Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 394 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 394 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30275/2022 R.G. proposto
da
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore e, per essa, RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO
Oggetto: Contratti bancari -Mutuo -Tasso soglia -Superamento -Ammortamento c.d. ‘alla francese’
R.G.N. 30275/2022
Ud. 17/12/2024 CC
RAGIONE_SOCIALEINDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
-controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE e per essa RAGIONE_SOCIALE
-intimata – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO GENOVA n. 532/2022 depositata il 12/05/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 17/12/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 532/2022, pubblicata in data 12 maggio 2022 , la Corte d’appello di Genova, nella regolare costituzione dell’appellata RAGIONE_SOCIALE quale mandataria di RAGIONE_SOCIALE ha respinto l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del Tribunale di Savona n. 73/2019, pubblicata in data 25 gennaio 2019.
Quest’ultima, a propria volta, aveva respinto le domande di RAGIONE_SOCIALE il quale, nella veste di fideiussore della società RAGIONE_SOCIALE, aveva proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 146/2016 emesso dal Tribunale di Savona, con il quale veniva ingiunto il pagamento in favore di RAGIONE_SOCIALE quale mandataria di RAGIONE_SOCIALE, della somma di € 59.611,21, somma dovuta in relazione al contratto di finanziamento n. 18453043 in data 31/3/2009 , per un complessivo importo di € 130.0 00,00.
L’odierno ricorrente aveva opposto il decreto ingiuntivo, deducendo che nel contratto erano stati pattuiti interessi – sia
corrispettivi sia di mora -usurari e che era stato computato il tasso di interesse con il cd. ‘ammortamento alla francese’ e conteggiati interessi anatocistici.
Aveva chiesto dichiararsi la nullità delle pattuizioni in violazione dell’art. 1815 c.c. e procedersi alla rideterminazione del saldo con esclusione delle somme non dovute.
La Corte d’appello ha disatteso il gravame, osservando, in sintesi, che:
-la verifica del rispetto del tasso soglia di legge deve essere operata separatamente con riferimento agli interessi corrispettivi ed agli interessi moratori, senza possibilità di procedere al cumulo degli stessi;
-nella specie il tasso degli interessi moratori non risultava superare il tasso soglia di legge neppure computando al suo interno ogni commissione o remunerazione a qualsiasi titolo collegata all’erogazione del credito nonché le spese, escluse solo quelle per imposte e tasse;
-non poteva invece computarsi la commissione di estinzione anticipata, che tuttavia costituisce una penale per l’estinzione anticipata e non può quindi essere considerata un onere collegato alla erogazione del credito;
-il sistema di ammortamento c.d. ‘alla francese’ non determina la capitalizzazione degli interessi in quanto gli interessi delle singole rate di ammortamento sono calcolati solo sul capitale residuo e non sul capitale comprensivo di interessi;
-peraltro, nella specie essendo stato concluso il contratto di finanziamento nel 2009, trovavano applicazione gli artt. 25,
2), D. Lgs. n. 342/1999 e la delibera attuativa del C.I.C.R. del 9 febbraio 2000;
-era da escludersi la nullità della fideiussione per effetto della presenza nella medesima di clausole applicate in modo uniforme dalle associate ABI, e quindi in contrasto con il divieto di intese restrittive della concorrenza di cui all’art. 2, comma 2, lett. a), Legge n. 287/1990 , in quanto l’esame delle specifiche clausole contenute nella fideiussione evidenziava la loro difformità dalle clausole-tipo inserite nel testo predisposto dall’A.B.I. , già ritenuto frutto di una intesa anticoncorrenziale.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Genova ricorre COGNOME
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE e per essa la mandataria RAGIONE_SOCIALE quale cessionaria del credito già di titolarità di RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE
È rimasta intimata RAGIONE_SOCIALE e per essa la mandataria RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a quattro motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., ‘violazione della legge 108/1996, degli artt. 644 c.p., 1815 comma II c.c. – nullità dei contratti e/o della clausola relativa agli interessi per superamento del tasso soglia usura in caso di combinata operatività delle clausole inerenti agli interessi di mora e delle spese di recupero insoluto, su ogni singola rata ipoteticamente insoluta’ .
Argomenta, in particolare, il ricorso che la Corte territoriale avrebbe errato nel calcolare il tasso effettivo applicato ‘o comunque promesso’ alla Banca, omettendo di verificare l’incidenza del tasso di mora e delle spese di insoluto sul valore della singola rata insoluta.
Secondo il ricorrente tale interpretazione sarebbe errata in quanto la Corte d’appello avrebbe dovuto verificare se le clausole relative ai diversi costi, commissioni ed interessi del contratto, anche in ipotesi di insoluto, venivano ad incidere sul capitale.
Conclude, quindi, deducendo l’evidenza matematica in ordine al fatto che sull’importo della prima rata ipoteticamente insoluta sarebbero gravati interessi e spese per un tasso complessivo superiore al tasso soglia vigente alla data di stipula del contratto di mutuo.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., ‘ violazione della legge 108/1996, degli artt. 644 c.p., 1815 comma II c.c. – nullità dei contratti e/o della clausola relativa agli interessi moratori per superamento del tasso soglia usura -ammissibilità della sommatoria degli interessi moratori e degli interessi corrispettivi per la verifica del tasso soglia alla luce della specifica formulazione della clausola dedotta in atti ‘ .
Il ricorrente censura la decisione impugnata in quanto la stessa avrebbe omesso di rilevare il superamento del tasso soglia di legge derivante dalla clausola del contratto di finanziamento che prevedeva il computo degli interessi di mora non sul solo capitale ma anche sugli interessi corrispettivi.
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., ‘ violazione e/o erronea interpretazione art. 6 della delibera CICR 9 febbraio 2000, nonché degli artt. 1283 e 1284 c.c., laddove la Sentenza non ha dichiarato la illegittima capitalizzazione/anatocismo
degli interessi convenzionali in ipotesi di applicazione degli interessi moratori su tutta la rata insoluta ‘ .
Il ricorrente censura la decisione impugnata in quanto la stessa, escludendo l’operatività di un meccanismo di capitalizzazione derivante d all’applicazione degli interessi moratori anche sulla quota di interessi corrispettivi contenuti nella rata di mutuo insoluta, avrebbe violato gli artt. 1283 e 1284 c.c., la Delibera CICR 9 febbraio 2000 e l’art. 117 TUB.
Argomenta ulteriormente che tale meccanismo avrebbe comportato la indeterminatezza delle condizioni contrattuali con conseguente nullità della clausola sugli interessi.
1.4. Con il quarto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., ‘ violazione e/o erronea interpretazione art. 6 della delibera CICR 9 febbraio 2000, nonché degli artt. 1283 e 1284 c.c., laddove la Sentenza non ha dichiarato la nullità della clausola degli interessi per capitalizzazione degli stessi e conseguente discrasia illegittimità c.d. ammortamento alla francese ‘ .
Il ricorso, sulla scorta di un’articolata ricostruzione del meccanismo di ammortamento c.d. ‘alla francese’, viene in sintesi ad argomentare che tale meccanismo determina una capitalizzazione degli interessi in violazione dell’art. 1284 c.c.
I motivi di ricorso sono, nel loro complesso, inammissibili.
2.1. Il primo motivo, invero, non viene concretamente a dedurre la sussistenza di alcuna affermazione della decisione impugnata contrastante con il corretto governo delle previsioni di diritto e si limita a censurare l’accertamento in fatto svolto dal giudice di merito e ad esso riservato, non essendo sindacabile in sede di legittimità ove congruamente motivato -in ordine all’insussistenza in concreto di un superamento del tasso-soglia di legge.
Il motivo oscilla tra generali argomentazioni in diritto e la denuncia di quello che costituirebbe -ove sussistente -non un errore in diritto ma, semmai un mero errore di calcolo, il quale non può essere dedotto come motivo di ricorso in sede di legittimità.
2.2. A non diverse conclusioni, compresa la declaratoria di inammissibilità, deve pervenirsi in relazione al secondo ed al terzo motivo, da esaminare congiuntamente, stante la reciproca correlazione.
Ancora una volta, la censura formulata dal ricorrente non rientra nel canone di corretta formulazione di un motivo di ricorso ex art. 360, n. 3), c.p.c., il quale a pena d’inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell’art. 366, n. 4, c.p.c., deve essere non solo con l’indicazione delle norme che si assumono violate ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendo alla corte regolatrice di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento della lamentata violazione. (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 16700 del 05/08/2020; Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 24298 del 29/11/2016).
Il ricorrente, quindi, a pena d’inammissibilità della censura, ha l’onere di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare
alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (Cass. Sez. U – Sentenza n. 23745 del 28/10/2020).
I motivi di ricorso ora in esame, per contro, omettono radicalmente di confrontarsi con le affermazioni in diritto contenute nella decisione impugnata -peraltro conformi agli orientamenti espressi da questa Corte – e si limitano a dedurre una non corretta interpretazione della clausola del contratto di mutuo concernente la determinazione degli interessi moratori, deducendo in modo apodittico il determinarsi nel contratto di una indebita sommatoria di interessi moratori e convenzionali ma in tal modo censurando inammissibilmente il contrario accertamento in fatto svolto dal giudice di merito.
Si deve, allora, ribadire il principio per cui è inammissibile il ricorso per cassazione che, dietro l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass. Sez. U – Sentenza n. 34476 del 27/12/2019; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 8758 del 04/04/2017), atteso che il ricorso per cassazione non introduce un terzo grado di giudizio tramite il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi, invece, come un rimedio impugnatorio, a critica vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti (Cass. Sez. L, Sentenza n. 4293 del 04/03/2016; Cass. Sez. U, Sentenza n. 7931 del 29/03/2013).
2.3. Inammissibile, infine, è il quarto motivo, in quanto la decisione impugnata risulta pienamente conforme al principio recentemente espresso da questa Corte a Sezioni Unite, secondo il quale, in tema di
mutuo bancario, a tasso fisso, con rimborso rateale del prestito regolato da un piano di ammortamento “alla francese” di tipo standardizzato tradizionale, la mancata indicazione della modalità di ammortamento e del regime di capitalizzazione composto degli interessi debitori non è causa di nullità parziale del contratto, per indeterminatezza o indeterminabilità dell’oggetto del contratto, né per violazione della normativa in tema di trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti tra gli istituti di credito e i clienti (Cass. Sez. U – Sentenza n. 15130 del 29/05/2024).
Si può osservare, del resto -e si tratta di ulteriore profilo di inammissibilità -che la censura mossa dalla ricorrente, risolvendosi anche in una prolungata esposizione di formule di matematica finanziaria, non può ritenersi sufficientemente specifica, in quanto si risolve nel dedurre – del tutto astrattamente – la pretesa realizzazione, mediante l’utilizzo del sistema di ammortamento cd. ‘alla francese’, di un risultato anatocistico, senza che tale asserzione sia accompagnata da adeguate – e soprattutto chiare – deduzioni ed argomentazioni volte a dimostrare l’avvenuta concreta produzione, nella specie, di un tale risultato (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 13144 del 2023 e, ancora, Cass. Sez. U – Sentenza n. 15130 del 29/05/2024).
Deduzioni ed argomentazioni che, va ulteriormente aggiunto, sarebbe stato onere della ricorrente sottoporre al giudice del merito, costituendo profili che investono il profilo dell’accertamento in fatto a quest’ultimo devoluto, e che non possono essere sol levati in sede di legittimità.
Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
4. Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 7.200,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima