Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 19369 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 19369 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso 25293/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende giusta procura in atti;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME giusta procura in atti;
-controricorrente – avverso la sentenza n. 582/2020 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 21/04/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
Osserva
NOME COGNOME citò in giudizio NOME COGNOME. L’esponente narrò di avere stipulato, nel 1979, due contratti
preliminari con NOME COGNOME, con i quali si era reso promissario acquirente di due garage. A fronte dell’inadempimento del promittente alienante il Tribunale aveva disposto, con sentenza del 1992, trasferimento, ai sensi dell’art. 2932 cod. civ. in favore del COGNOME e la relativa statuizione era divenuta irrevocabile, a conclusione, nel 1998, del giudizio di legittimità.
Nel corso del giudizio il COGNOME aveva diviso con un solaio il garage, così creando un mezzanino, opera per la quale aveva chiesto e ottenuto sanatoria.
Ciò posto il COGNOME, al fine di portare in esecuzione la sentenza, aveva promosso un secondo giudizio, onde vedere appurata l’originaria consistenza degli immobili a lui trasferiti ex art. 2932 cod. civ. Quest’ultima causa si era conclusa in senso favorevole all’attore, avendo il Tribunale accertato che il garage trasferito consisteva della particella 299 sub 7 e della sovrastante particella 299 sub 10. La sentenza di primo grado del 2005 aveva trovato conferma in sede d’appello del 2009.
Nel frattempo il COGNOME aveva venduto, con atto pubblico del 2003, ad NOME COGNOME un appartamento e un locale accessorio, quest’ultimo individuato in catasto al fg 13, part. 299 sub 10 (poi variato in sub 27). La compratrice era ben a conoscenza delle vicende che avevano interessato quell’immobile per avere vissuto nell’abitazione del COGNOME sin dal 2000, per essere stata consulente di costui, per essersi presentata come ‘nuora’ del medesimo e per avere effettuato pagamenti riguardanti le cause nelle quali il COGNOME era rimasto soccombente.
Tutto ciò premesso l’attore chiese al Tribunale che, in accoglimento della domanda di rivendicazione, la convenuta fosse condannata a rilasciare il mezzanino, con conseguente frazionamento della parte rivendicata.
Il Tribunale adito, sulla resistenza della convenuta, rigettò la domanda.
Questo il ragionamento del Giudice di prime cure, riportato dalla sentenza d’appello: il conflitto fra più acquirenti dallo stesso dante causa va risolto attraverso le regole dettate in tema di trascrizione e che, seppure il COGNOME aveva trascritto la domanda ex art. 2932 cod. civ. nel 1983 e poi la sentenza di trasferimento, tali trascrizioni non erano opponibili a quella della COGNOME del 2003, poiché la sentenza di trasferimento faceva riferimento alla part. 299 sub 7, mentre il bene successivamente venduto era catastato alla part. 299 sub 10; per contro, la successiva domanda, con la quale l’attore aveva chiesto accertarsi la consistenza dell’immobile a lui trasferito ai sensi dell’art. 2932 cod. civ., non era stata trascritta, con la conseguente inopponibilità della relativa sentenza del 2005.
La Corte d’appello di L’Aquila, sovvertì la statuizione di primo grado e, pertanto, con sentenza non definitiva, accolse la domanda del COGNOME, disponendo la prosecuzione del giudizio occorrendo nuovo frazionamento.
In sintesi, il Giudice d’appello, per quel che ancora qui assume rilievo, ha così ragionato:
non era contestata la consistenza dei beni promessi in vendita e poi trasferiti ‘ope iudicis’ (immobile sito in Pescara, INDIRIZZO, piano terra, censito al N.C.E.U. di Pescara alla partita 32096 foglio 13 particella 299 subalterno n. 7);
l’immobile era costituito anche dalla porzione ricavata in corso di causa dal COGNOME, il quale, mediante un solaio aveva diviso il locale originario in due parti, creando una nuova porzione, come tale accatastata alla particella 299 sub 10;
la sentenza di trasferimento ex art, 2932 cod. civ., ove trascritta, come nel caso, produceva efficacia retroattiva fino al momento della trascrizione della domanda -qui avvenuta il 16/6/1983 -, da ciò conseguiva che tutte le trascrizioni e iscrizioni successive erano inefficaci nei confronti dell’autore della trascrizione della domanda;
la COGNOME, avendo acquistato a ‘non domino’, non versava nelle condizioni dettate dall’art. 2644, onde poter opporre il difetto di trascrizione del secondo giudizio (quello con il quale l’attore aveva chiesto accertarsi la consistenza di quanto a lui trasferito dal giudice in forza del contratto preliminare).
NOME COGNOME ricorre sulla base di un solo complesso motivo.
L’intimato resiste con controricorso, illustrato da successiva memoria.
La ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2652, n. 2 e 2909 cod. civ.
Si assume l’erroneità della statuizione impugnata in quanto:
-nel regolare il conflitto con i terzi acquirenti d’un bene immobile deve aversi riguardo in via esclusiva alla nota di trascrizione, senza che debba occorrere esaminare il contenuto dell’atto;
la part. 299 sub 10 <>;
-alla data di acquisto dell’immobile da parte della ricorrente il <>;
la compravendita era stata stipulata con atto notarile e il AVV_NOTAIO deve attenersi al criterio di buona fede oggettiva, essendo tenuto a <>;
il COGNOME non era titolare di alcun diritto nell’anno 2005 e proprio nella consapevolezza di ciò aveva instaurato il nuovo giudizio;
la sentenza del 2005, che aveva accertato la consistenza dell’immobile trasferito non era opponibile all’esponente, per essere stata trascritta dopo la trascrizione dell’acquisto della medesima;
il sequestro giudiziario in favore della controparte era stato trascritto con riserva il 9/11/2000 e, <> e il reclamo avverso la riserva era stato respinto e revocata l’autorizzazione al sequestro giudiziario, di talché la precedente trascrizione era divenuta inefficace;
<> la trascrizione con riserva del sequestro aveva perso ogni effetto;
-la causa ex art. 2932 cod. civ. si era <>, essendo stata data esecuzione forzata alla sentenza passata in giudicato.
La doglianza è infondata, nonostante un’affermazione della Corte locale erronea, che, tuttavia, non refluisce sul decisum.
6.1. Come si è riportato, la sentenza d’appello afferma che la sentenza, la quale, facendo luogo del consenso mancante, trasferisce il bene promesso in vendita retroagisce fino al momento
della trascrizione della domanda. Questa Corte ha, invece, avuto modo di spiegare che tale sentenza essendo costitutiva ed avendo efficacia “ex nunc”, solo con il passaggio in giudicato produce gli effetti del contratto preliminare e trasferisce la proprietà del bene, sicché sino a tale data il promittente venditore è proprietario e possessore (Sez. 2, n. 2522, 19/03/1999, Rv. 524305 -in parte-). In questi termini, pertanto, la motivazione resa dalla Corte di L’Aquila deve essere corretta.
6.2. Il complesso censorio resta, comunque, privo di fondamento.
Si trattò di un acquisto a ‘non domino’; infatti, il venditore non era più proprietario di quella parte del bene, essendo stato l’intero immobile trasferito al COGNOME al momento del passaggio in giudicato, nel 1998, della sentenza emessa ai sensi dell’art. 2932 cod. civ.
In ipotesi di acquisto “a non domino” la presunzione di buona fede, che l’art. 1147 cod. civ. pone a vantaggio dell’acquirente nel possesso del bene, è una presunzione semplice, e come tale può essere superata in tutti i casi in cui l’acquirente sia stato posto in grado di accertare, o comunque di dubitare, che l’alienante non fosse proprietario del bene, a mezzo della verifica catastale o a mezzo della verifica dei registri nei quali è effettuata la trascrizione di determinate alienazioni o delle domande giudiziali relative al trasferimento della proprietà dello stesso bene (Sez. 2, n. 13929, 25/09/2002, Rv. 557577 -01).
La sentenza impugnata ha insindacabilmente reputato che la presunzione in parola era rimasta superata dalle inferenze evidenziate.
6.3. Correttamente, inoltre, la Corte d’appello ha affermato che la ricorrente non si trova nelle condizioni per avvalersi dell’art. 2644 cod. civ.
Nell’ipotesi di conflitto fra acquisto “a domino” ed acquisto “a non domino” del medesimo bene, non opera l’istituto della trascrizione, la quale è una forma di pubblicità legale intesa soltanto a risolvere il conflitto fra soggetti che abbiano acquistato lo stesso diritto, con distinti atti, dal medesimo proprietario, priva di efficacia sanante dei vizi di cui sia affetto l’atto negoziale, ed inidonea ad attribuirgli la validità di cui esso sia naturalmente privo. (Nella specie, la S.C. ha escluso l’opponibilità, nei confronti dell’acquirente “a domino”, sebbene in virtù di titolo non trascritto, della trascrizione di un verbale di conciliazione giudiziale avente ad oggetto il trasferimento, da parte di chi, al momento della relativa sottoscrizione, non ne era più il titolare, dei medesimi diritti dominicali alienati dal titolare effettivo) -Sez. 2, n. 23127, 14/11/2016, Rv. 641664 -01-.
6.4. Non vi è contrasto con la giurisprudenza (Cass. nn. 18829/2009, 4842/2019) la quale predica la letteralità della trascrizione.
Invero, l’intero bene, nulla escluso, risultava dalla trascrizione della sentenza emessa ex art. 2943, divenuta definitiva, come si è già detto, nel 1998, non essere in proprietà del venditore. Né appare risolutivo affermare che si trattava di una nuova derivazione catastale, stante che essa non proveniva da un atto trascritto a favore del venditore, bensì da una sua iniziativa avente mero ed esclusivo valore catastale e, pertanto, la lettura delle trascrizioni consentiva di cogliere che il soppalco era parte dell’immobile di cui l’alienante non era più proprietario, pur se separatamente catastato.
6.5. Priva di specificità, sotto il profilo dell’autosufficienza, risulta la vicenda cautelare (asserito sequestro), sommariamente evocata dalla ricorrente, in assenza di allegazioni e deduzioni che ne spieghino il rilievo in questa sede.
Il regolamento delle spese segue la soccombenza e le stesse vanno liquidate, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonché delle svolte attività, siccome in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore della controricorrente, che liquida in euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori di legge;
ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il giorno 15 maggio 2024.