Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 32017 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 32017 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14680/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE, nella persona del titolare, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME presso il cui indirizzo di posta elettronica certificata è domiciliata per legge;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BARI n. 109/2020 depositata il 22/01/2020;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/11/2024 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. Nel 2012 NOME NOME, quale titolare dell’impresa individuale RAGIONE_SOCIALE, conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Trani -Sezione Distaccata di Andria la compagnia RAGIONE_SOCIALE chiedendo la condanna di quest’ultima alla corresponsione dell’indennizzo contrattualmente previsto sulla base delle seguenti circostanze di fatto: a) NOME e NOME COGNOME, nella qualità di proprietari (ciascuno per la metà) di un immobile sito in Andria (alla contrada INDIRIZZO), avevano eseguito lavori per la realizzazione di un impianto fotovoltaico per l’importo di euro 260 mila (che era stato finanziato da Unicredit Banca di Roma); b) l’intero impianto fotovoltaico era stato assicurato dalla ditta RAGIONE_SOCIALE con la RAGIONE_SOCIALE; c) la ditta RAGIONE_SOCIALE in data 14 marzo 2012 aveva denunciato un furto (di 161 moduli fotovoltaici, di 50 connettori, di 240 morsetti e di 200 metri di cavo elettrico) presso il proprio opificio industriale da parte di ignoti; d) successivamente (e precisamente in data 23 aprile 2012) era stato asportato dall’interno della stessa azienda ulteriore materiale (62 moduli fotovoltaici, 40 connettori e 130 morsetti); e) in conseguenza dei suddetti due furti, la ditta aveva inoltrato formale richiesta di indennizzo all’assicuratrice, la quale però aveva contestato la operatività della polizza.
Si costituiva la compagnia convenuta, contestando il diritto all’indennizzo ex adverso azionato, lamentando che i pannelli erano stati collocati (non su un edificio, ma) su una tettoia metallica e non erano stati collegati alla rete elettrica, donde l’inoperatività della polizza in relazione alle previsioni contrattuali.
Il giudice di primo grado, acquisita la documentazione prodotta dalle parti ed espletata la prova testimoniale dalle stesse richieste, con sentenza n. 1925/2016, in accoglimento della domanda, condannava
la compagnia convenuta al pagamento della somma di euro 52.135, oltre interessi ed ai 3/5 delle spese processuali.
La compagnia RAGIONE_SOCIALE (nelle more subentrata alla RAGIONE_SOCIALE) impugnava la sentenza del giudice di primo grado, eccependo la violazione dell’art. 1898 c.c. In particolare, si doleva che l’assicurato non aveva ad essa comunicato l’aggravamento del rischio (conseguente alle due circostanze di fatto sopra indicate), con conseguente perdita del diritto all’indennizzo e con conseguente cessazione dell’assicurazione ai sensi dell’art. 1898 c.c. Si doleva altresì che il COGNOME non aveva installato un antifurto di localizzazione GPS, che avrebbe consentito, in caso di furto, la facile individuazione dei pannelli solari asportati.
Si costituiva l’appellato, eccependo l’inammissibilità della impugnazione ex art. 342 c.p.c., della quale, in subordine, chiedeva il rigetto nel merito.
La Corte d’appello di Bari, con sentenza n. 109/2020, respinta l’eccezione di inammissibilità, in accoglimento dell’impugnazione, rigettava la domanda di pagamento originariamente proposta dal Cassetta, condannando quest’ultimo alla restituzione delle somme già percepite in forza della sentenza di primo grado ed alla rifusione delle spese processuali relative ad entrambi i gradi.
Avverso la sentenza della corte territoriale ha proposto ricorso per cassazione il Cassetta, nella qualità suindicata.
Nessuna difesa è stata svolta da parte intimata.
Per l’adunanza dello scorso 18 settembre 2024 (al cui esito è stato disposto il rinvio all’odierna adunanza) il Procuratore Generale ha
rassegnato conclusioni scritte, chiedendo l’accoglimento del primo motivo, mentre parte ricorrente non ha depositato memorie.
Il Collegio si è riservato il deposito della motivazione entro il termine di sessanta giorni dalla decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La Corte territoriale nella sentenza impugnata – dopo aver rilevato che era incontroverso tra le parti il fatto che i pannelli erano stati montati (non su un edificio o in un luogo abitato, ma) su una tettoia metallica e non erano stati collegati alla rete – ha ritenuto che dette circostanze avevano integrato un aggravamento del rischio, che avrebbe dovuto essere comunicato alla compagnia (che, se fosse stata a conoscenza dello stato di fatto non avrebbe concluso il contratto o avrebbe richiesto il pagamento di un canone superiore).
Il Cassetta, nella qualità, articola in ricorso quattro motivi.
2.1. Con il primo parte ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 1898 c.c.
Sostiene che il fatto che integra l’aggravamento del rischio deve essere: a) successivo alla conclusione del contratto di assicurazione; b) nuovo (cioè, non previsto e non prevedibile) e c) non notorio.
Osserva che, nel caso di specie, nessun aggravamento del rischio vi era stato successivamente alla stipula del contratto di assicurazione e, d’altra parte, nessuna dichiarazione inesatta o reticente era stata da essa rilasciata al momento dell’adesione al contratto assicurativo.
Si duole che la corte territoriale non ha considerato che la polizza, da essa sottoscritta, era strettamente collegata al contratto di finanziamento erogato da Unicredit s.p.a., per cui si trattava di un
contratto per adesione stipulato da detto istituto di credito con la compagnia assicurativa per conto altrui (cioè, per i clienti della banca che, come essa ditta, richiedevano un finanziamento ‘di scopo’).
Osserva che, per previsione contrattuale, ogni onere od obbligo di comunicazione ed informazione era stato demandato espressamente dalla stessa compagnia assicuratrice RAGIONE_SOCIALE alla Banca finanziatrice; mentre l’unico onere che gravava su di essa assicurata (che lo aveva puntualmente assolto) era quello di presentare e depositare alla Banca finanziatrice la documentazione tecnica inerente l’impianto fotovoltaico (che avrebbe dovuto realizzarsi con il finanziamento richiesto).
Sottolinea che la compagnia assicuratrice, al momento della sottoscrizione della polizza, era perfettamente a conoscenza della struttura dell’impianto (e, in particolare, del suo posizionamento e della mancanza temporanea di collegamento alla rete elettrica), in quanto analiticamente descritta nella documentazione tecnica prodotta.
2.2. Con il secondo motivo parte ricorrente denuncia la nullità della sentenza per omessa e/o contraddittoria motivazione nella parte in cui ha ritenuto sussistente nel caso di specie l’aggravamento del rischio assicurato, nonostante che il reato stato delle cose e le reali condizioni di posizionamento dei pannelli solari fossero noti alla compagnia fin dalla conclusione del contratto di assicurazione.
Sottolinea che, nel caso di specie, non si è verificato alcun fatto nuovo successivamente alla conclusione del contratto, ma lo stesso rischio assicurato era noto alla compagnia assicurativa, avendo essa ditta fornito a quest’ultima, per il tramite della banca finanziatrice, come contrattualmente previsto, tutta la documentazione tecnica necessaria per la valutazione del relativo rischio ad assicurarsi.
Si duole che la corte territoriale non ha tenuto conto del principio di diritto affermato da Cass. n. 20011/2016, secondo il quale a carico della compagnia assicurativa ricorre un preciso e circostanziato onere probatorio: invero, in tesi difensiva, Unipolsai Assicurazioni nel giudizio di merito non aveva fornito prova del fatto che, se avesse conosciuto il reale stato delle cose, non avrebbe concluso il contratto o lo avrebbe concluso richiedendo un premio superiore a quello in concreto pattuito.
2.3. Con il terzo motivo la ditta ricorrente denuncia la nullità della sentenza per omesso esame di un fatto decisivo, che era stato oggetto di discussione tra le parti, là dove la corte territoriale, riformando la decisione del giudice di primo grado, ha escluso l’operatività della polizza ai sensi dell’art. 1898 c.c. sul presupposto che i pannelli fotovoltaici, per cui è processo, erano stati collocati (non su edificio, ma) su tettoia metallica, mentre tale circostanza era stata oggetto di contratto tra le parti e, dunque, di specifica volontà delle stesse.
Aggiunge che la circostanza che i pannelli fossero stati abbandonati era risultata esclusa dalla prova testimoniale e che, per previsione contrattuale, la copertura assicurativa non era affatto vincolata al collegamento dell’impianto alla rete elettrica.
Osserva peraltro che nell’anno 2011 era entrato in vigore il ‘decreto sul terzo conto energia fotovoltaico’ (che aveva sostanzialmente equiparato gli impianti convenzionali su edificio a quelli installati su pergole, serre, barriere acustiche, tettoie e pensiline) e che non era certamente ad essa imputabile il fatto che la modulistica formulata dalla Banca non fosse adeguata a tale novità legislativa.
In definitiva, secondo la ditta ricorrente, non vi era alcuna difformità tra il contenuto della polizza e le reali condizioni di posizionamento dei pannelli solari.
2.4. Con il quarto motivo la ditta ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 1175, 1370 e 1375 c.c. nonché per omesso esame di un fatto decisivo e controverso, nella parte in cui ha omesso di considerare due fondamentali principi di interpretazione del contratto (peraltro, entrambi ribaditi nelle condizioni generali di contratto alle pagine 15 e 16): il principio secondo il quale il contratto va interpretato secondo buona fede ed il principio del favor per il contraente debole.
Ribadisce che essa ditta ricorrente, quale contraente debole ed in perfetta buona fede, aveva prodotto idoneo progetto tecnico dell’impianto fotovoltaico, che avrebbe dovuto essere installato; e che la corretta applicazione dei suddetti principi avrebbe dovuto condurre al rigetto dell’atto di appello proposto dalla compagnia.
Il primo ed il secondo motivo -che, in quanto connessi, sono qui trattati congiuntamente -sono fondati.
Si impone una previa considerazione di sistema.
Come è noto, la funzione del contratto di assicurazione, cioè la sua causa, sta nel trasferimento del rischio dall’assicurato all’assicuratore, dietro versamento di un corrispettivo (c.d. premio) da parte del primo al secondo.
L’equilibrio causale del contratto può, fin dall’origine, essere alterato dalle dichiarazioni inesatte o reticenti dell’assicurato, che traggono inganno l’assicuratore sull’entità del rischio assicurato e, quindi, sul rapporto fra questo e l’ammontare del premio (si pensi al caso in cui l’assicurato, nel contratto di assicurazione sulla vita, abbia taciuto una grave malattia della quale sapeva di essere affetto). In tal caso: se l’assicurato aveva agito con dolo o con colpa grave, l’assicuratore può, entro tre mesi dalla scoperta della inesattezza della
dichiarazione o della reticenza, chiedere l’annullamento del contratto ed ha diritto a non pagare l’indennizzo se l’evento si verifica prima del decorso di detto termine (art. 1892 c.c.); se invece l’assicurato aveva agito senza dolo o colpa grave (se, ad es., nell’esempio prima formulato, ignorava lui stesso di essere affetto da una grave malattia), l’assicuratore può, entro lo stesso termine, recedere dal contratto, e, per il sinistro eventualmente verificatosi prima della scoperta, è dovuto un indennizzo inferiore a quello contrattualmente previsto ed adeguato al vero stato delle cose (art. 1893 c.c.).
Ma l’equilibrio causale del contratto di assicurazione può alterarsi anche successivamente alla conclusione del contratto, allorquando, in sua pendenza, il rischio diminuisce (ad es., l’assicurato contro il furto ha istituito un servizio di vigilanza), ovv ero, all’opposto, si aggrava (ad es., il servizio di vigilanza, in origine esistente, viene soppresso): in entrambi i casi, previsti rispettivamente dagli artt. 1897 e 1898 c.c., si determina una successiva alterazione dell’equilibrio causale fra le prestazioni (ammontare del premio dovuto ed entità del rischio coperto) e l’assicuratore ha facoltà di sciogliere, con il recesso, il contratto di assicurazione, salvo che non preferisca, nel caso di diminuzione del rischio, ridurre l’entità del premio e, nel ca so di aggravamento del rischio, aumentarla.
