Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 213 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 213 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1858/2022 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che l a rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME COGNOME;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA n. 1508/2021 depositata il 10/06/2021; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/12/2024
dalla Consigliera NOME COGNOME:
Rilevato che:
1. Nel 2011, la società RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Ravenna, la società RAGIONE_SOCIALE, quale raccomandataria marittima della M/n ‘Uniland’, e n.q. di rappresentante processuale in Italia della RAGIONE_SOCIALE di Saint John’s, Antigua e Barbuda, al fine di sentirla condannare al risarcimento dei danni subiti per l’avaria di un carico di 5.432 tonnellate di grano e al rimborso delle spese legali e peritali sostenute da parte attrice, complessivamente stimati in Euro 59.624,88, oltre rivalutazione monetaria e interessi.
Costituitasi in giudizio, la RAGIONE_SOCIALE eccepiva, preliminarmente, il suo difetto di rappresentanza processuale della società RAGIONE_SOCIALE nonché il suo difetto di legittimazione passiva, e contestava, nel merito, la quantificazione del danno così come stimata dalla RAGIONE_SOCIALE
Il Tribunale di Ravenna, con la sentenza n. 52/2014, accoglieva la domanda, condannando la società RAGIONE_SOCIALE al pagamento di Euro 59.624,88, oltre rivalutazione, interessi e spese processuali, a titolo di risarcimento del danno.
Il Giudice di prime cure respingeva le preliminari eccezioni sollevate dalla convenuta, rilevando che la RAGIONE_SOCIALE, per conto della quale la società RAGIONE_SOCIALE si era costituita, era la compagnia armatrice, nonché vettore della nave, come risultante dalla polizza di carico e sostenuto in procedimenti analoghi dallo stesso Tribunale di Ravenna.
Nel merito, riteneva la doglianza fondata.
Proponeva appello la società RAGIONE_SOCIALE censurando la sentenza impugnata nella parte in cui il Giudice di prime cure avrebbe erroneamente ritenuto la società appellante rappresentante processuale e sostanziale della RAGIONE_SOCIALE
L’appellante sosteneva, di contro, di aver ricevuto mandato dal noleggiatore della nave (UMS, con sede in Varna), come risultante dall’esame della comunicazione di arrivo presentata alla Capitaneria di Porto di Ravenna. Su queste premesse asseriva, pertanto, che non poteva essere convenuta in giudizio come sostituta processuale di un soggetto diverso da quello che le aveva conferito mandato ex art. 3 L. n. 135 del 1977.
Censurava, ancora, la sentenza di primo grado nel merito, limitatamente al profilo della quantificazione del danno.
La Corte d’Appello di Bologna, con sentenza n. 1508/2021, rigettava l’appello e condannava la società RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese del giudizio di secondo grado.
La Corte, per quanto di interesse, dichiarava che il Tribunale aveva correttamente rigettato le eccezioni preliminari sollevate nel corso del giudizio di primo grado dalla società RAGIONE_SOCIALE
Osservava, con riferimento alla doglianza relativa al difetto di rappresentanza processuale della RAGIONE_SOCIALE, che il mandato di raccomandazione, ai sensi degli artt. 287 ss. cod. nav., può essere conferito all’agenzia raccomandataria soltanto dall’armatore o dal vettore, e che tale mandato, ai sensi dell’art. 2 L. n. 135 del 1977, non richiede alcuna forma scritta, né ad substantiam , né ad probationem .
Riteneva, altresì, corretta la statuizione del Giudice di primo grado per cui, sebbene dalla comunicazione di arrivo della nave fosse stata indicata quale ‘armatore’ la RAGIONE_SOCIALE, ciò non escludeva, come da evidenze ufficiali, che l’armatore e il proprietario della RAGIONE_SOCIALE fosse la RAGIONE_SOCIALE, e che la RAGIONE_SOCIALE
agisse soltanto in guisa di ‘ship manager’, quale soggetto preposto alla gestione della nave, che operava per conto dell’armatore.
Avverso la sentenza della Corte d’Appello di Bologna ricorre la società RAGIONE_SOCIALE sulla base di un solo motivo.
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso illustrato da memoria.
Ritenuto che:
Con l’unico motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. – omessa/insufficiente motivazione della sentenza impugnata.
Lamenta, in proposito, omesso/carente esame, da parte della Corte territoriale, di molteplici fatti rilevanti per il giudizio, quali emergenti dalle risultanze documentali ed oggetto di discussione tra le parti, e che, qualora esaminati e valutati nel loro insieme, avrebbero consentito di scongiurare il rigetto dell’appello.
La ricorrente contesta, al riguardo, che la Corte felsinea non ha posto in debita considerazione la circostanza per cui il mandato che, come rileva il giudice d’appello, non richiede alcuna forma scritta, né ad substantiam , né ad probationem , ai sensi dell’art. 2 L. n. 135 del 1977 – nel caso di specie invero esisteva, ma era stato conferito alla odierna ricorrente da un soggetto diverso dalla società RAGIONE_SOCIALE il che la ricorrente ritiene comprovato dal fatto che essa stessa, nella comunicazione di approdo, aveva dichiarato di agire in virtù di mandato conferitole dal noleggiatore della nave (UMS).
Deduce, di conseguenza, che il raccomandatario marittimo non potrebbe essere convenuto in giudizio nella qualità di sostituto processuale di un soggetto diverso da quello che gli abbia conferito mandato ex art. 3 L. 135 del 1977, asserendo – per questa via – la nullità della sentenza in ragione della mancanza di prova del conferimento, anche tacito, dell’incarico di raccomandatario da parte dell’armatore.
In uno al difetto di rappresentanza processuale nel giudizio instaurato dalla RAGIONE_SOCIALE l’odierna ricorrente lamenta, altresì, il suo difetto di legittimazione passiva, quale rappresentante processuale della RAGIONE_SOCIALE già eccepito nel corso del giudizio di primo grado e in grado di appello; eccezione che, tuttavia, sostiene non essere stata opportunamente considerata dalla Corte territoriale.
Lamenta, in proposito, che la Corte d’Appello, come pure il Giudice di primo grado, non avrebbero riconosciuto l’errore della RAGIONE_SOCIALE nel citare in giudizio la RAGIONE_SOCIALE, e quindi la società RAGIONE_SOCIALE quale sua rappresentante processuale. Sostiene, infatti, che dalla documentazione in atti risulterebbe che la RAGIONE_SOCIALE è registered owner della M/n ‘RAGIONE_SOCIALE‘, e quindi ne è il proprietario, e che ciò non equivale ad affermare che la stessa sia anche l’armatore della nave, che asserisce essere invece la RAGIONE_SOCIALE
5. Il motivo è inammissibile.
La ricorrente chiede a questa Suprema Corte di espletare una sostanziale rivalutazione fattuale dei documenti prodotti nei giudizi di merito, e come tali valutati infatti dalla Corte d’Appello, così rimettendo in discussione la qualificazione giuridica della società RAGIONE_SOCIALE quale sostituto processuale della RAGIONE_SOCIALE in uno alla sua legittimazione passiva.
Una tale denuncia non si traduce nella doglianza di error in procedendo , sicché questa Corte, neppure quale giudice del fatto processuale, non può direttamente espletare un siffatto accertamento, che in realtà entro il limite processuale non si pone, bensì costituisce un coacervo eterogeneo diretto alla ricostruzione delle vicende che hanno condotto alla causa, chiedendo al giudice di legittimità un vaglio che renderebbe questo giudizio un terzo grado di merito, incorrendo in una chiara inammissibilità; e ciò
fermo il fatto che -si osserva ad abundantiam -, se realmente la doglianza integrasse invece la fattispecie dell’art. 360 n.5 c.p.c., pure questa sarebbe inammissibile ex art. 348 ter, ult. co, c.p.c. qui ratione temporis applicabile, in quanto si sarebbe in presenza di una c.d. doppia conforme (cfr. la costante giurisprudenza di questa Suprema Corte per cui, nell’ipotesi di c.d. doppia conforme, il ricorso per cassazione proposto ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. è inammissibile, ai sensi dell’art. 348 -ter, ultimo comma, c.p.c., se non indica le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse: in tal senso, ex multis , Sez. 3, Ordinanza n. 26934 del 20/09/2023; Sez. 3, Ordinanza n. 5947 del 28/02/2023; Sez. 1, Sentenza n. 26774 del 22/12/2016; Sez. 2, Sentenza n. 5528 del 10/03/2014).
Il ricorso, in conclusione, è inammissibile. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, liquidate come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 10.000,00, oltre a Euro 200 per esborsi, e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari
a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza