Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 11924 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 11924 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 03/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 29332-2017 proposto da:
COGNOME NOME, domiciliato in INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME che lo rappresentano e difendono;
Oggetto
360 nr. 5 c.p.c.
«fatto decisivo»
Prescrizione
R.G.N. 29332/2017
COGNOME.
Rep.
Ud. 28/11/2023
CC
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE);
– intimata –
avverso la sentenza n. 712/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 08/06/2017 R.G.N. 228/2014; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/11/2023 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
RILEVATO CHE :
l’odierno ricorrente , a seguito di un preavviso di fermo, sulla base di una cartella esattoriale non impugnata avente ad oggetto premi RAGIONE_SOCIALE relativi al triennio 1990/1992, agiva per l’accertamento di illegittimità dell’atto , stante l’ intervenuta estinzione del diritto di credito dell’Istituto ;
a fondamento dell’azione, deduceva di essersi avvalso della definizione agevolata del debito fiscale e contributivo versando il 10% dell’intero ammontare, in base all’art. 9 , co. 17, della legge nr. 289 del 2002;
il Tribunale accoglieva il ricorso. Per il Giudice, l’ RAGIONE_SOCIALE non aveva diritto ad agire in via esecutiva perché era sopravvenuto un fatto estintivo del debito, successivo alla formazione del titolo;
la Corte di appello di Catania, invece, in riforma della decisione di primo grado, respingeva l’originaria domanda;
la Corte territoriale, in applicazione della ragione più liquida, richiamata la decisione della Commissione Europea del 14 agosto 2015, intervenuta nelle more del giudizio di appello, assumeva l’illegittimità de l beneficio
al quale aveva aderito la parte privata (art. 9 cit.) che, nella fattispecie concreta, configurava un Aiuto di Stato non consentito;
avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione la parte privata con tre motivi, successivamente illustrati con memoria; ha resistito, con controricorso, l’RAGIONE_SOCIALE;
il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di cui all’art. 380 bis 1, comma 2, cod.proc.civ.
CONSIDERATO CHE :
con il primo motivo, il ricorrente deduce la nullità della sentenza per violazione del principio del contraddittorio. La Corte di appello avrebbe deciso la causa in applicazione dei principi fissati dalla Commissione Europea con la decisione pubblicata nel febbraio del 2016 senza provocare, sul punto, alcun contraddittorio; in tal modo, avrebbe pregiudicato la possibilità di dimostrare la legittimità dell’agevolazione, in relazione alla posizione individuale, in linea con il cd. regolamento « de minimis» ;
il motivo, per come prospettato, è infondato;
come sinteticamente riportato nello storico di lite, il ricorrente, successivamente alla formazione del titolo (cartella esattoriale non opposta), aderiva alla definizione agevolata prevista dalla legge nr. 289 del 2002, art 9, co.17;
tuttavia, nelle more del giudizio, interveniva la decisione della Commissione Europea che giudicava illegittimo il beneficio in discussione, sia pure con alcune limitazioni;
trattandosi di ius superveniens , tanto il Giudice quanto le parti potevano -e anzi dovevano- tenerne conto;
è incontestato che il ricorrente, per come dallo stesso dedotto in ricorso (v. pag. 6, penult. cpv.), depositava note difensive il 18.10.2016, in data cioè successiva alla decisione europea;
osserva il Collegio che, in detta sede processuale, la parte avrebbe dovuto dedurre che, in relazione alla specifica posizione individuale, l’Aiuto di Stato non era illegittimo, ricorrendo le eccezioni espresse dalla decisione sovranazionale; al contempo, il ricorrente avrebbe dovuto chiedere alla Corte di appello di dimostrare fatti che in base alla precedente disciplina non erano indispensabili, ma che lo erano diventati in applicazione della nuova regola giuridica;
ciò perché, secondo la decisione della Commissione Europea del 14 agosto 2015, le agevolazioni di cui si discute, pur realizzando aiuti di Stato ai sensi dell’art. 107, paragrafo 1, del T.F.U.E. incompatibili con il mercato interno, potevano essere tuttavia accordate a livello individuale in due ipotesi, tra loro alternative:
qualora l’aiuto individuale rientrasse nei limiti del regolamento UE « de minimis» applicabile o in altro regolamento di esenzione (art. 3 della decisione della Commissione Europea);
qualora l’aiuto beneficiasse della deroga prevista dall’art. 107, paragrafo 2, del T.F.U.E. ( v., in argomento, v. Cass. n. 20773 del 2017);
tutto quanto precede non è, invece, illustrato nel motivo qui in scrutinio e, pertanto, non può ritenersi
integrata la violazione del contraddittorio, nei termini in cui la stessa è denunciata;
con il secondo motivo -ai sensi dell’art. 360 nr. 5 -è dedotto l’omesso esame di fatto decisivo . L’omissione è riferita a lla questione di prescrizione del credito RAGIONE_SOCIALE, dopo la notifica della cartella;
il motivo si arresta ad un rilievo di inammissibilità, poiché nel paradigma normativo de ll’art. 360 nr. 5 cod.proc.civ. non è certamente inquadrabile una censura che concerne la «prescrizione» del credito;
come ripetutamente chiarito dalla Corte, l’art. 360 , comma 1, nr. 5 cod.proc.civ., riformulato dal D.L. nr. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla legge nr. 134 del 2012, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico relativo all’omesso esame di un «fatto», nozione riferita ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storiconaturalistico, non assimilabile in alcun modo alle «questioni» o «argomentazioni» (in argomento, tra le più recenti, Cass. nr. 24826 del 2023);
da respingere è, infine, il terzo motivo che concerne le spese, liquidate in applicazione del principio di soccombenza. Il mancato esercizio del potere di compensazione -di cui si duole il ricorrente- non è, infatti, censurabile in sede di legittimità (tra le tante, Cass. nr. 26366 del 2017);
sulla base di quanto precede, il ricorso va complessivamente respinto, con le spese che seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Segue, altresì, il versamento del doppio contributo, se dovuto.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 4000,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. nr. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis, dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 28