Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4791 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1   Num. 4791  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10559/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE,  elettivamente  domiciliato    in  INDIRIZZO DOMICILIO DIGITALE,  presso  lo  studio  dell’avvocato  COGNOME  NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE,  elettivamente  domiciliato  in INDIRIZZO RAGIONE_SOCIALE, presso lo studio  dell’avvocato  COGNOME  NOME  (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE  che  lo rappresenta e difende
avverso l’ ORDINANZA  della  CORTE  D’APPELLO  di  FIRENZE  n. 1685/2019 depositata il 09/11/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Per quanto ancora rileva, NOME COGNOME ha adito la Corte d’Appello di Firenze chiedendo di determinare il giusto indennizzo per l’acquisizione sanante di un’area di sua proprietà di mq. 4050 disposta  dal  Comune  RAGIONE_SOCIALE  Giuliano  Terme  con  delibera  del 21.11.2012 n. 91, non ritenendo congrua l’indennità liquidata dal predetto Comune, che aveva riconosciuto un pregiudizio patrimoniale di soli € 1,50 al mq..
L’ente  resistente  ha  eccepito,  in  via  preliminare,  la  tardività  del ricorso,  poiché  proposto  oltre  il  termine  di  trenta  giorni  previsto dall’art.  29  del  D.lgs.  n.  150/2011,  contestando  nel  merito  le pretese del ricorrente.
La Corte d’Appello di Firenze, con ordinanza ex art. 702 ter c.p.c., ha dichiarato il ricorso inammissibile perché tardivamente proposto, e ciò alla luce di una interpretazione estensiva dell’art. 29 del d.lgs. n. 150/2011 che lo rende applicabile anche alla fattispecie dell’acquisizione sanante.
Il giudice d’appello rileva che dottrina e giurisprudenza non hanno mai dubitato che l’interpretazione estensiva valesse, non solo al fine di attrarre nella competenza in unico grado della Corte di appello le controversie relative alla determinazione e corresponsione dell’indennizzo previsto per la c.d. acquisizione sanante, ma anche in punto di applicazione del termine perentorio di trenta giorni per l’impugnazione della determinazione dell’indennizzo contenuto nel provvedimento acquisitivo. L’applicazione dell’ordinario termine decennale alle controversie in
questione, infatti, non solo non si accorda con la oramai riconosciuta  natura  indennitaria  e  non  risarcitoria  delle  somme dovute  ai  sensi  dell’art.  42  bis  T.U.E.  ma  contrasta  anche  con l’esigenza di certezza e stabilità dell’azione amministrativa.
Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione NOME AVV_NOTAIO COGNOME, affidandolo a due motivi.
Il  Comune  di  San  Giuliano  Terme  (di  seguito,  solo  Comune)  ha resistito in giudizio con controricorso.
Il ricorrente ha depositato la memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione o falsa applicazione degli artt 42 bis, 54 commi 1 e 5 del Dpr. n. 327 del 2001 e 29 del Dlgs 150/2011,in relazione agli artt 12 e 14 delle Preleggi, nonché 152 c.pc. comma 1, 24 e 111 COST e 6 CEDU, per aver l’ordinanza impugnata ritenuto applicabile il termine di decadenza di 30 giorni previsto per il giudizio di opposizione alla stima disciplinato dal comma 3 dell’art . 29 del d.lgs. 150/2011, all’azione di determinazione dell’indennizzo liquidato nel provvedimento di acquisizione sanante, a norma del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 42 bis, in mancanza di alcun riferimento di tale ultima fattispecie ad alcun termine di decadenza.
Evidenzia il ricorrente che la sentenza n. 15283/2016 resa dalle Sezioni Unite di questa Corte ha ritenuto estensivamente applicabile l’art 29 d.lgs 150/2011 alla fattispecie dell’acquisizione sanante, ma lo ha fatto limitandosi a richiamare i commi 1 e 2 di tale norma, senza alcun richiamo al comma 3 che prevede il termine di 30 giorni. Tale omesso richiamo del comma 3 non può che interpretarsi come consapevole e volontaria scelta di evitare la applicazione analogica di un termine decadenziale, in conformità al già condiviso principio che ‘la decadenza non può verificarsi al di fuori di una espressa e specifica previsione legale – a differenza della prescrizione che ha carattere generale – mediante disposizioni
di  stretta  interpretazione insuscettibili  di interpretazione estensiva o analogica.
La ritenuta estensione dell’art 29 del D.lgs. 150/2011 si limita, pertanto, alla competenza e al rito applicabile e trae origine dalla necessità di concentrare in unico organo e con unico rito la tutela giurisdizionale avente ad oggetto la determinazione di tutte le indennità dovute nell’ambito dei diversi processi espropriativi, senza che il soddisfacimento di tale esigenza possa in alcun modo giustificare, presupporre o tanto meno richiedere anche l’estensione del termine di 30 giorni (collegato peraltro ad un iter procedimentale del tutto estraneo all’art 42 bis) .
 Con  il  secondo  motivo  è  stata  dedotta  la  violazione  o  falsa applicazione  degli  art  42  bis  Dpr  327/2001,  29  D.lgs  150/2011, 153 comma 2 c.p.c., in relazione agli artt 24, 111 Cost e 6 CEDU, per  aver  ritenuto  insussistenti  i  presupposti  per  la  rimessione  in termini e del cd. prospective overruling.
Il primo motivo è fondato.
Va osservato che, recentemente questa Corte, con la sentenza n. 35287/2023 (conf. Cass. n. 30533/2024; Cass. n. 28647/2020), ha sulla questione oggetto del ricorso enunciato il seguente principio di diritto:
‘ ll termine perentorio previsto dall’art. 54, comma 2, del dPR n. 327 del 2001 e, poi, dall’art. 29, comma 3, d.lgs. n.150 del 2011 per la opposizione alla stima definitiva della indennità di esproprio non è applicabile alla contestazione della determinazione dell’indennizzo contenuta nel provvedimento acquisitivo adottato a norma dell’art. 42 -bis del dPR n. 327/2001, con la conseguenza che il soggetto attinto dal decreto di acquisizione ha facoltà di contestare la liquidazione e chiedere la determinazione giudiziale delle indennità nel termine ordinario di prescrizione; ciò sia perché l’art. 29 del d.lgs. n. 150 del 1.9.2011 (entrato in vigore il 6.10.2011) non contiene richiami all’istituto di cui al già vigente
art. 42-bis (entrato in vigore in data 6.7.2011 per effetto del d.l. 6.7.2011 n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 15.7.2011) e, per altro verso, l’art. 42 -bis non contiene alcun richiamo all’art. 54 dPR n. 327/2001 (che già prevedeva la «decadenza»), non essendo consentite interpretazioni in via estensiva e analogica delle disposizioni che condizionano l’esercizio del diritto di azione (artt. 24 e 113 Costituzione) al rispetto di termini a pena di decadenza e inammissibilità non previsti specificamente dalla legge; sia perché la comune natura indennitaria del credito pecuniario dell’espropriato e del soggetto attinto dal decreto di acquisizione ex art. 42-bis è stata valorizzata al solo fine di giustificare la giurisdizione del giudice ordinario e la competenza funzionale della Corte d’appello, quale giudice delle indennità in materia, senza, perciò solo, comportare neppure implicitamente l’estensione integrale del regime processuale proprio dei giudizi in tema di indennità di esproprio ai giudizi relativi alle indennità ex art. 42- bis; sia in considerazione della diversità strutturale dei relativi procedimenti amministrativi (quello ex art. 42-bis è configurato dalla giurisprudenza costituzionale e amministrativa come «extrema ratio» e «sui generis») e del fatto che il termine di cui all’art. 29, comma 3, d.lgs. n. 150/2011 è applicabile, nella espropriazione ordinaria, all’opposizione alla stima definitiva che è configurabile solo all’esito del procedimento formalizzato e garantista di cui agli art. 21 e 41 dPR n. 327/2001, non previsto per la determinazione delle indennità ex art. 42-bis liquidate dall’amministrazione emittente il decreto di acquisizione’.
Alla luce dei principi appena richiamati, la proposizione del ricorso in  esame  deve  considerata  tempestiva,  non  essendo  certamente ancora  maturato  il  termine  decennale  di  prescrizione all’epoca  di deposito del ricorso.
Il secondo motivo è assorbito.
L’ordinanza  impugnata  deve  essere  quindi  cassata  con  rinvio  alla Corte  d’Appello  di  Firenze,  in  diversa  composizione,  per  nuovo esame e per statuire sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie  il  primo  motivo,  assorbito  il  secondo,  cassa  l’ordinanza impugnata  e  rinvia    alla  Corte  d’Appello  di  Firenze,  in  diversa composizione,  per  nuovo  esame  e  per  statuire  sulle  spese  del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 31.1.2025