Sentenza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 18710 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 1 Num. 18710 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/07/2024
21.7.2021 è stata rimessa alla trattazione in pubblica udienza, all’esito della quale, sentite le conclusioni del Procuratore Generale ed udite le difese, la Corte ha pronunciato l’ordinanza 5860/22 con cui ha disposto il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE ai sensi dell’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea sottoponendole le seguenti questioni:
1) “se le disposizioni contenute dal Regolamento (CEE) n. 2080/92 del Consiglio, del 30 giugno 1992, che istituisce un regime comunitario di aiuti alle misure forestali nel settore agricolo, senza tuttavia prevedere un regime decadenziale e sanzionatorio, ostino, pur tenendo conto delle disposizioni contenute nel Regolamento (CE, Euratom) n.
2988/95 del Consiglio del 18 dicembre 1995, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità , all’applicazione di una disposizione di diritto interno che nel dare attuazione alle disposizioni del Reg. 2080/92 preveda nel caso di accertata irregolarità nella concessione degli aiuti la decadenza dai medesimi e la restituzione delle somme a tale titolo ricevute”;
2) ‘se, in caso di risposta negativa al quesito sub a) le disposizione contenute dal Regolamento (CEE) n. 2080/92 del Consiglio, del 30 giugno 1992, che istituisce un regime comunitario di aiuti alle misure forestali nel settore agricolo ostino, pur tenendo conto delle disposizioni contenute nel Regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio del 18 dicembre 1995 e dei principi di equità e di proporzionalità previsti dall’8° considerando di quest’ultimo, all’applicazione di una disposizione di diritto in terno che, nel dare attuazione alle disposizioni da recate dal Reg. 2080/92, preveda nel caso di accertata irregolarità nella concessione degli aiuti la decadenza dai medesimi e la restituzione delle somme a tale titolo ricevute allorché la superficie rimboschita o migliorata sia inferiore del 20% rispetto a quelli ammessi all’aiuto e liquidati’
3) “se, in caso di risposta negativa al quesito sub a), le disposizione contenute dal Regolamento (CEE) n. 2080/92 del Consiglio, del 30 giugno 1992, che istituisce un regime comunitario di aiuti alle misure forestali nel settore agricolo ostino, pur tenendo conto delle disposizioni contenute nel Regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio del 18 dicembre 1995, all’applicazione retroattiva di una disposizione di diritto interno che nel dare attuazione alle disposizioni da recate dal Reg. 2080/92 preveda nel caso di accertata irregolarità nella concessione degli aiuti la decadenza dai medesimi e la restituzione delle somme a tale titolo ricevute;
4) “se, in caso di risposta negativa al quesito sub a) le disposizione contenute dal Regolamento (CEE) n. 2080/92 del Consiglio, del 30 giugno 1992, che istituisce un regime comunitario di aiuti alle misure forestali nel settore agricolo ostino, pur tenendo conto delle disposizioni contenute nel Regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio del 18 dicembre 1995, ad un’interpretazione di una disposizione di diritto interno che, nel dare attuazione alle disposizioni da recate dal Reg. 2080/92, preveda nel caso di accertata irregolarità nella concessione degli aiuti la decadenza dai medesimi e la restituzione delle somme a tale titolo ricevute, nel senso che il beneficiario sia tenuto a restituire l’intero ammontare delle somme a tale titolo ricevute ovvero a restituire le sole somme relative all’annualità per cui è stata accertata l’irregolarità nella concessione degli aiuti”.
1.5. Con sentenza in data 16.11.2023 pronunciata in causa C-196/22 la Corte UE ha statuito che «gli articoli 2 e 4 del regolamento (CE Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, gli articoli 2 e 4 del regolamento (CEE) n. 2080/92 del Consiglio, del 30 giugno 1992, che istituisce un regime comunitario di aiuti alle misure forestali nel settore agricolo, nonché il principio di proporzionalità, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano ad una normativa nazionale la quale preveda, per il caso in cui si constati, nel corso dell’esecuzione di un impegno pluriennale, che la superficie rimboschita è inferiore del 20% rispetto alla superficie ammessa a titolo di tale impegno, la decadenza totale dagli aiuti all’imboschimento e, pertanto, l’obbligo di procedere al rimborso integrale di tali aiuti, nonché l’esclusione totale dagli aiuti che avrebbero dovuto essere versati a titolo delle restanti annualità di impegno».
1.6. In esito a detta pronuncia la causa è stata rimessa in trattazione all’odierna udienza pubblica.
Memorie di tutte le parti.
Conclusioni scritte del Pubblico Ministero che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso denuncia la «falsa applicazione della disciplina di corresponsione dei premi per l’imboschimento dei terreni agricoli di cui al Regolamento (CEE) 2080/92 e relative norme di attuazione in specie D.M. Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste 28.12.98, n. 494, artt. 13-14-15 recante le norme di attuazione in materia di gestione pagamenti, controlli e decadenze; in relazione al Regolamento Comunitario n. 2988/95 artt. 4-5 e all’art. 12 disposizione della legge in generale». In sintesi si sostiene che l’interpretazione resa dalla Corte d’Appello delle norme di riferimento, oltre ad ignorare la disciplina generale ed i principi enunciati dal Reg CE 18 dicembre 1995, n. 2988 relativo alla tutela degli interessi finanziari della Comunità, nell’atto di confermare la legittimità del provvedimento di decadenza adottato in danno del COGNOME, nonché l’intimazione al medesimo di restituzione dell’intero ammontare dei premi riscossi, incorre nella falsa applicazione della normativa secondaria poiché adotta una nozione di decadenza che non rispecchia quella ivi prevista, sovrappone la fattispecie del “taglio anticipato” a quella della riduzione della superficie impiantata al di sotto del 20% rispetto a quella determinata in sede di collaudo, equivoca sul tenore delle disposizioni di prassi, contravviene all’art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale e non tiene conto della valenza semantica dell’avverbio “indebitamente”, figurante nell’art. 15, comma 1, d.m. 494/1998, che lascerebbe intendere che solo gli aiuti illegittimamente ricevuti andrebbero restituiti.
Il secondo motivo di ricorso denuncia «la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ancora con riferimento agli artt. 14 15 del D.M. 494/98 in relazione ai Regolamento (CE) 2080/92 e Regolamento (CEE) 2988/95». In sintesi si sostiene che l’interpretazione resa dalla Corte d’Appello delle norme di riferimento prescinde totalmente dall’avverbio “indebitamente” figurante nell’art. 15, comma 1, d.m. 494/1998, valorizzato viceversa dal primo giudice, in ragione del quale, dovendosi distinguere tra aiuti regolarmente corrisposti ed aiuti indebitamente ricevuti, la ripetibilità andrebbe circoscritta solo a questi ultimi, diversamente finendosi per sovrapporre le condizioni di decadenza, che potrebbero prodursi nel caso del taglio effettivo della piantagione, e gli effetti della decadenza, che opererebbero solo per il futuro e non travolgerebbero con efficacia retroattiva anche gli aiuti già ricevuti.
