Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 1304 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 1304 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso 24404-2022 proposto da:
COGNOME elettivamente domiciliato presso l’indirizzo PEC dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3394/2022 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 19/09/2022 R.G.N. 1443/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/11/2024 dal Consigliere Dott. COGNOME
Oggetto
Licenziamento disciplinare
–
rapporto di lavoro privato
R.G.N. 24404/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 13/11/2024
CC
RILEVATO CHE
la Corte d’Appello di Roma, in riforma di sentenza del Tribunale di Latina, ha accolto il reclamo di Eurospin Lazio e respinto le originarie domande di NOME COGNOME di impugnativa del licenziamento per giusta causa intimatogli il 28.5.2018 per ritenuta responsabilità, in esito a procedimento disciplinare, di un ammanco di cassa di € 1.010,88, registrato il 20.3.2018;
in primo grado era stata disposta la tutela reintegratoria e risarcitoria ai sensi dell’art. 18, comma 4, legge n. 300/1970; la sentenza della Corte territoriale qui gravata, invece, riportata la contestazione disciplinare, contenente anche contestazione di recidiva specifica, rilevato lo svolgimento da parte del dipendente, con mansioni di ausiliario addetto alle vendite, anche di mansioni di cassa in modo promiscuo ai sensi dell’art. 100 CCNL Commercio applicato al rapporto, escluso il possibile intervento di terzi sulla cassa alla quale era addetto nel turno il lavoratore, ha giudicato provato il fatto materiale addebitato consistente nella differenza non giustificata tra somme incassate e somme versate nel turno; ha ritenuto non rilevanti i malfunzionamenti dell’allarme sulla soglia degli incassi rispetto al riscontrato ammanco di cassa; ha ritenuto l’inadempimento nel rispetto delle procedure di cassa imputabile al lavoratore e tale, per gravità, anche per la recidiva, da pregiudicare in via definitiva la fiducia del datore di lavoro;
avverso la sentenza della Corte d’Appello propone ricorso per cassazione il lavoratore con unico articolato motivo; resiste la società con controricorso; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
CONSIDERATO CHE
1. parte ricorrente censura la sentenza impugnata ( art. 360, n. 3, c.p.c.) per violazione e falsa applicazione degli artt. 2119 c.c., 7 legge n. 300/1970, 5 legge n. 604/1966, 2103 c.c., anche in relazione alla violazione e falsa applicazione dell’art. 115, comma 1, c.p.c.: sostiene erroneità della sentenza impugnata poiché la contestazione disciplinare era inidonea a chiarire in cosa effettivamente si fosse concretizzata la condotta attribuita al lavoratore, indebita inversione dell’onere probatorio (imputand o al lavoratore l’omessa dimostrazione della possibilità, non esclusa dalla prova contraria del datore di lavoro, che la sottrazione di denaro potesse essere stata commessa da soggetti terzi), erronea valutazione nel ritenere che il semplice ammanco di denaro potesse da solo bastare per individuare la colpa del lavoratore, erronea valutazione circa la proporzionalità della sanzione irrogata;
2. il motivo non è fondato;
s econdo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, è inammissibile il ricorso per Cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (tra le molte, v. Cass. S.U. n. 34476/2019, Cass. n. 8758/2017); detta proposta ri-valutazione di questioni di fatto è in contrasto con il principio secondo cui la denuncia di violazione di legge non può surrettiziamente trasformare il giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi (v. Cass. n. 15568/2020, e giurisprudenza ivi richiamata);
infatti, il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale valutare elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi;
4. d’altra parte, per riscontrarsi in sede di legittimità violazione dell’art. 115, primo comma, c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli; è, invece, inammissibile la diversa doglianza che il giudice di merito, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c.;
5. le censure in esame si risolvono, pertanto, in una contestazione della valutazione probatoria della Corte territoriale, riservata al giudice di merito e pertanto, qualora congruamente argomentata, insindacabile in sede di legittimità (Cass. n. 29404/2017, n. 1229/2019, S.U. n. 34476/2019 cit., S.U. n. 20867/2020, n. 5987/2021, n. 6774/2022, n. 36349/2023);
6. inoltre, in materia di sanzioni disciplinari, il giudizio di proporzionalità tra licenziamento e addebito contestato è devoluto al giudice di merito, in quanto implica un apprezzamento dei fatti che hanno dato origine alla controversia, ed è sindacabile in sede di legittimità soltanto quando la motivazione della sentenza impugnata sul punto manchi del tutto, ovvero sia affetta da vizi giuridici consistenti nell’essere stata articolata su espressioni od argomenti tra loro inconciliabili, oppure perplessi o manifestamente ed obiettivamente incomprensibili, ovvero ancora sia viziata da
omesso esame di un fatto avente valore decisivo, nel senso che l’elemento trascurato avrebbe condotto con certezza ad un diverso esito della controversia (Cass n. 107/2024);
sempre all’apprezzamento discrezionale al giudice di merito è riservata in via esclusiva, in tema di prova per presunzioni, la valutazione della ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. e dell’idoneità degli elementi presuntivi dotati di tali caratteri a dimostrare, secondo il criterio dell’ id quod plerumque accidit , i fatti ignoti da provare (Cass. n. 27266/2023; cfr. anche, sui limiti di censurabilità in sede di legittimità del ragionamento presuntivo al solo vizio di sussunzione, Cass. n. 3541/2020, n. 5279/2020, n. 22366/2021, n. 9054/2022, n. 23263/2023);
il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, con regolazione secondo il regime della soccombenza delle spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo;
ne consegue il raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali;
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in € 4.000 per compensi, € 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale del 13 novembre