Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 33635 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 33635 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/12/2024
AFFITTO DI FONDO RUSTICO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21843/2021 R.G. proposto da
COGNOME NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’Av v. NOME COGNOME con domicilio telematico all’indirizzo PEC del proprio difensore
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio telematico all’indirizzo PEC del proprio difensore
-controricorrente –
Avverso la sentenza n. 161/2021 della CORTE DI APPELLO DI ANCONA, depositata il giorno 15 febbraio 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 1° ottobre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME domandò giudizialmente l’annullamento, ai sensi degli artt. 1527 e 1439 cod. civ., del contratto di affitto avente ad oggetto un fondo rustico in Recanati, stipulato il 14 settembre 2017 con la società agricola semplice COGNOME Massimo RAGIONE_SOCIALE Giovanni, nonché la condanna di quest’ultima al risarcimento dei danni patiti .
A suffragio delle domande, addusse una condotta dolosa della società convenuta, già in precedenza affittuaria dell’immobile in virtù di contratti di durata temporanea, consistita nella « falsa prospettazione che il contratto di affitto del fondo rustico sarebbe stato stipulato per anni tre in deroga alla legge 3 maggio 1982, n. 203 e nella altrettanto deliberata omessa acquisizione della sottoscrizione del contratto da parte dei sindacati ancorché garantita » dall’affittuaria, co mportamento che aveva indotto la ricorrente a firmare il contratto predisposto dalla affittuaria senza la preventiva sottoscrizione delle associazioni sindacali, occorrente per la deroga alla durata legale del vincolo.
Rappresentò inoltre che, in conseguenza di detto contegno, aveva alienato il fondo ad altra persona ad un prezzo inferiore a quello altrimenti conseguibile senza l’invalidità del contratto .
Nell’attiva resistenza della convenuta, le domande dispiegate sono state disattese in ambedue i gradi di merito: in prime cure dal Tribunale di Macerata – Sezione specializzata agraria; in sede di appello, dalla Corte di appello di Ancona – Sezione specializzata agraria.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME per sette motivi.
Resiste, con controricorso, la società agricola semplice RAGIONE_SOCIALE
Ambedue le parti hanno depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo denuncia « violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360, primo comma, numm. 3 e 4, c.p.c., degli artt. 1339, 1419 e 1421 c.c., anche in relazione al combinato disposto degli artt. 1175 e
1375 c.c., in tema di nullità del contratto e di sostituzione automatica di clausole, con riferimento alla pattuizione contrattuale avente ad oggetto la durata dell’affitto e conseguente omessa motivazione su fatto decisivo con violazione dell’art. 112 c.p .c. ».
Ad avviso di parte ricorrente, la Corte d’appello ha « completamente omesso di esaminare due motivi di appello, aventi ad oggetto un rilievo sicuramente decisivo ai fini dell’esito del giudizio : A) ‘Nullità del contratto ex artt. 1418 e 1419, comma 1, e 1421 c.c. e 2 Cost.’ (v. appello 30.04.2020, pagg. 1119) e IV) ‘Omessa/errata motivazione sui doveri di lealtà e correttezza -violazione artt. 1175, 1337 e 1375 c.c.’ (v. appello 30.04.2020, pagg. 35-37) » .
1.1. Il motivo – la cui trattazione consiste (e si esaurisce) nella mera e pedissequa trascrizione dei motivi di appello asseritamente non scrutinati – è infondato.
Giova innanzitutto rammentare che il vizio di omessa pronuncia (qui lamentato dalla ricorrente) non sussiste allorché la decisione, pur senza specifica argomentazione sulla domanda o eccezione disattesa, adotti una motivazione che sia incompatibile con l’impostazione logico -giuridica con la tesi dalla parte prospettata, ciò implicandone l’implicito rigetto (tra le tante, Cass. 24/05/2022 n. 16673; Cass. 29/01/2021, n. 2151; Cass. 13/07/2021, n. 19880; Cass. 02/04/2020, n. 7662; Cass. 30/01/2020, n. 2153; Cass. 04/06/2019, n. 15255; Cass. 13/08/2018, n. 20718).
Nella specie, l’impugnata sentenza , dopo aver dato conto – nella parte narrativa rubricata come « svolgimento del processo » – delle doglianze esposte a suffragio dell’appello (pag. 2, rigo 20, nel periodo che inizia con le parole « in particolare »), le ha compiutamente esaminate, argomentando nel senso della loro infondatezza.
In specie: (i) quanto alla pretesa inosservanza degli artt. 1339, 1419 e 1421 c.c., ha ritenuto che la nullità della clausola limitativa della
durata addotta dall’appellante « giammai condurrebbe ad invalidare l’intero contratto, eliminandolo ex tunc dalla realtà giuridica » ma importa unicamente la sostituzione della pattuizione convenzionale con la previsione legale della durata quindicinale del vincolo (pag. 2, ultimo capoverso e, a seguire, pag. 3, primo capoverso); (ii) circa invece la asserita trasgressione dei doveri di lealtà e correttezza, ha opinato in senso inequivocabilmente contrario, affermando che « ove si rifletta sulla generale obbligatorietà delle norme di legge, che ciascun consociato è tenuto a conoscere, non può concepirsi in capo ad un contraente l’obbligo di rendere edotto l’altro circa la portata complessiva degli effetti e delle conseguenze giuridiche derivanti dalla stipula del contratto, poiché l’ignoranza di queste è per definizione ‘colpevole’ e non può assimilarsi alla buona fede tutelata dall’art.1439 c.c. » (pag. 5, ultimo capoverso).
2. Il secondo motivo lamenta « violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360, primo comma, numm. 3 e 4, c.p.c., degli artt. 1339, 1419 e 1421 c.c., anche in relazione al combinato disposto degli artt. 1175 e 1375 c.c., in tema di nullità del contratto e di sostituzione automatica di clausole, con riferimento alla pattuizione contrattuale avente ad og getto la durata dell’affitto e conseguente omessa motivazione su fatto decisivo ex art. 112 c.p.c. ».
Secondo la ricorrente « il giudice di secondo grado non ha colto che l’eccezione de qua aveva ad oggetto, invece, il contratto in sé in quanto incorporante la clausola c.d. ‘legale’, ossia quella che prevedeva la durata quindicennale dell’affitto »: durata che « costituisce evidente frutto dell’abuso del diritto e della violazione del dovere di buona fede da parte dell’affittuaria, circostanza che giustifica la declaratoria di nullità della clausola che la contempla ».
2.1. Anche questa doglianza è infondata.
Valgono, al riguardo, le considerazioni già illustrate poco sopra, sub § 1.1., circa la prospettata omessa pronuncia: e si ribadisce, più in particolare, come la Corte territoriale abbia motivatamente negato qualsivoglia contegno abusivo, sleale o contrario a buona fede ad opera dell’affittuaria ( oltre a quanto trascritto sopra, sub § 1.1., si legga, a pag. 4 della sentenza gravata: « non è ipotizzabile una fattispecie di dolo in relazione alla mancata conoscenza di disposizioni inderogabili di legge ») e ritenuto che la durata quindicinale dell’affitto fosse l’effetto dell’operare di una norma espressa , ovvero l’art. 1339 c.c..
3. Il terzo motivo deduce « violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360, primo comma, numm. 3 e 4, c.p.c., degli artt. 1362, 1363 e 1366 c.c. in tema di interpretazione del contratto e conseguente omessa motivazione su fatto decisivo con violazione dell’art. 112 c.p.c. ».
3.1. Il motivo è inammissibile.
Esso si concreta nel l’invocare da questa Corte una diversa lettura ermeneutica del contratto di affitto, volta a dimostrare l’incolpevole affidamento della parte affittante sulla durata triennale del contratto e la comune volontà dei contraenti in punto di ritenuta imprescindibilità della firma sindacale.
Orbene, per il consolidato orientamento del giudice di nomofilachia, per sottrarsi al sindacato di legittimità, quella data dal giudice al contratto da interpretare non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili interpretazioni: la valutazione del giudice di legittimità non può infatti investire il risultato interpretativo in sé, che appartiene all’àmbito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ma afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica dettati dagli artt. 1362 e seguenti del codice civile e della coerenza e logicità della motivazione addotta, con conseguente inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito
r.g. n. 21843/2021 Cons. est. NOME COGNOME
che si traduca nel rappresentare una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati ( ex plurimis , Cass. 10/02/2023, n. 4272; Cass. 14/12/2022, n. 36516; Cass. 09/04/2021, n. 9461; Cass. 20/01/2021, n. 995; Cass. 26/05/2016, n. 10891; Cass. 09/04/2015, n. 7118; Cass. 10/02/2015, n. 2465).
Nel caso, l’argomentazione di parte ricorrente si limita a sollecitare questa Corte ad un differente apprezzamento degli elementi già considerati dal giudice territoriale: si concreta, dunque, nella mera contrapposizione di una propria esegesi rispetto a quella accolta nella sentenza impugnata ed in questa motivata, in maniera per nulla implausibile, sul rilievo dell’insussistenza di un dolo dell’affittuaria, « non ipotizzabile in relazione alla mancata conoscenza di disposizioni inderogabili di legge, in quanto la falsa rappresentazione deve avere ad oggetto concreti aspetti della realtà fattuale e non i contenuti di una disciplina legale ».
Con il quarto motivo, prospettando « nullità della sentenza, ex art. 360, primo comma, num. 4, c.p.c., per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in tema di disponibilità delle prove e relativa valutazione » , l’impugnante sostiene che il giudice di secondo grado abbia « dato per assodata ( ergo dimostrata) una circostanza (l’ignoranza da parte della ricorrente dell’art. 45 della legge n. 203/82) che, invece, ha costituito solamente una sua mera supposizione, per nulla confermata dagli atti del giudizio ».
4.1. Il motivo è inammissibile.
Impropria e non pertinente rispetto al contenuto del motivo è la evocazione delle disposizioni asseritamente trasgredite.
Per monolitico indirizzo ermeneutico di questa Corte, abilita la proposizione dell’impugnazione di legittimità la violazione:
-) dell’art. 115 cod. proc. civ. qualora il giudice, in espressa o implicita contraddizione con la prescrizione della norma, abbia posto a
fondamento della decisione prove inesistenti o mai acquisite in giudizio oppure non introdotte dalle parti ma disposte di propria iniziativa fuori dai poteri istruttori officiosi riconosciutigli ( ex plurimis, cfr. Cass. 22/07/2024, n. 20428; Cass. 26/04/2022, n. 12971; Cass. 01/03/2022, n. 6774; Cass., Sez. U, 30/09/2020, n. 20867; Cass. 23/10/2018, n. 26769);
-) dell’art. 116 cod. proc. civ., invece, allorquando si deduca che il giudice di merito abbia disatteso il principio del libero apprezzamento delle prove in assenza di una deroga normativamente prevista ovvero, all’opposto, abbia valutato secondo prudente apprezzamento una prova o una risultanza probatoria soggetta a diverso regime (Cass., Sez. U, 30/09/2020, n. 20867, cui adde Cass. 31/08/2020, n. 18092; Cass. 18/03/2019, n. 7618; e già Cass. 10/06/2016, n. 11892).
Fattispecie, queste ora descritte, eccentriche rispetto alla censura articolata da parte ricorrente, la quale, in ultima analisi, richiede a questa Corte un riesame delle risultanze istruttorie finalizzato ad una ricostruzione della quaestio facti differente da quella praticata dal giudice di merito, attività del tutto estranea, per natura e per funzione, al giudizio di legittimità.
Il quinto motivo lamenta « violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360, primo comma, num. 3 c.p.c., degli artt. 1427, 1428, 1429 c.c. in tema di errore, qualificazione dello stesso e conseguenze ».
Si sostiene che la gravata sentenza abbia « attribuito immeritato rilievo alla sostituzione di diritto di clausole nulle »: nel caso, però, « non può parlarsi di vero e proprio errore di diritto (essendo lo stesso caduto non già sul portato normativo bensì sulla condotta delle controparti contrattuali) », ragion per cui « non è possibile condividere la ritenuta operatività dell’art. 1419, secondo comma, c.c. ».
5.1. La censura è inammissibile.
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Essa reitera, in maniera del tutto generica ed apodittica, la tesi di un contegno della parte affittuaria inosservante dei doveri della buona fede e correttezza, tesi disattesa dalla Corte territoriale sulla scorta delle considerazioni già esposte sub §§ 1.1. e 2.1..
Quanto poi alla paventata violazione delle norme in tema di errore, l’argomentare del ricorrente non reca alcuna critica valutazione in ordine alla motivazione addotta dalla Corte di merito sulla ravvisabilità nel caso di un errore di diritto (« poiché emerge indiscutibilmente dalla narrazione dei fatti consacrata in ricorso che la proprietaria del fondo rustico odierna appellante ha sottoscritto il contratto di affitto, cui è stata apposta la clausola limitativa della durata a tre anni, ignorando del tutto l’esistenza della disposizione di legge (art. 45 legge n. 203 del 1982) che subordina l’efficacia di simile pattuizione all’assistenza delle Organizzazioni Sindacali ») e sulla non essenzialità dello stesso (in ragione dell’automatico inserimento della regola legale in sostituzione della clausola pattizia difforme).
Ne deriva che il motivo non rispetta l’onere di specificità prescritto dall’art. 366, primo comma, num. 4, cod. proc. civ., il quale impone al ricorrente, a pena di inammissibilità, di esprimere le ragioni del dissenso rispetto alla decisione gravata, da formulare in termini tali da soddisfare i caratteri di specificità, completezza e riferibilità a quanto pronunciato propri della natura di rimedio a critica vincolata del ricorso per cassazione e da costituire una censura precisa, puntuale e pertinente della ratio decidendi dell’impugnata sentenza (Cass., Sez. U, 28/10/2020, n. 23745; Cass. 24/02/2020, n. 4905).
6. Il sesto motivo denuncia « violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360, primo comma, numm. 3 e 4, c.p.c., degli artt. 1427, 1439 e ss. c.c. e 112 c.p.c. in tema di dolo, qualificazione dello stesso e relative conseguenze; motivazione omessa o apparente su fatto decisivo con violazione dell’art. 112 c.p.c. ».
La ricorrente assume che erroneamente « il giudice di secondo grado ha concentrato la propria attenzione sulla sola fattispecie del dolo omissivo, peraltro in termini sicuramente parziali », mentre invece le argomentazioni svolte dimostravano la sussistenza di un dolo commissivo: « la condotta dei fratelli COGNOME non si era concretata solo nel mero silenzio in ordine alle situazioni di interesse della sig.ra COGNOME (ossia alle conseguenze del mancato rispetto dei requisiti di cui all’art. 45 legge n. 203 de l 1982, i.e. la sottoscrizione dell’accordo in deroga da parte delle Rappresentanze Sindacali), ma aveva dato luogo ad una vera e propria immutazione della realtà mediante false e distorte informazioni, promesse e garanzie in ordine alla acquisizione a loro esclusiva e personale cura della firma sindacale ».
Lamenta poi l’omessa pronuncia sulla « domanda di risarcimento del danno avanzata dall’appellante, la quale traeva origine non solo dalla eccepita nullità del contratto (v. appello 30.04.2020, pagg. 1819) ma anche, in via subordinata, dalla annullabilità dello stesso ».
6.1. Il motivo è in parte inammissibile, in parte infondato.
Inammissibile là dove discute della configurabilità di un dolo di tipo commissivo: quest’ultima postula, indefettibilmente, un accertamento di carattere fattuale, esito dell’esame delle emergenze istruttorie, attività tipicamente riservata al giudice di merito ed invece inibita, per natura e per funzione, al giudice di legittimità.
Infondato laddove si duole dell’omessa pronuncia sulla istanza di risarcimento danni: essa, lungi da costituire una mancanza del giudice territoriale, rappresenta logico corollario del rigetto delle domande volte alla declaratoria di nullità o di annullabilità del contratto formulate dalla originaria attrice, posto che i pregiudizi di cui si chiedeva il ristoro erano prospettati come conseguenze dell’invalidità del negozio.
7. Il settimo motivo rileva la « nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360, primo comma, num. 4, c.p.c., degli
artt. 112, 244 e 345 c.p.c. in tema di omessa ammissione della prova testimoniale con conseguente omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e violazione dell’art. 112 c.p.c. ».
7.1. Il motivo è inammissibile.
Nel l’atto di adizione di questa Corte, parte ricorrente – sebbene riproduca il contenuto dei capitoli della prova testimoniale non ammessa dal giudice di prime cure – ha omesso di puntualizzare se (ed in quali termini) abbia sollevato specifico motivo di appello censurante la reiezione delle istanze istruttorie de qua , condizione imprescindibile per attivare il dovere decisorio sul punto del giudice di secondo grado.
Tanto rende la doglianza inammissibile in questa sede.
Il ricorso è in definitiva rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
L’oggetto della controversia (concernente un affitto agrario) esclude l’applicabilità dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per cui si dà atto che non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione (Cass. 11/10/2017, n. 23912).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla refusione in favore di parte controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 4.000 per compensi professionali, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori, fiscali e previdenziali, di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione