Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 16083 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 16083 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 8953/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, c.f. CODICE_FISCALE, COGNOME NOME, c.f. CODICE_FISCALE, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO, con domicilio digitale EMAIL ricorrenti
contro
RAGIONE_SOCIALE, sito in Sauze d’OulxINDIRIZZO, c.f. 86503490012, in persona dell’amministratore pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO , con domicilio digitale EMAIL controricorrente
avverso la sentenza n. 207/2023 della Corte d’appello di Torino depositata il 27-2-2023, udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5-62024 dal consigliere NOME COGNOME
OGGETTO: condominio – alloggio del portiere R.G. 8953/2023 C.C. 5-6-2024
FATTI DI CAUSA
1.NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno convenuto avanti il Tribunale di Torino il RAGIONE_SOCIALE di Sauze d’Oulx, INDIRIZZO, esponendo di avere acquistato da RAGIONE_SOCIALE con atto a rogito AVV_NOTAIO 13 dicembre 2017 un alloggio al piano terra del RAGIONE_SOCIALE, censito al CT di Sauze d’Oul x al foglio 4 n. 459 sub 17; l’originaria proprietaria e RAGIONE_SOCIALE del fabbricato aveva concesso l’immobile in uso perpetuo al RAGIONE_SOCIALE, affinch é venisse utilizzato come all oggio per il portiere, ‘al fine di assicurarsi in contropartita eventuali servizi indispensabili, servizi che in ogni caso saranno retribuiti a parte’, riservandosi la proprietà ed escludendo che l’alloggio rientrasse nelle cose comuni di cui all’art. 1117 cod. civ., secondo la previsione dell’art. 20 del regolamento del RAGIONE_SOCIALE. Hanno chiesto che il diritto d’uso dell’alloggio fosse dichiarato a loro inopponibile e che il RAGIONE_SOCIALE convenuto fosse condannato alla restituzione e al pagamento di indennit à per l’illegittima occupazione.
Il RAGIONE_SOCIALE si è costituito contestando la domanda, sostenendo che il vincolo era di natura reale-pertinenziale e con sentenza n. 3753/2020 depositata il 26-10-2020 il Tribunale di Torino ha rigettato le domande degli attori, condannandoli alla rifusione delle spese di lite.
2.NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto appello, che la Corte d’appello di Torino ha rigettato con sentenza n. 207/2023 depositata in data 27-2-2023.
La sentenza ha considerato che l’art. 20 del regolamento di condominio a rogito di data 12-11-1964, di natura contrattuale, vincolante per tutti i condomini e per i loro successori in quanto trascritto ex art. 2643 cod. civ., aveva previsto che i locali di portineria restavano di proprietà della RAGIONE_SOCIALE ed erano concessi ‘in uso perpetuo’ al RAGIONE_SOCIALE con tale destinazione ‘al fine di assicurarsi in contropartita eventuali servizi indispensabili alla RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE, servizi che in ogni caso saranno retribuiti a parte’. Ha rilevato che l’assegnazione dei servizi ai quali faceva riferimento la clausola indicava i motivi e non la causa della concessione in uso perpetuo del locale, che l’unità dal 1964 aveva continuato, senza soluzione di continuità, a essere adibita a portineria, che negli anni erano state cedute quote di proprietà del l’unità portineria unitamente alla proprietà dei vari alloggi, tanto che gli stessi appellanti avevano acquistato la quota di 171/1 00000 dell’immobile e poi nell’atto di acquisto dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, rappresentata dalla stessa NOME COGNOME, ai due appellanti, erano state cedute ‘tutte le quote di spettanza’ dell’immobile, indicando espressamente che trattavasi di unità ‘adibit a a portineria ‘. Ha dichiarato che intenzione dell’originaria proprietaria era quella di concessione di uso perpetuo, da intendersi come vincolo suscettibile di trasmissione, di natura reale e da qualificare come servitù atipica, in favore di tutti gli immobili costituenti il condominio.
3.Avverso la sentenza NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
In data 2-10-2023 il consigliere delegato ex art. 380-bis cod. proc. civ. ha depositato proposta di definizione anticipata nel senso dell’inammissibilità o manifesta infondatezza del ricorso e il 27-102023 il difensore dei ricorrenti munito di nuova procura speciale ha chiesto procedersi al giudizio.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio i ricorrenti hanno depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 5-6-2024 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Il primo motivo di ricorso è proposto lamentando la violazione e falsa applicazione degli artt. 979 e 1026 cod. civ. in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ.
I ricorrenti sostengono che la sentenza impugnata, ritenendo che l’art. 20 del regolamento di condominio costituisse a favore del RAGIONE_SOCIALE una concessione di uso perpetuo, da intendersi come vincolo suscettibile di trasmissione erga omnes, di natura reale, avrebbe dovuto considerare che il diritto reale istituito a favore di persona giuridica, ai sensi degli artt. 1026 e 979 cod. civ., non può superare il trentennio; evidenziano che il riconoscimento di un diritto perpetuo d’uso a favore del RAGIONE_SOCIALE im plicherebbe, ai danni dei ricorrenti, l ‘attribuzione di un diritto di proprietà vuoto, senza alcuna delle facoltà spettanti al proprietario. Sostengono che, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte d’appello, il diritto d’uso del RAGIONE_SOCIALE era sottoposto alla condizione risolutiva della preferenza del RAGIONE_SOCIALE nell’affidare i servizi alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per cui, avendo la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE venduto l’alloggio del portiere a persone fisiche, è venuto meno sia il diritto d’uso del RAGIONE_SOCIALE sia il diritto di preferenza nell’assegnazione dei servizi, con la conseguenza che i proprietari possono rientrare nel possesso dell’immobile .
2.Il secondo motivo è proposto lamentando la violazione e falsa applicazione dell’art. 1117 co.1 n. 2 cod. civ. in relazione all’art. 360 co.1 n.3 cod. proc. civ. I ricorrenti sostengono che la Corte d’appello abbia qualificato la fattispecie nell’ambito delle servitù atipiche sulla base di una erronea lettura della giurisprudenza di legittimità e che invece avrebbe dovuto ritenere che il contratto aveva come causa lo scambio tra il diritto d’uso dell’appartamento e il diritto di preferenza nell’assegnazione degli appalti per cui, venuto meno il secondo termine del sinallagma, l’immobile doveva e ssere restituito ai proprietari.
3.I motivi, esaminati unitariamente stante la connessione, sono infondati.
3.1.In primo luogo, non hanno fondamento le deduzioni con le quali i ricorrenti sostengono che la sentenza impugnata abbia erroneamente interpretato la clausola n. 20 del regolamento di condominio.
La sentenza impugnata ha interpretato la clausola espressamente escludendo il carattere di sinallagmaticità tra la destinazione del locale a portierato e l’assegnazione di servizi alla RAGIONE_SOCIALE proprietaria del locale e ritenendo che la clausola avesse costituito una servitù di natura atipica. Q uindi, poiché l’interpretazione del contenuto di un negozio giuridico si traduce in una indagine di fatto affidata al giudice di merito, i ricorrenti avrebbero dovuto fare valere la violazione dei canoni legali di interpretazione del negozio di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., non solo facendo esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, ma anche precisando in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si fosse discostato dai canoni legali assunti come violati, o se lo stesso li avesse applicati sulla base di considerazioni illogiche o insufficienti; la censura non poteva risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione dei ricorrent i e quella accolta dalla sentenza impugnata, poiché quest’ultima non deve essere l’unica astrattamente possibile, ma solo una delle plausibili interpretazioni (Cass. Sez. 1 9-4-2021 n. 9461 Rv. 661265-01, Cass. Sez. 3 28-112017 n. 28319 Rv. 646649-01, Cass. Sez. 1 15-11-2017 n. 27136 Rv. 646063-01). Evidentemente non ha pregio l’affermazione dei ricorrenti nella memoria, secondo la quale la loro richiesta è quella di cassare la sentenza ‘al fine di interpretare il contratto intercorso tra le parti in modo conforme al principio di diritto già formulato con la citata sentenza Cass. n. 193 del 2020’: a tale fine i ricorrenti avrebbero dovuto svolgere il motivo facendo emergere che l’interpretazione del
contratto eseguita dal giudice di merito era stata eseguita in violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale, in quanto il dato non è insito in sé nel fatto che l’interpretazione da loro sostenuta del testo contrattuale possa trovare conferma in principi di diritto enunciati dalla Suprema Corte. In altri termini, al fine di invocare l’applicazione del principio posto da Cass. 193/2020, i ricorrenti avrebbero dovuto dimostrare che la clausola contrattuale di cui si discute avesse contenuto tale da consen tire l’applicazione di quel principio.
3.2.Inoltre, non hanno fondamento le deduzioni volte a sostenere che il regolamento di condominio di natura contrattuale, predisposto dall’originaria unica proprietaria dell’immobile e accettato da tutti i condomini in quanto contenuto negli atti di acquisto e trascritto, secondo quanto accertato dalla sentenza impugnata, non potesse costituire una servitù atipica, quale diritto reale avente a oggetto la destinazione di locale ad alloggio del portiere, con previsione poi riprodotta anche nell’atto di acquisto di quell’unità immobiliare da parte dei ricorrenti.
Come già evidenziato non solo nella sentenza impugnata ma anche nella proposta di definizione anticipata, la Cassazione ha già avuto modo di dare atto che la destinazione di locale ad alloggio del portiere è inquadrabile nello schema della servitù. Dopo che già Cass. Sez. 2 24-10-2018 n. 26987 (Rv. 654985) aveva escluso che il vincolo di destinazione in perpetuo ad alloggio del portiere fosse sussumibile nella categoria delle obbligazioni propter rem , Cass. Sez. 6-2 14-102022 n. 30302 (Rv. 665975-01), pronunciando in lite avente a oggetto il vincolo di destinazione ad alloggio del portiere di unità immobiliare di proprietà esclusiva compresa in un condominio, ha confermato che il vincolo non è sussumibile nella categoria delle obbligazioni propter rem, difettando il requisito della tipicità, e può viceversa assumere carattere di realità, così da essere inquadrato nello schema delle
servitù, in quanto inteso a restringere permanentemente i poteri normalmente connessi alla proprietà di quel bene e ad assicurare correlativamente particolari vantaggi e utilità alle altre unità immobiliari e alle parti comuni. Ne consegue che non hanno pregio i richiami dei ricorrenti ai principi valevoli in tema di usufrutto e di uso, in ordine alla durata non superiore al trentennio di tali diritti reali costituiti a favore di persona giuridica, perché analogo limite temporale non è previsto per le servitù; quindi, non è pertinente alla fattispecie il precedente di Cass. Sez. 2 9-1-2020 n. 193 (Rv. 656828) sul quale insistono i ricorrenti, in quanto relativo a fattispecie nella quale il titolo aveva costituito diritto reale d’uso a favore di persona giuridica ex artt. 1026 e 979 cod. civ.
Si esclude che, inquadrato nello schema della servitù, il vincolo relativo all’alloggio del portiere si risolva in uno svuotamento del contenuto del diritto di proprietà, come pure lamentano i ricorrenti, non solo in quanto si tratta di vincolo di destinazione diretto a beneficiare di un servizio anche l ‘ unità immobiliare di proprietà esclusiva degli obbligati, ma anche in quanto il vincolo non annulla qualsiasi utilità connessa al godimento dell’immobile ( in questo senso già Cass. Sez. 2 14-9-2022 n. 26980, non massimata); ciò in quanto, sia nei periodi nei quali il RAGIONE_SOCIALE eventualmente deliberi di non avvalersi del servizio di portierato, sia nel caso in cui il RAGIONE_SOCIALE deliberi la cessazione definitiva di quel servizio, sono i proprietari che possono utilizzare l’immobile . La situazione che ne deriva non è dissimile a quella della servitù di parcheggio, riconosciuta a condizione che la facoltà che ne deriva risulti attribuita a diretto vantaggio del fondo dominante, per la sua migliore utilizzazione, quale utilitas di carattere reale (cfr. da ultimo Cass. Sez. U 13-2-2024 n. 3925 Rv. 670197-01).
4.In conclusione il ricorso è integralmente rigettato.
In applicazione del principio della soccombenza, i ricorrenti devono essere condannati alla rifusione a favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, in dispositivo liquidate.
Inoltre, poiché il ricorso è deciso in conformità alla proposta formulata ex art. 380bis cod. proc. civ., devono essere applicati, come previsto dal comma terzo dello stesso art. 380bis cod. proc. civ., il terzo e il quarto comma dell’art. 96 cod. proc. ci v., con la conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento a favore del controricorrente di somma equitativamente determinata nella misura di cui in dispositivo, nonché al pagamento di ulteriore somma a favore della cassa delle ammende.
Come evidenziato da Cass. Sez. U 27-9-2023 n. 27433 (Rv. 668909-01) e Cass. Sez. U 13-10-2023 n. 28540 (Rv. 669313-01), l’art. 380 -bis co.3 cod. proc. civ., richiamando, per i casi di conformità tra proposta e decisione finale, l’art. 96 co. 3 e 4 cod. pro c. civ., codifica, attraverso una valutazione legale tipica compiuta dal legislatore, un’ipotesi di abuso del processo, giacché non attenersi alla delibazione del proponente che trovi conferma nella decisione finale lascia presumere una responsabilità aggravata.
In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co . 1quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna i ricorrenti alla rifusione a favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.500,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, iva e cpa ex lege;
condanna i ricorrenti ex art. 96 co.3 e 4 cod. proc. al pagamento di Euro 4.500,00 a favore del controricorrente e di Euro 3.000,00 a favore della cassa delle ammende.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione