Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 21818 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 21818 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 29/07/2025
sul ricorso 24559/2020 proposto da:
IMMOBILIARE COGNOME DI COGNOME e NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’avvocato NOME COGNOME NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di BRESCIA n. 58/2020 depositata il 15/01/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/06/2025 dal Cons. Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. La Corte di appello di Brescia, con la sentenza che si riporta in epigrafe, ha respinto il gravame proposto dagli odierni ricorrenti avverso il rigetto in primo grado delle domande dai medesimi proposte nei confronti dell’Unione Banche Italiane -cui in prosieguo si sarebbe affiancata RAGIONE_SOCIALE quale cessionaria del relativo credito ai sensi dell’art. 58 TUB -e volte, tra l’altro, a far dichiarare, in relazione al mutuo da essi contratto con la banca, l’usurarietà del tasso applicato agli interesse moratori, l’indeterminatezza delle condizioni regolanti i tassi applicati al contratto e l’anatocismo implicito nell’adozione, per il rimborso della somma mutuata, del piano di ammortamento alla francese.
La Corte territoriale ha motivato il rigetto -per cui è ora ricorso dei soccombenti con quattro motivi seguiti da memoria e resistiti ex adverso dalle intimate con controricorso -giudicando superflua l’istanza di CTU e dando primariamente atto, quanto alla prima questione, che gli appellanti erano privi di interesse all’impugnazione non essendo essi risultati in mora nell’adempimento dell’obbligazione restitutoria e, comunque, non potendo la domanda, intesa a conseguire la totale gratuità del mutuo, trovare seguito in quanto sarebbero stati sempre comunque dovuti gli interessi corrispettivi; opponendo, riguardo alla seconda, che l’argomento sviluppato dal primo giudice a conforto del rigetto di essa – ovvero che l’eventuale
conflitto tra gli importi risultanti dal piano di ammortamento ed importi desumibili dal contratto andava risolto dando la preferenza al primo -non aveva formato oggetto di alcuna specifica censura in sede di gravame ed in ogni caso che la lettura della perizia di parte a supporto dell’allegazione non esplicitava il percorso in base al quale si era giunti a determinare una TAEG difforme dall’ISC indicato nel contratto, peraltro con una differenza del tutto marginale; e replicando, infine, alla terza che l’ammortamento alla francese adottato per il rimborso del mutuo non generava alcun anatocismo, mentre l’unico anatocismo contrattualmente previsto per l’ipotesi della mora era stato disciplinato nel vigore della delibera CICR del febbraio 2000.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso -con cui si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 61, 187, 191, 210 e 263 cod. proc. civ. perché la Corte territoriale avrebbe erroneamente omesso di disporre la CTU, sebbene le questioni poste dalla controversia involgessero ai fini della loro definizione il possesso di cognizioni tecniche di matematica finanziaria ed attuariale appannaggio solo di pochi esperti e perché, altrettanto erroneamente, aveva disatteso l’istanza di esibizione ai sensi dell’art. 210 cod. proc. civ. sebbene i documenti richiesti in tal senso costituissero «fatto decisivo per il giudizio» -si sottrae allo scrutinio qui richiesto in quanto inammissibile.
Osservato, infatti, più in generale che il motivo, per come formulato, deflette manifestamente dallo statuto di censurabilità per cassazione dell’errore di diritto, giacché esso si astiene dall’indicare in qual modo le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le norme regolatrici richiamate o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di
legittimità e regredisce perciò al mero rango di una manifestazione di dissenso cui non può far seguito alcun effetto cassatorio, nel merito di ciascuna allegazione va più esattamente ricordato, quanto alla declinazione della CTU, che la consulenza tecnica d’ufficio è un mezzo istruttorio sottratto alla disponibilità delle parti ed affidato al prudente apprezzamento del giudice del merito, rientrando nel suo potere discrezionale la valutazione di disporre la nomina dell’ausiliario giudiziario e la motivazione dell’eventuale diniego può anche essere implicitamente desumibile dal contesto generale delle argomentazioni svolte e dalla valutazione del quadro probatorio unitariamente considerato effettuata dal suddetto giudice ( ex plurimis , Cass., Sez. VI-I, 13/01/2020, n. 326); mentre riguardo all’istanza di esibizione, occorre dare atto del difetto di autosufficienza che infirma l’allegazione, atteso che i ricorrenti non precisano dove e quando la relativa istanza sia stata sottoposta al vaglio del giudizio di merito e se ne sussistono, secondo i noti deliberati di questa Corte ( ex plurimis , Cass., Sez. I, 13/09/2021, n. 24641), le condizioni per farne materia qui di ricorso.
