Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 20262 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 20262 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29169/2021 R.G. proposto da: COGNOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO TRIESTE n. 125/2021 depositata il 21/04/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
NOME propone ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi illustrati da memoria, nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE, avverso la sentenza della Corte d’Appello di Trieste del 21 aprile 2021 .
Resiste con controricorso società RAGIONE_SOCIALE, avverso, che ha presentato anche memoria.
3.
4.
Per quanto ancora d’ interesse, il ricorrente assume, quanto al secondo motivo di appello, di avere denunciato violazione degli articoli 112 e 115 c.p.c., travisamento dei fatti, nonché violazione e falsa applicazione degli articoli 1284, 1346 e 2033 c.c. e dell’articolo 1815 secondo comma c.c., lamentando l’omessa valutazione da parte del primo giudice della perizia di parte, prodotta in sede di costituzione quale allegazione difensiva, e rappresenta che le criticità del rapporto contrattuale erano state dal proprio perito specificamente individuate e dedotte. Tale motivo veniva ritenuto infondato dalla corte di merito in quanto ‘ condivisibilmente il tribunale aveva rilevato che, nonostante il disposto un mutamento del rito da sommario a ordinario, le deficitarie allegazioni dell’atto di costituzione non fossero state
integrate entro il verificarsi delle preclusioni assertive e che produrre non significa allegare essendo compito della parte selezionare e utilizzare le argomentazioni tecniche contenute nella perizia di parte in correlazione alla causa petendi e al petitum individuati nell’atto di costituzione ‘ .
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è affidato a cinque motivi.
Primo motivo: ex art. 360 n. 4 c.p.c. in relazione agli art. 112, 115 c.p.c., agli artt. 61e 191 c.p.c., all’art. 183, VI° comma n. 1 c.p.c. e all’art. 111, comma 2 Cost. si denunciano i vizi di violazione del diritto di difesa -violazione del potere dovere del giudice di esaminare le allegazioni difensive – violazione dei principi regolatori del giusto processo – nullità della sentenza, in quanto sarebbe stata negata validità, quale allegazione difensiva, alla perizia econometrica dimessa unitamente alla comparsa di risposta in primo grado, qualificata dalla Corte d’appello quale mera produzione. Stante tale erroneo assunto sarebbe stata dichiarata la decadenza dal termine per le integrazioni delle allegazioni difensive.
Secondo motivo: ex art. 360 n. 4 c.p.c. in relazione all’art. 132 c.p.c. e all’art. 118 disp.att. c.p.c. si denuncia la nullità della sentenza per difetto di motivazione, in quanto la motivazione a sostegno del rigetto del merito dell’appello si paleserebbe come un mero simulacro.
Terzo motivo: ex art. 360 n. 3 c.p.c. si denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1284,1346, 2033, 1815, II comma c.c. in relazione all’art. 117, IV, VI e VII comma L.B., vigente ratione temporis , in quanto la corte territoriale, perpetuando l’errore del tribunale, avrebbe violato le norme sostanziali in tema di pattuizione del saggio di interesse, di determinatezza o comunque determinabilità dei contenuti del contratto, e di nullità
delle clausole contrattuali che determinano l’applicazione di tassi di interesse superiori a quelli soglia.
Quarto motivo: ex art. 360 n. 4 c.p.c. in relazione all’art. 132 c.p.c. e all’art. 118 disp.att. c.p.c. si denuncia il difetto di motivazione a confutazione delle deduzioni difensive svolte nell’atto d’appello con riferimento agli esiti e alle risultanze del procedimento penale di cui alla sentenza numero 1268/2019, pronunciata dal tribunale penale di Udine
Quinto motivo: ex art. 360 n. 5 c.p.c. si denuncia l’omesso esame di fatti decisivi, acquisiti al thema decidendum , oggetto di discussione. In particolare, la corte territoriale avrebbe omesso la disamina di fatti secondari ricavabili dalla lettura della sentenza penale che, condannando i vertici di RAGIONE_SOCIALE, costituiscono prova del fatto principale a sua volta decisivo per il giudizio e che il giudice d’appello avrebbe dovuto considerare ai fini della decisione.
L’analisi del secondo motivo è logicamente prioritaria , con esso la ricorrente denunciando l’apparenza di motivazione là dove la corte di merito si è asseritamente limitata a condividere acriticamente il dictum del giudice di primo grado là dove quest’ultimo ha ritenuto deficitarie le allegazioni dell’atto di costituzione, non più integrate entro il verificarsi delle preclusioni assertive, sull’assunto che la produzione della perizia di parte non può valere come allegazione ed è onere della parte selezionare e utilizzare le argomentazioni tecniche in correlazione alla causa petendi e al petitum individuati nell’atto di costituzione ( v. p. 16, ultimo cpv. della sentenza impugnata).
