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Altro vantaggio in locazione: quando è nullo?

La Corte di Cassazione ha stabilito che la richiesta di pagamento di un debito altrui come condizione per stipulare un contratto di sublocazione non costituisce un “altro vantaggio” vietato dall’art. 79 della L. 392/1978. Secondo la Corte, tale pattuizione è lecita se trova una giustificazione causale autonoma, come in un’operazione di espromissione, e non altera il sinallagma del contratto di locazione. La nullità si configurerebbe solo se fosse provato che tale giustificazione è meramente simulata per mascherare una “buona entrata” senza causa.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

Altro Vantaggio nelle Locazioni: Quando il Pagamento di un Debito Altrui è Lecito?

L’ordinanza n. 4985/2024 della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nei contratti di locazione commerciale: la validità delle clausole che impongono al conduttore pagamenti extra canone. Nello specifico, la Corte chiarisce quando la richiesta di estinguere un debito di terzi per ottenere il contratto non costituisce un altro vantaggio vietato dalla legge, fornendo un’importante distinzione tra pattuizioni lecite e nulle.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine da un contratto di sublocazione di un locale commerciale, adibito a edicola, situato in una stazione ferroviaria. La società subconduttrice, dopo aver accumulato una morosità, veniva citata in giudizio per la convalida di sfratto. Nel corso del procedimento, la subconduttrice si opponeva, sostenendo la nullità parziale del contratto.

Il motivo della contestazione era una clausola che aveva subordinato la stipula della sublocazione al versamento di 25.000 euro. Tale somma era destinata a estinguere un debito pregresso che un soggetto terzo (il marito della legale rappresentante della società subconduttrice) aveva nei confronti della società sublocatrice. La subconduttrice qualificava questo pagamento come una “buona entrata”, ovvero un “altro vantaggio” vietato dall’art. 79 della Legge n. 392/1978, e ne chiedeva la restituzione, imputando le somme già versate a sanatoria della morosità.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello rigettavano la tesi della subconduttrice, confermando la risoluzione del contratto per inadempimento. La questione giungeva così all’esame della Corte di Cassazione.

La Questione Giuridica e l’Altro Vantaggio

Il fulcro della controversia risiede nell’interpretazione del concetto di “altro vantaggio” secondo l’art. 79 della legge sull’equo canone. Questa norma sancisce la nullità di ogni pattuizione che attribuisca al locatore un vantaggio in contrasto con le disposizioni di legge, come un canone superiore a quello legale o, appunto, altri benefici non giustificati.

La ricorrente sosteneva che il pagamento di 25.000 euro, imposto come condizione per la conclusione del contratto, rientrasse pienamente in questa categoria. A suo avviso, si trattava di una somma richiesta senza una controprestazione legata al rapporto di locazione, alterandone l’equilibrio economico a favore del locatore.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, offrendo una disamina chiara e precisa della nozione di altro vantaggio.

I giudici hanno spiegato che per configurare la nullità prevista dall’art. 79, l’utilità percepita dal locatore deve essere priva di una giustificazione causale autonoma e deve alterare il sinallagma contrattuale tipico della locazione.

Nel caso di specie, il versamento della somma di 25.000 euro non era una “rendita” lucrata dal sublocatore per il semplice fatto di concedere l’immobile in godimento. Al contrario, tale pagamento aveva una sua causa specifica e distinta: l’estinzione di un debito di un terzo, secondo lo schema del contratto di espromissione (art. 1272 c.c.).

La Corte ha qualificato l’operazione come un fenomeno di collegamento negoziale: da un lato il contratto di sublocazione, dall’altro il contratto di espromissione. Sebbene la conclusione del primo fosse condizionata all’adempimento del secondo, entrambi mantenevano la propria autonomia causale. Il pagamento non era privo di giustificazione, ma serviva a realizzare un interesse giuridicamente rilevante e distinto da quello della mera locazione.

La Suprema Corte ha sottolineato che la pattuizione sarebbe potuta essere dichiarata nulla solo se la subconduttrice avesse dimostrato che l’operazione di espromissione era puramente simulata, ovvero un pretesto per mascherare una vera e propria “buona entrata” senza causa. Tuttavia, la ricorrente non ha mai allegato né provato in giudizio la natura simulata dell’accordo, limitandosi a invocarne la nullità per violazione dell’art. 79.

Le Conclusioni

La decisione della Cassazione stabilisce un principio fondamentale: una prestazione economica aggiuntiva richiesta al conduttore non costituisce automaticamente un altro vantaggio nullo se è supportata da una causa lecita e autonoma, esterna al sinallagma della locazione. Il collegamento tra due contratti, uno di locazione e l’altro con causa differente (come l’espromissione), è legittimo. Spetta alla parte che lamenta la nullità dimostrare che la causa esterna è solo un paravento per celare un vantaggio indebito per il locatore. Questa pronuncia offre quindi un criterio interpretativo essenziale per distinguere le pattuizioni lecite da quelle che alterano illecitamente l’equilibrio del contratto di locazione.

Quando un pagamento extra canone è un “altro vantaggio” vietato dalla legge?
Un pagamento è considerato un “altro vantaggio” vietato dall’art. 79 della L. 392/1978 quando non ha alcuna giustificazione causale autonoma rispetto alla semplice concessione in godimento dell’immobile, alterando così l’equilibrio economico del contratto a favore del locatore.

È lecito condizionare la firma di un contratto di locazione al pagamento di un debito di un’altra persona?
Sì, secondo la Corte è lecito. Tale pattuizione non è nulla se il pagamento trova una sua causa giuridica distinta, come nel caso di un’espromissione (assunzione del debito altrui). Si tratta di un collegamento tra due contratti autonomi (locazione ed espromissione), che la legge consente.

Chi deve provare che un pagamento è una “buona entrata” mascherata?
L’onere della prova spetta al conduttore (o subconduttore) che afferma la nullità della clausola. Egli deve dimostrare che la giustificazione causale addotta per il pagamento (ad esempio, l’estinzione di un debito) è in realtà simulata e nasconde l’intento di ottenere un vantaggio indebito non previsto dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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