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Aliud pro alio: acqua non potabile e prescrizione

Una utente ha ricevuto acqua non potabile dalla società di fornitura idrica e ha intentato causa per la riduzione del prezzo. I tribunali di merito avevano respinto la domanda applicando la prescrizione breve prevista per i vizi della cosa venduta. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, qualificando la fornitura di acqua non potabile come un caso di ‘aliud pro alio’, ovvero la consegna di un bene completamente diverso da quello pattuito. Di conseguenza, si applica la prescrizione ordinaria decennale per inadempimento contrattuale, offrendo una maggiore tutela al consumatore.

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Pubblicato il 25 agosto 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Aliud pro alio: quando l’acqua non potabile è inadempimento contrattuale

La fornitura di un bene essenziale come l’acqua potabile è al centro di una recente ordinanza della Corte di Cassazione, che chiarisce un punto fondamentale a tutela dei consumatori. Quando la società idrica eroga acqua non adatta al consumo umano, non si tratta di un semplice difetto, ma di una grave violazione del contratto nota come aliud pro alio. Questa qualificazione ha conseguenze determinanti, soprattutto per quanto riguarda i termini per far valere i propri diritti. Vediamo insieme come la Suprema Corte ha affrontato il caso.

I fatti di causa

Una cittadina conveniva in giudizio la società di fornitura idrica lamentando che, per un lungo periodo (dal 2006 al 2010), le era stata fornita acqua non potabile, quindi inadatta all’uso alimentare. Per questo motivo, chiedeva al giudice una riduzione del canone pagato del 50% e un risarcimento per i danni subiti.

Nei primi due gradi di giudizio, la sua richiesta veniva respinta. Sia il Giudice di Pace che il Tribunale avevano qualificato la domanda come un’azione per vizi della cosa venduta. Di conseguenza, ritenevano applicabili i termini molto brevi di decadenza e prescrizione previsti dall’articolo 1495 del Codice Civile: l’utente avrebbe dovuto denunciare il ‘vizio’ entro otto giorni dalla scoperta e agire in giudizio entro un anno. Non avendolo fatto, il suo diritto era stato dichiarato prescritto.

La questione giuridica: vizio del bene o aliud pro alio?

La questione centrale portata all’attenzione della Cassazione era proprio la corretta qualificazione giuridica della fornitura di acqua non potabile. Si tratta di:

1. Un bene viziato o privo delle qualità promesse? In questo caso, si applicano i termini brevi di prescrizione e decadenza previsti per la compravendita, a tutela della certezza dei traffici commerciali.
2. Un aliud pro alio? Questa espressione latina indica la consegna di ‘una cosa per un’altra’. Si verifica quando il bene consegnato è talmente diverso da quello pattuito da appartenere a un genere differente o da essere del tutto inidoneo a svolgere la sua funzione essenziale. In questo caso, non si parla di vizi, ma di un vero e proprio inadempimento contrattuale, per il quale si applica il termine di prescrizione ordinario di dieci anni.

La ricorrente sosteneva che ricevere acqua non potabile invece di acqua potabile rientrasse pienamente nella seconda ipotesi, trattandosi di un bene funzionalmente diverso e inutile per lo scopo principale del contratto.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente la tesi della ricorrente, cassando la sentenza d’appello. I giudici hanno chiarito che la ‘potabilità’ non è una semplice qualità accessoria dell’acqua, ma una caratteristica essenziale che ne definisce la natura stessa e la sua funzione economico-sociale.

L’acqua non potabile è una cosa del tutto diversa (aliud) da quella potabile. La sua consegna, quindi, non integra un’ipotesi di bene viziato, ma un radicale inadempimento dell’obbligazione principale del fornitore. La Corte ha ribadito un principio consolidato: si ha aliud pro alio quando il bene consegnato appartiene a un genere diverso o è privo delle caratteristiche funzionali necessarie a soddisfare i bisogni dell’acquirente.

Di conseguenza, l’azione del consumatore non è soggetta ai brevi termini di decadenza (otto giorni) e prescrizione (un anno) dell’art. 1495 c.c., bensì all’ordinario termine decennale di prescrizione previsto dall’art. 2946 c.c. per l’inadempimento contrattuale.

Le conclusioni

Questa ordinanza rafforza in modo significativo la protezione dei consumatori nei contratti di fornitura di beni essenziali. Stabilire che la consegna di acqua non potabile costituisce un inadempimento aliud pro alio significa riconoscere la gravità di tale condotta e concedere all’utente un lasso di tempo adeguato (dieci anni) per agire in giudizio e tutelare i propri diritti. La decisione impone ai fornitori di servizi idrici un rigoroso obbligo di garantire la qualità e la sicurezza del bene erogato, riconoscendo che la potabilità è un elemento non negoziabile del contratto. Il caso è stato quindi rinviato al Tribunale, che dovrà riesaminare la vicenda applicando questo fondamentale principio di diritto.

La fornitura di acqua non potabile è un vizio del bene o un inadempimento contrattuale?
Secondo la Corte di Cassazione, la fornitura di acqua non potabile in esecuzione di un contratto per acqua potabile non è un semplice vizio, ma un vero e proprio inadempimento contrattuale, qualificato come aliud pro alio (consegna di una cosa per un’altra).

Quali sono i termini di prescrizione per agire in caso di consegna di aliud pro alio?
Trattandosi di un inadempimento contrattuale e non di un vizio della cosa, non si applicano i termini brevi di decadenza e prescrizione dell’art. 1495 cod.civ. (8 giorni per la denuncia e 1 anno per l’azione), ma si applica il termine di prescrizione ordinario decennale previsto dall’art. 2946 cod.civ.

Perché la Corte di Cassazione ha ritenuto che l’acqua non potabile sia un bene diverso da quello pattuito?
La Corte ha stabilito che la ‘potabilità’ è una qualità essenziale che definisce la natura stessa del bene e la sua funzione. L’acqua non potabile è considerata un bene del tutto diverso (aliud) da quella potabile, in quanto inidonea a svolgere la sua funzione principale di bene per uso alimentare e umano.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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