Lamenta di di avere con il secondo motivo di appello denunciato il travisamento dei fatti, nonché la violazione e falsa applicazione degli articoli 1284, 1346 e 2033 c.c. e dell’articolo 1815 secondo comma c.c., lamentando l’omessa valutazione da parte del primo giudice della perizia di parte, prodotta in sede di
costituzione quale allegazione difensiva, e rappresenta che le criticità del rapporto contrattuale erano state dal proprio perito specificamente individuate e dedotte, e che la corte di merito ha erroneamente ritenuto infondata la doglianza, in quanto ‘condivisibilmente il tribunale aveva rilevato che, nonostante il disposto un mutamento del rito da sommario a ordinario, le deficitarie allegazioni dell’atto di costituzione non fossero state integrate entro il verificarsi delle preclusioni assertive e che produrre non significa allegare essendo compito della parte selezionare e utilizzare le argomentazioni tecniche contenute nella perizia di parte in correlazione alla causa petendi e al petitum individuati nell’atto di costituzione’.
Il motivo è infondato. Viene al riguardo in rilievo il principio per cui la sentenza d’appello può essere motivata ” per relationem ” purché il giudice del gravame dia pur sinteticamente conto delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicché dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente, mentre va censu rata la decisione con cui la corte d’appello si sia limitata ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico, senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame. La sentenza d’appello non può dunque ritenersi legittimamente resa ” per relationem ” solo se priva di un comprensibile richiamo ai contenuti degli atti cui si rinvia, ai fatti allegati dall’appellante e alle ragioni del gravame, così da risolversi in una acritica adesione ad un provvedimento solo menzionato, senza che emerga una effettiva valutazione, propria del giudice di appello, della infondatezza dei motivi del gravame (Cass. Sez. 1 – , Ordinanza n. 20883 del 05/08/2019 ; Sez. 3 – , Ordinanza n. 2397 del 03/02/2021).
Orbene, nella specie la corte di merito, a supporto della valutazione di genericità dell’allegazione del convenuto, riporta non solo le argomentazioni del convenuto appellante contenute nella comparsa di costituzione, ma anche le motivazioni offerte dal Tribunale, collegate al rilievo della mancata allegazione, nei termini dell’art. 183 , 6° co. 6 n.1, c.p.c., a supporto delle produzioni documentali offerte, tra cui la perizia di parte, da sola non ritenuta idonea ai fini della individuazione delle argomentazioni tecniche a sostegno della linea difensiva in correlazione alla causa petendi e al petitum .
Il primo motivo di ricorso si incentra sulla pretesa validità della perizia di parte quale allegazione difensiva, non considerata dai giudici di merito anche se richiamata nella domanda riconvenzionale, con conseguente violazione del principio del diritto di difesa e del potere-dovere del giudice di esaminare le allegazioni difensive della parte prodotte già nel primo atto difensivo a supporto della domanda di accertamento della illegittimità degli interessi applicati (p. 3 e 4 dell’atto difensivo di primo grado), essendo stata prodotta contestualmente alla domanda riconvenzionale volta a eccepire la nullità delle clausole contrattuali sugli interessi collegati a un contratto di leasing. In proposito si denuncia una violazione dei principi regolatori dell’art. 112 in relazione all’art. 183, 6° co n. 1, c.p.c., per essersi la Corte preclusa la disamina delle difese tecniche prospettate tempestivamente ancor prima dello spirare dei termini delle preclusioni assertive.
Il motivo è fondato e va accolto nei termini di seguito indicati.
Va anzitutto sottolineato che il vizio afferente alla dichiarazione di nullità dell’atto introduttivo del giudizio per indeterminatezza dell’oggetto della domanda o delle ragioni poste a suo fondamento, comporta, per il giudice di legittimità una verifica non circoscritta all’esame della sufficienza e logicità della
motivazione con cui il giudice di merito ha vagliato la questione, ma il potere di esaminare direttamente gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si fonda, purché la censura sia stata proposta dal ricorrente in conformità alle regole fissate al riguardo dal codice di rito (ed oggi quindi, in particolare, in conformità alle prescrizioni dettate dagli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8077 del 22/05/2012; Cass. n. 806/2014; Cass. n. 9798/2018).
In proposito si osserva che, sotto il profilo del rispetto del principio di autosufficienza di cui all’art. 36 6, n. 6 c.p.c., nel ricorso è stato rappresentato in maniera sufficientemente completa il contenuto dell’atto difensivo del convenuto, e che ugualmente appare richiamata per ampi stralci (pp. 8 e 9) una perizia di parte allegata in sede di costituzione in giudizio e regolarmente prodotta che il ricorrente denuncia non essere stata considerata dai giudici di merito (doc. 4 del ricorso).
In merito ai requisiti della domanda giudiziale, gli articoli 163, comma 3, numero 3 e 4, 164, comma 4 e 5 c.p.c. indicano la prescrizione di esaustività della editio actionis che onera, non solo la parte, ma anche il giudice del rilievo, anche d’ufficio, delle eventuali lacune o incertezze indipendentemente dalla costituzione in giudizio del convenuto, sul presupposto che soltanto una domanda esaurientemente esplicitata non compromette la difesa al convenuto e a un tempo consente allo stesso giudice di emettere una pronuncia di merito sulla quale possa formarsi il giudicato sostanziale. Di talché il giudice di merito è chiamato a un’interpretazione della domanda giudiziaria alla luce non solo della sua letterale formulazione, ma anche del sostanziale contenuto delle pretese, con riguardo alle finalità perseguite e alla natura delle situazioni dedotte in giudizio, senza altri limiti che quelli connessi a ll’ esigenza del rispetto del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato e al
divieto di sostituire l’ufficio domande non esperite a quelle formalmente proposte.
Nel caso in esame il giudice d’appello non si è attenuto ai principi regolatori del giusto processo nel riesaminare la domanda riconvenzionale del convenuto appellante sotto il profilo della completezza delle allegazioni difensive, come richiesto nel motivo di appello avverso la sentenza del primo giudice. Ha invero limitato l’accertamento del vizio di genericità della domanda riconvenzionale, per come rilevato dal primo giudice, considerando isolatamente l’atto di costituzione nel suo contenuto intrinseco e negando in astratto una funzione di chiarificazione del quadro allegatorio alla perizia di parte prodotta, i cui risultati sono ugualmente richiamati nell’atto difensivo in relazione alle deduzioni di nullità degli interessi moratori applicati (per indeterminatezza e usurarietà), in tal modo violando il dovere di esaminare il complesso delle allegazioni difensive ai fini della valutazione della sufficiente indicazione della cosa oggetto della domanda e dei fatti costituenti le ragioni della domanda.
Alla stregua di tale principio regolatore del giusto processo, il successivo articolo 164, 5° co., c.p.c. dispone che, una volta rilevata la nullità, il giudice fissa l’attore un termine perentorio per rinnovare la citazione o, se il convenuto si è costituito, per integrare la domanda, prevedendo pertanto un meccanismo di sanatoria dei difetti della editio actionis, che rappresenta adempimento di un obbligo e non esercizio di una facoltà per il giudice del merito, in quanto si ricollega all’articolo 111, comma 2 Cost., la cui primaria finalità consiste nella piena realizzazione del diritto delle parti a ottenere una risposta finale alle loro istanze di giustizia. In pari modo, anche riguardo alla nullità della domanda riconvenzionale, il difetto della determinazione della cosa oggetto della domanda e dell’esposizione dei fatti e degli
elementi di diritto che ne costituiscono la ragione è soggetto al meccanismo di sanatoria sopra descritto.
Ove come nella specie il giudice non abbia assegnato d’ufficio un termine per integrare la domanda incompleta e tale termine non sia stato richiesto dalla parte interessata, né la parte abbia impugnato la sentenza sotto il profilo del mancato esercizio di tale potere ufficioso, il giudice del gravame deve non già fissare un termine per l ‘ integrazione dell’atto bensì definire il processo con una pronuncia di rito in ordine al riscontrato vizio oggetto di impugnazione (Cass. Sez. 2 -, Ordinanza n. 16517 del 12/06/2023 (Rv. 668046 – 01).
In ossequio alla primaria finalità, di rilievo costituzionale, di realizzare il diritto delle parti a ottenere una risposta finale nel merito alle loro istanze di giustizia, altrettanto efficacemente enucleato nel principio di tutela giurisdizionale effettiva rinvenibile nell’art. 6 Conv. EDU e nell’art. 47 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione europea, nell ‘attività di interpretazione della domanda giudiziale viene in rilievo il principio per cui l’identificazione della ‘ causa petendi ‘ va opera ta con riguardo all’insieme delle indicazioni contenute nell’atto di citazione e dei documenti ad esso allegati ai quali, quindi, può essere riconosciuta una funzione di chiarificazione del quadro allegatorio già prospettato, purché risultino specificamente indicati nell’atto di citazione o nella domanda riconvenzionale, come prescritto dall’art. 163, comma 3, n. 5, c.p.c.( Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1681 del 29/01/2015; Sez. L -, Sentenza n. 17991 del 9/7/2018; Cass., Sez. VI-3, 5/2/2019, n. 3363).
Sicché, l’esame della domanda giudiziale , così come inizialmente proposta, conduce a ritenere che siano state integrate violazioni di norme processuali di assoluto rilievo per l’osservanza del giusto processo .
Il 3°, il 4° e il 5° motivo rimangono conseguentemente assorbiti, non avendo il giudice d’appello esaminato nel merito le contestazioni sui tassi di interesse applicati, indicati nella comparsa di costituzione, sul presupposto della insufficienza delle allegazioni di parte contenute nell’atto difensivo.
Alla fondatezza nei suindicati termini del 2° motivo di ricorso, assorbiti il 3°, il 4°, il 5° motivo, rigettato il 1°, consegue la cassazione in relazione dell’impugnata sentenza, con rinvio alla Corte d ‘A ppello di Trieste, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, e provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il 2° motivo di ricorso, assorbiti il 3°, il 4° e il 5° motivo, rigettato il 1°. Cassa in relazione l ‘impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d ‘Ap pello di Trieste, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 28/03/2024.