Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 12215 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 12215 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 08/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22376/2017 R.G. proposto da
Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME , elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO presso lo studio del primo , che si difendono in proprio ai sensi dell’art. 86 c.p.c.
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE in Amministrazione Straordinaria
– intimata – avverso il decreto cron. n. 3219/2017 del Tribunale di Roma, depositato il 18.7.2017;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28.4.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME‘Escobr proposero domanda di ammissione al passivo di RAGIONE_SOCIALE, posta in amministrazione straordinaria, per l’importo di € 535.487,81, oltre cassa di previdenza ed IVA, a titolo di compensi professionali asseritamente maturati per l’assistenza prestata alla società nel procedimento per l’ammissione alla procedura di insolvenza delle grandi imprese e in due procedimenti per la dichiarazione di fallimento avviati da altrettanti creditori.
Il giudice accolse la domanda limitatamente al minore importo complessivo di € 22.851, ammesso in prededuzione.
I ricorrenti proposero opposizione contro il decreto del giudice delegato, che venne respinta dal Tribunale, anche rilevando l’estraneità dell’avv. Conte rispetto all’invocata lettera di conferimento d’incarico del 9.6.2014.
Contro il decreto del Tribunale gli avvocati COGNOME e COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione con un unico motivo, ma in realtà articolato in tre diverse censure.
RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
Il ricorso è trattato in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo di ricorso il decreto è censurato per «violazione e falsa applicazione del l’art. 93 legge fall., ai sensi dell’ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.» e vengono attribuiti al giudice del merito tre distinti errori: uno in ordine alla dichiarata carenza di legittimazione passiva d ell’avv. NOME COGNOME un altro in ordine all’affermazione che non fosse stata data alcuna prova della prestata attività professionale propedeutica alla richiesta di ammissione alla procedura di amministrazione
straordinaria; un altro ancora in ordine all’esame del contenuto della lettera d’incarico .
Il motivo è complessivamente inammissibile, in parte perché censura l’accertamento del fatto, riservato al giudice del merito, in parte perché pone questioni estranee alla ratio decidendi del decreto impugnato.
2.1. Il Tribunale di Roma ha innanzitutto constatato che, nell’invocata lettera di incarico, l’avv. NOME COGNOME non era menzionato tra i professionisti incaricati e che egli, quindi, non poteva avvalersi di quel documento quale prova dell’incarico professionale ricevuto. Si sarebbe potuto discutere della correttezza della formula («carenza di legittimazione attiva») adottata dal Tribunale per disattendere la domanda in parte qua , ma ciò nulla toglie alla conformità al diritto del dispositivo di rigetto (art. 384, comma 4, c.p.c.). Quest’ultimo è fondato sull’accertamento, in fatto, del contenuto della lettera d’incarico, che, oltretutto, non è nemmeno contestato dal ricorrente NOME COGNOME il quale si limita di ribadire di avere svolto attività professionale.
Quest’ultimo a spetto, che riguarda entrambi i ricorrenti (lo svolgimento di una certa attività professionale), concerne un fatto in parte pacifico, tant’è che è stato ammesso al passivo un credito in prededuzione, e in parte oggetto di un insindacabile accertamento negativo del giudice del merito.
2.2. Il motivo di ricorso è poi inammissibile, perché estraneo alla ratio decidendi , laddove si preoccupa di dimostrare la certezza della data del conferimento d’incarico del 9.6.2014.
Infatti, nella motivazione del decreto impugnato non viene messa in discussione l’opponibilità del documento alla
procedura, tant’è che proprio sulla base di quel documento è stata negata la «legittimazione attiva» dell’avv. COGNOME ed è stata anche rilevata l’assoluta incongruità dell’importo oggetto di domanda di ammissione al passivo rispetto al contenuto della lettera d’incarico. I ricorrenti, infatti, vantavano un credito di € 535.487,81, a fronte di un incarico che prevedeva un compenso di € 120.000, oltre ad ulteriori € 180.000 per l’assistenza in un eventuale fase di concordato per chiudere l’amministrazione straordinaria; fase di cui il Tribunale ha rilevato che non è mai stata avviata.
Dichiarato inammissibile il ricorso, non si dà luogo a decisione sulle spese di lite relative al presente giudizio di legittimità, non avendo svolto difese la parte rimasta intimata.
Si dà atto che, in base al l’esito del giudizio, sussiste il presupposto per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte: dichiara inammissibile il ricorso;
dà atto, ai sensi dell ‘ art.13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del