Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 13252 Anno 2024
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Civile Ord. Sez. L Num. 13252 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 16519-2018 proposto da:
NOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME che la rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4341/2017 RAGIONE_SOCIALE CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 01/12/2017 R.G.N. 1115/2014; udita la relazione RAGIONE_SOCIALE causa svolta nella camera di consiglio
del 22/02/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
RILEVATO
che, con sentenza del 1 dicembre 2017 , la Corte d’Appello di Roma confermava la decisione del Tribunale di Roma e
Oggetto
ALTRE IPOTESI PUBBLICO IMPIEGO
R.G.N. 16519/2018
COGNOME.
Rep.
Ud. 22/02/2024
CC
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rigettava la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti del RAGIONE_SOCIALE avente ad oggetto il riconoscimento del diritto dell’istante, che aveva prestato attività lavorativa presso l’RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE a Belgrado, dall’8.1.2002 sino alla data delle dimissioni il 6.6.2011 e che, assunta per lo svolgimento di mansioni esecutive era stata invece impegnata in mansioni di traduttrice-interprete, alla corresponsione RAGIONE_SOCIALE differenza tra quanto percepito ed il trattamento economico corrisposto in via gradata ad altra traduttrice-interprete in servizio presso l’RAGIONE_SOCIALE, ad altra impiegata o agli addetti a mansioni ausiliarie oltre al diritto ad una maggiorazione di famiglia pari al 10% ed al TFR non previsto dal contratto individuale in caso di dimissioni;
che la decisione RAGIONE_SOCIALE Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto non essere la domanda dell’istante supportata dalle necessarie allegazioni non essendo desumibile dalle dichiarazioni in atti in quali occasioni la stessa avesse svolto le funzioni di interprete e se tale attività fosse prevalente rispetto a quella indicata in contratto di ‘impiegata nei servizi di collaborazione consolare, informatica, visti’, restando così precluso il riconoscimento dell’adeguamento retributivo in base alle mansioni superiori, non dovuto l’adeguamento retributivo per violazione del principio di parità di trattamento ai sensi RAGIONE_SOCIALE artt. 157, comma 3, d.P.R. n. 18/1967, 45 d.lgs. n. 165/2001, 36 Cost., insussistente la discriminazione salariale fondata sulla cittadinanza, non dovuto il TFR;
che per la cassazione di tale decisione ricorre la COGNOME, affidando l’impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso, il RAGIONE_SOCIALE
CONSIDERATO
che, con il primo motivo, la ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE artt. 112 e 115 c.p.c.,
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2126 e 2697 c.c. e 111 Cost., lamenta a carico RAGIONE_SOCIALE Corte territoriale la contraddittorietà RAGIONE_SOCIALE motivazione sostenendo che, mentre confermava quanto accertato in primo grado circa lo svolgimento delle mansioni di traduttrice, dichiarava sfornita di prov a l’affermazione di aver svolto anche mansioni di ‘interprete’, nonostante la ricorrenza in atti di documentazione idonea a smentire tale conclusione;
che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE artt. 112 c.p.c., la ricorrente deduce l’omessa pronunzia e la conseguente nullità dell’impugnata sentenza con riferimento al censurato error in procedendo in cui sarebbe incorso il primo giudice nel non ammettere le richieste istruttorie circa lo svolgimento delle mansioni di interprete;
che, con il terzo motivo, rubricato con riferimento alla violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE artt. 112 e 155 c.p.c., 157, comma 3 e 168, d.P.R. n. 18/1967, 45, d.lgs. n. 165/2001 e 36 Cost. oltre ad atti e trattati internazionali, la ricorrente lamenta la non conformità a diritto RAGIONE_SOCIALE pronunzia RAGIONE_SOCIALE Corte territoriale circa l’infondatezza RAGIONE_SOCIALE pretesa all’adeguamento retributivo sulla base del principio di parità di trattamento, assumendo aver la Corte medesima, da un lato, disatteso la previsione di cui al comma 3 del d.P.R. n. 18/1967 che obbliga il RAGIONE_SOCIALE alla determinazione RAGIONE_SOCIALE retribuzione in modo uniforme per Paese e per mansioni omogenee per dare rilievo esclusivo alla previsione di cui al primo comma che onera la dipendente RAGIONE_SOCIALE prova del trattamento economico applicato nel Pese interessato da altre strutture diplomatiche in contrasto con il principio RAGIONE_SOCIALE vicinanza RAGIONE_SOCIALE prova, dall’altro, escluso la comparabilità con il trattamento economico dei dipendenti dell’RAGIONE_SOCIALE indicati in ricorso che assunti in precedenza avevano beneficiato di un diverso regime poi abrogato;
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che il primo motivo si rivela inammissibile risolvendosi la censura sollevata dalla ricorrente, volta ad evidenziare l’incongruità RAGIONE_SOCIALE motivazione che assume fondata sulla carenza di allegazione e prova dello svolgimento delle mansioni di interprete considerate come scisse e distinte da quelle di traduttrice, nella sollecitazione ad una revisione nel merito RAGIONE_SOCIALE pronunzia, tra l’altro conforme a quella a riguardo resa dal primo giudice;
che, di contro, infondato risulta il secondo motivo, atteso che non ricorre la denunciata omessa pronunzia, dovendosi ritenere la mancata ammissione del mezzo istruttorio confermata dalla Corte territoriale in relazione ad una valutazione di genericità RAGIONE_SOCIALE prova circa il tempo di impiego nelle pretese mansioni superiori e, così, di irrilevanza ai fini dell’attestazione RAGIONE_SOCIALE prevalenza di queste rispetto a quelle inferiori di natura impiegatizia;
che nuovamente inammissibile deve ritenersi il terzo motivo, risultando la prima censura, relativa alla violazione del comma 3, d.P.R. n. 18/1967, laddove prevede la determinazione RAGIONE_SOCIALE retribuzione del personale d’ambasciata in modo uniforme per Paese e mansioni omogenee, non deducibile a fronte di quanto sancito dalla Corte territoriale circa la preclusione che dalla carenza di allegazione e prova dell’esercizio di mansioni superiori discende al riconoscimento dell’adeguamento retributivo sulla base di tale parametro e risolvendosi, invece, la seconda censura in una sollecitazione alla revisione del merito RAGIONE_SOCIALE pronunzia, per sostanziarsi essa nella mera confutazione del pronunciamento RAGIONE_SOCIALE Corte circa l’esser stata, in base ai prodotti contratti di la voro del personale dell’RAGIONE_SOCIALE indicato in ricorso, acquisita la prova RAGIONE_SOCIALE loro assunzione sotto la vigenza di un regime più favorevole poi abrogato; che il ricorso va, dunque, rigettato;
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che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo tenuto conto, in difetto di altre indicazioni desumibili dagli atti, del dichiarato valore RAGIONE_SOCIALE causa;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 3.500,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte RAGIONE_SOCIALE ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 22.2.2024.