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Acquisizione sanante: termine opposizione è ordinario

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha stabilito un principio fondamentale in materia di espropriazione. In caso di acquisizione sanante ex art. 42-bis D.P.R. 327/2001, il proprietario che intende contestare l’importo dell’indennizzo non è soggetto al termine di decadenza di 30 giorni, ma può agire entro il termine ordinario di prescrizione. La Corte ha cassato la decisione della Corte d’Appello che aveva erroneamente dichiarato inammissibile il ricorso per tardività, sottolineando le differenze strutturali tra l’espropriazione ordinaria e l’acquisizione sanante.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Acquisizione Sanante: la Cassazione esclude il Termine Breve di 30 Giorni per l’Opposizione

Con una recente e importante ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento cruciale sui termini per contestare l’indennizzo in caso di acquisizione sanante. La Suprema Corte ha stabilito che non si applica il termine di decadenza di 30 giorni, previsto per le espropriazioni ordinarie, bensì il termine ordinario di prescrizione. Questa decisione rafforza la tutela del proprietario espropriato in una procedura complessa e delicata.

I Fatti di Causa

Un cittadino si è visto notificare un decreto di acquisizione sanante ai sensi dell’art. 42-bis del D.P.R. 327/2001 da parte di un Comune, relativo ad alcuni suoi terreni. Ritenendo l’indennizzo offerto non congruo, il proprietario ha proposto opposizione alla stima davanti alla Corte d’Appello competente. La notifica del decreto originario era avvenuta, a suo dire, non a lui personalmente ma al suo avvocato in un precedente giudizio amministrativo.

La Decisione della Corte d’Appello

La Corte d’Appello ha dichiarato l’opposizione inammissibile per tardività. Secondo i giudici di merito, la domanda era stata presentata oltre il termine di decadenza di trenta giorni, che ritenevano applicabile anche in questo caso, decorrente dalla notifica del decreto di esproprio sanante. Questa interpretazione equiparava, di fatto, i termini procedurali dell’acquisizione sanante a quelli dell’espropriazione ordinaria.

L’Ordinanza della Cassazione e l’impatto sull’acquisizione sanante

Il cittadino ha proposto ricorso per cassazione, lamentando sia un vizio di motivazione della sentenza d’appello, sia una violazione e falsa applicazione delle norme relative all’acquisizione sanante (art. 42-bis D.P.R. 327/2001) e ai termini di opposizione (art. 29 D.Lgs. 150/2011). La Suprema Corte ha accolto il ricorso, affermando un principio di diritto di notevole importanza, in linea con un suo più recente orientamento (sentenza n. 35287/2023).

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha chiarito che il termine perentorio di trenta giorni previsto per l’opposizione alla stima nell’ambito della procedura espropriativa ordinaria non può essere esteso all’ipotesi di contestazione dell’indennizzo liquidato in un provvedimento di acquisizione sanante. Le ragioni di questa distinzione risiedono nella diversità strutturale dei due procedimenti.

I giudici hanno specificato che:

1. Mancanza di Rinvio Normativo: L’art. 42-bis, che disciplina l’acquisizione sanante, non contiene alcun richiamo esplicito alle norme sui termini di impugnazione previsti per l’espropriazione ordinaria (come l’art. 54 del D.P.R. 327/2001 o l’art. 29 del D.Lgs. 150/2011).
2. Principio di Tassatività: Le norme che prevedono termini di decadenza, limitando l’esercizio di un diritto, non possono essere applicate in via analogica o estensiva a casi non espressamente previsti dalla legge.
3. Diversità Strutturale: Sebbene entrambi i procedimenti portino a una privazione della proprietà e prevedano un indennizzo, la loro struttura amministrativa è differente. L’acquisizione sanante nasce per regolarizzare una situazione di occupazione illecita, un presupposto estraneo alla procedura espropriativa ordinaria. Questa diversità impedisce un’omologazione automatica delle relative tutele processuali.

Di conseguenza, il soggetto che subisce un decreto di acquisizione sanante ha il diritto di contestare l’indennizzo e chiederne la determinazione giudiziale nel termine ordinario di prescrizione, e non nel breve termine decadenziale di trenta giorni.

Le Conclusioni

La decisione della Cassazione rappresenta una vittoria per la tutela dei diritti dei proprietari coinvolti in procedure di acquisizione sanante. Stabilendo che il termine per contestare l’indennizzo è quello ordinario di prescrizione, la Corte garantisce al cittadino un lasso di tempo più ampio e ragionevole per preparare la propria difesa e far valere le proprie ragioni in giudizio. La sentenza d’appello è stata quindi cassata, e il caso è stato rinviato alla stessa Corte d’Appello, in diversa composizione, per un nuovo esame nel merito.

Qual è il termine per contestare l’indennizzo in un’acquisizione sanante?
Secondo la Corte di Cassazione, il termine per contestare la liquidazione dell’indennizzo in un provvedimento di acquisizione sanante ex art. 42-bis D.P.R. 327/2001 è il termine ordinario di prescrizione, e non il termine di decadenza di 30 giorni.

Perché il termine di 30 giorni previsto per l’esproprio ordinario non si applica all’acquisizione sanante?
Non si applica perché le norme che stabiliscono termini di decadenza sono di stretta interpretazione e non possono essere applicate per analogia. L’art. 42-bis, che regola l’acquisizione sanante, non richiama esplicitamente il termine di 30 giorni, e la procedura di acquisizione sanante presenta diversità strutturali rispetto a quella di esproprio ordinario che ostacolano l’omologazione dei termini processuali.

Cosa succede dopo che la Cassazione ha annullato la decisione della Corte d’Appello?
La Cassazione ha rinviato la causa alla Corte d’Appello di Potenza, ma in diversa composizione. Questo significa che un nuovo collegio di giudici dovrà riesaminare il caso nel merito, applicando il principio di diritto stabilito dalla Cassazione, e dovrà anche decidere sulla liquidazione delle spese legali, comprese quelle del giudizio di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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