Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 6622 Anno 2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11947/2020 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona del liquidatore p.t. NOME COGNOME rappresentata e difesa dagli Avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME che hanno indicato i seguenti indirizzi di posta elettronica certificata:
e
;
– ricorrente –
contro
REGIONE AUTONOMA FRIULI VENEZIA GIULIA, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dagli Avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME che hanno indicato i seguenti indirizzi di posta elettronica certificata:
e
;
– controricorrente –
e
COMUNE DI COGNOME e RAGIONE_SOCIALE
Civile Ord. Sez. 1 Num. 6622 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/03/2025
-intimati –
avverso l’ordinanza della Corte d’appello di Trieste n. 117/20, depositata il 30 gennaio 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 novembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, già proprietaria di un’area della superficie di 8.932 mq. sita in Cormons, alla località INDIRIZZO, e riportata in Catasto alle particelle 1681, 1683/1, 1683/2 e 1685/1, convenne in giudizio la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, il Comune di Cormons e l’RAGIONE_SOCIALE, proponendo opposizione avverso la stima dell’indennità dovuta per l’acquisizione dell’immobile, disposta ai sensi dell’art. 42bis del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, con decreto del 28 novembre 2016.
A sostegno della domanda, l’attrice dedusse la violazione dei principi enunciati dalla Corte EDU nella sentenza del 12 gennaio 2006, COGNOME e altri c. Italia, e dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 71 del 2015 e dei criteri previsti dall’art. 42bis del d.P.R. n. 327 del 2001, lamentando l’inadeguatezza della stima rispetto al valore di mercato dell’area, già destinata a cava di materiale litoide e poi a discarica di rifiuti.
Si costituì la Regione, ed eccepì l’avvenuta formazione del giudicato in ordine alla mancata utilizzazione dell’area per l’attività estrattiva, in virtù del rigetto di una precedente opposizione alla stima proposta dalla stessa attrice, chiedendo il rigetto della domanda.
1.1. Con ordinanza del 30 gennaio 2020, la Corte d’appello di Trieste ha rigettato la domanda.
Premesso che con decreto del 5 ottobre 1996 il Sindaco di Cormons aveva disposto l’occupazione d’urgenza per la realizzazione dei lavori di ampliamento di una discarica, la Corte ha rilevato che il predetto decreto, quelli di proroga dell’occupazione e il decreto di espropriazione, emesso il 21 luglio 1999, erano stati annullati dal Consiglio di Stato con sentenze del 30 giugno 2010, a seguito delle quali il Tribunale amministrativo regionale per il Friuli Venezia Giulia, con sentenza del 3 giugno 2014 (confermata dal Consiglio di
Stato con sentenza del 12 novembre 2015 e dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenza del 15 novembre 2018, n. 29390), aveva condannato l’Isontina Ambiente alla restituzione del fondo, previa riduzione in pristino, ed alla liquidazione dei danni, in misura pari al valore agricolo dell’area. Nel frattempo, l’attrice aveva proposto opposizione alla stima, rigettata dalla Corte d’appello con sentenza del 31 ottobre 2001 (confermata da questa Corte con sentenza del 16 dicembre 2005, n. 27800). I successivi decreti di accertamento delle prevalenti ragioni d’interesse pubblico ed acquisizione sanante erano stati anch’essi impugnati dinanzi al Tar, che li aveva annullati con sentenza dell’8 marzo 2017, riformata dal Consiglio di Stato con sentenza del 14 novembre 2018, che aveva rigettato i ricorsi.
Ciò posto, la Corte ha ritenuto infondata l’eccezione di giudicato, rilevando che il presente giudizio aveva ad oggetto l’indennità dovuta per l’acquisizione sanante, mentre la precedente opposizione alla stima aveva ad oggetto l’indennità di espropriazione e la sentenza emessa dal Consiglio di Stato il 12 novembre 2015 aveva ad oggetto il risarcimento dei danni per l’occupazione e l’espropriazione illegittima dell’area.
