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Aliunde Perceptum: la prova spetta al Giudice?

La Cassazione ha stabilito che, in una causa per risarcimento danni da ritardata assunzione di un’insegnante, il giudice ha il potere di acquisire d’ufficio i documenti reddituali per calcolare l’aliunde perceptum, ovvero i guadagni alternativi percepiti dal lavoratore. La Corte ha respinto il ricorso della docente, confermando che la detrazione di tali redditi è un’eccezione in senso lato e la prova può essere ricercata attivamente dal tribunale, anche in assenza di una specifica contestazione del datore di lavoro pubblico.

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Aliunde Perceptum: il Giudice Può Acquisire d’Ufficio le Prove Fiscali?

In una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale nelle cause di risarcimento del danno da ritardata assunzione nel pubblico impiego: la prova dell’aliunde perceptum. La pronuncia chiarisce i poteri del giudice nel reperire le prove sui redditi alternativi del lavoratore, anche quando il datore di lavoro non solleva contestazioni specifiche. Questa decisione ha importanti implicazioni pratiche per tutti i lavoratori pubblici che agiscono in giudizio per tutelare i propri diritti.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda una docente che aveva diritto all’assunzione a tempo indeterminato per l’anno scolastico 1992/1993, ma che è stata immessa in ruolo solo molti anni dopo, nell’anno 2001/2002. A seguito di questa grave tardività, la lavoratrice ha citato in giudizio il Ministero dell’Istruzione per ottenere il risarcimento del danno, quantificato nelle retribuzioni che avrebbe percepito se fosse stata assunta tempestivamente.

La Corte d’Appello, tuttavia, ha respinto la sua richiesta. I giudici di secondo grado hanno rilevato che, nel lungo periodo di attesa, la docente aveva comunque lavorato come supplente, percependo dei redditi. Per determinare l’esatto ammontare di questi guadagni, la Corte ha disposto una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) contabile. All’esito della perizia, basata sulla documentazione reddituale acquisita, è emerso che i guadagni da supplenza compensavano interamente le retribuzioni perse, azzerando di fatto il danno risarcibile. La docente ha quindi proposto ricorso per cassazione, lamentando, tra le altre cose, che il Ministero non avesse mai contestato specificamente i fatti e che la Corte non potesse acquisire d’ufficio i documenti fiscali per provare l’aliunde perceptum.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso della docente, confermando la decisione della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno fornito chiarimenti fondamentali sui poteri istruttori del giudice e sulla natura della detrazione dell’aliunde perceptum.

Le Motivazioni: Il Principio dell’Aliunde Perceptum e i Poteri del Giudice

Il cuore della decisione risiede nella qualificazione giuridica dell’aliunde perceptum. La Cassazione ha ribadito che la detrazione dei redditi percepiti altrove non costituisce un fatto estintivo del diritto del lavoratore che deve essere provato dal datore di lavoro. Si tratta, invece, di un’eccezione in senso lato, un mero argomento di difesa finalizzato a quantificare correttamente il danno effettivo subito dal creditore. Il danno risarcibile, infatti, non corrisponde automaticamente alle retribuzioni perse, ma alla differenza tra queste e quanto il lavoratore ha guadagnato aliunde.

Partendo da questo presupposto, la Corte ha affermato un principio di grande rilevanza processuale: nel pubblico impiego contrattualizzato, la prova dell’aliunde perceptum può essere fornita tramite le dichiarazioni dei redditi o le certificazioni fiscali. Questi documenti assumono una rilevanza probatoria primaria. Di conseguenza, il giudice del lavoro, in virtù dei suoi ampi poteri istruttori d’ufficio (artt. 421 e 437 c.p.c.), non solo può, ma deve acquisire tali documenti se non sono stati prodotti dalle parti, qualora li ritenga indispensabili per la decisione.

Nel caso specifico, era emerso in giudizio che la docente aveva svolto attività di supplenza. Questo fatto rendeva l’acquisizione della documentazione reddituale un passaggio decisivo e indispensabile per calcolare il danno. Pertanto, la Corte d’Appello ha agito correttamente esercitando i propri poteri officiosi, a prescindere da una mancata contestazione formale da parte del Ministero.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro: il lavoratore che chiede un risarcimento per ritardata assunzione deve essere consapevole che il giudice verificherà attivamente eventuali altri redditi percepiti nel periodo di riferimento. La prova dell’aliunde perceptum non è un onere esclusivo del datore di lavoro, ma un elemento di calcolo del danno che il giudice è tenuto ad accertare con tutti gli strumenti a sua disposizione, inclusa l’acquisizione d’ufficio di documenti fiscali. L’inerzia o la mancata contestazione del datore di lavoro non è sufficiente a garantire al lavoratore il pieno importo delle retribuzioni perse se, di fatto, ha percepito altri guadagni.

Cos’è l’aliunde perceptum in una causa per ritardata assunzione?
È l’insieme dei redditi che il lavoratore ha guadagnato da altre attività lavorative nel periodo in cui attendeva l’assunzione a cui aveva diritto. Questi importi vengono sottratti dal totale del risarcimento dovuto dal datore di lavoro, perché il danno effettivo è rappresentato solo dalla perdita netta.

Il giudice può acquisire d’ufficio i documenti fiscali di un lavoratore per calcolare il danno?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, nel rito del lavoro il giudice ha il potere e il dovere di acquisire d’ufficio le dichiarazioni dei redditi o altre certificazioni fiscali se le ritiene indispensabili per quantificare correttamente il danno, in particolare per determinare l’aliunde perceptum.

Se il datore di lavoro non contesta che il lavoratore abbia percepito altri redditi, il giudice deve comunque detrarre l’aliunde perceptum?
Sì. La detrazione dell’aliunde perceptum è considerata una semplice difesa per la corretta quantificazione del danno, non un’eccezione che deve essere sollevata e provata esclusivamente dal datore di lavoro. Pertanto, il giudice deve tenerne conto per determinare il danno effettivo, anche se il datore di lavoro non ha sollevato una contestazione specifica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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