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Affidamento in house: i requisiti secondo la Cassazione

Una società di costruzioni ha impugnato la decisione di un Ente di Governo di affidare la gestione del servizio idrico integrato a una società pubblica tramite affidamento in house. La Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria, ha riconosciuto la complessità e la novità delle questioni legali sollevate, in particolare riguardo i presupposti, l’obbligo di motivazione e i requisiti societari per questo tipo di affidamento. Pertanto, ha rinviato la trattazione del caso a una pubblica udienza delle Sezioni Unite per una decisione approfondita, senza risolvere il merito della controversia.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Civile, Diritto Commerciale, Giurisprudenza Civile

Affidamento in house: La Cassazione chiama le Sezioni Unite a fare chiarezza

L’affidamento in house rappresenta una modalità con cui la Pubblica Amministrazione può assegnare la gestione di servizi pubblici a società da essa stessa controllate, senza ricorrere a una gara. Questa procedura, sebbene legittima, è soggetta a rigidi requisiti per non violare i principi di concorrenza. Un’ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione, Sezioni Unite, ha recentemente messo in luce la complessità di tali requisiti, in particolare nel settore del servizio idrico integrato, rimettendo la decisione a una pubblica udienza per dirimere questioni di fondamentale importanza.

I Fatti del Caso: La Gestione del Servizio Idrico

La vicenda trae origine dalla riorganizzazione del servizio idrico integrato in un vasto ambito territoriale. A seguito della soppressione delle Autorità d’Ambito Territoriale Ottimale (AATO), un nuovo Ente di Governo è stato incaricato di gestire il servizio. In precedenza, la gestione era frammentata tra diversi concessionari, tra cui una società di costruzioni privata.

L’Ente di Governo ha deciso di unificare la gestione, optando per un modello di affidamento in house a un’unica società a capitale interamente pubblico. Questa scelta ha di fatto escluso gli operatori privati precedentemente attivi, tra cui la società di costruzioni che ha deciso di impugnare le delibere dell’Ente davanti al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, il quale però ha respinto il ricorso. La società ha quindi presentato ricorso in Cassazione.

Le Questioni Giuridiche e l’affidamento in house

Il ricorso della società privata si fondava su diversi motivi, che la Corte di Cassazione ha ritenuto di grande rilevanza e complessità. Le principali censure riguardavano:

* La violazione dei principi di parità di trattamento e non discriminazione, sostenendo che la scelta del modello in house non fosse stata adeguatamente confrontata con altre opzioni come la gara pubblica.
* La mancanza di una motivazione adeguata, obbligatoria per legge, che giustificasse i benefici per la collettività derivanti dalla scelta dell’affidamento diretto rispetto al ricorso al mercato.
* La struttura della società pubblica, poiché non tutti i comuni dell’ambito territoriale ne facevano parte, mettendo in dubbio il requisito del controllo analogo congiunto.
* La violazione del principio di separazione tra le funzioni di organizzazione/controllo (in capo all’Ente) e quelle di erogazione del servizio.

La Decisione della Corte di Cassazione: Un Rinvio Necessario

La Corte di Cassazione, con la presente ordinanza interlocutoria, non ha deciso nel merito la controversia. Ha invece riconosciuto che le questioni sollevate sono “particolarmente rilevanti e controverse” e che non esistono precedenti specifici consolidati nella giurisprudenza della Corte su questi punti, specialmente nel delicato settore del servizio idrico.

Di conseguenza, ha ritenuto necessario rinviare la trattazione e la decisione del ricorso a una pubblica udienza. Questa scelta procedurale è riservata ai casi di maggiore complessità e importanza, al fine di consentire un dibattito approfondito e giungere a una pronuncia che possa fungere da principio di diritto per casi futuri. Le questioni chiave che le Sezioni Unite dovranno affrontare sono state chiaramente delineate.

Le motivazioni dell’ordinanza

La motivazione principale dietro la decisione di rinvio risiede nella constatazione che le censure sollevate toccano i pilastri fondamentali della disciplina dell’affidamento in house. La Corte ha evidenziato la necessità di fare chiarezza su aspetti cruciali. In primo luogo, l’obbligo di motivazione: l’ente pubblico deve fornire una giustificazione analitica, supportata da dati economici e tecnici, del perché l’affidamento diretto sia più conveniente ed efficiente per i cittadini rispetto a una gara pubblica. In secondo luogo, i requisiti strutturali della società in house: è necessario stabilire se la partecipazione di tutti gli enti locali dell’ambito sia obbligatoria per garantire un controllo effettivo e congiunto. Infine, la Corte ha sottolineato l’importanza di definire i limiti del potere discrezionale degli enti locali in queste scelte strategiche. L’assenza di precedenti specifici e la rilevanza economica e sociale del servizio idrico hanno reso indispensabile un esame più approfondito in pubblica udienza.

Conclusioni: L’Attesa per un Principio di Diritto

La decisione della Corte di Cassazione di rimettere la questione alle Sezioni Unite in pubblica udienza sospende il giudizio ma accende i riflettori su un tema cruciale per la gestione dei servizi pubblici locali. La futura sentenza è attesa con grande interesse da operatori del settore e amministrazioni pubbliche, poiché è destinata a definire con maggiore precisione i confini e le condizioni dell’affidamento in house. Si attende una pronuncia che possa bilanciare l’autonomia organizzativa degli enti locali con la necessità di garantire concorrenza, efficienza e trasparenza nella gestione di un bene primario come l’acqua. Il principio di diritto che emergerà avrà implicazioni pratiche significative per il futuro degli appalti pubblici in Italia.

È sempre legittimo per un ente pubblico affidare un servizio direttamente a una società da esso controllata (affidamento in house)?
L’affidamento in house è una procedura prevista dalla legge, ma non è una scelta libera. L’ordinanza evidenzia che la sua legittimità è subordinata al rispetto di requisiti molto stringenti, la cui esatta portata è proprio l’oggetto delle complesse questioni che la Corte ha deciso di approfondire in una pubblica udienza.

L’ente pubblico deve motivare in modo specifico la scelta di un affidamento in house rispetto a una gara di appalto?
Sì, e questo è uno dei punti centrali della controversia. L’ordinanza sottolinea che la necessità e l’adeguatezza dell’obbligo di motivazione sono questioni “particolarmente rilevanti e controverse”. La Corte dovrà chiarire se l’ente debba dimostrare con un’analisi economica e tecnica dettagliata le ragioni di convenienza che giustificano la rinuncia al mercato.

Tutti i comuni di un determinato ambito territoriale devono partecipare al capitale della società in house per renderne legittimo l’affidamento?
Questa è un’altra delle questioni chiave che la Corte ha rimesso alla pubblica udienza. Il dubbio riguarda la possibilità di garantire il requisito del “controllo analogo congiunto” quando alcuni enti locali dell’ambito non sono soci dell’azienda affidataria. La futura sentenza dovrà stabilire se la partecipazione totalitaria sia un requisito imprescindibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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