Paolo con 5 motivi di censura, di cui chiedono il rigetto sia la Asl Roma 6, con controricorso e memoria che la Regione Lazio con controricorso.
Ragioni della decisione
1.- La Asl osserva che, nelle more, la somma pretesa dalla ricorrente è stata interamente corrisposta e chiede comunque il rigetto della domanda.
La Regione Lazio eccepisce che sul suo difetto di legittimazione passiva, dichiarato dal giudice di primo grado, si è formato giudicato, in quanto quel capo di sentenza non è stato impugnato.
Questa eccezione è infondata.
Il ricorso si deve intendere correttamente proposto con i motivi prospettati anche contro la Regione, giacché l’appello incidentale della qui ricorrente principale diretto a rivendicare la legittimazione della Regione, venne dichiarato assorbito per effetto dell’accoglimento dell’appello principale della AUSL.
Ne discende che i motivi del ricorso, in quanto rivolti contro l’accoglimento dell’appello principale, ove accolti, sono idonei a mettere in discussione l’assorbimento del detto appello incidentale contro la Regione.
2.Con il primo motivo di ricorso la ricorrente prospetta violazione degli articoli 1362 e ss. del codice civile.
La questione è la seguente.
La Corte di Appello ha attribuito alle delibere regionali, che stabiliscono le tariffe, la natura di atti plurimi, ossia di atti che, se pure formalmente unitari, hanno però effetti scindibili verso ciascun destinatario, con la conseguenza che l’annullamento di quelle delibere ottenuto da uno dei destinatari non giova agli altri.
Così si esprime la sentenza impugnata sul punto: <> (p.7).
La ricorrente obietta che le delibere che fissano le tariffe, ossia che stabiliscono il corrispettivo di ogni prestazione, sono invece atti generali, che valgono per ogni destinatario in modo eguale ed
inscindibile, con la conseguenza, per contro, che l’annullamento ottenuto da un destinatario vale per ogni altro.
Questa tesi è sostenuta con diversi argomenti. Intanto, sulla base del fatto che il Consiglio di Stato, cui la stessa regione si era rivolta per un parere, ha attribuito a quelle delibere la natura di atti generali, che dunque non producono effetti scindibili per ogni destinatario, ma si dirigono a tutti in egual modo. Inoltre, sulla base delle stese determinazioni del Commissario ad acta, che pure aveva concluso per la natura generale delle suddette delibere, e la cui decisione era stata dapprima annullata dal Tar, ma poi confermata dal Consiglio di Stato. Dunque, si era formato in tal modo, peraltro, un giudicato sulla efficacia erga omnes.
Infine, la natura generale di quelle delibere era stata espressamente affermata da questa Corte in diverse decisioni (Cass. 24039/ 2015; Cass. 3200/ 2017).
Lamenta la ricorrente che, per contro, la decisione impugnata non ha indicato in base a quale criterio ermeneutico ha ritenuto di attribuire a quelle tariffe la natura di atto plurimo e dunque scindibile in tanti effetti quanti sono i destinatari, salvo citare un precedente della stessa Corte di Appello, peraltro poi annullato da questa Corte.
Osserva altresì la ricorrente che la Corte di Appello, nel ritenere le delibere quali atti plurimi, ha confuso tra delibere che stabiliscono le tariffe, che sono quelle qui oggetto di contestazione, con quelle che fissano il limite di budget , ossia il limite massimo della remunerazione. Mentre le prime sono generali, le seconde sono invece individuali, ossia rivolte alle singole strutture sanitarie. E dunque la decisione impugnata ha applicato alle prime il regime delle seconde.
3.- Questo motivo è connesso con il terzo , che prospetta omesso esame di un fatto rilevante e controverso.
Si contesta alla Corte di Appello di non avere considerato che le delibere di cui si discute non sono affatto delibere che fissano il tetto massimo di rimborso, il cosiddetto budget, ma fissano invece il corrispettivo di ogni prestazione sanitaria in accreditamento.
Questo errore ha fatto sì anche che la Corte attribuisse natura di atto plurimo e scindibile ad una delibera che invece era generale ed astratta, poiché ha scambiato l’una (delibera di budget ) con l’altra (delibera che stabilisce una tariffa).
Il primo motivo è fondato.
Intanto, risulta chiaro che la Corte di Appello ha confuso la delibera che fissa il budget, ossia il tetto massimo di rimborso accordato alla singola struttura, con la delibera che invece stabilisce il corrispettivo delle prestazioni.
Infatti, esordisce con la citazione di una decisione di questa Corte ‘del tutto sovrapponibile’ secondo la corte di merito a quella in esame, in cui si è stabilito che l’annullamento di una delibera che fissa il tetto di spesa (budget) giova solo a chi l’ha chiesta e non agli altri soggetti eventualmente interessati, e così anche la disapplicazione di quella delibera. Segue la citazione di sentenze che sono, per l’appunto, relative, alle delibere che fissano il budget (p. 6-7, in particolare)
Dunque, è evidente la confusione in cui è incorsa la Corte di Appello nel fatto di scambiare la delibera che fissa il tetto massimo di rimborso con quella che stabilisce invece il corrispettivo delle prestazioni sanitarie. Confusione che l’ha portata poi ad applicare all’una il regime proprio dell’altra.
Ma, a parte ciò, ove anche si volesse dire che la Corte di Appello, pur usando termini indicativi di una certa delibera, volesse riferirsi all’altra, ossia stesse riferendosi effettivamente alle delibere tariffarie, la tesi secondo cui tali delibere hanno natura di atti scindibili, e dunque una volta annullate su istanza di un destinatario, restano in vigore per ogni altro, è una tesi infondata.
Le delibere che stabiliscono corrispettivi, infatti, sono delibere generali, che fissano il prezzo (la tariffa) di ogni prestazione in modo eguale per ciascun fornitore.
In una fattispecie, questa sì, analoga alla presente, in cui proprio la Regione Lazio, con propria delibera aveva derogato al tariffario nazionale ministeriale, prevedendo corrispettivi inferiori, e che era stata impugnata da alcune soltanto delle imprese destinatarie, questa Corte ha stabilito il seguente principio di diritto: <> (Cass. 3200/ 2017, seguita poi da Cass. 31841/ 2923 sempre in fattispecie analoga, in cui la Regione Lazio aveva stabilito un piano derogatorio deteriore ed una delle imprese aveva ottenuto l’annullamento, mentre le altre avevano chiesto di giovarsene).
La circostanza, dunque, che la delibera che stabilisce i corrispettivi delle prestazioni sanitarie, a differenza di quella che fissa il tetto massimo di rimborso, sia un atto generale ed astratto, vale a dire un atto che si rivolge a tutti i destinatari in maniera eguale ed inscindibile, comporta che l’annullamento ottenuto da uno dei destinatari vale per tutti gli altri, come è regola propria degli atti generali.
E che l’atto sia generale deriva dalla esigenza ovvia che stabilisca un prezzo uguale per prestazioni uguali, pena una ingiustificata disparità di trattamento tra i destinatari.
Con la conseguenza che l’annullamento della delibera ha efficacia erga omnes , e non già limitata alle parti del giudizio di annullamento.
4.L’accoglimento del primo motivo rende innanzitutto assorbito il terzo, che denuncia omesso esame e che contiene del resto censura subordinata a quella contenuta nel primo motivo.
Detto accoglimento determina altresì l’assorbimento degli altri, nei termini seguenti.
prospetta violazione dell’articolo 2697 c.c.
Il secondo motivo La tesi della ricorrente è la seguente.
Poiché la Corte di Appello ha frainteso la natura ed il contenuto delle delibere, ed ha erroneamente ritenuto che si trattasse di delibere che fissano il limite di budget, occorreva allora la prova che quel limite era stato superato: solo in quel caso poteva essere rigettata la domanda. Ma alcuna prova era in realtà emersa, ed essa incombeva alla ASL o al soggetto debitore, quale fatto impeditivo dei crediti.
Il motivo è assorbito, proprio in quanto non si fa questione di superamento del budget , che è tema estraneo al giudizio, il quale riguarda la misura del corrispettivo delle singole prestazioni.
Non v’è dunque da decidere, in questa sede, sulla questione se il tetto massimo sia stato superato o meno.
Il quarto motivo prospetta violazione degli articoli 4, 5 legge 1865 n. 2248 allegato E.
La ricorrente contesta alla Corte di Appello di avere inteso la decisione del giudice di primo grado, che, si ricorderà aveva accolto la domanda, come disapplicazione delle delibere tariffarie.
In realtà, secondo la ricorrente, il giudice di primo grado aveva invece preso atto che quelle delibere erano state annullate e non potevano applicarsi, e ciò in ragione del giudicato di annullamento: aveva dunque fatto applicazione degli effetti estensivi del giudicato e non già disapplicazione dell’atto annullato.
Anche questa censura è assorbita dall’accoglimento delle altre, nei termini in cui si è detto prima: il fatto che quelle delibere siano state annullate con effetto erga omnes priva di rilievo la ratio decidendi nella parte in cui ha supposto che il giudice di prime cure abbia disapplicato le delibere.
A ben vedere, anzi, il decisum contro cui si rivolge il motivo rappresenta parte di sentenza dipendente da quella caducata, ai sensi dell’art. 336, primo comma, c.p.c., per effetto dell’accoglimento del primo motivo.
5.- Il quinto motivo prospetta violazione dell’articolo 2909 c.c.
La censura è la seguente.
Come si è accennato, il Commissario ad Acta, nominato nel giudizio di ottemperanza alla decisione amministrativa che aveva annullato le delibere tariffarie, aveva deciso l’applicazione, in sostituzione di quelle, delle tariffe del 2005.
Questa decisione del Commissario ad RAGIONE_SOCIALE era stata impugnata dalla Regione Lazio, ed annullata dal Tar, ma confermata dal Consiglio di Stato con decisione n. 99 del 2009.
L’appello incidentale è stato rigettato sempre sul presupposto che la delibera era scindibile e che dunque sia il suo annullamento che la decisione di ottemperarvi avevano limitato effetto, nei riguardi cioè delle sole parti del giudizio.
Il motivo è da ritenersi dunque assorbito dall’accoglimento del primo, in quanto relativo ad un capo di sentenza dipendente, ai sensi dell’art. 336, primo comma, c.p.c., da quello caducato
Il ricorso va dunque accolto in questi termini e la decisione cassata con rinvio.
La Corte accoglie il primo ed il terzo motivo del ricorso. Dichiara assorbiti gli altri. Cassa la decisione impugnata e rinvia ad altra
Sezione della Corte di Appello di Roma, comunque in diversa