Precisato inoltre che l’indennità doveva essere liquidata in base al valore venale dell’area alla data di emissione del provvedimento di acquisizione, ha rilevato che quest’ultimo aveva richiamato una relazione di stima dell’11 novembre 2016, che aveva determinato il valore di mercato in Euro 51.044,00, il danno non patrimoniale in Euro 5.104,40 e l’indennità di occupazione in Euro 44.495,80, tenendo conto del valore agricolo attuale dell’area, ma delle condizioni e delle caratteristiche riportate negli stati di consistenza redatti il 3 dicembre 1996. Ha ritenuto che l’inferiorità del valore stimato rispetto al prezzo indicato nell’atto d’acquisto del 14 febbraio 1996 era giustificata dallo andamento del mercato immobiliare e dalle scelte imprenditoriali della società attrice, escludendo inoltre la possibilità di riconoscere, a titolo d’indennizzo per l’indisponibilità del suolo, la perdita delle utilità ritraibili dall’attività estrattiva e dalla gestione della discarica, giacché sul fondo non esisteva alcuna cava autorizzata, e l’attrice non era in possesso della prescritta autorizzazione regionale.
Avverso la predetta ordinanza la SIR ha proposto ricorso per cassa-
zione, articolato in tre motivi, illustrati anche con memoria. La Regione ha resistito con controricorso, anch’esso illustrato con memoria. Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo d’impugnazione, la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 42bis del d.P.R. n. 327 del 2001, dell’art. 42 Cost. e dell’art. 1 del primo Protocollo addizionale alla CEDU, censurando l’ordinanza impugnata per aver determinato il valore venale dell’area acquisita sulla base della situazione in atto all’epoca della redazione dello stato di consistenza, senza tenere conto dell’intervenuto annullamento dei decreti di occupazione ed espropriazione e dell’efficacia non retroattiva del decreto di acquisizione. Premesso che la ratio dell’art. 42bis cit. consiste nel consentire alla Pubblica Amministrazione di porre rimedio ad una situazione d’illegalità attraverso l’esercizio di una funzione amministrativa volta alla realizzazione di scopi di pubblica utilità, ancorché emersi successivamente alla consumazione dell’illecito, garantendo nel contempo la tutela del diritto di proprietà, sostiene che il riferimento alle attuali ragioni d’interesse pubblico e l’efficacia non retroattiva del provvedimento giustificano la determinazione del valore del bene sulla base della sua condizione attuale.
Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 37, 40 e 42bis del d.P.R. n. 327 del 2001, censurando l’ordinanza impugnata per aver ritenuto applicabile l’art. 40 cit., non richiamato dall’art. 42bis , il quale invece, al comma terzo, rinvia all’art. 37, commi terzo, quarto, quinto, sesto e settimo, ai fini della determinazione dell’indennizzo dovuto per il danno patrimoniale subìto dal proprietario. Sostiene che il mancato richiamo dell’art. 40 trova giustificazione nell’autonomia del procedimento di acquisizione rispetto a quello di espropriazione, e nella strumentalità del primo alla soddisfazione di un interesse pubblico attuale, collegato ad un’utilizzazione del bene già in corso, che impongono di fare riferimento alla condizione attuale del bene, anziché a quella precedente.
Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 42bis , commi terzo e quarto, del d.P.R. n. 327 del 2001,
nonché l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, censurando l’ordinanza impugnata nella parte in cui ha liquidato forfettariamente il risarcimento dovuto per l’occupazione illegittima in misura pari al 5% annuo del valore dell’area, senza tenere conto della perdita delle utilità derivanti dalla gestione della discarica. Sostiene infatti che la Corte territoriale ha trascurato la documentazione prodotta, attestante la propria qualifica di operatore professionale nella gestione del ciclo dei rifiuti ed il mancato utile della gestione, e le istanze istruttorie formulate da essa ricorrente, essendosi limitata a dare atto della mancanza dell’autorizzazione necessaria per la realizzazione della discarica, senza considerare che essa ricorrente non aveva avuto la possibilità di richiederla, avuto riguardo al breve periodo di tempo intercorso tra l’acquisto dell’area e l’approvazione del progetto di ampliamento e gestione diretta da parte dell’Amministrazione.
4. Il primo motivo è fondato.
In tema di liquidazione dell’indennità dovuta per l’acquisizione sanante, questa Corte ha infatti affermato ripetutamente che, trattandosi di un rimedio volto a ripristinare, ma solo con efficacia ex nunc , la legalità amministrativa violata, il valore venale dell’immobile dev’essere determinato in riferimento non già alla data dell’occupazione o dell’espropriazione, ma a quella di adozione del provvedimento acquisitivo (cfr. Cass., Sez. I, 26/03/2024, n. 8163; 2/07/2021, n. 18780), e quindi senza considerare il valore dell’opera realizzata dalla Pubblica Amministrazione, ma tenendo conto della classificazione urbanistica in atto al momento dell’acquisizione dell’area che costituisce oggetto del procedimento ablatorio, giacché la destinazione prevista dallo strumento urbanistico vigente connota le attuali caratteristiche giuridiche, in particolare di edificabilità, del bene stesso (cfr. Cass., Sez. I, 26/09/2024, n. 25707; 13/04/2023, n. 9871).
A sostegno di tali principi, è stata richiamata in primo luogo la ricostruzione dell’istituto compiuta dalla Corte costituzionale nella nota sentenza n. 71 del 2015, la quale ha evidenziato la natura eccezionale del procedimento ablatorio in esame, che presupponendo l’intervenuta modifica dell’immobile, già utilizzato per scopi di pubblica utilità, deve necessariamente confrontarsi con la situazione fattuale che è chiamato a risolvere, ed implica quindi un
obbligo motivazionale rafforzato in capo alla Pubblica Amministrazione procedente, la quale deve indicare non solo le circostanze che hanno condotto all’indebita utilizzazione dell’area, e se possibile la data in cui la stessa ha avuto inizio, ma anche le attuali ed eccezionali ragioni di interesse pubblico che giustificano l’emanazione dell’atto, valutate comparativamente con i contrapposti interessi privati, e deve altresì evidenziare l’assenza di ragionevoli alternative alla sua adozione (cfr. in proposito anche Cons. Stato, Sez. IV, 21 febbraio 2020, n. 1340). E’ stata altresì richiamata la giurisprudenza amministrativa, che ha posto in risalto anche l’irretroattività del provvedimento di acquisizione sanante, per desumerne che il valore venale delle aree da acquisire al patrimonio pubblico, ai fini del ristoro del pregiudizio patrimoniale per la perdita della proprietà, dev’essere calcolato alla data di adozione del provvedimento acquisitivo (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 13/09/2021, n. 6255).
In virtù di tali premesse, si è osservato innanzitutto che ai fini della quantificazione del pregiudizio patrimoniale, nel caso in cui l’occupazione riguardi un terreno edificabile, il comma terzo dell’art. 42bis rinvia ai commi terzo, quarto, quinto, sesto e settimo dell’art. 37, il secondo dei quali, nell’escludere la sussistenza delle possibilità legali di edificazione quando l’area è sottoposta ad un vincolo di inedificabilità assoluta, fa salva la disposizione dell’art. 32, comma primo: tale disposizione, nel dettare le regole generali per la determinazione dell’indennità di espropriazione, impone espressamente di tenere conto «delle caratteristiche del bene alla data dell’emanazione del decreto di esproprio, valutando l’incidenza dei vincoli di qualsiasi natura non aventi natura espropriativa e senza considerare gli effetti del vincolo preordinato all’esproprio e quelli connessi alla realizzazione dell’eventuale opera prevista, anche nel caso di espropriazione di un diritto diverso da quello di proprietà o di imposizione di una servitù», in tal modo escludendo la possibilità di avere riguardo, nella stima dell’immobile, all’aumento o alla diminuzione di valore ricollegabili alla realizzazione dell’opera pubblica.
Quanto poi all’opera realizzata sull’area occupata, si è evidenziato il tenore letterale del comma terzo dell’art. 42bis , secondo cui l’indennizzo deve essere commisurato «al valore venale del bene utilizzato per scopi di pubblica utilità», e non già a quello del bene risultante dalla predetta utilizzazione,
affermandosi quindi che «quello che rileva è il valore intrinseco del bene occupato e trasformato», in cui «non può essere inglobato anche il valore delle opere realizzate dalla Pubblica Amministrazione, il quale va dunque scomputato dal calcolo dell’indennizzo, così da evitare che quest’ultimo si traduca in un indebito arricchimento del privato ed in una altrettanto indebita duplicazione di costo per la Amministrazione, la quale, dopo avere realizzato le opere a proprie spese, dovrebbe rimborsarne il valore al proprietario del bene occupato a tal fine, senza potere beneficiare dell’indennizzo previsto dall’art. 936 cod. civ. per l’ipotesi -alternativa alla acquisizione -della restituzione del bene nello stato in cui si trova dopo la trasformazione».
Può quindi concludersi che, ai fini della determinazione dell’indennità dovuta per l’acquisizione di un’area disposta ai sensi dell’art. 42bis del d.P.R. n. 327 del 2001, il valore di mercato del terreno dev’essere determinato con riferimento non già alla data dell’occupazione o dell’espropriazione, ma a quella di emissione del provvedimento di acquisizione, tenendo conto della classificazione prevista dagli strumenti urbanistici in vigore a tale data, con esclusione del vincolo preordinato all’esproprio e di quelli connessi alla realizzazione dell’opera pubblica, e detraendo il valore intrinseco dell’opera e l’incremento o la diminuzione di valore dalla stessa arrecati all’area che costituisce oggetto del provvedimento ablatorio.
Tale principio, che il Collegio condivide ed intende ribadire anche in questa sede, non è stato correttamente applicato dall’ordinanza impugnata, la quale, nel determinare il valore venale dell’area occupata, ha recepito la stima compiuta dal c.t.u., che aveva fatto riferimento alla «situazione urbanistica dei beni alla data della dichiarazione di pubblica utilità (18 giugno 1996)», anziché a quella in atto alla data di emissione del provvedimento di acquisizione, aveva tenuto conto «delle caratteristiche e delle condizioni dei terreni riportate negli stati di consistenza redatti il 3 dicembre 1996 (vigneto e seminativo), e cioè prima della loro trasformazione, avvenuta a cura e spese della Pubblica Amministrazione», anziché di quelle attuali, ed aveva quindi affermato l’inedificabilità della area, determinandone però il valore agricolo in riferimento all’attualità. Un corretto procedimento di stima avrebbe invece richiesto che fossero individuate innanzitutto le possibilità legali di edifica-
zione dell’area emergenti dalla destinazione prevista dallo strumento urbanistico in atto alla data di emissione del provvedimento di acquisizione, escludendo l’incidenza del vincolo preordinato all’espropriazione e di eventuali altri vincoli non aventi carattere conformativo, per poi passare alla valutazione delle caratteristiche obiettive e delle condizioni del terreno alla medesima data, fatta eccezione per la presenza dell’opera pubblica, ed infine determinarne il valore di mercato, attraverso la comparazione con quello di altri suoli aventi la medesima classificazione urbanistica e caratteristiche analoghe, o, se del caso, con metodo analitico-ricostruttivo, fondato sul valore di trasformazione collegato non già alla realizzazione dell’opera pubblica, ma allo sfruttamento edilizio del suolo in conformità della destinazione prevista dallo strumento urbanistico.
5. In ordine all’accertamento di tale destinazione e delle possibilità effettive di sfruttamento dell’area, è poi appena il caso di precisare che nessuna preclusione può derivare dalla sentenza del 31 ottobre 2001, con cui la medesima Corte d’appello, nel rigettare l’opposizione alla stima dell’indennità dovuta per l’espropriazione successivamente annullata dal Giudice amministrativo, accertò la mancata destinazione dell’area occupata all’attività estrattiva: non può infatti trovare ingresso, in questa sede, l’eccezione di giudicato esterno riproposta in proposito dalla difesa della Regione, essendo stata la stessa espressamente disattesa dall’ordinanza impugnata, con statuizione avverso la quale non è stato proposto ricorso incidentale.
Qualora infatti, come nella specie, la sentenza impugnata con il ricorso principale abbia, sia pur implicitamente, risolto in senso sfavorevole alla parte vittoriosa una questione preliminare o pregiudiziale, il ricorso per cassazione dell’avversario impone detta parte, che intenda sottoporre all’esame di questa Corte la medesima questione, di proporre ricorso incidentale, non potendo la stessa limitarsi a riproporla con il controricorso, giacché la struttura del procedimento di legittimità, non soggetto alla disciplina dettata per l’appello dall’art. 346 cod. proc. civ., pone a carico dell’intimato l’onere dell’impugnazione anche in caso di soccombenza teorica e non solo pratica (cfr. Cass., Sez. I, 10/11/2021, n. 33109; Cass., Sez. VI, 14/04/2015, n. 7523; Cass., Sez. lav., 4/01/2003, n. 100).
6. Il ricorso va pertanto accolto, restando assorbiti il secondo ed il terzo motivo, riflettenti rispettivamente la necessità di avere riguardo alla condizione attuale del bene acquisito, ai fini della liquidazione dell’indennità, e l’omessa valutazione del maggior danno consistente nella perdita delle utilità derivanti dalla gestione della discarica, ai fini della determinazione dell’indennità di occupazione.
La sentenza impugnata va conseguentemente cassata, con il rinvio della causa alla Corte d’appello di Trieste, che provvederà, in diversa composizione, anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri motivi, cassa l’ordinanza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Trieste, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 27/11/2024