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Acquisizione sanante: termine e valore del bene

Un comune contesta l’indennità stabilita per un’acquisizione sanante di terreni privati. La Corte di Cassazione respinge il ricorso, affermando un principio fondamentale: per l’opposizione alla stima dell’indennizzo derivante da acquisizione sanante (art. 42-bis TUE), non si applica il termine di decadenza di 30 giorni, bensì quello di prescrizione ordinario. La Corte ha inoltre validato il metodo di stima utilizzato per determinare il valore dei beni.

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Acquisizione Sanante: la Cassazione fa chiarezza su termini e stima

L’istituto dell’acquisizione sanante, previsto dall’articolo 42-bis del Testo Unico Espropriazioni, rappresenta uno strumento cruciale per la Pubblica Amministrazione, ma solleva importanti questioni riguardo ai diritti dei proprietari espropriati. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti decisivi sui termini per contestare l’indennizzo e sui criteri di valutazione del bene. Questa pronuncia stabilisce che per opporsi alla stima non si applica il breve termine di decadenza, ma quello ordinario di prescrizione, offrendo una maggiore tutela al cittadino.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine dalla realizzazione di un’opera pubblica da parte di un Comune, che ha comportato l’occupazione di terreni di proprietà di alcuni privati. Non essendo stato perfezionato il procedimento espropriativo, l’ente pubblico ha fatto ricorso all’istituto dell’acquisizione sanante per regolarizzare la situazione. I proprietari dei terreni, ritenendo incongrua la stima dell’indennizzo proposta dal Comune, hanno avviato un’azione legale davanti alla Corte d’Appello competente.

La Corte d’Appello, dopo aver disposto una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU), ha accolto le ragioni dei proprietari, rideterminando l’indennità in un importo notevolmente superiore. Insoddisfatto della decisione, il Comune ha presentato ricorso per cassazione, basandolo su quattro motivi principali.

I Motivi del Ricorso dell’Ente Pubblico e la valutazione dell’acquisizione sanante

Il Comune ha contestato la sentenza della Corte d’Appello sotto diversi profili:

1. Decadenza dell’azione: Secondo l’ente, i proprietari avrebbero dovuto impugnare la stima entro il termine di decadenza di 30 giorni, previsto per le opposizioni in materia di esproprio, e non l’avevano fatto.
2. Prescrizione: Legato al primo punto, il Comune sosteneva l’errata applicazione del termine di prescrizione ordinario in luogo di quello specifico di decadenza.
3. Violazione dei criteri di stima: Si contestava la metodologia della CTU, che aveva attribuito al terreno due valori al metro quadro differenti a seconda della destinazione all’interno dell’opera pubblica.
4. Omesso esame di un fatto decisivo: L’ente lamentava che la Corte non avesse considerato le proprie critiche alla CTU, ritenute decisive per il giudizio.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso del Comune, fornendo motivazioni dettagliate per ciascun punto.

In primo luogo, i giudici hanno affrontato congiuntamente i primi due motivi, relativi ai termini per l’impugnazione. La Corte ha stabilito un principio di diritto fondamentale: la controversia relativa alla determinazione dell’indennizzo per l’acquisizione sanante (art. 42-bis TUE) ha una natura strutturalmente diversa da quella relativa all’indennità di esproprio ordinaria. Di conseguenza, il termine perentorio di decadenza di 30 giorni, previsto dall’art. 54 TUE e dall’art. 29 del D.Lgs. 150/2011, non è applicabile. Il diritto del proprietario a contestare la liquidazione e a chiederne la determinazione giudiziale si prescrive secondo il termine ordinario. Questa interpretazione garantisce una maggiore tutela al soggetto che subisce l’acquisizione, non essendo vincolato a un termine così breve.

Per quanto riguarda il terzo motivo, relativo alla stima del bene, la Cassazione ha ritenuto infondata la censura. La Corte territoriale aveva correttamente recepito le conclusioni della CTU, la quale aveva motivato la differenziazione del valore dei terreni (un valore maggiore per le aree destinate a infrastrutture e uno minore per la parte restante) sulla base di criteri logici, come l’estensione e la distanza dalle aree attrezzate. Tale valutazione, basata su un’analisi comparativa con transazioni precedenti all’acquisizione, è stata giudicata congrua e ben motivata.

Infine, il quarto motivo è stato dichiarato inammissibile. La Corte ha ricordato che il vizio di “omesso esame di un fatto decisivo” può essere fatto valere solo quando il giudice di merito abbia completamente trascurato un fatto storico specifico, non quando si limiti a non condividere le critiche di una parte alla consulenza tecnica. Nel caso di specie, il Comune si era limitato a riproporre le proprie osservazioni critiche, già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello, senza indicare un fatto storico preciso che fosse stato ignorato.

Le Conclusioni

La decisione della Suprema Corte consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza pratica. Viene definitivamente chiarito che chi subisce una acquisizione sanante ha il diritto di contestare l’indennizzo entro il termine di prescrizione ordinario, senza incorrere nel breve termine di decadenza previsto per le espropriazioni classiche. Inoltre, viene confermata la legittimità di stime che, se adeguatamente motivate, possono differenziare il valore di diverse porzioni di un medesimo bene in base alla loro specifica destinazione e alle loro caratteristiche. Questa sentenza rafforza le garanzie per i proprietari nei confronti della Pubblica Amministrazione, bilanciando l’interesse pubblico alla realizzazione delle opere con il diritto a un giusto indennizzo.

Quale termine si applica per contestare l’indennizzo in caso di acquisizione sanante?
Secondo la Corte di Cassazione, per contestare l’indennizzo dovuto a seguito di un’acquisizione sanante ai sensi dell’art. 42-bis del D.P.R. 327/2001, non si applica il termine breve di decadenza di 30 giorni, ma il termine ordinario di prescrizione dei diritti soggettivi.

È legittimo utilizzare un metodo di stima che attribuisce valori diversi a differenti porzioni dello stesso terreno?
Sì, la Corte ha ritenuto legittima la valutazione del consulente tecnico (CTU) che ha attribuito due valori divergenti alle diverse parti del terreno acquisito (€ 39,38/mq per l’area sede di infrastrutture e € 1,15/mq per la parte restante), poiché tale differenziazione era giustificata da fattori oggettivi come la destinazione e la posizione delle aree.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione del consulente tecnico (CTU) recepita dal giudice di merito?
Non è possibile contestare la valutazione del CTU in sede di Cassazione semplicemente riproponendo le proprie critiche. Il ricorso è ammissibile solo se si dimostra l'”omesso esame di un fatto storico, decisivo e discusso tra le parti”, ovvero che il giudice abbia completamente ignorato un elemento di prova specifico e non si sia limitato a non condividere le conclusioni di una parte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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