3. Il secondo motivo di ricorso -con cui si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1815 cod. civ. e dell’art. 1 l. 7 marzo 1996, n. 108 perché la Corte territoriale avrebbe erroneamente denegato l’interesse impugnatorio degli appellanti a dolersi dell’usurarietà dei tassi di interesse moratori sul falso presupposto, ora smentito anche dalle SS.UU. 19597/2020, che non ne ricorreva la condizione di mora e perché, altrettanto erroneamente, avrebbe limitato il proprio giudizio alla sola delibazione del profilo in discorso omettendo così la doverosa verifica della ricorrenza nella specie dell’usurarietà con riferimento a tutte le voci di costo a carico del cliente -si sottrae allo scrutinio qui richiesto in quanto inammissibile.
Quanto alla prima allegazione, quand’anche si possa convenire sulla fondatezza della considerazione che assiste il rilievo, dato che l’usurarietà è condizione che si rende apprezzabile al momento della stipula del negozio, la doglianza qui formulata non esaurisce la totalità delle rationes che hanno indotto la Corte territoriale a rigettare il proposto motivo di gravame : si è nell’occasione pure spiegato che il difetto di interesse che ne pregiudicava l’accoglimento trovava giustificazione nella formulazione della domanda intesa a conseguire la totale gratuità del mutuo, laddove in ogni caso -in ciò risultando la decisione in linea con il pensiero delle SS.UU. -la nullità della pattuizione in punto di interessi moratori non avrebbe comunque fatto venire meno l’obbligazione relativa agli interessi corrispettivi, ratio non fatta oggetto dal motivo di alcuna censura.
Quanto alla seconda allegazione ne va, per gli stessi effetti, ravvisata invece la novità in rapporto alle questioni oggetto di effettivo giudizio, senza, per vero, che si possa pensare, in vista della sanzione che andrebbe a colpire le pattuizioni in predicato di usurarietà, che la Corte di appello fosse tenuta officiosamente ad estendere a tutte le voci di costo la propria disamina, il principio della rilevabilità d’ufficio delle nullità negoziali, infatti, postulando in capo all’attore la deduzione dei fatti costitutivi e non potendo comportare effrazioni all’autorità del giudicato.
4. Il terzo motivo di ricorso -con cui si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1284, 1325, 1344, 1346, 1418 cod. civ. e degli artt. 116 e 117 TUB, nonché della delibera CICR 9.2.2000 perché la Corte territoriale, confutando con la vista motivazione il gravame in punto di indeterminatezza dell’oggetto del contratto quanto ai tassi di interesse in esso previsti, non avrebbe compreso i termini della domanda, intendendosi, infatti, con essa denunciare la nullità del contratto per non essere specificato che «le rate fossero
determinate secondo un dato metodo di calcolo piuttosto che un altro» -si sottrae allo scrutinio qui richiesto in quanto inammissibile. Esso, da un lato, quando sottopone a critica il giudizio espresso dal decidente riguardo l’incomprensibilità del percorso argomentativo seguito dal perito di parte per addivenire ad un’indicazione del TAEG non in linea con l’ISC, si risolve in una censura di merito intesa a rappresentare unicamente che il giudizio del decidente non si allinea al proprio, e tanto vale a consegnare la censura al novero delle censure non scrutinabili da questa Corte.
Sotto altra angolazione, laddove l’appunto dei ricorrenti investe la condivisione portata dal decidente alla tesi fatta propria dal primo giudice -di cui si è fatto richiamo in narrativa -la censura manca totalmente di specificità giacché non si avvede -così rivelandosi evidentemente distonica rispetto alla decisione -che la Corte di appello, pur mostrando di aderire ai convincimenti del primo giudice, ha tuttavia più esplicitamente sancito che il motivo di gravame non aveva sottoposto «ad alcuna specifica censura le condivisibili ragioni di rigetto espresse dal Tribunale», sicché la critica che il motivo avrebbe dovuto elevare in capo alla sentenza impugnata per poter trovare qui seguito non doveva investire il pensiero del primo giudice, ma l’affermazione che il pensiero del primo giudice non era stato censurato.
5. Il quarto motivo di ricorso -con cui si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1283 cod. civ. perché la Corte territoriale, confutando con la vista motivazione il gravame in punto di anatocismo, avrebbe enunciato un convincimento privo di «fondamento scientifico» e come tale giuridicamente infondato avendo la scienza attuariale infatti dimostrato che il ricorso al regime di capitalizzazione composta nel calcolo delle rate del piano di ammortamento alla francese determina surrettiziamente il calcolo di
interessi su interessi, generando l’effetto disconosciuto dal decidente -è infondato e non merita dunque alcun seguito.
Va invero, osservato sul filo delle considerazioni da ultimo sviluppate da SS.UU. 15130/2024 -dell’avviso, per inciso, che la mancata indicazione della modalità di ammortamento e del regime di capitalizzazione composto degli interessi debitori non è causa di nullità parziale del contratto per indeterminatezza o indeterminabilità dell’oggetto del contratto, né per violazione della normativa in tema di trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti tra gli istituti di credito e i clienti -che il fatto che per indicare le modalità di rimborso nell’ammortamento “alla francese” si affermi che la capitalizzazione avviene in regime “composto” non è foriero dell’effetto paventato dal ricorrente, ma è unicamente rappresentativo del fenomeno per cui la quota capitale è sì incrementata con gli interessi generati non, però, su altri interessi, ma sul capitale residuo, sicché nella dinamica fisiologica del rapporto, allorché cioè il rimborso avviene regolarmente in conformità al piano di ammortamento, gli interessi scaduti non sono destinati a generare a loro volta ulteriori interessi nel periodo successivo diventando parte della somma fruttifera; è perciò condivisibile l’affermazione, già operata altrove (Cass., Sez. V, 2/10/2023, n. 27823), secondo cui «la capitalizzazione composta è quindi, nel caso di specie, del tutto eterogenea rispetto all’anatocismo ed è solo un modo per calcolare la somma dovuta da una parte all’altra in esecuzione del contratto concluso tra loro; è, in altre parole, una forma di quantificazione di una prestazione o una modalità di espressione del tasso di interesse applicabile a un capitale dato». E, dunque, come statuito da ultimo, da questa Corte va ribadito il principio che «in tema di mutuo bancario con piano di ammortamento alla francese standardizzato a tasso variabile, non si
determina alcuna capitalizzazione degli interessi perché la quota di interessi di ogni rata viene egualmente calcolata, come nel mutuo a tasso fisso, sul debito residuo del periodo precedente, costituito dalla quota capitale ancora dovuta, detratto l’importo già pagato in linea capitale con le rate precedenti» (Cass., Sez. I, 19/03/2025, n. 7382).
Il ricorso va dunque rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ove dovuto sussistono i presupposti per il raddoppio a carico del ricorrente del contributo unificato ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
Respinge il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di lite che liquida in favore di ciascuna parte resistente in euro 5200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Cosi deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il giorno 11 giugno 2025.
Il Presidente Dott. NOME COGNOME