Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 71 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 71 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30064/2019 R.G. proposto da : FALLIMENTO N. 901/2014 di RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso da ll’ Avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE giusta procura speciale allegata al ricorso – ricorrente – contro
COMUNE di POMEZIA
– intimato
–
avverso il decreto del Tribunale di Roma in R.G. n. 57246/2017 depositato il 4/9/2019;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il giudice delegato al fallimento di RAGIONE_SOCIALE rigettava la richiesta del Comune di Pomezia volta a veder ammesso al passivo in privilegio ex art. 2752, ultimo comma, cod. civ., il proprio credito per I.M.U. relativo agli anni 2012, 2013 e 2014, pari a complessivi € 678.318,31.
Il Tribunale di Roma, a seguito dell’opposizione proposta dal Comune di Pomezia, rilevava -fra l’altro e per quanto qui di
interesse -che la curatela non aveva negato che il fallito fosse stato proprietario dei fabbricati per i quali era stato chiesto il pagamento del tributo, non aveva confutato l’esattezza del calcolo effettuato in sede di accertamento, né aveva addotto l’avvenuto pagamento, trovando così applicazione rispetto a tali punti il principio di non contestazione.
Ricordava che ai fini dell’ammissione al passivo di un credito tributario non è indispensabile la precostituzione del titolo esecutivo rappresentato dal ruolo, né la notifica della cartella di pagamento, ben potendo l’istanza fondarsi su prove di diversa natura, secondo l’ordinaria disciplina che regola la domanda di insinuazione.
Una volta constatato che l’amministrazione municipale opponente aveva fornito la dimostrazione della propria pretesa, ammetteva al passivo della procedura, in privilegio ex art. 2752, ultimo comma, cod. civ., il credito di € 676.614.
Il fallimento di RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione del decreto di rigetto dell’opposizione, prospettando tre motivi di doglianza.
L’intimato Comune di Pomezia non ha svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e l’esistenza di un vizio di ultrapetizione all’interno della decisione impugnata, in quanto il tribunale ha ammesso al passivo il credito dell’opponente interamente in via privilegiata malgrado il Comune di Pomezia, nel corso del giudizio di opposizione, avesse espressamente rinunciato a tale collocazione per l’importo delle sanzioni, pari a € 153.278.
5. Il motivo è fondato.
Invero, il creditore opponente, nel corso del giudizio di opposizione, ha presentato -come questa Corte può direttamente accertare quale giudice del fatto processuale -un foglio di precisazione delle
conclusioni con cui ha domandato l’ammissione al passivo della complessiva somma di € 678.318,31, di cui € 525.067,31 in via privilegiata e € 153.278 (‘ relativi al totale delle sanzioni ‘) in chirografo.
Una simile limitazione dell’originaria domanda non costituisce un inammissibile mutamento della originaria domanda di ammissione al passivo.
Questa Corte ha già avuto modo di precisare che il fatto che il procedimento di opposizione a stato passivo abbia natura impugnatoria e sia come tale retto dal principio di immutabilità della domanda non esclude la facoltà del creditore di richiedere soltanto in sede di opposizione l’ammissione del proprio credito (o come, nel caso di specie, di parte del proprio credito) in chirografo, anche se nell’insinuazione si domandava l’ammissione del credito in via privilegiata, non determinandosi alcuna mutazione degli elementi costitutivi della domanda, ma una semplice rinuncia alla collocazione privilegiata originariamente dedotta (Cass. 9730/2022).
Il secondo motivo di ricorso, presentato in via subordinata rispetto al primo, rimane di conseguenza assorbito.
Il terzo motivo di ricorso lamenta, ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione degli artt. 43 e 44 l. fall., in quanto il tribunale non ha tenuto conto del fatto che gli avvisi di accertamento, non notificati al curatore, non erano opponibili alla procedura, la quale non aveva avuto la possibilità di veder accertate ipotesi di agevolazione dell’imposta.
8. Il motivo è inammissibile.
Il curatore fallimentare non ha alcun interesse a lamentare che il giudice di merito non abbia preso in considerazione la mancata notifica degli avvisi di accertamento. Infatti, la procedura da un lato non ha addotto concreti motivi per ottenere un’agevolazione d’imposta, ma soltanto , del tutto genericamente, l’impossibilità di accertare eventuali ‘ipotesi di agevolazione’, dall’altro non ha
censurato in alcun modo il fondamento della decisione di merito, costituito dalla mancata contestazione del credito da parte della procedura.
In conclusione, il decreto impugnato deve essere cassato in accoglimento del primo motivo di ricorso.
Non essendo necessario alcun ulteriore accertamento di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con ammissione in chirografo della somma di € 153.278 come richiesto dal creditore nel corso del giudizio di opposizione, ferma l’ammissione in sede privilegiata della restante somma già ordinata dal tribunale.
Deve essere disposta, inoltre, l’integrale compensazione delle spese del giudizio di merito e di quello di legittimità, ai sensi del combinato disposto degli artt. 385 e 92, comma 2, cod. proc. civ., come risultante dalle modifiche introdotte dal d.l. 132/2014 e dalla sentenza n. 77/2018 della Corte costituzionale.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo motivo e inammissibile il terzo, cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, dispone l’ammissione in chirografo della somma di € 153.278, fer ma l’ammissione in sede privilegiata della restante somma già ordinata dal tribunale.
Compensa integralmente le spese processuali del giudizio di merito e di quello di legittimità.
Così deciso in Roma in data 29 novembre 2024.