Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 30426 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 30426 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso 11251-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE NAPOLI 1 CENTRO, in persona del Direttore Generale e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 886/2023 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 03/04/2023 R.G.N. 215/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/06/2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
L’originario ricorrente in primo grado, esponendo di essere medico di medicina generale e di aver svolto, oltre alle normali
Oggetto
DIRIGENTE MEDICO
DIFFERENZE RETRIBUTIVE
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 18/06/2025
CC
attività di assistenza dei pazienti, altre prestazioni aggiuntive, adiva il Tribunale per ottenere la condanna dell’RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi RAGIONE_SOCIALE) al pagamento in proprio favore della complessiva somma di €. 26.000,00, per la redazione e trasmissione di schede di fragilità e diabetologiche, oltre interessi e rivalutazione monetaria da ritardato pagamento.
Si costituiva l’RAGIONE_SOCIALE chiedendo il rigetto del ricorso, rilevando che il medico nulla poteva pretendere, poiché le schede erano state inviate, tramite sistema informatico, con gravi errori di diversa tipologia.
Il Tribunale rigettava il ricorso, ritenendo che la non corretta redazione delle schede giustificasse il mancato pagamento delle prestazioni, ai sensi dell’art. 1460 c.c..
La Corte di Appello di RAGIONE_SOCIALE accoglieva parzialmente il gravame; in particolare, riteneva che il medico avesse diritto alla retribuzione per le schede corrette, essendo prevista dalla normativa vigente una remunerazione per scheda, sebbene i compensi veni ssero poi frazionati in dodicesimi nell’anno.
Ad avviso della Corte, la chiara dizione del decreto regionale n. 87/2013, sia per quanto attiene all’invio delle schede dei pazienti diabetici che per quanto riguarda i pazienti fragili, fa riferimento alla remunerazione dell’attività legata al singolo paziente oggetto di screening i cui dati sono riportati nelle schede. In tal senso, depone l’ammontare del compenso a paziente per quanto attiene alle schede per i pazienti diabetici e al chiaro riferimento testuale alla redazione della ‘scheda’ per quanto attiene ai pazienti fragili. In altri termini, ad avviso della Corte, non è prevista una remunerazione globale che prescinde dal numero delle schede inviate o meglio che sia subordinata all’invio di tutte le schede di cui ai pazienti inclusi nell’elenco per
lo screening, ma una remunerazione per scheda, sebbene i compensi siano poi frazionati in dodicesimi nell’anno.
Proponeva ricorso per Cassazione la ASL con un motivo cui resisteva con controricorso il signor NOME COGNOME.
Entrambe le parti depositavano memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo ed unico motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 9 e 13 dell’Accordo Integrativo Regionale della Medicina Regionale approvato con Decreto n. 87 del 24.07.2013, nonché art. 1460 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c. p. c. per avere la sentenza impugnata sostenuto che il medico abbia diritto alla remunerazione per ciascuna scheda validamente inviata, sebbene i compensi siano poi frazionati in dodicesimi nell’anno e, quindi, aver ritenuto parzialmente adempiuta l’obbligazione in capo al medico, con conseguente riconoscimento del diritto ad ottenere il corrispettivo.
In particolare, l’analisi dell’accordo integrativo militerebbe nel senso che la trasmissione e il caricamento dei dati solo parziale sia inidoneo a soddisfare l’interesse del creditore. La trasmissione dei dati per essere utile allo scopo di elaborazione ed implementazione delle linee guida e dei piani di intervento individuali deve essere completa. Infatti, l’omissione della trasmissione di anche solo parte dei dati precluderebbe l’elaborazione di linee guida e piani individuali effettivamente efficaci e proporzionati sul piano sia medico che organizzativo.
In conclusione, l’RAGIONE_SOCIALE legittimamente non ha accettato la prestazione perché non ha ricevuto l’esatto adempimento: la comunicazione dei dati solo parziale sul piano quantitativo o qualitativo ha precluso la realizzazione dell’interesse creditorio consistente nella raccolta ed elaborazione dei dati statistici periodici aggiornati e completi a fini epidemiologici. Infatti,
l’utilità dello screening si realizza solo con la fornitura completa dei dati, per cui la prestazione richiesta al medico non può essere parcellizzata e retribuita per parte di essa, trattandosi di prestazione unitaria complessiva ed inscindibile in quanto la parziale e inesatta comunicazione dei dati non può costituire idoneo materiale per il trattamento dei dati.
Il motivo è inammissibile.
2.1 In primo luogo, va premesso che la contestata violazione di un accordo integrativo regionale non rientra nelle ipotesi specificamente indicate nell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. ai fini della sindacabilità dello stesso in sede di legittimità.
Pertanto, deve essere escluso, perché non sussistono presupposti normativi che lo consentano, l’esame diretto da parte di questa Corte di Accordi Integrativi Regionali in materia sanitaria. Per quanto qui interessa sono semplici accordi negoziali, sia pure di carattere collettivo ed il loro esame compete esclusivamente al Giudice del merito.
Poiché la censura si fonda, in realtà proprio sulle presunte violazioni dell’accordo integrativo regionale come, pervero, correttamente e plausibilmente interpretato dalla Corte di merito, non sussiste spazio per un esame diretto delle censure per violazione e falsa applicazione di legge.
2.2. Relativamente alla eccepita violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1460 c.c. parte ricorrente pone l’attenzione sul concreto interesse delle parti contrattuali e in particolare della amministrazione tramite una diversa lettura degli articoli 9 e 13 dell’accordo integrativo regionale, al fine di accertare l’inadempimento del medico alla luce di una diversa interpretazione dell’accordo, dal quale emerge l’interesse pubblico ad un’informativa completa finalizzata alla
predisposizione di politiche sanitarie complessive non segnatamente individuali.
Nel motivo di ricorso, inoltre, viene dedotto che l’obbligazione richiesta al medico avrebbe natura di obbligazione di risultato, nonché che ‘il presunto seppur errato adempimento non può configurare un adempimento parziale in quanto non si contesta l’esattezza quantitativa della prestazione bensì qualitativa’.
2.3 Va al riguardo premesso che qualora una questione giuridica
– implicante un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che la proponga in sede di legittimità, onde non incorrere nell’inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per consentire alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa. (Cass. n. 3473 del 11/02/2025).
Orbene, tale profilo di censura riveste caratteri di novità non rinvenibile nella sentenza impugnata.
Da una lettura logica della sentenza emerge una valutazione circa la scarsa importanza dell’inadempimento contestato e le predette circostanze fattuali dedotte nel ricorso non risultano essere mai state prospettate in sede di merito, con conseguente mancato esame da parte della Corte distrettuale.
Pervero, il thema decidendum in primo e secondo grado era perimetrato alla eccepita irregolarità di alcuni invii delle schede da cui sarebbe derivato l’inadempimento per mancata erogazione della prestazione prescritta nell’Accordo integrativo. La Corte distrettuale non ha omesso un giudizio in ordine alle rispettive prestazioni su cui implicitamente si pronuncia, nella
misura in cui ritiene l’adempimento parziale conforme alle esigenze dell’amministrazione sulla base di una diversa lettura degli artt. 9 e 13 dell’accordo integrativo regionale.
In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese di lite secondo il principio della soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la parte ricorrente al pagamento in favore della controricorrente costituita delle spese di lite che liquida in € 3.500,00 per compensi professionali oltre € 200,00 per esborsi, nonché al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge da distrarsi in favore del difensore dichiaratosi antistatario.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione, il giorno 18 giugno 2025.
La Presidente NOME COGNOME