3. Ai detti motivi di ricorso consente di dare risposta nel senso della loro infondatezza la richiamata pronuncia UE che, in sintesi, muovendo da convergenti rilievi preliminari operati in riferimento tanto all’art. 4, paragrafo 1 del Reg. 2080/92 -alla stregua del quale risulta da un lato, che sebbene esso «non fissi direttamente le condizioni alle quali è subordinato il versamento dei vari aiuti all’imboschimento, esso vincola la concessione di tali aiuti all’effettivo imboschimento delle superfici interessate dall’impegno pluriennale durante tutta la durata di quest’ultimo» e, dall’altro lato, che «occorre constatare che tale regolamento non definisce le procedure di controllo né il regime di sanzioni diretti ad assicurare il rispetto delle condizioni di concessione degli aiuti. Pertanto, tali procedure di controllo e tale regime di sanzioni rimangono disciplinati dal diritto degli Stati membri» -che all’art. 1, paragrafo del Reg. 2988/95 e alla nozione di irregolarità che vi è accolta -da intendersi «come comprendente non soltanto qualsiasi violazione di una disposizione del diritto dell’Unione derivante
da un atto o da un’omissione di un operatore economico, la quale abbia o avrebbe come effetto di arrecare pregiudizio al bilancio generale dell’Unione a causa dell’imputazione a quest’ultimo di una spesa indebita, ma anche la violazione di disposizioni di diritto nazionale che siano applicabili alle operazioni sostenute da un fondo, come quelle che fissino le condizioni di ammissibilità per la concessione di un aiuto» -è pervenuta ad affermare che «una disposizione come l’articolo 14, commi 1 e 3, del decreto n. 494/98, relativa al mantenimento della copertura boschiva su almeno l’80% della superficie interessata dall’impegno pluriennale sottoscritto, costituisce una disposizione di diritto nazionale applicabile ad un’operazione sostenuta da un fondo, la cui violazione è idonea a costituire un'”irregolarità” ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento n. 2988/95 e, pertanto, a determinare il rimborso degli importi indebitamente percepiti in conformità all’articolo 4, paragrafo 1, di tale regolamento». Né questa affermazione di principio -ha osservato ancora il giudice unionale in relazione alla circostanza che la normativa nazionale preveda la decadenza totale dall’aiuto e la restituzione integrale di questo nel caso in cui la superficie rimboschita sia inferiore anche solo al 20% di quella ammessa alla contribuzione -rinviene ostacolo nel principio di proporzionalità che esige che «gli strumenti impiegati da una disposizione nazionale siano idonei a realizzare l’obiettivo perseguito e non vadano oltre quanto è necessario per raggiungerlo», posto che, dando attuazione all’articolo 2, paragrafo 4, e all’articolo 4 del regolamento n. 2988/95, come risulta dall’articolo 13, comma 1, del decreto n. 494/98 e mirando perciò a tutelare gli interessi dell’Unione e, in particolare, gli aiuti all’imboschimento, il regime nazionale di decadenza «persegue un obiettivo legittimo», «risulta idone(o) ai fini di un’efficace allocazione degli aiuti all’imboschimento e, pertanto, att(o) a perseguire in maniera effettiva gli obiettivi ricercati dal regolamento n. 2080/92»,
«permette anche di tutelare, in virtù del suo effetto dissuasivo, gli interessi finanziari dell’Unione», «non va al di là di quanto è necessario», poiché, considerata la potestà normativa accordata in materia al legislatore nazionale, deve ritenersi lecito che una riduzione anche nella misura del 20% della superficie da piantumare «sia suscettibile di arrecare un grave pregiudizio alla realizzazione degli obiettivi perseguiti dal regolamento n. 2080/92», «si caratterizza per la sua progressività, in quanto, mentre una difformità inferiore al 20% tra la superficie rimboschita accertata e quella ammessa all’aiuto conduce ad una decadenza parziale, una difformità uguale o superiore a tale soglia porta ad una decadenza totale e al rimborso integrale degli aiuti percepiti, nonché ad un’esclusione totale dagli aiuti per le restanti annualità di impegno» e riguarda, infine, «soltanto ipotesi limitate, vale a dire quelle in cui si constati che la superficie rimboschita è inferiore del 20% rispetto alla superficie ammessa all’aiuto, e che esso ammette la possibilità per un beneficiario di far valere un caso di forza maggiore». Donde perciò l’assunto conclusivo che «gli articoli 2 e 4 del regolamento (CE Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, gli articoli 2 e 4 del regolamento (CEE) n. 2080/92 del Consiglio, del 30 giugno 1992, che istituisce un regime comunitario di aiuti alle misure forestali nel settore agricolo, nonché il principio di proporzionalità, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano ad una normativa nazionale la quale preveda, per il caso in cui si constati, nel corso dell’esecuzione di un impegno pluriennale, che la superficie rimboschita è inferiore del 20% rispetto alla superficie ammessa a titolo di tale impegno, la decadenza totale dagli aiuti all’imboschimento e, pertanto, l’obbligo di procedere al rimborso integrale di tali aiuti, nonché l’esclusione totale dagli aiuti che avrebbero dovuto essere versati a titolo delle restanti annualità di impegno».
Il quadro d’assieme messo a punto dal giudice europeo sottrae, dunque, l’interpretazione accolta nella sentenza impugnata ai dubbi sollevati.
Laddove, per vero, essa ha giudicato legittimo il provvedimento decadenziale dal beneficio adottato dalla Provincia di Pavia per essere stata ridotta di oltre il 20% della superficie inizialmente ammessa al rimboschimento, mostra di leggere la disciplina di riferimento operante in ambito nazionale in piena coerenza con le finalità perseguite dal legislatore unionale che intende assicurare che le misure di sostegno a favore del settore si indirizzino effettivamente all’incremento del patrimonio boschivo comunitario nel rispetto, tuttavia, degli interessi finanziari dell’Unione, in relazione ai quali appare giustificata -ovvero proporzionata come dice la riportata sentenza della Corte UE -l’adozione di un regime sanzionatorio, che è poi compito del legislatore nazionale disciplinare nei suoi aspetti applicativi. In questa luce l’insistenza che entrambi i motivi ostendono in merito alla rilevanza esegetica dell’avverbio “indebitamente”, che porterebbe, almeno, a ritenere operante il provvedimento decadenziale solo pro futuro , si svuota, al contrario, di ogni significato intrinseco, vero, da un lato, che la concessione dell’aiuto si correla direttamente al mantenimento nel tempo della condizione di rimboschimento, sicché il frazionamento di esso risulterebbe in contrasto con la natura durevole dell’impegno contratto dal beneficiato all’atto di ricevere l’aiuto; dall’altro, che proprio in ragione di ciò l’aiuto si rivela indebitamente concesso in quanto il taglio anticipato vanifica le finalità dell’intervento concessorio volto a conferire stabilità nel tempo all’azione di rimboschimento.
Ne discende perciò l’infondatezza alla radice delle declinate doglianze che vanno per questo integralmente disattese.
5. Né, alla luce dei rilievi sviluppati nella memoria ricorrente, vi è inoltre ragione di dubitare della costituzionalità di detto assetto normativo, giacché proprio considerando la diversità di situazioni riconoscibili nella pratica -che può anche risolversi, per usare le parole di quella difesa, nella dicotomia tra deficit qualitativo e divergenza quantitativa -il legislatore nazionale si è dato cura di prevedere che solo una riduzione dell’area ammessa alla fruizione del beneficio in misura superiore al 20% ne determina la perdita ed è fonte di integrale effetto restitutorio, con ciò mostrando apertamente di non voler perseguire nella repressione degli abusi un approccio lesivo del principio di uguaglianza.
6. Il terzo motivo di ricorso denuncia «violazione art. 360 c.p.c., sub n. 3, 4 e 5 in relazione all’art. 112 c.p.c. e 2697 c.c. per avere il giudice a quo qualificato come impugnazione di atti amministrativi la domanda di accertamento negativo formulata dai ricorrenti NOME COGNOME in primo grado». In sintesi si sostiene che la Corte d’Appello, classificando l’azione proposta dal COGNOME come ricorso e sviluppando il proprio ragionamento decisorio, segnatamente nel ricusare l’eccezione di tardività di esso sollevata ex adverso , sulla base di questa premessa, avrebbe erroneamente ritenuto che il COGNOME avesse proposto l’impugnazione di un atto amministrativo, quando al contrario la domanda da lui proposta avanti al giudice di primo grado era intesa unicamente a far accertare l’infondatezza della pretesa creditoria delle amministrazioni convenute, nell’esatta percezione del che sarebbe stato onere di queste dare la dimostrazione dell’accampato diritto alla restituzione degli aiuti corrisposti.
Il motivo è inammissibile poiché esso non si allinea all’esatto tenore del decisum .
Per vero, allorché la Corte d’Appello ha inteso richiamare la disciplina che sovraintende all’impugnazione degli atti amministrativi per
escludere che il COGNOME fosse incorso nella decadenza eccepita dalla Regione, ha formulato tale osservazione in evidente accompagnamento alla condivisa affermazione, operata dal giudice di primo grado, che quella introdotta dal COGNOME era propriamente una domanda di accertamento negativo, sicché, anche a non voler sorvolare sul fatto che in questa prospettiva l’onere probatorio incombente sulle Amministrazioni convenute non è rimasto inadempiuto secondo quanto stimato dal decidente, la censura prescinde manifestamente dal riferito contesto decisionale e si sottrae perciò all’esame qui richiesto.
Il quarto motivo di ricorso denuncia «violazione art. 360 n. 4 e 5 in relazione alla violazione dell’art. 702 quater e con riguardo alla violazione dell’art. 101 cpc e 345 cpc». In sintesi si sostiene che la Corte d’Appello, nell’ammettere le produzioni documentali tardive eseguite dalla Provincia, comprovanti in particolare l’avvenuto taglio dell’impianto avvenuto nel 2011, avrebbe assunto in funzione di criterio di giudizio e canone interpretativo della normativa applicabile fonti di cognizione probatorie che, oltre a creare una suggestione sfavorevole rispetto alla persona del ricorrente, attengono a circostanze del tutto nuove delle quali non è consentita l’acquisizione in grado di appello.
Il motivo è infondato.
Osservato previamente che l’acquisizione di nuovi documenti in appello era consentita dall’art. 702quater cod. proc. civ. in allora vigente, va osservato, a confutazione della doglianza, che neppure può dubitarsi del fatto che la loro acquisizione fosse nella specie indispensabile. Dalla circostanza da essi comprovata che il COGNOME, raggiunto dalla comminatoria di decadenza, avesse proceduto anzitempo al taglio totale del bosco si perviene, infatti, alla conclusione formalizzata dal decidente secondo cui «sembra infatti
arduo, da un lato, sostenere l’erroneità della ricostruzione degli Enti circa la non corrispondenza delle superfici piantumate e della -conseguentemente intimata -decadenza totale (erroneità che, logicamente, avrebbe semmai dovuto indurre a conservare l’impianto arboreo per il tempo previsto) e, dall’altro lato, avvalersi della decadenza totale affermata dagli Enti per tentare di giustificare il successivo taglio raso del bosco, in anticipo sui tempi oggetto dell’iniziale obbligazione».
La contraddizione logica che avvolge le due proposizioni in una spirale di oggettiva inconciliabilità, dato che non si può contestare la legittimità della decadenza e nello stesso tempo assumere la decadenza a presupposto della legittimità della completa rimozione dell’impianto, priva la doglianza di sostenibilità e ne comporta di conseguenza, come decretato, l’infondatezza.
Il ricorso va conclusivamente respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Non vi è ragione di disporne la compensazione, giacché il rinvio pregiudiziale, in difetto di un acte clair, è ineludibile per il giudice di ultima istanza.
Ove dovuto sussistono i presupposti per il raddoppio a carico del ricorrente del contributo unificato ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
Respinge il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in favore di ciascuna parte resistente in euro 40200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte
del ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Cosi deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il giorno 30.05.2024.
L’estensore
Il Presidente
Dott. NOME COGNOME
Dott. Dott.
NOME COGNOMENOMECOGNOMENOMECOGNOMENOME COGNOME