Orbene, nel caso di specie, per come risulta dagli atti a disposizione e legittimamente esaminabili da questa Corte, la compagnia assicuratrice non ha dedotto il mutamento delle condizioni iniziali (cioè non ha dedotto che il luogo, dove erano stati montati i pannelli fotovoltaici, da abitato e/o custodito era divenuto disabitato e/o incustodito; e neppure ha dedotto che i pannelli, inizialmente collegati alla rete elettrica, sono stati successivamente sono stati da detta rete scollegati); ma ha sostanzialmente dedotto che l’assicurato,
all’atto di stipulare il contratto, aveva rappresentato un contesto fattuale diverso da quello reale (e cioè che, per l’appunto, i pannelli fotovoltaici erano collocati in centro abitato, erano custoditi ed erano altresì collegati alla rete elettrica). Tanto è vero che la corte territoriale ha rigettato la domanda di pagamento dell’indennizzo rilevando che, <> .
Senonché, tanto affermando, la corte territoriale ha confuso il piano su cui si pone l’art. 1898 c.c. (che è quello dell’aggravamento del rischio assicurato, che interviene dopo la stipula del contratto di assicurazione) con il piano su cui si pongono gli artt. artt. 1892 e 1893 c.c. (che è quello delle dichiarazioni inesatte o reticenti, rese dall’assicurato al momento della stipula del contratto di assicurazione); e, in tale confusione, non ha tenuto conto che dette ultime norme disciplinano fattispecie diverse ed implicano conseguenze giuridiche diverse.
Tali diverse conseguenze, si ribadisce, sono: nel caso di cui all’art. 1892 c.c., la facoltà dell’assicuratore di chiedere l’annullamento del contratto nel termine indicato con insussistenza del diritto dell’assicurato all’indennizzo per il sinistro che si verifichi in tale termine; mentre, nel caso di cui all’art. 1893 c.c., la facoltà dell’assicuratore di recedere dal contratto entro lo stesso termine con sussistenza del diritto dell’assicurato ad un indennizzo ridotto per il sinistro che si verifichi in tale termine.
In tale erronea prospettiva la corte territoriale ha altresì errato là dove non ha svolto alcuna indagine sul contenuto della polizza, in relazione a quello della documentazione tecnica trasmessa dal Cassetta alla compagnia assicuratrice (prima della sottoscrizione del contratto e
per il tramite della banca finanziatrice), al fine di stabilire se questa, sin dal momento della conclusione del contratto, fosse o meno informata o consapevole che i pannelli solari erano posizionati in ambito extraurbano, collocati ed ancorati su pensiline metalliche e non collegati, sia pure in ipotesi momentaneamente, alla rete elettrica: e tanto in relazione alle conseguenze della pretesa nuova o differente situazione in ordine al consenso alla stipula della polizza.
In altri termini, è mancato l’accertamento – invece doveroso per la peculiarità della fattispecie (e, segnatamente, per l’evidente collegamento con il contratto di finanziamento e la stretta interazione tra le documentazioni a sostegno dei due diversi e collegati negozi) e indispensabile per giungere alle conclusioni tratte dalla qui impugnata sentenza – della rappresentazione del rischio al momento della stipula della polizza nei termini risultanti dalla documentazione presentata unitariamente dalla finanziata e dalla finanziatrice rimessa alla assicuratrice. E tanto sia che si possa confermare la sussunzione della fattispecie entro quella dell’aggravamento del rischio, sia che si voglia configurare la non indennizzabilità in presenza di un ‘rischio escluso’: occorrendo, in altri termini, verificare il concreto ambito delle informazioni rese dalla finanziata alla sua finanziatrice, da questa rimesse all’assicuratrice per la conclusione del contratto.
Ne consegue che, in accoglimento dei primi due motivi, la sentenza impugnata deve essere cassata.
4. I restanti motivi restano assorbiti.
Per le ragioni che precedono, la sentenza impugnata deve essere cassata: con rinvio alla Corte d’appello di Bari, in diversa composizione, perché proceda a nuovo esame dell’appello alla luce di
quanto sopra osservato. Il giudice di rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte:
accoglie il primo ed il secondo motivo del ricorso e dichiara assorbiti il terzo ed il quarto motivo; e, per l’effetto:
cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e
rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Bari, in diversa composizione, perché proceda a nuovo esame dell’impugnazione alla luce di quanto sopra osservato.
Così deciso in Roma, in data 25 novembre 2024, nella camera di