Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 14674 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 14674 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 21710-2024 proposto da:
COGNOME NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME
-controricorrente –
nonchè contro
COGNOME NOME COGNOME
-intimata –
avverso la sentenza n. 67/2024 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO, depositata in data 29/02/2024
udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 20.1.2005 COGNOME COGNOME assumendo di essere unico proprietario di un terreno, evocava in giudizio COGNOME NOME e COGNOME NOME innanzi il Tribunale di Larino, sezione distaccata di Termoli, chiedendone la condanna a rilasciare detto bene e a corrispondere all’attore una indennità per l’occupazione sine titulo e a restituire i frutti percepiti.
Nella resistenza della parte convenuta, che proponeva domanda riconvenzionale di usucapione, il Tribunale, con sentenza n. 106/2008, rigettava tanto la domanda principale che quella riconvenzionale.
Avverso detta decisione interponevano, rispettivamente, appello principale COGNOME COGNOME e appello incidentale COGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME eccependo preliminarmente la mancata evocazione in giudizio, in prime cure, della litisconsorte necessaria COGNOME NOMECOGNOME comproprietaria del bene oggetto di causa.
Con sentenza n. 295/2012 la Corte di Appello di Campobasso accoglieva l’eccezione preliminare, dichiarava nulla la sentenza di prime cure e rimetteva le parti innanzi il Tribunale, presso il quale il giudizio veniva ritualmente riassunto.
Dopo il decesso di NOME COGNOME l’interruzione della causa e la sua riassunzione ad opera degli eredi COGNOME NOME e COGNOME NOME COGNOME, il Tribunale, con sentenza n. 114/2020, confermava il rigetto di ambedue le domande, principale ed incidentale.
Con la sentenza impugnata, n. 67/2024, la Corte di Appello di Campobasso rigettava i gravami proposti dalle rispettive parti avverso la decisione di prime cure, confermando il rigetto di ambedue le contrapposte domande, di rivendicazione e di usucapione, per difetto di prova dei relativi presupposti.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione COGNOME NOME COGNOME anche quale erede di COGNOME NOMECOGNOME affidandosi ad un unico motivo.
Resiste con controricorso COGNOME NOME.
COGNOME NOME non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.
In prossimità dell’adunanza camerale, la parte controricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo, il ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione degli artt. 113, 115, 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, c.p.c.. In particolare, si duole della erroneità della sentenza per non avere considerato che il dante causa NOME COGNOME aveva acquistato la proprietà del bene a sua volta oggetto di un acquisto a titolo originario (a seguito di procedura espropriativa) e quindi per non avere ritenuto fornita la prova della revindica.
La censura è fondata.
La Corte di Appello, richiamando la risalente decisione n. 4633/1979 di questa Corte, ha affermato che la circostanza, pacifica, che il terreno oggetto di causa sia stato espropriato da parte dell’Ente per lo Sviluppo dell’Irrigazione e della Trasformazione Fondiaria in Puglia, Lucania e Molise (cd. ERSAM) e poi assegnato a COGNOME NOME, padre di NOME COGNOME, originario attore in prime
cure, non vale ad assolvere la prova imposta dall’art. 948 c.c., non trattandosi di acquisto a titolo originario.
Al contrario di quanto ritenuto dalla Corte molisana, il precedente del 1979 di questa Corte non afferma affatto che l’acquisto a seguito di esproprio non sia a titolo originario, ma si limita ad affermare il diverso principio secondo cui qualora sia esercitata l’azione di revindica della proprietà di un immobile, il fatto che questo prima di essere trasferito al rivendicante sia stato oggetto di espropriazione da parte di un ente pubblico, non comporta alcuna attenuazione dell’onere della prova, il quale incombe con uguale rigore su colui che intende rivendicare la proprietà sia se il titolo di acquisto originario consegna all’Esercizio del potere di espropriazione per pubblica utilità, sia se abbia origine per il verificarsi di una delle ipotesi previste dal codice civile, in quanto in entrambi i casi, quando vi sia contestazione del convenuto, occorre la prova ininterrotta dei titoli derivativi fino all’acquisto originario, ovvero per il tempo necessario ai fini della usucapione (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4633 del 08/08/1979, Rv. 401167). In tal modo non si è affatto affermato che l’espropriazione per pubblica utilità non costituisca acquisto a titolo originario, ma soltanto che la sussistenza di tale ipotesi non esonera la parte rivendicante dall’onere di far risalire il suo titolo di proprietà sino ad un acquisto a titolo originario, e dunque di documentare anche l’intervenuto esproprio del cespite oggetto della domanda.
Che l’espropriazione del bene per ragioni di pubblica utilità costituisca acquisto a titolo originario, del resto, è circostanza confermata da altre, successive, pronunce di questa Corte (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 9643 del 02/05/2011, Rv. 617885; nonché Cass. Sez. 6 -2, Ordinanza n. 12586 del 18/05/2017, Rv. 644278, relativa all’acquisto, da parte dello Stato, di un bene sottoposto alla misura di
prevenzione della confisca prevista dalla legge n. 575 del 1965, intervenuta dopo l’entrata in vigore della legge n. 228 del 2012). Ne costituisce prova indiretta, del resto, la circostanza che ‘In tema di espropriazione per pubblica utilità, pronunciata l’espropriazione e trascritto il relativo procedimento, tutti i diritti vantati sugli immobili espropriati possono essere fatti valere, ai sensi dell’art. 14 della legge n. 865 del 1971, esclusivamente sull’indennità’ (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 17172 del 24/06/2008, Rv. 604068; in termini, cfr. anche Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1730 del 02/03/1999, Rv. 523744).
Le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 651/2003, hanno confermato espressamente che ‘… l’espropriazione per pubblica utilità non è assimilabile ad un a vicenda negoziale, trattandosi di un atto autoritativo con cui l’amministrazione acquista la proprietà a titolo originario … con gli effetti già visti, che comportano l’estinzione automatica di tutti i diritti gravanti sul bene espropriato, da far valere unicamente sull’indennità (pretium succedit in locum rei) e privano il proprietario anche del possesso giuridico dei suoi beni (ex art. 834, comma 1, c.c.)’ rimarcando, al riguardo, la differenza ontologica esistente tra espropriazione per pubblica utilità ed espropriazione forzata, le quali, pur essendo connotate entrambe dal carattere coattivo, non sono tra loro comparabili, proprio in quanto la prima costituisce acquisto a titolo originario, mentre la seconda integra un acquisto a titolo derivativo (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 651 del 12/01/2023, Rv. 666632 – 01 e Rv. 666632 – 02, in motivazione, pag. 17).
Nel caso di specie, non vi è dubbio sul fatto che il bene poi assegnato a COGNOME NOME, padre di COGNOME COGNOME, discenda da una procedura espropriativa, poiché l’art. 1 del D.P.R. n. 4128 del 28.12.1952, che regola la disciplina dei trasferimenti in
proprietà all’Ente per lo sviluppo dell’irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia e Lucania, prevede espressamente l’approvazione del ‘…piano particolareggiato di espropriazione compilato dall’Ente per lo sviluppo dell’irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia e Lucania – Sezione speciale per la riforma fondiaria, nei confronti di COGNOME NOME e NOME Giuseppe, relativo ai terreni ricadenti nel comune di Petacciato (provincia di Campobasso), per una superficie di ettari 275.14.74, specificamente descritti nell’elenco n. 1 allegato al presente decreto’ . L’articolo 2 a sua volta dispone che ‘ i terreni indicati nel precedente articolo sono trasferiti in proprietà all’Ente per lo sviluppo dell’irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia e Lucania – Sezione speciale per la riforma fondiaria ‘.
La Corte territoriale, dunque, ha erroneamente interpretato il remoto precedente di questa Corte del 1979, senza analizzare adeguatamente i vari titoli (tra cui l’atto di assegnazione e vendita del 21.9.1963 in favore di COGNOME NOME e il successivo atto di riscatto del 30.9.1989 in favore di COGNOME), nonchè l’evoluzione della giurisprudenza, sulla cui base può affermarsi che ogni caso in cui sia documentato un acquisto della proprietà di un bene in capo ad un ente pubblico, a seguito di espropriazione per motivi di pubblica utilità, si configura una ipotesi di acquisto a titolo originario, idoneo a soddisfare, se adeguatamente documentato – come nel caso di specie-, la prova della proprietà richiesta dall’art. 948 c.c.
La sentenza impugnata va di conseguenza cassata e la causa rinviata, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Campobasso, in differente composizione.
P.Q.M.
la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Campobasso, in differente composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda