Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 20430 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 20430 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: ABETE NOME
Data pubblicazione: 23/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 25154 – 2020 R.G. proposto da:
NOME -c.f. CODICE_FISCALE -elettivamente domiciliato in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO che lo rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce al ricorso.
RICORRENTE
contro
RAGIONE_SOCIALE –RAGIONE_SOCIALE -c.f. CODICE_FISCALE – in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma, al INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME che la rappresenta e difende in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al controricorso.
CONTRORICORRENTE
avverso la sentenza n. 7874/2019 della Corte d’A ppello di Roma;
udita la relazione nella camera di consiglio del 12 aprile 2024 del AVV_NOTAIO NOME COGNOME,
RILEVATO CHE
In data 17.10.2002 la Regione Umbria, a seguito di avviso pubblico approvato con delibera della Giunta regionale n. 832 del 26.7.2000, erogava ad NOME COGNOME l’importo di euro 25.000,00 a titolo di aiuto comunitario a sostegno dello sviluppo rurale ex art. 8 del regolamento CE n. 1257/1999 (cfr. ricorso, pag. 3) .
Con determina dirigenziale n. 10715 del 21.11.2007 la Regione Umbria facendo seguito alla nota del 17.9.2004, con cui aveva rilevato che NOME COGNOME era titolare di partita i.v.a. con codice 51220 ‘RAGIONE_SOCIALE‘ , codice non figurante tra quelli di cui a ll’allegato 2 dell’ avviso pubblico, e che lo stesso NOME COGNOME non aveva acquisito una sufficiente capacità professionale agricola dichiarava la decadenza dall’aiuto comunitario e disponeva il recupero della somma di euro 25.000,00 e dei relativi interessi.
Con ordinanza in data 12.12.2008 l’RAGIONE_SOCIALE, su incarico della Regione Umbria, ingiungeva ad NOME COGNOME, ai sensi del r.d. n. 639/1910, la restituzione dell’importo di euro 25.000,00, oltre euro 2.755,12 a titolo di interessi (cfr. ricorso, pagg. 4 – 5) .
Con ricorso notificato il 30.3.2009 NOME COGNOME conveniva innanzi al Tribunale di Roma l ‘ RAGIONE_SOCIALE , così proponendo opposizione avverso l’ ordinanza ingiunzione (cfr. ricorso, pag. 4) .
4.1. Si c ostituiva l’ RAGIONE_SOCIALE (cfr. controricorso, pag. 4) . Instava per il rigetto dell’opposizione.
Assunta la prova per testimoni, con sentenza n. 7966/2015 il Tribunale di Roma rigettava l’opposizione, confermava l’ingiunzione e condannava l’opponente alle spese di lite (cfr. ricorso, pag. 6) .
NOME COGNOME proponeva appello.
Resisteva l’ RAGIONE_SOCIALE.
Con sentenza n. 7874/2019 la Corte d’Appello di Roma rigettava il gravame e condannava l’appellante alle spese del grado.
Premetteva la Corte di Roma che l’art. 4, penultimo comma , dell’avviso pubblico datato 26.7.2000 escludeva espressamente dalla fruizione dell’aiuto per cui era controversia, i soggetti che, ‘(…) all’atto della domanda e durante tutto il periodo di impegno, risultano titolari o contitolari di partita i.v.a. con codice tipo di attività prevalente non agricolo’ (cfr. sentenza d’appello, pag. 4) .
Indi evidenziava che, così come aveva rilevato il tribunale, l’appellante non aveva in alcun modo comprovato il proprio assunto, ossia di aver chiuso la partita i.v.a. con codice ‘RAGIONE_SOCIALE‘, partita i.v.a. di cui risultava in possesso all’atto dell’erogazione dell’aiuto.
Evidenziava dipoi, la corte, che il surriferito rilievo aveva valenza dirimente, a prescindere da qualsivoglia indagine in ordine all’idoneità dell’attestato di qualificazione professionale, rilasciato il 26 aprile 2004 dalla Regione Umbria ad NOME COGNOME, ‘a soddisfare l’ulteriore requisito del possesso di un’adeguata qualificaz ione professionale’ (così sentenza d’appello, pag. 4) .
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME; ne ha chiesto sulla scorta di cinque motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione anche in ordine alle spese di lite.
RAGIONE_SOCIALE ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile, siccome, peraltro, tardivamente proposto, o rigettarsi il ricorso con il favore delle spese del giudizio.
Il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Va respinta la pregiudiziale eccezione di inammissibilità del ricorso, ché -si assume – tardivamente proposto.
La sentenza in questa sede impugnata non è stata notificata, sicché opera il termine ‘lungo’ (cfr. ricorso, pag. 1; controricorso, pag. 7) .
L’iniziale ingiunzione ex r.d. n. 639/1910 risale al 12.12.2008 ed è stata notificata il 26.2.2009 (cfr. controricorso, pag. 3) .
L’opposizione è stata notificata il 30.3.2009 (cfr. controricorso, pag. 3) .
Di conseguenza, si applica, ratione temporis , il disposto dell’art. 327, 1° co., cod. proc. civ. antecedente alla modifica introdotta a far data dal 4.7.2009 dall’art. 46, 17° co., della legge n. 69 del 18.6.2009 (cfr. Cass. (ord.) 6.10.2015, n. 19969, secondo cui, i n tema di impugnazioni, la modifica dell’art. 327 cod. proc. civ., introdotta dalla legge n. 69/2009, che ha sostituito il termine di decadenza di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza all’originario termine annuale, è applicabile, ai sensi dell’art. 58, 1° co., della predetta legge, ai soli giudizi instaurati dopo la sua entrata in vigore e, quindi, dal 4 luglio 2009, restando irrilevante il momento dell’instaurazione di una successiva fase o di un successivo grado di giudizio; Cass. (ord.) 6.10.2016, n. 20102; Cass. (ord.) 1.12.2021, n. 37750) .
Pertanto, i l termine ‘lungo’ per proporre ricorso a questa Corte di legittimità avverso la sentenza n. 7874/2019 della Corte di Roma, era pari, a decorrere dalla pubblicazione della stessa sentenza, ad un anno.
12. La sentenza di seconde cure è stata depositata in data 18.12.2019.
La scadenza di un anno, perciò, era destinata a compiersi il 18.12.2020, scadenza, quest’ultima, cui vanno poi ‘sommate’ ai fini del corretto computo del termine la sospensione ‘Covid’ (9.3.2020-11.5.2020) e la sospensione ‘feriale’, pari a trentuno giorni (cfr. Cass. (ord.) 11.5.2017, n. 11758) .
Ebbene, il ricorso per cassazione è stato notificato al l’RAGIONE_SOCIALE a mezzo posta ordinaria in data giovedì 1° ottobre 2020 (cfr. controricorso, pag. 1) , allorché il termine ‘lungo’ non era decorso.
13. Con il primo motivo il ricorrente denuncia ai sens i dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del r.d. n. 639/1910 in combinato disposto con l’art. 2697 cod. civ.; la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ.
Premette che l’opponente all’ingiunzione ex r.d. n. 639/1910 assume la veste di attore unicamente in senso formale (cfr. ricorso, pag. 8) .
Indi deduce che sarebbe stato onere dell’RAGIONE_SOCIALE provare la sussistenza dei presupposti atti a giustificare la revoca dell’aiuto comunitario e tale onere probatorio non è stato da controparte per nulla assolto (cfr. ricorso, pag. 9) .
Deduce, per altro verso, che l’elenco dei codici tipo allegati all’avviso pubblico ha una valenza meramente indicativa (cfr. ricorso, pag. 10) .
Il primo motivo di ricorso è inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis , n. 1, cod. proc. civ., giacché la Corte di Roma ha statuito in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte.
Invano il ricorrente prospetta che la corte d ‘appello ha disapplicato la regola di riparto dell’onere della prova.
Invero, la corte distrettuale ha statuito alla stregua del riscontro, desunto dagli atti, per cui l’opponente non risultava aver chiuso la partita i.v.a. con codice ‘RAGIONE_SOCIALE‘, di cui e ra in possesso all’atto dell’erogazione dell’aiuto.
Ebbene, nel sistema processualcivilistico vigente opera il principio cosiddetto dell’acquisizione della prova, in forza del quale ogni emergenza istruttoria, una volta raccolta, è legittimamente utilizzabile dal giudice indipendentemente dalla sua provenienza (cfr. Cass. 29.11.2000, n. 15312; Cass. 8.5.2006, n. 10499; Cass. 21.5.1979, n. 2945) .
16. In pari tempo, attesa la perdurante titolarità -in spregio al disposto dell’art. 4 dell’avviso pubblico – della partita i.v.a . con codice ‘RAGIONE_SOCIALE‘ , la corte distrettuale ha implicitamente nondimeno univocamente assunto, in via presuntiva, che il ricorrente non svolgesse attività agricola in via prevalente, come viceversa postulato ai fini della percezione dell’aiuto dal tenore letterale e logico dell’art. 8 del regolamento C.E. n. 1257/1999 (cfr. ricorso, pagg. 13 -14, ove è riprodotto il testo dell’art. 8 cit. ) .
Ben vero, il convincimento del giudice in ordine al raggiungimento della prova di un fatto può fondarsi anche su una sola presunzione semplice, purché sia grave e precisa, in quanto il requisito della concordanza ricorre solo nel caso di
concorso tra più circostanze presuntive (cfr. Cass. 8.4.2009, n. 8484; Cass. 4.5.1999, n. 4406) .
In tal guisa invano il ricorrente adduce che l’RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto dimostrare, e non ha dimostrato, che egli ricorrente ha esercitato l’attività di ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘ in via prevalente (cfr. ricorso, pag. 10) .
In tal guisa invano il ricorrente prospetta che l’art. 4 dell’avviso pubblico ‘non pone come presupposto per l’esclusione dal beneficio l’elenco dei codici tipo’ (cfr. ricorso, pag. 10) .
In tal guisa invano il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. (a tal ultimo riguardo cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892; Cass. sez. lav. (ord.) 27.12.2016, n. 27000; Cass. (ord.) 17.1.2019, n. 1229; Cass. sez. un. 20.9.2020, n. 20867 (Rv. 659037-01)) . Trattasi invero di allegazioni e deduzioni meritali, inammissibili in questa sede.
17. Con i l secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, c od. proc. civ. l’omessa pronuncia su un elemento decisivo della controversia.
Premette che la commercializzazione dei prodotti agricoli derivanti dall’attività esercitata costituisce attività connessa a quella agricola (cfr. ricorso, pag. 11) .
Indi deduce che la Corte di Roma non ha valutato se il RAGIONE_SOCIALE all’RAGIONE_SOCIALE potesse avere natura di attività connessa all’attività agricola di coltivazione di RAGIONE_SOCIALE, di RAGIONE_SOCIALE e di ortaggi (cfr. ricorso, pag. 11) .
Deduce altresì che sin dal primo grado ha dimostrato mercé i documenti allegati e mercé i testi escussi che dall’anno 2000 ha esercitato attività
florovivaistica e che la commercializzazione riguardava i prodotti dell’attività florovivaistica (cfr. ricorso, pag. 12) .
Deduce che la corte d ‘appello non ha tenuto conto delle dichiarazioni rese dai testimoni NOME COGNOME e NOME COGNOME (cfr. ricorso, pag. 12) .
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione dell’art. 8 del regolamento C.E. n. 1257/1999 e dell’art. 5 del regolamento C.E. n. 1750/1999; la violazione degli artt. 1 e 4 dell’Avviso pubb lico della Regione Umbria misura 1.1.4.; la violazione dell’art. 2135 cod. civ.
Deduce che l’avviso pubblico attuativo delle misure comunitarie deve essere interpretato in coerenza con le norme comunitarie (cfr. ricorso, pag. 15) .
Deduce quindi che l’impugnata statuizione si pone in contrasto con la normativa comunitaria, che non impedisce l’accesso al contributo al giovane agricoltore che nell’ambito della propria attività commercializza i prodotti agricoli (cfr. ricorso, pag. 16) .
Con il quarto motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione dell’art. 2135 cod. civ.
Deduce che l’interpretazione che la Corte di Roma ha operato dell’art. 4 dell’avviso pubblico in dipendenza dell’asserito possesso di partita i.v.a. con codice ‘RAGIONE_SOCIALE‘ , si pone in contrasto con l’art. 2135 cod. civ. (cfr. ricorso, pag. 17) .
Deduce invero che a norma dell’art. 2135 cod. civ. si considera agricola per connessione la commercializzazione dei prodotti derivanti dall’attività agricola (cfr. ricorso, pag. 17) .
Deduce che nella specie la commercializzazione all’RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE costituisce attività connessa alla produzione florovivaistica e la partita i.v.a. il cui possesso gli è stato contestato, non è indice di un’attività imprenditoriale autonoma (cfr. ricorso, pag. 17) .
Il secondo motivo, il terzo motivo ed il quarto motivo di ricorso sono all’ evidenza connessi; il che ne giustifica la disamina contestuale; in ogni caso i medesimi motivi vanno del pari dichiarati inammissibili.
Va ribadito che correttamente la Corte di Roma ha attribuito valenza alla protratta titolarità del la partita i.v.a. con codice ‘RAGIONE_SOCIALE‘ , in quanto in spregio al disposto dell’art. 4 dell’avviso pubblico e dunque in quanto indice presuntivo del mancato svolgimento di attività agricola in via prevalente.
Ebbene, tale duplice esito non è inficiato dai rilievi del ricorrente.
Ossia dalla deduzione per cui l’art. 4 dell’avviso pubblico specifica che l’esclusione dagli aiuti è prevista nel caso di ‘codice di attività pur non prevalente diverso da quelli previsti per le attività connesse e complementari all’attività agricole’ (cfr. ricorso, pag. 11) .
Ossia dalla deduzione per cui le norme comunitarie -che, lo si è detto, senza dubbio postulano (art. 8 cit.) lo svolgimento in via prevalente di attività agricola – non contemplano preclusioni in relazione al possesso di partita i.v.a. ai fini della concessione di aiuti comunitari ai giovani agricoltori (cfr. ricorso, pag. 15) .
Per altro verso, le doglianze che i mezzi in disamina veicolano segnatamente la deduzione del ricorrente per cui commercializza i prodotti agricoli nell’ambito della propria attività, sicché la Corte di Roma non ha valutato
se il RAGIONE_SOCIALE all’RAGIONE_SOCIALE potesse avere natura di attività connessa all’attività agricola -afferiscono di certo al piano del ‘ giudizio di fat to’ e allo stesso piano inerisce la doglianza concernente l’omessa /erronea valutazione degli esiti istruttori.
In tal guisa, per tali aspetti, i motivi de quibus si qualificano in relazione alla previsione del n. 5 del 1° co. dell’art. 360 cod. proc. civ . (è propriamente il motivo di ricorso ex art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. che concerne l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia: cfr. Cass. sez. un. 25.11.2008, n. 28054) .
23. Su tale scorta, si evidenzia quanto segue.
Il giudizio di appello ha avuto inizio nel corso del 2015.
Il secondo dictum ha confermato in toto il primo dictum .
Si applica, perciò, ratione temporis al caso di specie la previsione di cui all’art. 348 ter , 5° co., cod. proc. civ., che esclude che possa essere impugnata con ricorso per cassazione ex art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. la sentenza di appello ‘che conferma la decisione di primo grado’ (cfr. Cass. 18.12.2014, n. 26860. Si tenga conto che nell’ipotesi di ‘doppia conforme’, prevista dall’art. 348 ter, 5° co., cod. proc. civ., il ricorrente in cassazione – per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ. – deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse: cfr. Cass. 22.12.2016, n. 26774) .
In pari tempo soccorrono i seguenti insegnamenti di questa Corte.
Ovvero l’insegnamento secondo cui c on il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito, poiché la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (cfr. Cass. (ord.) 7.12.2017, n. 29404; Cass. 10.6.2016, n. 11892; Cass. (ord.) 26.9.2018, n. 23153; Cass. (ord.) 19.7.2021, n. 20553) .
Ovvero l’insegnamento secondo cui l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato -è il caso di specie – comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. Cass. (ord.) 29.10.2018, n 27415) .
Con il quinto motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. l’omessa pronuncia su un motivo d’appello.
Deduce che la Corte di Roma non si è pronunciata in ordine al motivo d’appello con cui si era contestata la presunta mancanza di sufficiente capacità agricola (cfr. ricorso, pag. 18) .
Il quinto motivo di ricorso parimenti è inammissibile.
Va ribadito che il riscontro del ‘requisito del possesso di un’adeguata qualificazione professionale’ è rimasto, nell’impianto della impugnata sentenza, assorbito nei precedenti rilievi motivazionali.
Su tale scorta si osserva quanto segue.
Da un canto, l’omessa pronuncia non è stata oggetto di rituale denuncia. E tanto alla luce dell’insegnamento delle sezioni unite di questa Corte (cfr. Cass. sez. un. 24.7.2013, n. 17931; altresì Cass. 29.11.2016, n. 24247).
D’altro canto, il vizio d ‘ omessa pronuncia, configurabile allorché manchi completamente il provvedimento del giudice indispensabile per la soluzione del caso concreto, deve essere escluso, pur in assenza di una specifica argomentazione, in relazione ad una questione implicitamente o esplicitamente assorbita in altre statuizioni della sentenza (cfr. Cass. sez. lav. 26.1.2016, n. 1360; Cass. 25.2.2005, n. 4079) .
29. In dipendenza della declaratoria di inammissibilità del ricorso il ricorrente va condannato a rimborsare alla controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo.
30. Ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. 30.5.2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.P.R. cit., se dovuto (cfr. Cass. sez. un. 20.2.2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte così provvede:
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente, NOME COGNOME, a rimborsare alla controricorrente, RAGIONE_SOCIALE, le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 3.200,00, di cui euro 200,00
per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge;
ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. n. 115/2002 si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sez. civ. della Corte