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Adeguamento borsa di studio: no senza decreti

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di un’Università, negando l’adeguamento della borsa di studio a un gruppo di medici specializzandi. La Corte ha stabilito che, nonostante una precedente sentenza favorevole, il diritto all’adeguamento non è mai concretamente sorto a causa della mancata emanazione dei decreti ministeriali attuativi, bloccati da successive leggi. Di conseguenza, la pretesa economica è stata respinta nel merito.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Adeguamento Borsa di Studio: La Cassazione Nega il Diritto Senza Decreti Attuativi

L’adeguamento borsa di studio per i medici specializzandi, previsto da una legge del 1991, è un diritto che esiste solo sulla carta o può essere effettivamente preteso? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito una risposta netta, ribaltando le decisioni dei giudici di merito e chiarendo che, in assenza dei necessari decreti ministeriali, quel diritto non può considerarsi sorto e, di conseguenza, non può essere azionato in giudizio.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine dalla richiesta di un gruppo di medici specializzandi di ottenere la rideterminazione del trattamento economico loro spettante. In particolare, essi chiedevano l’adeguamento triennale della borsa di studio, come previsto dall’art. 6 del D.Lgs. n. 257 del 1991. Forte di una precedente sentenza passata in giudicato che aveva accertato in astratto il loro diritto (il cosiddetto ‘an’), i medici avevano ottenuto sia in primo grado che in appello una condanna dell’Università al pagamento delle differenze economiche.

La Corte d’Appello aveva confermato la decisione, ritenendo che le contestazioni dell’Università, pur essendo formalmente dirette a contestare l’importo dovuto (‘quantum debeatur’), in realtà miravano a rimettere in discussione l’esistenza stessa del diritto, questione ormai coperta da giudicato.

L’Ateneo, tuttavia, non si è arreso e ha presentato ricorso per cassazione, sostenendo due motivi principali: primo, la propria mancanza di legittimazione passiva, indicando come veri responsabili i Ministeri; secondo, e più importante, l’impossibilità di determinare l’adeguamento per la cronica assenza dei decreti ministeriali necessari a stabilirne i criteri, decreti mai emanati a causa di un blocco legislativo.

La Decisione della Cassazione e l’Adeguamento Borsa di Studio

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Università, ritenendo fondato il secondo motivo. La decisione capovolge l’esito del giudizio e stabilisce un principio fondamentale: il diritto all’adeguamento della borsa di studio non è un diritto perfetto e immediatamente esigibile, ma è condizionato all’emanazione di specifici atti amministrativi.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha sviluppato un’argomentazione complessa e articolata. Il punto centrale è che il diritto previsto dall’art. 6 del D.Lgs. 257/1991 non può sorgere a prescindere dai decreti ministeriali che sono deputati a stabilirne l’ammontare. La norma, infatti, rinvia a un decreto del Ministro della Sanità, di concerto con altri ministeri, per la rideterminazione triennale dell’importo. Questo rinvio non è una mera formalità, ma un elemento costitutivo della fattispecie.

Il problema è che questi decreti non sono mai stati emanati. La ragione, come sottolineato dalla Corte, non è casuale: una serie di leggi successive (dal 1992 al 2002) ha espressamente bloccato tali aggiornamenti. Di conseguenza, la mancata emanazione dei decreti attuativi ha impedito che il diritto all’adeguamento venisse a completa esistenza.

Secondo gli Ermellini, il giudicato precedente, che aveva riconosciuto solo l’esistenza astratta del diritto (‘an’), non può essere attuato. Cercare di determinare il ‘quantum’ in via giudiziale, magari usando criteri di proporzionalità, significherebbe sostituirsi alla discrezionalità della pubblica amministrazione, creando un intervento arbitrario. Il diritto, per sua struttura normativa, esiste solo ‘nella misura in cui i decreti ministeriali lo avessero riconosciuto’. Poiché ciò non è mai avvenuto, il diritto stesso non è mai sorto.

La Corte ha inoltre respinto le argomentazioni relative alla presunta violazione del diritto europeo, confermando che il legislatore italiano aveva agito nell’ambito della propria discrezionalità e che la normativa del 1991 costituiva già un’adeguata attuazione delle direttive comunitarie in materia.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione, cassando la sentenza impugnata e decidendo nel merito, ha rigettato le domande originarie dei medici. Il principio che emerge è chiaro: un diritto la cui esistenza e quantificazione dipendono da un provvedimento amministrativo discrezionale non può essere considerato sorto se tale provvedimento non è mai stato adottato, a maggior ragione se la sua adozione è stata impedita da norme di legge. Anche un precedente giudicato che riconosca il diritto in astratto diventa ineseguibile, poiché manca un elemento essenziale per la sua concreta realizzazione.

I medici specializzandi hanno diritto all’adeguamento triennale della borsa di studio previsto dal d.lgs. n. 257 del 1991?
No, secondo questa ordinanza della Cassazione, tale diritto non è mai sorto in modo completo perché la sua attuazione era subordinata all’emanazione di specifici decreti ministeriali. Tali decreti non sono mai stati adottati a causa di un blocco imposto da leggi successive.

Una precedente sentenza passata in giudicato che riconosce il diritto all’adeguamento è sufficiente per ottenere il pagamento?
No. La Corte ha chiarito che un giudicato che accerta solo l’esistenza astratta del diritto (‘an’) non è sufficiente a fondare una pretesa economica se mancano gli elementi costitutivi della fattispecie, come i decreti ministeriali necessari a determinarne l’importo (‘quantum’).

Il blocco legislativo degli adeguamenti delle borse di studio viola il diritto dell’Unione Europea?
No. La Cassazione ha ribadito un orientamento consolidato secondo cui il legislatore italiano ha agito nell’esercizio della propria discrezionalità nel disciplinare la remunerazione degli specializzandi. La normativa del 1991 è stata considerata un’adeguata attuazione delle direttive UE, e il successivo blocco non ha violato il diritto comunitario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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