Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 16445 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 16445 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/06/2024
sul ricorso 24313/2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in Roma, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME AVV_NOTAIO che la rappresenta e difende unitamente all’AVV_NOTAIO NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in Roma, presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE
– intimata – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di SALERNO n. 592/2020 depositata il 10/06/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5/4/2024 dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’Appello di Salerno, accogliendo con la sentenza riportata in epigrafe il gravame proposto da Banca Carime s.p.a. -di seguito divenuta RAGIONE_SOCIALE e poi Intesa RAGIONE_SOCIALE -ha riformato l’impugnata decisione di primo grado -che su istanza della RAGIONE_SOCIALE aveva pronunciato la condanna di Banca Carime a ripetere nei confronti di queste le somme indebitamente incamerate a titolo di interessi anatocistici, interessi ultralegali, commissioni di massimo scoperto et similia -sul presupposto che, non essendo stata provata dall’istante la natura di conto affidato del rapporto da essa intrattenuto con la banca («anzitutto va rilevata la mancata produzione agli atti di causa del contratto di conto corrente n. NUMERO_DOCUMENTO, unico documento dal quale è possibile evincere la presenza o meno di un fido e dunque la natura di conto affidato»), le rimesse eseguite dalla RAGIONE_SOCIALE avevano tutte natura solutoria con la conseguenza che esse nel decennio antecedente alla notifica dell’atto di citazione dovevano reputarsi prescritte.
La cassazione di detta sentenza è ora reclamata dalla soccombente con tre motivi, seguiti da memoria e resistiti dalla banca con controricorso e memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso -ricorso la cui cognizione non è preclusa dalla mancata indicazione nella rubrica di ciascun motivo
del parametro cassatorio che ne giustifica l’introduzione, trattandosi di indicazione superflua se dal tenore del motivo si renda, come qui, comprensibile il contenuto della censura ed il parametro evocato -con cui si lamenta l’erroneità dell’impugnata decisione per aver ritenuto che la natura affidata del conto dovesse essere provata per iscritto, quantunque all’epoca della sua costituzione non era prevista l’adozione di una forma vincolata, sicché il diverso intendimento fatto valere dal decidente urtava contro il divieto di retroattività della legge e contro l’evidenza dei fatti incontrovertibilmente attestanti la natura affidata del conto, è fondato e merita integrale adesione con conseguente assorbimento dei restanti motivi di ricorso.
Questa Corte, esaminando, da ultimo con la sentenza 34997/2023, la questione della configurabilità di un affidamento di fatto, in relazione a talune prassi bancarie correnti prima della l. 17 febbraio 1992, n. 154 e dell’art. 117 TUB, prescrittivi della forma scritta per i contratti bancari, si è detta nuovamente convinta, sulla scorta di un avviso già esternato con riferimento al campo della revocatoria fallimentare delle rimesse in conto corrente eseguite dal fallito da Cass. 17090/2008 -e ancor prima tra le altre da Cass. 3842/1996 e da Cass. 2915/1992 -che «nel regime previgente all’entrata in vigore della L. n. 154 del 1992, art. 3, il quale ha imposto l’obbligo della forma scritta ai contratti relativi alle operazioni e ai servizi bancari, era consentita la conclusione per facta concludentia di un contratto di apertura di credito, alla luce del comportamento rilevante della banca» ed, in coerenza con questa impostazione, ha ritenuto che la prova dell’affidamento possa ritrarsi anche a mezzo di un ragionamento critico, posto che «le presunzioni semplici sono sicuramente delle prove», per come sono disciplinate dal codice civile e che alla loro utilizzabilità non fa scudo il divieto sancito dall’art. 2725 cod. civ., a cui si riporta l’art. 2729, comma 2,
cod. civ., «evidentemente inapplicabile ai contratti di apertura di credito conclusi in epoca in cui i medesimi non dovevano stipularsi per iscritto a pena di nullità».
Poiché la Corte d’Appello con la sentenza in disamina ha del tutto escluso che, nel regime vigente al tempo della sua costituzione, la prova dell’affidamento di cui intende giovarsi l’impugnante per dimostrare la natura ripristinatoria delle rimesse da essa effettuate e così controbattere alla prescrizione eccepitane dalla banca, possa ricavarsi anche per facta concludentia , ne discende, alla luce del riportato principio di diritto, l’erroneità del pronunciamento così adottato e la necessità perciò della sua doverosa cassazione con rinvio della causa al giudice a quo per la rinnovazione del giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti, cassa l’impugnata sentenza nei limiti del motivo accolto e rinvia la causa avanti alla Corte d’Appello di Salerno che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio. Cosi deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il giorno 5.4.2024.
Il Presidente AVV_NOTAIO NOME COGNOME