Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 3401 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 3401 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23418/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall ‘ avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
EMAIL
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, rappresentata e difesa in proprio (CODICE_FISCALE)
EMAIL
-controricorrente-
nonché contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
R.G. 23418/2021
COGNOME.
Rep.
C.C. 6/12/2023
C.C. 14/4/2022
SURROGAZIONE NEL GRADO DELL’IPOTECA.
NOMEEMAIL
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D ‘ APPELLO di ANCONA n. 648/2021 depositata il 26/05/2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/12/2023
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME (o NOME COGNOME convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Ancona, il AVV_NOTAIO e l’AVV_NOTAIO, chiedendo che fossero condannate al risarcimento dei danni, in suo favore, conseguenti a loro responsabilità professionale.
A sostegno della domanda espose che, concesso un mutuo dalla Banca popolare di Ancona al proprio padre NOME COGNOME, garantito da ipoteca di primo grado su di un immobile di proprietà del genitore, essendo stato quell’immobile assoggettato a pignoramento, ella aveva deciso di estinguere il mutuo ipotecario versando alla Banca creditrice la residua somma. Contestualmente, ella si era surrogata nel diritto di credito della Banca cedente, con scrittura privata redatta dal AVV_NOTAIO, e aveva incaricato l’AVV_NOTAIO di intervenire nella procedura espropriativa al fine di poter concorrere nel riparto della somma ricavata dalla vendita. Aggiunse che l’COGNOME di intervento era finalizzato al mantenimento della posizione di creditore privilegiato assistito da ipoteca di primo grado che spettava alla Banca cedente, ma che detta posizione non era stata riconosciuta dal professionista delegato per la vendita, il quale aveva escluso la natura ipotecaria del credito fCOGNOME valere dall’attrice sul presupposto della surrogazione, ritenendo all’uopo necessaria l’annotazione a margine dell’iscrizione ipotecaria, ai sensi dell’art. 2843 cod. civ.; con la conseguenza che il credito era stato ammesso a concorrere in chirografo e non in privilegio, il che
aveva determinato l’esclusione dell’attrice dal riparto della somma ricavata.
Si costituirono in giudizio entrambe le professioniste convenute, chiedendo il rigetto della domanda.
Il Tribunale rigettò la domanda e condannò l’attrice al pagamento delle spese di giudizio, in parte compensate.
La pronuncia è stata impugnata dalla parte soccombente e la Corte d’appello di Ancona, con sentenza del 26 maggio 2021, ha rigettato il gravame e ha compensato le spese di quel grado.
Ha osservato la Corte territoriale, richiamando e facendo proprie integralmente le affermazioni contenute nella sentenza 26 febbraio 2021, n. 5508, di questa Corte, che la formalità dell’annotazione della vicenda traslativa del credito ipotecario «non ha funzione costitutiva nel caso in cui la cessione avvenga, come nel caso di specie, successivamente al pignoramento, perché in quel caso la modificazione soggettiva non provoca alcun pregiudizio alla posizione degli altri creditori, sia promotori che intervenuti nella procedura, le cui posizioni sono definitivamente cristallizzate». Secondo la Corte d’appello, non sarebbe possibile che venga collocato in chirografo, in sede di distribuzione della somma ricavata, un credito assistito da ipoteca solo perché ceduto, dopo il pignoramento, senza la prescritta annotazione; anche perché in tal caso si determinerebbe un ingiusto vantaggio a favore degli altri creditori.
L’appellante, quindi, avrebbe dovuto proporre opposizione agli atti esecutivi avverso l’ordinanza del giudice dell’esecuzione per far valere il privilegio ipotecario, essendo irrilevante la formalità della mancata annotazione, data la funzione solo dichiarativa di quest’ultima.
Contro la sentenza della Corte d’appello di Ancona propone ricorso NOMEo NOME COGNOME COGNOME COGNOME affidato a due motivi.
Resistono i l AVV_NOTAIO e l’AVV_NOTAIO con due separati controricorsi.
Le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2843 e 2916 cod. civ., per mancato riconoscimento dell’efficacia costitutiva all’annotazione del trasferimento della surroga nella formalità dell’iscrizione ipotecaria.
Osserva la ricorrente che la sentenza impugnata si è interrogata sulla natura, costitutiva o dichiarativa, dell’annotazione a margine di vicende traslative del credito ipotecario, ai sensi dell’art. 2843 cod. civ., sulla base della sola citata sentenza n. 5508 del 2021 della Corte di legittimità. In realtà, ad avviso della ricorrente, in relazione ai mutamenti avvenuti dopo il pignoramento, la questione non sarebbe affCOGNOME pacifica; la giurisprudenza di legittimità, anzi, non avrebbe «mai dubitato circa la natura costitutiva dell’annotazione di tali atti in ogni fase del procedimento esecutivo». La citata sentenza n. 5508 del 2021, invece, avrebbe creato una commistione tra l’art. 2843 cit. e l’art. 2916 cit., norme che rispondono chiaramente ad esigenze diverse; non si comprende, infatti, per quale ragione giuridica l’impossibilità di collocare in chirografo, in sede di distribuzione del ricavato, un credito assistito da un’ipoteca opponibile alla procedura esecutiva dovrebbe comportare anche il mutamento di efficacia dell’iscrizione, da costitutiva a dichiarativa. In altri termini, sostiene la ricorrente, «non si vede perché il regime di efficacia costitutiva del mutamento soggettivo, giustificato prima del pignoramento da esigenze di identificazione del soggetto titolare della garanzia e di risoluzione dei conflitti tra plurimi cessionari, non messo in dubbio da alcuno, anzi ribadito proprio da Cass. n. 5508/2021, dopo il pignoramento debba subire una deroga, in assenza di un dettato normativo, senza che tali esigenze di tutela siano attenuate,
essendo possibile la surroga delle ipoteche anche successivamente al pignoramento, in virtù della possibilità di cedere i crediti assistiti da ipoteca fino alla sua estinzione». L’assenza di pregiudizi in danno dei creditori concorrenti, cioè, non potrebbe fondare il riconoscimento della natura dichiarativa dell’COGNOME di surroga. La ricorrente, inoltre, dopo aver ricordato che nel caso in esame la Banca popolare di Ancona (cedente) non aveva compiuto un intervento nella procedura esecutiva, osserva che la particolarità di questa situazione determinerebbe una diversità del caso specifico rispetto a quello regolato dalla sentenza n. 5508 del 2021. Dovrebbe pertanto affermarsi che «l’annotazione dell’COGNOME di surroga successiva al pignoramento ha efficacia costitutiva nell’ipotesi in cui il cedente non intervenga nella procedura esecutiva, essendo in tale ipotesi, ravvisabile nel caso di specie, determinante per i creditori concorrenti un regime di opponibilità che tuteli anche i potenziali vantaggi che questi potrebbero conseguire dall’inerzia altrui».
Con il secondo motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1223 o 2043 cod. civ., nonché degli art. 40 e 41 cod. pen. per non avere la Corte d’appello valutato il nesso di causalità in tema di responsabilità contrattuale.
Osserva la ricorrente che l’impugnata sentenza non avrebbe tenuto nella dovuta considerazione la circostanza, pacifica, secondo cui ella non aveva potuto conseguire il suo credito di euro 122.561,45, assistito da ipoteca di primo grado, per la perdita della garanzia conseguente alla degradazione in chirografo del suo credito. Tale danno prescinde dall’accertamento della natura dichiarativa o costitutiva della mancata annotazione della surrogazione; il giudice dell’esecuzione, infatti, aveva escluso la natura privilegiata di quel credito che, se l’obbligo di annotazione dell’COGNOME di surroga fosse stato correttamente adempiuto, «avrebbe ricevuto sicura soddisfazione dal ricavato dalla vendita forzata».
Porre a carico dell’odierna ricorrente l’onere di esperire l’opposizione agli atti esecutivi come indicato dalla Corte d’appello avrebbe creato un vero e proprio obbligo giuridico di impedire l’evento dannoso. Il che sarebbe ancora più errato, posto che quell’opposizione si presentava come iniziativa sicuramente gravosa, dispendiosa e dall’esito incerto; tanto più che vi era, all’epoca dei fatti, un orientamento pressoché univoco nel senso che l’annotazione della formalità di cui all’art. 2843 cod. civ. aveva natura costitutiva e non dichiarativa.
La Corte osserva che la questione giuridica posta nel primo motivo di ricorso -e che di qui a poco sarà affrontata -va inquadrata nel contesto specifico in cui si inserisce, che è quello di una causa di responsabilità professionale che l’odierna ricorrente ha intrapreso contro il AVV_NOTAIO e la propria avvocatessa di fiducia. La premessa non è priva di rilievo, perché una cosa è stabilire quale sia l’efficacia, rispetto ai terzi, dell’annotazione a margine dell’iscrizione dell’ipoteca, ai sensi dell’art. 2843 cod. civ., delle vicende traslative del credito ipotecario, un’altra cosa è, invece, verificare le conseguenze di quell’efficacia nel contesto dello specifico giudizio di responsabilità professionale.
3.1. La questione giuridica posta nel primo motivo, sulla quale questa Corte è chiamata a pronunciarsi, è stata già oggetto di altre pronunce.
In particolare, ci si deve interrogare sul significato del secondo comma dell’art. 2843 cit. il quale dispone che la trasmissione o il vincolo dell’ipoteca «non ha effetto finché l’annotazione non sia stata eseguita». Simile previsione non consente di nutrire dubbi sul fCOGNOME che l’annotazione del trasferimento abbia valore costitutivo, nel senso che si tratta di un elemento indispensabile affinché il trasferimento si realizzi, di talché «nei confronti dei terzi creditori la mancata annotazione priva di effetti la trasmissione del vincolo» (così, testualmente, la sentenza 10 agosto 2007, n. 17644). Tale
cessione determina come conseguenza il subentro del cessionario o del surrogato non solo nella pretesa di credito, ma anche nella prelazione nei confronti dei creditori concorrenti (v. pure, sulla stessa lunghezza d’onda, le sentenze 6 marzo 2008, n. 6013, e 26 marzo 2015, n. 6082).
Già la sentenza n. 17644 del 2007, però, fu chiara nell’indicare la necessità di un coordinamento tra l’art. 2843 cit. e l’art. 2916 cod. civ., il quale dispone che nella distribuzione della somma ricavata dall’esecuzione non si tiene conto delle ipoteche, anche se giudiziali, iscritte dopo il pignoramento, dei privilegi per crediti sorti dopo il pignoramento e dei privilegi per la cui efficacia è necessaria l’iscrizione, se questa ha luogo dopo il pignoramento. Il pignoramento, cioè, costituisce una sorta di spartiacque fra il prima e il dopo (art. 2913 cod. civ.); ragione per cui il vincolo ipotecario insorto dopo di esso risulta improduttivo di effetti ai fini della distribuzione della somma ricavata.
Ma se, invece, l’ipoteca sussisteva già prima del pignoramento -com’è avvenuto, appunto, nel caso di specie la situazione è diversa. In un caso del genere, infatti, come già lucidamente precisato nella sentenza n. 17644 del 2007, non si va a costituire una garanzia nuova , ma solo a modificare il soggetto che ne è titolare; tale cambiamento «non aggrava la posizione degli altri creditori concorrenti, essendo per loro indifferente che a soddisfarsi in via privilegiata sia o meno il cedente o il surrogante» (tale passaggio argomentativo è stato ripreso, pressoché in termini, dalla successiva e già richiamata sentenza n. 5508 del 2021, dove si dice che «nell’ipotesi di trasferimento della prelazione l’annotazione giova non a costituire una garanzia, già in essere, bensì, più limitatamente, a identificare il soggetto che ne è titolare»).
Detto in termini più lineari, se l’ipoteca di primo grado è già iscritta nel momento in cui il bene viene pignorato, i creditori
pignoranti o intervenuti devono essere consapevoli dell’esistenza del vincolo precedente; essi sanno bene, perciò, che la loro soddisfazione sul ricavato dell’espropriazione potrà avvenire solo dopo che il creditore precedente abbia avuto la sua parte. Questo è il senso delle pronunce suindicate ed è la ragione per la quale esse hanno ritenuto di dover limitare la portata costitutiva dell’annotazione prevista dall’art. 2843 cod. civ. a margine dell’iscrizione ipotecaria. È per questo che la sentenza n. 5508 cit. ha osservato che «non è ipotizzabile la collocazione in chirografo, in sede distributiva, di un credito assistito da un’ipoteca opponibile alla procedura esecutiva, solo perché ceduto, dopo il pignoramento, senz’annotazione»; ed è per questo che quella sentenza ha concluso nel senso che «ai fini della distribuzione l’annotazione ha solo una funzione non costitutiva, bensì latamente dichiarativa», non potendo essa creare alcun pregiudizio agli altri creditori.
Tale ricostruzione del sistema -come già aveva a suo tempo osservato la sentenza n. 6013 del 2008 cit. -risulta essere l’unica «idonea a impedire di fCOGNOME la cedibilità dei crediti nel corso del procedimento esecutivo, regime che provocherebbe un grave danno per l’interesse dei creditori e un’ingiustificata compressione dell’autonomia negoziale».
3.2. Alla luce di questa ricostruzione sistematica, appare evidente la correttezza della decisione della Corte d’appello di Ancona, la quale ha osservato che nel caso di specie, come si è detto, la cessione era avvenuta successivamente al pignoramento, ma l’iscrizione dell’ipoteca di primo grado da parte della Banca era, invece, ad esso antecedente; ragione per cui quella cessione non poteva provocare alcun pregiudizio a danno degli altri creditori. E non può essere taciuto che in una situazione come quella del giudizio odierno negare al creditore la propria posizione di privilegio si risolverebbe in un indebito vantaggio per gli altri creditori, che sapevano di dover essere postergati.
Il primo motivo di ricorso è perciò infondato là dove insiste nel sostenere che il regime di efficacia costitutiva del mutamento soggettivo dovrebbe essere lo stesso -cioè quello previsto dall’art. 2843, secondo comma, cit. -anche se il vincolo ipotecario fosse preesistente rispetto al pignoramento.
3.3. Detto tutto questo per la corretta interpretazione dell’art. 2843 cit., la Corte ritiene di dover compiere alcune ulteriori precisazioni, ritornando alla premessa della quale si è detto all’inizio.
La causa odierna è di responsabilità professionale. La ricorrente ha convenuto in giudizio il AVV_NOTAIO e l’AVV_NOTAIO imputando loro presunte negligenze, l’una nella procedura di annotazione della surrogazione ipotecaria e l’altra nell’intervento avvenuto in sede esecutiva.
Il ricorso, però, non considera affCOGNOME ciò che la sentenza impugnata ha affermato in un decisivo passaggio, e cioè che l’odierna ricorrente avrebbe dovuto, anziché promuovere la causa di responsabilità professionale, proporre opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 cod. proc. civ. (ovvero opposizione ai sensi dell’art. 512 cod. proc. civ.), al fine di contestare il palese errore del professionista delegato all’espropriazione nell’ammettere in chirografo un credito che avrebbe dovuto essere ammesso in privilegio. Il secondo motivo di ricorso, invece, dimostra in modo inconfutabile che tale iniziativa processuale -doverosa e per di più destinata, con ogni probabilità, al successo -non fu assunta dall’odierna ricorrente; la quale, in definitiva, con la causa qui in esame pretende di agire nei confronti del AVV_NOTAIO e dell’avvocatessa facendo valere nei loro confronti un errore commesso da un soggetto diverso, cioè il professionista delegato alla vendita. Errore che, per quanto correttamente ha rilevato la Corte d’appello, poteva essere censurato con uno strumento processuale pienamente in grado di offrire all’avente diritto la soddisfazione
delle sue ragioni. Né può essere invocato dalla ricorrente, come prospettato nel secondo motivo, il rischio insito nel seguire la via maestra indicata dalla Corte d’appello, cioè quella dell’opposizione agli atti esecutivi, perché è evidente che solo il rigetto di quell’opposizione avrebbe potuto consentire alla ricorrente di valutare, eventualmente, la percorribilità della causa di responsabilità professionale.
Il ricorso, pertanto, è rigettato.
A tale esito segue la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del d.m. 13 agosto 2022, n. 147, sopravvenuto a regolare i compensi professionali.
Sussistono inoltre le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate per ciascuna parte controricorrente in complessivi euro 4.600, di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà COGNOME della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza