Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 18309 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 18309 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/07/2024
RAGIONE_SOCIALE
– intimato – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 1807/2021 depositata il 18/05/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17759/2021 R.G. proposto da: INDIRIZZO, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
FATTI DI CAUSA
Il INDIRIZZO INDIRIZZO proponeva opposizione a decreto ingiuntivo a mezzo del quale gli era stata ingiunta la consegna di alcuni documenti (SAL, contabilità dei lavori e verbali di assemblea) nei riguardi della RAGIONE_SOCIALE, con la quale aveva in essere un rapporto di appalto; adduceva a tal fine l’ opponente che la controparte non aveva diritto alla consegna della documentazione predetta, di cui non ne aveva comunque il possesso (SAL e della contabilità dei lavori in possesso del Direttore dei Lavori), e che, comunque la NOME ne aveva già la disponibilità
Si costituiva l’opposta, chiedendo il rigetto dell’opposizione.
Il Tribunale di Napoli accoglieva parzialmente l’opposizione, condannando comunque il RAGIONE_SOCIALE a consegnare alla COGNOME copia del SAL e della contabilità dei lavori in riferimento al contratto di appalto stipulato inter partes e rigettava le altre domande
Avverso la predetta sentenza proponeva appello il RAGIONE_SOCIALE di INDIRIZZO di Pozzuoli
La RAGIONE_SOCIALE resisteva al gravame.
La Corte d’Appello riteneva inammissibile l’appello perché non rispondente ai requisiti minimi richiesti dall ‘art. 342 c.p.c. come modificato dalla novella del 2012. Infatti, le argomentazioni addotte dagli appellanti, piuttosto che esporre compiutamente le ragioni del gravame da contrapporre in maniera critica alle motivazioni esposte in sentenza, di guisa da inficiarne il suo fondamento logico-giuridico (ex pluribus, Cass. 19.2.2009, n 4068, Cass. 31.5.2006, n. 12984), rivelavano una mera manifestazione di dissenso rispetto alle statuizioni rese dal primo giudice, ed erano perciò inidonee ad evidenziarne effettive lacune, incongruenze e/o
illogicità della motivazione posta a base della decisione impugnata. Sicché richiamata la giurisprudenza di legittimità, compresa la sentenza delle Sezioni Unite n.27199 del 16.11.2017, secondo la Corte territoriale l’appello del RAGIONE_SOCIALE non soddisfaceva tali requisiti e, per tali ragioni, andava dichiarato inammissibile.
Il RAGIONE_SOCIALE INDIRIZZO ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza.
RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto; art. 342 c.p.c.; art. 360 n. 3 c.p.c.; violazione del c.d. diritto vivente in materia; art. 360 n. 4 c.p.c.; nullità della sentenza.
Secondo parte ricorrente la sentenza sarebbe frutto di una erronea, se non del tutto omessa, lettura dell’atto di appello. Non sarebbe vero, infatti, che l’atto di appello era stato redatto in termini poco chiari e che le censure fossero state formulate in modo generico. Neppure sarebbe vero che il ricorrente non avesse indicato le “parti” della sentenza, che aveva inteso specificamente impugnare, ovvero che avesse omesso di specificare le “modifiche”, che aveva inteso richiedere che venissero apprestate, come prescrive l’art. 342 c.p.c. .
Il condominio ricorrente evidenzia che a pag. 3 della sentenza impugnata, sono stati gli stessi giudici di appello ad avere sintetizzato gli otto specifici motivi di appello, sottoposti dall’odierno ricorrente, così confermandone la chiarezza e la specificità, mostrando di averli ben compresi tutti.
Il ricorrente, con l’atto di appello, dopo avere esposto compiutamente e sempre con estrema chiarezza i motivi di appello (da pag. 5 a pag. 9 dell’atto), aveva dedicato due specifici paragrafi proprio all’indicazione delle “parti” della sentenza, che intendeva impugnare, nonché alle “modifiche”, che intendeva chiedere che venissero assunte con la decisione di appello; il tutto proprio allo scopo di soddisfare i requisiti di ammissibilità del mezzo, ex art. 342 c.p.c.
1.1 Il motivo di ricorso è fondato.
Punto di partenza per l’esame della censura proposta dal ricorrente è la pronuncia delle Sezioni Unite n. 27199 del 2017 in materia di inammissibilità dell’appello per violazione dell’art.342 c.p.c.
Il supremo Collegio, infatti, ha affermato il seguente principio di diritto: Gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata (Sez. U, Sent. n. 27199 del 2017).
Si legge nella citata pronuncia che ciò che il nuovo testo dell’art. 342 c.p.c. esige è che le questioni e i punti contestati della sentenza impugnata siano chiaramente enucleati e con essi le relative doglianze; per cui, se il nodo critico è nella ricostruzione del fatto, esso deve essere indicato con la necessaria chiarezza, così come l’eventuale violazione di legge. Ne consegue che, così come potrebbe anche non sussistere alcuna violazione di legge, se la questione è tutta in fatto, analogamente potrebbe porsi soltanto una questione di corretta applicazione delle norme, magari per presunta erronea sussunzione della fattispecie in un’ipotesi normativa diversa; il tutto, naturalmente, sul presupposto ineludibile della rilevanza della prospettata questione ai fini di una diversa decisione della controversia.
Le sezioni Unite, pertanto, in linea di continuità con precedenti enunciazioni di questa Corte relative al testo precedente la riforma del 2012, hanno riaffermato che nell’atto di appello deve affiancarsi alla parte volitiva una parte argomentativa, che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice. La maggiore o minore ampiezza e specificità delle doglianze ivi contenute sarà, pertanto, diretta conseguenza della motivazione assunta dalla decisione di primo grado. Ove le argomentazioni della sentenza impugnata dimostrino che le tesi della parte non sono state in effetti vagliate, l’atto di appello potrà anche consistere, con i dovuti adattamenti, in una ripresa delle linee difensive del primo grado, mentre è logico che la puntualità del giudice di primo grado nel confutare determinate argomentazioni richiederà una più specifica e rigorosa formulazione dell’atto di appello, che dimostri insomma di aver compreso quanto esposto dal giudice di primo grado offrendo
spunti per una decisione diversa. Quello che viene richiesto – in nome del criterio della razionalizzazione del processo civile, che è in funzione del rispetto del principio costituzionale della ragionevole durata – è che la parte appellante ponga il giudice superiore in condizione di comprendere con chiarezza qual è il contenuto della censura proposta, dimostrando di aver compreso le ragioni del primo giudice e indicando il perché queste siano censurabili. Tutto ciò, inoltre, senza che all’appellante sia richiesto il rispetto di particolari forme sacramentali o comunque vincolate.
Nella specie, l’appello proposto dal RAGIONE_SOCIALE conteneva una sufficiente specificazione delle ragioni di doglianza rispetto alla sentenza di primo grado.
Come evidenziato dal ricorrente, in effetti, la stessa sentenza di appello da atto dei seguenti otto motivi di gravame: che i documenti per cui è causa non sono di proprietà del RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE non ha diritto alla consegna degli stessi (primo motivo); l’inammissibilità del procedimento monitorio intrapreso (secondo motivo); che la RAGIONE_SOCIALE non ha diritto alla consegna degli stessi, non potendosi ritenere ‘creditrice’ su siffatta richiesta (terzo motivo); che i documenti richiesti non possono essere considerati ‘cosa mobile determinata’ (quarto motivo); che non è chiaro se la RAGIONE_SOCIALE abbia domandato la consegna degli originali o delle copie (quinto motivo); che lo scopo perseguito dalla RAGIONE_SOCIALE non sarebbe giuridicamente tutelabile (sesto motivo); che la RAGIONE_SOCIALE non ha giustificato il proprio diritto alla consegna (settimo motivo); che la RAGIONE_SOCIALE non h a fornito alcuna prova dell’esistenza dei predetti documenti, che sarebbero risultati prodotti anche in un altro giudizio (ottavo motivo)’ .
Il condominio ricorrente, ai fini della specificità del ricorso, ha riportato i suddetti motivi di gravame e ha evidenziato che nell’appello erano sufficientemente indicate anche le parti della sentenza che si voleva contraddire.
Alla luce di quanto riportato risulta evidente che la statuizione di inammissibilità dell’appello viol i l’art. 342 c.p.c. come interpretato dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, Sent. n. 27199 del 2017).
In conclusione la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Napoli in diversa composizione che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
la Corte accoglie il primo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione, che provvederà anche alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione