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Ammissione al voto crediti contestati: la Cassazione

Una società in concordato preventivo contesta il voto negativo di alcuni creditori, sostenendo che i loro crediti non avrebbero dovuto essere ammessi al voto. La Corte di Cassazione respinge il ricorso, stabilendo che la contestazione sul diritto di voto deve essere formalizzata specificamente durante l’adunanza dei creditori. In assenza di tale formalità, il provvedimento di ammissione al voto del giudice può essere anche implicito. La sentenza ribadisce la centralità dell’adunanza come sede per risolvere tali dispute procedurali.

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Ammissione al Voto nel Concordato: Le Regole sulla Contestazione dei Crediti

L’esito di una procedura di concordato preventivo dipende in modo cruciale dal voto dei creditori. Ma cosa succede se il diritto di voto di alcuni di essi viene contestato dal debitore? La corretta ammissione al voto diventa un passaggio fondamentale per la validità dell’intera procedura. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti essenziali su come e quando tali contestazioni debbano essere sollevate per essere considerate valide, delineando i confini tra contestazioni generiche e istanze procedurali formali.

I Fatti di Causa

Una società per azioni depositava una domanda di concordato preventivo. Durante l’adunanza dei creditori, la proposta non raggiungeva la maggioranza richiesta a causa del voto contrario espresso da alcuni creditori, tra cui una fondazione e altre due società. Di conseguenza, il Tribunale dichiarava inammissibile la proposta e, contestualmente, pronunciava il fallimento della società debitrice.

La società fallita proponeva reclamo presso la Corte d’Appello, sostenendo che il conteggio dei voti contrari era errato. In particolare, lamentava che i crediti dei dissenzienti erano stati contestati sin dall’origine e che, pertanto, il giudice delegato avrebbe dovuto emettere un provvedimento espresso e motivato per la loro ammissione al voto in via provvisoria. La Corte d’Appello rigettava il reclamo, ritenendo corretto il conteggio e non necessario un decreto esplicito del giudice, data l’assenza di specifiche contestazioni formulate in sede di adunanza. La società ricorreva quindi in Cassazione.

La Questione Giuridica: Ammissione al Voto dei Crediti Contestati

Il cuore della controversia ruotava attorno alla corretta procedura per contestare il diritto di voto di un creditore in un concordato preventivo, secondo la disciplina della legge fallimentare ormai abrogata ma applicabile al caso. I quesiti principali sottoposti alla Corte erano i seguenti:

1. È sufficiente che un credito sia indicato come “contestato” nella proposta iniziale di concordato per obbligare il giudice a un esame specifico sulla sua ammissione al voto?
2. Il provvedimento di ammissione provvisoria al voto deve essere sempre esplicito e motivato, o può essere considerato implicito?

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendo infondati i motivi relativi alla procedura di voto e inammissibile quello relativo alla declaratoria di insolvenza. Le motivazioni della decisione offrono importanti principi procedurali.

La Procedura per la Contestazione del Voto

La Cassazione ha ricostruito la sequenza procedimentale prevista dalla legge fallimentare per la gestione dei crediti e del voto. Tale sequenza prevede:

1. La presentazione dell’elenco dei creditori da parte del debitore.
2. La verifica di tale elenco da parte del commissario giudiziale.
3. La possibilità, per creditori e debitore, di formulare contestazioni specifiche durante l’adunanza dei creditori.

È solo in seguito a una contestazione formale sollevata in quella sede che si apre un subprocedimento, al termine del quale il giudice delegato si pronuncia con un provvedimento di ammissione provvisoria al voto. La Corte ha sottolineato che l’adunanza è il momento cruciale per “dibattere” sulle contestazioni dei crediti.

Il Carattere Implicito del Provvedimento del Giudice sull’Ammissione al Voto

Di conseguenza, la Corte ha stabilito che, in assenza di una specifica istanza di parte formalizzata nel corso dell’adunanza, il giudice delegato non è tenuto a esprimersi d’ufficio sulle contestazioni generiche indicate nel ricorso originario. L’atto con cui il giudice dà avvio alle operazioni di voto, basandosi sull’elenco redatto dal commissario, costituisce un “inequivoco e benché implicito rigetto” di tutte le contestazioni fino a quel momento sollevate in modo non formale. Non si configura, quindi, un vizio di omessa pronuncia.

La Dichiarazione di Insolvenza

Infine, la Corte ha dichiarato inammissibile il motivo di ricorso relativo alla presunta insussistenza dello stato di insolvenza. La società ricorrente non aveva censurato la motivazione della Corte d’Appello, la quale aveva fondato la declaratoria di insolvenza su diversi elementi indiziari (come procedure esecutive, tributi scaduti e non pagati), e non esclusivamente sull’inadempimento verso i creditori contestati. La contestazione si era limitata a un aspetto non decisivo, rendendo il motivo inidoneo a incidere sulla valutazione complessiva dello stato di insolvenza.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

L’ordinanza della Cassazione ribadisce un principio di fondamentale importanza pratica: la passività non paga. Per il debitore che intende contestare il diritto di voto di un creditore, non è sufficiente una generica indicazione nella proposta di concordato. È necessario attivarsi e formalizzare la contestazione nel momento procedurale deputato a tale scopo: l’adunanza dei creditori. Solo un’istanza specifica e tempestiva può innescare il subprocedimento di verifica da parte del giudice delegato. In caso contrario, il silenzio del debitore in adunanza viene interpretato come accettazione dell’elenco dei votanti predisposto dal commissario, e la decisione del giudice di procedere al voto assume valore di provvedimento implicito, difficilmente contestabile in seguito.

È sufficiente indicare un credito come “contestato” nella proposta di concordato per escluderlo dal voto?
No. La Corte di Cassazione chiarisce che la contestazione del diritto di voto deve essere formalizzata in modo specifico durante l’adunanza dei creditori. Una generica indicazione nel ricorso iniziale non è sufficiente a innescare il subprocedimento di verifica da parte del giudice.

Il giudice delegato deve sempre emettere un decreto esplicito e motivato per l’ammissione al voto di un credito contestato?
No. Se nessuna parte solleva una specifica istanza di contestazione durante l’adunanza, il provvedimento del giudice può essere implicito. L’atto di dare avvio alle operazioni di voto sull’elenco predisposto dal commissario equivale a un rigetto implicito di eventuali contestazioni generiche precedenti.

La contestazione dell’esistenza di alcuni crediti è sufficiente a invalidare la dichiarazione di insolvenza?
Non necessariamente. Nel caso esaminato, lo stato di insolvenza era stato dichiarato sulla base di molteplici elementi (procedure esecutive in corso, tributi scaduti e non pagati) che dimostravano l’incapacità della società di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni. La sola contestazione di alcuni crediti, senza confutare gli altri indici di insolvenza, non è sufficiente a far cadere la declaratoria di fallimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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