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Adeguamento borse specializzandi: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha annullato una decisione che riconosceva l’adeguamento delle borse di studio a medici specializzandi per il periodo 1993-2006. La Corte ha stabilito che, nonostante una precedente sentenza favorevole, il diritto all’adeguamento borse specializzandi non è mai sorto concretamente a causa della mancata emanazione dei necessari decreti ministeriali attuativi, bloccati dalla legislazione dell’epoca. Di conseguenza, i giudici non possono determinare autonomamente l’importo, rendendo la pretesa inesigibile.

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Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Adeguamento borse specializzandi: la Cassazione decide

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha messo un punto fermo su una lunga controversia riguardante l’adeguamento borse specializzandi per i medici che hanno frequentato le scuole di specializzazione tra il 1993 e il 2006. La Suprema Corte ha stabilito che, in assenza dei decreti ministeriali attuativi previsti dalla legge, il diritto a tale adeguamento non può essere considerato sorto e, di conseguenza, non può essere quantificato dal giudice.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine dalla richiesta di un gruppo di medici di ottenere la rideterminazione della loro borsa di studio, basata sull’adeguamento triennale previsto dall’art. 6 del d.lgs. n. 257 del 1991. I medici avevano già ottenuto una sentenza passata in giudicato dalla Corte d’Appello che accertava, in linea di principio, il loro diritto a tale adeguamento. In una successiva fase del giudizio, la stessa Corte d’Appello aveva proceduto a quantificare le somme dovute, calcolandole in proporzione agli incrementi retributivi dei medici del Servizio Sanitario Nazionale.

Contro questa decisione, l’Università coinvolta ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che la richiesta dei medici fosse infondata.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’ateneo ha basato il proprio ricorso su tre motivi principali, ma quello decisivo si è rivelato il secondo. L’Università ha argomentato che la determinazione dell’adeguamento era impossibile. La legge (art. 6 del d.lgs. 257/1991) subordinava infatti tale adeguamento all’emanazione di specifici decreti ministeriali. Tuttavia, una serie di leggi successive aveva di fatto bloccato l’emanazione di tali decreti per tutto il periodo in questione. Secondo il ricorrente, in assenza di questi atti normativi, il diritto non poteva essere né determinato né liquidato.

L’Adeguamento Borse Specializzandi e la Decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Università, ribaltando la decisione della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno chiarito un punto fondamentale: il diritto all’adeguamento economico non era un diritto assoluto e pienamente formato sin dall’inizio. La sua stessa esistenza, per quanto riguarda l’ammontare (il quantum), dipendeva da una condizione precisa: l’emanazione di decreti interministeriali che ne stabilissero i criteri.

Poiché tali decreti non sono mai stati emanati a causa di un blocco normativo, il diritto è rimasto, in un certo senso, incompiuto. La precedente sentenza passata in giudicato, pur riconoscendo il diritto in astratto, non poteva superare questo ostacolo, in quanto non poteva creare dal nulla i parametri di calcolo che solo i decreti avrebbero potuto fornire.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte Suprema ha motivato la sua decisione spiegando che la fattispecie prevista dalla legge era complessa e richiedeva un’azione congiunta del potere legislativo e di quello esecutivo. L’art. 6 del d.lgs. n. 257/1991 non si limitava a riconoscere un diritto, ma ne demandava la concreta attuazione a una decretazione ministeriale, frutto di un concerto tra diversi ministeri. Questo meccanismo attribuiva alla fonte secondaria (i decreti) un ruolo costitutivo, non meramente dichiarativo.

Il legislatore, con interventi successivi, ha bloccato questo meccanismo di adeguamento. Questa, secondo la Corte, è stata una scelta discrezionale e legittima. Di conseguenza, un giudice non può sostituirsi all’amministrazione, inventando criteri di calcolo alternativi (come la proporzionalità con gli stipendi dei medici del SSN), perché ciò equivarrebbe a un’invasione nella sfera di discrezionalità del potere legislativo ed esecutivo. L’obbligazione, per nascere, deve essere conforme all’ordinamento giuridico (art. 1173 c.c.), e in questo caso la conformità mancava proprio perché la fonte normativa che doveva determinarne il contenuto non è mai venuta ad esistenza. La Corte ha inoltre escluso una violazione del diritto dell’Unione Europea, ribadendo che lo Stato italiano aveva esercitato la propria discrezionalità nel definire una “adeguata remunerazione” per gli specializzandi.

Le Conclusioni

In conclusione, la Cassazione ha cassato la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, ha rigettato le domande originarie dei medici. La pronuncia stabilisce un principio cruciale: un diritto riconosciuto da una norma di legge, la cui quantificazione è però demandata a specifici atti amministrativi, non può essere considerato esigibile se tali atti non vengono mai emanati per una scelta del legislatore. Per i medici specializzandi del periodo 1993-2006, questo significa che la pretesa all’adeguamento triennale della borsa di studio, basata su quella specifica normativa, non può trovare accoglimento. Data la complessità della questione, la Corte ha disposto la compensazione integrale delle spese processuali.

È possibile ottenere l’adeguamento della borsa di studio per i medici specializzandi per il periodo 1993-2006 in base all’art. 6 del D.Lgs. 257/1991?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il diritto a tale adeguamento non è mai sorto in modo completo perché la sua determinazione era subordinata all’emanazione di decreti ministeriali che non sono mai stati approvati a causa di un blocco legislativo. Pertanto, la pretesa non è esigibile.

Perché una precedente sentenza passata in giudicato, che riconosceva il diritto all’adeguamento, non è stata sufficiente per ottenerne il pagamento?
Perché quella sentenza si era limitata a riconoscere il diritto in linea di principio (l’an), ma non poteva superare il fatto che i presupposti per la sua quantificazione (il quantum), ovvero i decreti ministeriali, non si sono mai verificati. Un diritto la cui determinazione dipende da atti normativi mai emanati è, di fatto, inattuabile.

Lo Stato italiano ha violato le direttive europee non garantendo l’adeguamento delle borse di studio?
No. La Corte ha affermato che lo Stato italiano aveva già adempiuto ai suoi obblighi europei con l’art. 6 del D.Lgs. n. 257 del 1991, che prevedeva una remunerazione adeguata. La normativa europea non definisce una soglia specifica, lasciando agli Stati membri un’ampia discrezionalità, che include la facoltà di bloccare successivi adeguamenti per esigenze di spesa pubblica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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