Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 4985 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3   Num. 4985  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/02/2024
ORDINANZA
Oggetto
LOCAZIONE USO DIVERSO
Previsione, in occasione della stipulazione del contratto, di un obbligo di pagamento di debito altrui da parte del conduttore Idoneità ad integrare ‘altro vantaggio’ precluso dall’art. 79 l. n. 392 del 1978 Esclusione sul ricorso 15387-2020 proposto da:
R.G.N. 15387/2020
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante ‘ pro tempore ‘ , elettivamente domiciliata  in  Roma,  INDIRIZZO ,  presso  lo  studio dell’AVV_NOTAIO COGNOME, che la rappresenta e difende; Cron. Rep. Ud. 14/09/2023 Adunanza camerale
ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE,  in  persona  del  AVV_NOTAIO Delegato e legale rappresentante ‘ pro tempore ‘ ,  elettivamente domiciliata  in  Roma,  INDIRIZZO,  presso  lo  studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’ AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
– controricorrente –
Avverso la sentenza n. 57/2020 d ella Corte d’appello di Genova , depositata il 23/01/2020;
udita la relazione della causa svolta nell ‘adunanza camerale del 14/09/2023 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE ricorre, sulla base di quattro motivi, per la cassazione della sentenza n. 57/20, del 23 gennaio 2020, della Corte d’a ppello di Genova, che -respingendone il gravame avverso la sentenza n. 2742/18, del 25 ottobre 2018, del Tribunale di Genova -ha dichiarato risolto, per inadempimento dell’odierna ricorrente, il contratto con il quale la società RAGIONE_SOCIALE le aveva sublocato il locale commerciale, sito nell’atrio della stazione ferroviaria di Genova RAGIONE_SOCIALE, adibito alla rivendita di giornali, condannandola al pagamento dell’importo di € 42.750,00 , a titolo di canoni scaduti e non corrisposti fino ad aprile 2017, oltre interessi.
 Riferisce,  in  punto  di  fatto, l’odierna ricorrente di essere stata convenuta in giudizio dalla predetta società RAGIONE_SOCIALE, affinché fosse convalidato lo sfatto per morosità intimatole in ragione della morosità nel pagamento di € 28.350,40, pari a tre mensilità del canone di sublocazione.
Costituitasi  in  giudizio,  l’intimata  non  negava  di  aver  avuto difficoltà  nel  pagamento  del  canone,  assumendo,  però,  di  aver sanato  la morosità. Essa, inoltre, lamentava  la  nullità del contratto per violazione dell’art. 79 della legge 27 luglio 1978, n. 392,  per essere stata subordinata  la sua  conclusione alla condizione del preventivo versamento, da parte della subconduttrice, dell’importo di € 25.000,00, ad estinzione di un
pregresso debito assunto verso RAGIONE_SOCIALE dal marito della rappresentante legale della società RAGIONE_SOCIALE, la predetta NOME COGNOME. L’intimata, inoltre, chiedeva accertarsi  l’inadempimento  della  sublocatrice,  per  non  averle assicurato -come da specifico impegno contrattuale -un locale da adibire ad uso magazzino, chiedendo, su tali basi, la riduzione del canone di locazione.
Convalidato lo sfratto e disposta la trasformazione del rito, l’esito del giudizio ex art. 447 -bis cod. proc. civ. consisteva, come premesso,  nella  declaratoria  di  risoluzione  del  contratto  per inadempimento  della  subconduttrice,  decisione  confermata  dal giudice di appello.
 Avverso  la  sentenza  della  Corte  genovese  ha  proposto ricorso per cassazione la società RAGIONE_SOCIALE, sulla base -come detto -di quattro motivi.
3.1. Il primo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione o falsa applicazione dell’art. 79 della legge n. 392 del 1978, per non avere la Corte territoriale ritenuto in contrasto con tale norma la pattuizione con cui RAGIONE_SOCIALE ha condizionato la conclusione del contratto di sublocazione al preventivo versamento, da parte della subconduttrice, della somma di € 25.000,00, da imputarsi a parziale pagamento di un debito pregresso, assunto da un soggetto terzo nei confronti della stessa RAGIONE_SOCIALE.
Ad avviso della ricorrente, infatti, la somma  suddetta integrerebbe una vera e propria ‘indennità di ingresso’ , imposta ad essa RAGIONE_SOCIALE, in violazione della norma di legge suddetta, che sancisce la nullità di ogni pattuizione che non solo attribuisca al locatore un canone maggiore rispetto a quello legale, ma ogni ‘altro vantaggio’ che risulti privo di giustificazione
nel sinallagma contrattuale. Tale sarebbe, appunto, il caso di specie, giacché la richiesta di pagamento di una somma a titolo espromissorio -oltre a soddisfare solo un interesse della parte sublocatrice -risulta essere stata avanzata nella fase delle trattative precontrattuali, nonché direttamente connessa al contratto di locazione, tanto da essere non solo presente, esplicitamente, nella proposta contrattuale, ma persino per essere stato previsto che ‘la proponente potrà ripetere quanto corrisposto a RAGIONE_SOCIALE in forza della presente scrittura privata in caso di mancata stipula del contratto di sublocazione’.
Avrebbe, dunque, errato la sentenza impugnata nell’escludere la  nullità,  sul  presupposto  che  quello  in  esame  costituiva  un ‘importo corrisposto per un diverso titolo, del quale le parti hanno dato  concordemente  atto  nella  proposta  irrevocabile  del  14 dicem bre 2015, sottoscritta da entrambe’.
3.2. Il secondo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione o falsa applicazione dell’art. 2722 cod. civ., per avere la Corte genovese escluso l’ammissibilità delle istanze istruttorie (ovvero, la produzione documentale della prima bozza del contratto e la prova per testi volta a dimostrare come la corresponsione dell’importo di € 25.000,00 fosse previst a a titolo di ‘indennità di ingresso’), poiché erroneamente ritenute finalizzate a comprovare pattuizioni anteriori al contenuto del contratto di sublocazione, mentre, in realtà, tali istanze erano destinate a dimostrare la simulazione e la conseguente nullità delle pattuizioni per violazione dell’art. 79 della legge n. 392 del 1978.
3.3. Il terzo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione o falsa applicazione degli artt. 1460,
1464 e 2697 cod. civ., censurando la sentenza impugnata per aver  escluso  che  RAGIONE_SOCIALE  fosse  inadempiente  al contratto di sublocazione, per non aver fornito ad essa ricorrente un  magazzino,  come  da  suo  preciso  obbligo  contrattuale,  così respingendo la consequenziale domanda di riduzione del canone.
Si censura la sentenza impugnata perché la Corte territoriale ha escluso il lamentato inadempimento della sublocatrice, dando rilievo -come già il primo giudice -alla prova documentale prodotta da RAGIONE_SOCIALE. Essa, in particolare, consisteva in una comunicazione del 20 settembre 2016, con la quale la locatrice dell’immobile (ovvero, la società RAGIONE_SOCIALE) dichiarava ‘abbiamo messo a disposizione un magazzino al piano interrato di Genova RAGIONE_SOCIALE di circa 20 mq’, rammentando pure come la COGNOME -rappresentante legale della società odierna ricorrente -occupasse, comunque, ‘due magazzini nel fabbricato ACEI di RAGIONE_SOCIALE‘.
Si duole la ricorrente che il giudice di appello abbia dato rilievo a tale circostanza, quantunque essa -con il proprio atto di gravame -avesse dedotto, in primo luogo, che la comunicazione ‘ de qua ‘ risultava di circa un anno successiva alla conclusione del contratto di sublocazione (risalente al dicembre 2015), così attestando che la sublocatrice, fino al settembre 2016, non aveva procurato alla società RAGIONE_SOCIALE il locale magazzino. In secondo luogo, con il proposto appello, l’odierna ricorrente aveva dedotto che NOME COGNOME, oltre ad essere rappresentante legale della suddetta società, risultava titolare di attività di rivendita tabacchi, svolta in forma di impresa individuale, presso un locale della stazione RAGIONE_SOCIALE, locatogli direttamente dalla società RAGIONE_SOCIALE, ed in forza del quale ella avrebbe avuto diritto ad un deposito di venti metri quadrati. Di conseguenza, la messa a disposizione del magazzino -non consistente, peraltro, in un solo locale dalle dimensioni pattuite,
bensì  in  due  locali  più  piccoli -doveva  ritenersi  avvenuta  in esecuzione di tale diverso rapporto contrattuale.
Si duole, quindi, la ricorrente della ‘assurdità’ della motivazione della Corte genovese, fondata sull’assunto che non sarebbe stata offerta prova, dalla società RAGIONE_SOCIALE, che alla RAGIONE_SOCIALE, ‘quale titolare dell’impresa individuale, sarebbe stata fornita da RAGIONE_SOCIALE, la disponibilità non di un unico grande magazzino, ma di due magazzini più piccoli’. Difatti, evidenzia la ricorrente, ‘ai fini di una corretta decisione, non era rilevante il numero dei magazzini in uso alla Sig.ra NOME COGNOME quale titolare dell’impresa individuale (che, come più sopra precisato, in tale veste aveva rapporti contrattuali con un soggetto terzo ed ai quali RAGIONE_SOCIALE era del tutto estranea), ma se effettivamente RAGIONE_SOCIALE avesse procurato alla RAGIONE_SOCIALE, come contrattualmente pattuito, il contratto di cui si discute’. Sarebbe stata , pertanto, la sublocatrice, ‘in presenza dell’eccezione di inadempimento sollevata dalla subconduttrice, ad avere l’onere di dimostrare di avere invece correttamente eseguito la propria prestazione contrattuale e non viceversa’.
3.4. Il quarto motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione o falsa applicazione degli artt. 1193 cod. civ., censurando la sentenza impugnata per non avere considerato che i versamenti complessivamente eseguiti dalla ricorrente avevano estinto la morosità lamentata da RAGIONE_SOCIALE. Si addebita, inoltre, alla Corte genovese di aver erroneamente ritenuto che essa ricorrente avesse imputato, nei propri conteggi, la somma mensile indicata prudenzialmente a titolo di riduzione del canone di sublocazione (in ragione della nullità ex art. 79 della legge n. 392 del 1978) all’asserita morosità.
Deduce la ricorrente di essersi, invece, rigorosamente attenuta nei propri conteggi -che qualifica come ‘comprovati da incontestabili risultanze documentali’ -‘ai pagamenti effettivamente eseguiti’, idonei ad estinguere la morosità, senza aver  ‘imputato  in  compensazione  ulteriori  somme,  tanto  meno quella quantificata a titolo di riduzione del canone di sub locazione’, in ragione della pur dedotta nullità del contratto.
Ha resistito all’avversaria impugnazione con controricorso, RAGIONE_SOCIALE,  chiedendo  che  la  stessa  sia  dichiarata inammissibile -anche in relazione all’eccepita carenza di procura speciale -o, comunque, rigettata.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380bis .1 cod. proc. civ.
 Il Procuratore Generale presso questa Corte, in persona di un  suo  Sostituto,  ha  presentato  conclusioni  scritte,  nel  senso dell’accoglimento dei primi due motivi di ricorso .
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via preliminare, occorre vagliare l’eccezione di inammissibilità  del  ricorso,  sollevata  dalla  controricorrente  in ragione della supposta carenza di procura speciale ex art. 365 cod. proc. civ.
7.1. L’eccezione va disattesa.
7.1.1.  La  procura  allegata  al  ricorso  risulta  predisposta  nei seguenti termini,  ovvero  come  nomina  del l’AVV_NOTAIO -da parte della legale rappresentante della
società ricorrente -quale ‘proprio procuratore speciale, autorizzandolo  ad  effettuare  richiesta  di  visibilità  e  accesso relativamente al procedimento nanti la Corte di Appello di Genova n. R.G. 1221/18, definito con sentenza n. 57/2020, pubblicata il 23.01.2020, conferendogli ogni potere di legge e dando per rato e fermo il suo operato’.
Il documento, dunque, non contiene un espresso richiamo al potere di impugnare per cassazione la suddetta sentenza della Corte ligure , sicché occorre chiedersi se il conferimento di ‘ogni potere di legge’ possa valere nella logica di quell’interpretazione ‘ in funzione conservativa ‘ , valorizzata dall’ arresto delle Sezioni Unite intervenuto, di recente, sulle caratteristiche proprie della procura speciale a ricorrere per cassazione (cfr. Cass. Sez. Un., sent. 9 dicembre 2022, n. 36057, Rv. 666374-01) -come attribuzione anche di tale potere.
Il quesito, secondo questo Collegio, merita senz’altro risposta positiva, dato che la combinazione fra la nomina dell’ AVV_NOTAIO -operata dalla legale rappresentante della società ricorrente -quale ‘ proprio procuratore speciale ‘ e il conferimento allo stesso ( sebbene dopo la specificazione dell’autorizzazione ‘ ad effettuare richiesta di visibilità e accessi relativamente al procedimento ‘ definito dalla Corte territoriale) di ‘ ogni potere di legge e dando per rato e fermo il suo operato ‘ , consente, anche nella sua correlazione con l’elezione di domicilio in Roma, di intendere la procura come inclusiva del potere di impugnare la sentenza e di impugnarla, evidentemente, per cassazione.
Già in passato, del resto, questa Corte ha ritenuto ammissibile il  ricorso  per  cassazione  al  quale  risulti  essere  apposta  una procura con cui il ricorrente conferisca, al difensore, ‘ ogni facoltà di  legge ‘  ( Cass.  Sez.  3,  sent.  31  marzo  2007,  n.  8060,  Rv. 598696-01; Cass. Sez. Lav., sent. 20 dicembre 1986, n. 7815,
Rv.  449757-01 ),  o  persino  ‘ redatta  in  termini  generici ‘  ( Cass. Sez. Un., sent. 17 dicembre 1998, n. 12615, Rv. 521863-01).
Opzione ermeneutica, questa, vieppiù da confermare alla luce del già menzionato, e più recente, arresto del Supremo Collegio, incline a ritenere l’ammissibilità del ricorso, tutte le volte in cui, pur ricorrendo un dubbio sulla specialità della procura, esaminatane la portata, ‘da essa non risulti, in modo assolutamente evidente, la non riferibilità al giudizio di cassazione’ (così, appunto, Cass. Sez. Un., sent. n. 36057 del 2022, cit .).
Ciò premesso, il ricorso va rigettato.
8.1. Il primo motivo di ricorso non è fondato.
8.1.1. Nello scrutinarlo, occorre muovere dalla constatazione che,  a  dispetto  del  tentativo  della  ricorrente  di  richiamarsi  alla giurisprudenza  di  legittimità in  tema  di  ‘buona  entrata’,  la fattispecie sottoposta al vaglio di questa Corte presenta caratteristiche del tutto diverse.
Costituisce, infatti, ‘buona entrata’ l’esborso preteso dal locatore -eventualmente anche nei confronti di un terzo (cfr., da ultimo, Cass. Sez. 3, ord. 10 gennaio 2023, n. 368 Rv. 66668501), oltre che dello stesso conduttore -per stipulare il contratto di locazione, allorché esso non abbia alcuna causa giustificativa. Esso, dunque, trova la sua unica ragion d’essere nella realizzazione, da parte di chi decida di locare il bene, di una ‘ utilitas ‘ , di un vantaggio, correlato al solo fatto della concessione, ad altri, del godimento della ‘ res locata ‘, ricadendo, per tale ragione, nel l’àmbito di applicazione dell’art. 79 della legge 27 luglio 1978, n. 392, integrando quel vantaggio ‘altro’, ulteriore
rispetto a quelli consentiti dalla disciplina da detta legge, che è vietato da tale norma.
Perché  la  nullità  contemplata  da  tale  norma  possa  operare occorre, dunque, che sia prevista -in favore del locatore -una ‘ utilitas ‘ che, pur trovando occasione nella stipula del contratto, non  abbia  giustificazione  alcuna,  alterando,  nel  contempo,  il sinallagma contrattuale proprio della locazione.
Nel caso che si esamina, la somma di danaro -lungi dal porsi come una ‘rendita’ che viene lucrata dal locatore , per il sol fatto di immettere il conduttore nel godimento del bene -risulta essere stata pattuita per estinguere debiti facenti capo al marito della legale rappresentante della società locataria, sicché tale pattuizione, pur avendo condizionato la stipula del contratto, trova una giustificazione causale estranea al sinallagma della locazione e riconducibile, come ritiene la stessa ricorrente, alla fattispecie di cui all’art. 1272 cod. civ. , dando così luogo ad un fenomeno di collegamento tra contratti (per la qualificazione dell’espromissione come contratto si vedano Cass. Sez. 3, sent. 5 marzo 1973, n. 609, Rv. 362703-01; Cass. Sez. 1, sent. 21 novembre 1983, n. 6935, Rv. 431605-01). In tale prospettiva, pertanto, non sembra inutile rammentare che, nel caso d ell’espromissione, ‘l a causa è costituita dalla assunzione dell ‘ obbligazione altrui mediante un ‘ attività del tutto svincolata dai rapporti eventualmente esistenti fra il terzo e l’ obbligato, anche se non si richiede l ‘ assoluta estraneità dell ‘ obbligato rispetto al terzo, essendo invece necessario che il terzo, presentandosi al creditore, non giustifichi il proprio intervento con un preesistente accordo con l ‘ obbligato ‘ (così, in motivazione, Cass. Sez. 6-2, ord. 22 luglio 2021, n. 21102, Rv. 661909-01).
Orbene,  solo  se  tale  giustificazione  causale -nel  caso  che occupa -non  vi  fosse  stata,  perché  puramente  simulata,  la
fattispecie sarebbe ricaduta nella nullità ex art. 79 della legge n. 392 del 1978, dissimulando l’esistenza di una ‘buona entrata’ .
8.1.2. Quanto sopra osservato, del resto, trova conforto nella pronuncia di questa Corte (Cass. Sez. 3, sent. 9 ottobre 1996, n. 8815, Rv. 500002-01) che ebbe, per prima, ad affrontare -a seguito dell’abrogazione della l egge 23 maggio 1950, n. 253, il cui art. 28 sanciva, espressamente, essere ‘ nullo l ‘ obbligo imposto al conduttore di adempiere, oltre al pagamento della pigione, ad altre prestazioni a titolo di buon ingresso , qualunque sia la persona a favore della quale la prestazione è promessa e comunque questa sia dissimulata ‘ -il tema della persistente nullità, o meno, della ‘buona entrata’, dopo l’avvento della legge n. 392 del 1978.
Difatti, se il menzionato arresto di questa Corte ebbe a ritenere nulla, ai sensi dell’art. 79 della legge n. 392 del 1978, una clausola con la quale, in occasione della -rinnovata -conclusione di un contratto di locazione, era stata imposta, con efficacia condizionante la stipulazione dello stesso, il versamento di somme che si assumeva avvenuto in restituzione di mutui erogati dal locatore alla parte conduttrice, a tale esito perveniva sul rilievo che dovesse ritenersi ‘ non consentita l ‘ imposizione del versamento di somme a fondo perduto a vantaggio del locatore, in difetto di ogni apprezzabile interesse, ed anzi in situazione caratterizzata da violazione dei principi di lealtà, correttezza e solidarietà (artt. 1175 e 1337 cod. civ.) da parte del contraente più forte ‘ (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. n. 8815 del 1996, cit .). Interesse apprezzabile, si badi bene, che non si escludeva affatto, in astratto, potesse ricorrere, identificandolo -sempre con riferimento alla fattispecie allora sottoposta all’esame di questa Corte -in ‘ un accordo che, a fronte della rinuncia a pretendere il rilascio da parte del locatore, prevedesse
il pagamento di una somma di denaro da parte del conduttore, o di terzi interessati ‘ , salvo, però, concludersi che ‘ nessuna indicazione il giudice del merito ‘ avesse fornito ‘ circa gli elementi comprovanti che, in concreto, la volontà dei contraenti ‘ si fosse ‘ atteggiata e manifestata in tal senso, in modo da legare con vincolo di reciprocità rinuncia e pagamento ‘ (cfr., nuovamente, Cass. Sez. 3, sent. n. 8815 del 1996, cit .). Sicché resta confermato, in definitiva, che la nullità ex art. 79 della legge n. 392 del 1978, e il diritto del conduttore (o del terzo) ‘ a ripetere le somme indebitamente corrisposte, ai sensi dell ‘ art. 2033 cod. civ. ‘ , presuppone -in presenza di accordi che prevedano attribuzioni ulteriori in favore del locatore, oltre al pagamento del canone di locazione -che ‘ sia accertato, avuto riguardo ad ogni utile elemento ‘, il ricorrere di un ‘ collegamento funzionale tra il menzionato accordo ed il contratto di locazione ‘ , ovvero che ‘ il pagamento risulti inerente al regolamento economico del rapporto di locazione ‘ ( così, ancora una volta, Cass. Sez. 3, sent. n. 8815 del 1996, cit .), senza trovare, dunque, un’altra giustifica zione suscettibile di integrare idonea ‘ causa adquirendi ‘ .
8.2. Il secondo motivo è, invece, inammissibile.
8.2.1. Infatti, poiché parte ricorrente non ha dimostrato di avere dedotto, nel giudizio di merito, la natura simulata della causa giustificativa del l’avvenuto pagamento (avendo, anzi, nell’esposizione del fatto contenta nel presente atto di impugnazione, ricostruito le proprie difese senza che di tale prospettazione vi sia alcuna traccia), l’ipotesi di violazione dell’art. 1417 cod. civ. -che pure è condivisa dal Procuratore Generale presso questa Corte -deve ritenersi, invece, inammissibile. E ciò in quanto, come osserva correttamente la controricorrente, la prospettazione della simulazione -e, dunque, la finalizzazione a
provarla  del  capitolo  di  prova  testimoniale  articolato  (e  del documento prodotto in giudizio) -risulta del tutto nuova.
8.3. Anche il terzo motivo è inammissibile.
8.3.1.  Conduce  a  tale  esito  il  rilievo  che  la  ricorrente  non coglie -né, quindi, adeguatamente  contrasta -la ‘ ratio decidendi ‘ della sentenza impugnata (donde la sua inammissibilità: Cass. Sez. 6-1, ord. 7 settembre 2017, n. 20910, Rv. 645744-01; in senso conforme Cass. Sez. 6-3, ord. 3 luglio 2020, n. 13735, Rv. 658411).
La pronuncia della Corte genovese (cfr. pag. 9) afferma che ‘non vi è prova’ che, all’odierna ricorrente, fosse ‘stata fornita da RAGIONE_SOCIALE la disponibilità non di un unico magazzino grande, ma di due magazzini più piccoli’. Ne consegue, perta nto, che il tema sul quale verte la censura (ovvero, l’individuazione del soggetto tenuto a provare, secondo i corretti criteri di riparto dell’onere della prova, la inidoneità, o meno, di tali più piccoli locali a fungere da magazzino) è rimasto estraneo al ‘ decisum ‘ del giudice d’appello.
Né, d’altra parte, nella presente  sede  potrebbe essere sindacata -trattandosi di accertamento di fatto, riservato in via esclusiva  al  giudice  di  merito -la  valutazione  in  ordine  alla sussistenza, o meno, di tale prova.
8.4. Inammissibile, infine, è pure il quarto motivo di ricorso.
8.4.1.  Esso,  per  vero,  tende  a  sollecitare  una  rinnovata valutazione del materiale istruttorio, preclusa a questo giudice di legittimità.
La  ricorrente  assume,  infatti,  che  i  pagamenti  da  essa effettuati -a suo dire, idonei a sanare la morosità -sarebbero
‘comprovati da incontestabili risultanze documentali’, su tali basi denunciando violazione dell’art. 1193 cod. civ.
Il motivo è, però, inammissibile, non prospettando un vizio di violazione di legge, se è vero che esso ‘consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispeci e concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità’ (cfr., ‘ ex multis ‘, Cass. Sez. 1, ord. 13 ottobre 2017, n. 24155, Rv. 645538-03; Cass. Sez. 1, ord. 14 gennaio 2019, n. 640, Rv. 652398-01; Cass. Sez. 1, ord. 5 febbraio 2019, n. 3340, Rv. 652549 02), e ciò in quanto il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. ‘postula che l’accertamento in fatto operato dal giudice di merito sia considerato fermo ed indiscusso, sicché è estranea alla denuncia del vizio di sussunzione ogni critica che investa la ricostruzione del fatto materiale, esclusivamente riservata al potere del giudice di merito’ (Cass . Sez. 3, ord. 13 marzo 2018, n. 6035, Rv. 64841401). Ne consegue, quindi, che il ‘discrimine tra l’ ipotesi di violazione di legge in senso proprio a causa dell ‘ erronea ricognizione della fattispecie astratta normativa e l ‘ ipotesi della erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta è segnato, in modo evidente, dal fatto che solo quest ‘ ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa’ (così, in motivazione, Cass. Sez., Un., sent. 26 febbraio 2021, n. 5442). E venienza, quest’ultima, che ricorre nel caso di specie, visto che il presente motivo sollecita, in realtà, un diverso apprezzamento delle risultanze istruttorie.
Le spese del presente giudizio di legittimità  vanno integralmente compensate tra le parti , sussistendo ‘giusti motivi’, di seguito meglio illustrati.
9.1. Invero, essendo stato il primo grado di giudizio instaurato con citazione notificata in data 8 novembre 2016, alle spese di lite si applica la disciplina di cui all’art. 92 cod. proc. civ., nel testo novellato dall’art. 13, comma 1, del decreto -legge 12 settembre 2014,  n.  132,  convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge  10 novembre 2014, n. 162, come, però, risultante all’esito dell’intervento ‘additivo’ , operato dalla Corte costituzionale con la sentenza del 19 aprile 2018, n. 77.
Orbene, l’assenza di precedent i specifici nella giurisprudenza di questa Corte -tali non potendo considerarsi, per le ragioni già illustrate, gli arresti in materia di ‘buona entrata’ integra taluna di quelle ‘ altre ‘ gravi ed eccezionali ragioni, oltre quelle indicate ‘ nominatim ‘ dal vigente testo dell’art. 92 cod. proc. civ. (vale a dire, l ‘ assoluta novità della questione trattata o il mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti del giudizio), che sono idonee a giustificare la compensazione , presentando ‘la stessa, o maggiore, gravità ed eccezionalità delle situazioni tipiche espressamente previste’ dall a norma suddetta (cfr. Cass. Sez. 6-2, ord. 18 febbraio 2019, n. 4696, Rv. 652795-01; in senso conforme Cass. Sez. 6-5, ord. 18 febbraio 2020, n. 3977, Rv. 656993-01).
 A  carico  della  ricorrente,  stante  il  rigetto  del  ricorso, sussiste  l’obbligo  di  versare  un  ulteriore  importo  a  titolo  di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20
febbraio  2020,  n.  4315,  Rv.  657198-01),  ai  sensi  dell’art.  13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
PQM
La Corte rigetta il ricorso, compensando integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1,  comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei  presupposti  per  il  versamento  da  parte  della  ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così  deciso  in  Roma,  all’esito  dell’adunanza  camerale della